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Autore: CowgirlSara    06/03/2013    3 recensioni
La pace era una sensazione stranissima. Era un qualcosa di bellissimo e fragile che ricopriva tutto come una coltre di brina. Sì, una specie di mattina invernale. Solo che adesso era estate e le battaglie, le perdite, i peccati, i sogni infranti erano veri. Il dolore era reale, ma era come se contasse e pesasse meno di quella pace finalmente raggiunta.
Dal Cap.2: La prima cosa di cui Milo si accorse fu che era sempre uguale, come se il tempo l’avesse, per qualche misterioso motivo, ignorata, nel suo scorrere indifferente.
Genere: Commedia, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leo Aiolia, Nuovo Personaggio, Scorpion Milo, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Rising - Back to the Sanctuary'
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WYA - 5

Questo, gente, è il penultimo capitolo. So che magari siete abituati a storie più lunghe e articolate, in questo fandom, ma temo non siano la mia specialità; non scrivo mai cose lunghissime, però diciamo che fanno quasi tutte parte di un progetto più grande, ecco. XD
Spero apprezzerete anche questa parte, buona lettura.

Grazie ancora di cuore a chi legge, preferisce, segue e soprattutto commenta la storia. Baci!
Sara

- Capitolo 5 -

We've got no fairytale ending
In God's hands our fate is complete
Your heaven's here in my heart
Our love's this dust beneath my feet
Just this dust beneath my feet
If I'm gonna live
I'll lift my life
Darlin' to you
(Countin' On A Miracle – Bruce Springsteen)

Milo si svegliò alle prime luci dell’alba, dopo solo poche ore di sonno. La testa gli doleva un po’. Si girò tra le lenzuola, verso la finestra e osservò la luce opaca di quel mattino estivo. La stanchezza non gli era certo passata, come anche quel senso di oppressione sul petto, ma lo sfogo della sera prima, forse, era servito a sollevarlo un pochino.
Si mise seduto, stiracchiandosi appena. Aveva fatto caldo quella notte e il cavaliere si era tolto il pigiama, finendo per dormire solo con i boxer. Scese dal letto e andò sul balcone. L’aria era, naturalmente, ancora fresca. Era presto, il mondo cominciava a svegliarsi in quel momento. Lui respirò a fondo, come se quell’aria limpida potesse in qualche mondo pulirgli l’anima.
Il ragazzo ricordava benissimo le parole della Divina Elettra. Era veramente giusto da parte sua accollarsi la colpa della morte di Camus? Forse no, ma il suo cuore non era pronto a superare quello scoglio. La presenza di Atena, probabilmente, avrebbe alleviato i suoi crucci e chiarito molti punti oscuri di ciò che era successo. Oggi sarebbe tornato al Santuario.
Tornò dentro ed andò a lavarsi. A colazione avrebbe parlato con la sacerdotessa; che Ioria fosse venuto a prenderlo oppure no, lui sarebbe tornato a casa quel giorno.

