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Autore: Sar_    06/03/2013    7 recensioni
C'è una ragazza, alla Beacon Hills High School, che non è mai stata notata. Ma lei c'era. C'era sempre. In disparte, vivendo la sua vita, ma c'era. E se qualcuno si accorgesse di lei? Se quel ragazzo si voltasse e la guardasse, per la prima volta, dopo tutte le sue preghiere? Se qualcuno nell'ombra approfittasse di tutto questo per trarlo a suo vantaggio? E se ci fosse qualcosa, ancora più a fondo nell'oscurità, in un regno di terrore e buio, che stesse tornando in superficie? Sta per scoppiare una guerra, e a ognuno dei tre schieramenti servono soldati.
......
Questa storia mi è venuta così, di getto, mentre spulciavo tra le fan fiction su teen wolf. Diciamo che è una mia versione della serie e delle origini dei lupetti. Può essere anche presa come una 'Bibbia' del soprannaturale.
Buona lettura!
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Emma's Chronicles'
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Chapter twelve: Love.

 

 

Cucina Stilinski.

 

 

 

Suo padre lo teneva per la spalla.
Appena arrivarono in cucina lo lasciò, standogli davanti con i piedi ben piantati a terra, e gli fece cenno di chiudere la porta.

 

«Andiamo, Stiles. Conosci le regole!» disse, incrociando le braccia, con sguardo esasperato, ma comunque con un sottofondo di sorpresa.

 

«Scusa non ricordo, potresti rinfrescarmi la memoria?» chiese il ragazzo, stringendosi nella spalle.

 

Lo sceriffo alzò gli occhi al cielo.

 

«Niente ragazze in casa se siete soli. O almeno non senza avermelo chiesto, o avermi avvertito!» nonostante le parole di rimprovero, sembrava lievemente divertito.

 

«Era importante.» si giustificò Stiles, mentre s'inventava una scusa che reggesse per la presenza della ragazza in casa.

 

L'uomo sospirò.

 

«Oh, beh, immagino.»

 

Lanciò uno sguardo alla porta della cucina, chiusa, e abbassò la voce.

 

«Almeno...» cominciò, tenendo lo sguardo basso, imbarazzato «Avete usato... sai...» emise un lieve colpo di tosse «le... protezioni?»

 

Il liceale sbarrò gli occhi.

 

«Oh mio Dio, papà! Noi non...» farfugliò, ad alta voce, gesticolando ampiamente. Poi abbassò anche lui il tono della voce, perché lei non li sentisse «Lei non... no! Papà, no!»

 

Lo sceriffo si raddrizzò, con un altro colpetto di tosse.

 

«Oh, beh, pensavo... sai, i vestiti, e tu senza...» borbottava. Poi rise «Oh, non fa niente.»

 

Stiles si grattò il collo.
Questo genere di conversazione padre-figlio non era mai stato affrontato con scioltezza.

 

«Ma... ti guardava in un modo, pensavo...» no, non sembrava voler rinunciare all'affrontare l'argomento.

 

«È impegnata? Perché... non sembrava, sai.» tentò ancora. Non sapeva come fargli capire cosa intendeva senza essere troppo esplicito.

 

Il ragazzo era confuso.

 

«Cosa intendi?» chiese, con un cipiglio confuso.

 

Lo sceriffo aveva in viso un'espressione incredula e divertita allo stesso tempo.

 

«Cosa intendo? Figliolo, ti mangiava con gli occhi!»

 

Stiles, sorpreso, arrossì.

 

«Mi... cosa?»

 

L'uomo rise. Si appoggiò con il profilo al muro «è carina.»

Stiles si schiarì la voce.
Era lui quello più imbarazzato, ora.

 

«Beh, penso di sì.»

 

Lui aveva sempre pensato a Lydia.
Solamente a lei.
Ogni altra ragazza veniva oscurata dalla sua presenza.
Ma ne valeva la pena?
Valeva davvero la pena di torturarsi così, per una che non l'avrebbe mai amato?
Stiles sapeva benissimo che non ce l'avrebbe mai fatta, a conquistare la rossa.
Lei amava Jackson.

Ma era davvero sicuro di amarla?
Sì, la cercava da anni.
Ma era davvero innamorato di lei, o rincorreva semplicemente un sogno?
Era amore, o solo una sbandata molto lunga?

Si sentiva così stanco.
Stanco di amare senza essere ricambiato.
Stanco di fare da dog sitter a quei lupacchiotti, tenendosi strette le piccole cose della vita quotidiana che gli ricordavano cos'era normale, da umani e cosa no.
Stanco di cercare risposte e non trovarle.

Poteva provare... provare a starle un po' più vicino.
E forse, qualcosa avrebbe potuto nascere.

Sì, poteva essere felice anche lui, per una volta.
Ne aveva il diritto, no?E beh, sì, pensandoci, Emma era carina.

Ed era nell'altra stanza.

 

Forse doveva soltanto lasciarsi un po' andare, lasciarsi trasportare dalla corrente e vedere cosa succedeva.

Poi, una vocetta maligna gli ricordò del ragazzo alla festa.
Quel belloccio biondo che l'aveva sollevata in aria.
E se ci fosse stato qualcosa, tra i due? Se avesse capito troppo tardi?

No, non poteva darsi per vinto ancora prima di iniziare.

 

 

Salotto Stilinski.

Emma.

 

 

 

 

Mi martoriavo con i denti il labbro inferiore, nervosa, mentre un borbottio confuso veniva dalla cucina.
Non sapevo come funzionavano queste cose, tra uomini.

Insomma, se fosse successo a casa mia probabilmente Stiles si sarebbe beccato un colpo di pistola in testa, ma... io ero una ragazza.
Stiles un ragazzo.

 

Ma dai? La vocina nella mia testa si ripresentò.

 

Ebbi la tentazione di andare alla porta e origliare, ma la soppressi.

Un'ombra sfrecciò veloce davanti alla finestra del salotto.
Saltai in piedi, spaventata, mentre già aprivo la bocca per chiamare Stiles.

Proprio in quel momento, i due uscirono dalla cucina.

Stiles non si era ancora infilato una maglietta.
Un brivido mi scrollò ancora.

 

«Beh, Emma...» cominciò lo sceriffo «Mi dispiace non averti dato un'accoglienza proprio educata, ma sono molto stanco, e quando lo sono divento scorbutico. Potrò rimediare, domani mattina?» mentre parlava sorrideva, gioviale.

 

L'atmosfera si era decisamente capovolta.
Cosa gli aveva raccontato Stiles?

Annuii.

 

«Ehm... Buonanotte, signore.»

 

«Buonanotte» disse infine, sorridendo, e salì le scale.

 

Guardai Stiles.

Mi alzai, e cominciammo simultaneamente a borbottare, fino a che ci fermammo e cominciammo a ridere.

 

«Ti spiego domani.» mi disse, sussurrando.

 

Io annuii.

 

«Beh, io...» sussurrò, guardando prima me e poi il divano.

 

Gli intralciavo la strada.

 

«Oh!» andai verso la scale, in modo di lasciargli libero il passaggio tra il tavolino pieno di scatole vuote di cibo e il divano. «Scusa.»

 

Lui ridacchiò ancora.

 

Poi si sedette sul divano, guardandosi attorno.
Quando trovò ciò che cercava, una coperta sottile, se la sistemò sopra le gambe.
Aspettava che me ne andassi.

 

«Sei sicuro? Cioè, non sembra comodissimo...» ogni scusa era buona per restare un po' di più con lui.

 

Lui fece spallucce.

 

«A meno che non vuoi che dorma con te...» e mi strizzò l'occhio.

 

COSA?

 

Poi capii.
Scherzava.
Ovviamente.

Troppo tardi, costrinsi una risatina nervosa a uscire.

 

«Buonanotte» dissi, per poi praticamente scappare su per le scale.

 

Entrai nella stanza, chiusi la porta, mi sciolsi i capelli e mi buttai sul suo letto.

Era tutto complicato.
Come avrei fatto con Stiles?
Lui era così... irraggiungibile.
Ogni volta che ci avvicinavamo un po', per un motivo o per l'altro venivo letteralmente strappata via da lui.
A volte in senso non solo figurato.

Mi raggomitolai nel lenzuolo: profumava di lui. Come tutto, lì.
Una tristezza profonda mi assalì.

Non sarei mai stata il genere di ragazza che piaceva a uno come lui.
Una ragazza come Lydia.

Ero combattuta tra lo scoppiare in lacrime, incazzarmi e scoppiare a ridere.
La situazione era... bizzarra.
Per non ride un grandissimo casino.

Mi morsi il labbro.
Avevo bisogno di gridare.
Buttare fuori tutta la tensione emotiva che mi stava divorando dall'interno.
Era troppo, per me.
Forse era troppo per qualunque essere umano.


Ops.


Essere umano?


Non ero più sicura di chi fosse umano e chi no, e di cosa significasse realmente.
Mi morsi il labbro più forte.

Tirai un pugno al cuscino, esasperata.

Quando rilassai la mascella e mi leccai il labbro screpolato, mi accorsi che me l'ero morso talmente forte da farne uscire il sangue.
Lo strofinai via con la mano, sperando di non macchiargli il cuscino.

 

Davanti a casa Stilinski, qualcuno, nascosto all'ombra di un albero, sentiva l'odore del sangue.
Inspirandolo profondamente, valutava il da farsi.
Ne valeva la pena?

Sì.

Aveva bisogno del suo aiuto, se voleva vincere.

Aveva bisogno del suo asso nella manica.

La sua malaikat.

 


OMG, who's the bad guy?

Ciao a tutti!
Non ricordavo se avevo postato giovedì o venerdì, quindi potrei essere un giorno in anticipo... ma lasciamo stare.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi abbia fatto almeno sorridere (sì, dico soprattutto a te, Silver_17!)
Questi giorni sono INFERNALI, e trovo pace solo stando qua su efp! Grazie a tutti quelli che continuano a leggere le mie modeste Fan Fiction, grazie davvero <3
Sono felice del fatto che vi siete "ripresi", avevo paura che con quelle sole 3 recensioni del capitolo scorso-scorso (?) mi steste dicendo che vi eravate stufati... e invece no, siete ancora qua. Vi voglio taanto bene!
No ma... il discorso dello sceriffo. Cioè, e io a ridere come una rincretinita mentre lo leggevo! Ricoveratemi, oddio.

Adesso corro a finire il capitolo dell'altra FF che ho in cantiere, altrimenti posterò in ritardo!

Tante ma tante coccole,
Sara <3

P.S. Sta per entrare in scena un nuovo personaggio, da come avrete capito... come se le cose non fossero già complicate, eh? Per sapere come andrà a finire... restate con noi! *sigletta*

  
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