Il cavaliere di Scorpio raggiunse la sala da pranzo verso le sette. Non si era aspettato di trovare qualcuno, ma Elettra era vicino al carrello con la colazione che si versava una tazza di profumato caffè. Lui si fermò sotto l’arco di accesso.
“Buongiorno.” Salutò.
Gli rispose il primo sorriso sincero della donna, da quando Milo era arrivato al Santuario di Zeus. La sacerdotessa posò la tazza sul tavolo e lo attese, mentre lui si avvicinava sorridendo.
“Buongiorno a te.” Gli disse. “Se vuoi il caffè, serviti pure, è appena fatto.”
“Grazie.” Rispose il ragazzo, prima di farlo.
“Hai dormito almeno un po’?” Gli chiese premurosa Elettra, dopo essersi seduta.  
“Sì, non per molto, ma è servito.” Affermò lui, sedendosi alla sua destra.
La tovaglia era candida, così come i piatti e c’era una chiara e fresca luce che proveniva dalla finestra aperta, le cui tende bianche si muovevano piano. Particolari che Milo fissava, cercando di trovare argomenti per rompere il silenzio. La donna spiluccava distrattamente una fetta di pane tostato, mentre lui beveva il suo caffè.
“Oggi torno al Santuario.” Le confessò infine.
Lei sollevò gli occhi, sorpresa e anche, forse, un po’ delusa. “Già, immagino che sia necessario…” Commentò, prima di rivolgere di nuovo lo sguardo alla fetta di pane.
“Mi dispiace, ma…” Soggiunse Milo, prendendole la mano. In quel momento si sentì squillare un telefono in lontananza. “…sono sicuro che Atena, quando conoscerà la vostra storia, vorrà certamente revocare il confino.”
“Sei gentile.” Replicò dolcemente la donna, guardandolo negl’occhi. “Ma non voglio che sia forzata a farlo.”
“Ma Divina Elettra, voi…” Tentò di ribattere il cavaliere, ma fu interrotto dall’arrivo di Alexi.
Il ragazzo entrò in sala da pranzo dalla porta in fondo, non dall’arco che dava sulla piscina. Era pallido e la sua espressione era abbastanza sconvolta e smarrita, aveva il cordless in mano. Elettra scattò immediatamente in piedi.
“Alexi, che c’è?” Gli domandò allarmata.
“È… è il nonno…” Mormorò con fronte aggrottata e occhi lucidi. “Non… non so che cosa dirgli…”
La sacerdotessa ripiombò sulla sedia, gli occhi improvvisamente pieni di lacrime e le mani tremanti, poi guardò Milo.
“Mi sono dimenticata di avvertirlo…” Riuscì soltanto a dire; lui le strinse subito la mano.
Il cavaliere la fissò un attimo negl’occhi. Era un momento drammatico. Nikolais, il padre di Elettra, che un tempo era il custode della biblioteca del Santuario di Atena, era stato in un certo senso un padre anche per Camus e Milo sapeva che, di certo, l’uomo amava il cavaliere scomparso come un figlio. La donna, però, adesso era scioccata e non gli sembrava in grado di parlare col padre e di dargli spiegazioni su ciò che era accaduto. Si voltò verso Alexandros, ma anche il ragazzo, che piangeva copiosamente, non poteva farlo. Prese la decisione in un attimo.
“Ci parlo io.” Dichiarò deciso, alzandosi, dopo aver stretto un po’ di più la mano di Elettra; a grandi passi si avvicinò ad Alexi e gli prese il telefono dalle mani. “Nikolais, sono Milo… no, stia tranquillo, le devo solo dire una cosa…” Esordì all’apparecchio, mentre usciva dalla stanza e Alexi correva tra le braccia della madre.
Il cavaliere tornò dopo qualche minuto. Elettra e suo figlio erano seduti a tavola. Lui guardava il vuoto con espressione triste e lei gli carezzava i capelli, ma quando Milo entrò sollevarono immediatamente gli occhi su di lui.
“Allora?” Fece mesta la donna.
“Tutto a posto.” Rispose l’uomo, posando il telefono sulla credenza e tornando a sedersi al suo posto. “Sta venendo qui.” Entrambi gli interlocutori sospirarono sollevati, poi Elettra lo guardò negl’occhi, riconoscente.
“Grazie.” Sussurrò quindi.
“Di niente.” Replicò lui. “È un dovere.” La donna gli sorrise incerta e Milo seppe di aver fatto davvero il suo dovere.

Qualche ora dopo, Ioria si ripresentò al Santuario di Zeus. Elettra lo incontrò nel proprio studio. Il cavaliere di Leo la trovò decisamente meglio e non solo perché si era truccata ed aveva acconciato i capelli, ma proprio per lo spirito. Sembrava aver riacquistato la sua storica flemma e…
“Ioria, puoi sederti, o quel manico di scopa che hai al posto della spina te l’impedisce?”
…il suo sarcasmo, ma di quello se ne faceva anche a meno.
“Non sei divertente.” Commentò lui.
“Non era mio intento.” Replicò immediata la donna, tornando a donare attenzione alle carte sulla scrivania.
“Ho parlato di molte cose, con Lady Saori, ieri sera.” Raccontò il cavaliere. “Anche di te.”
Elettra lo guardò, dopo aver incrociato le braccia sul piano. “Io le ho scritto una lettera, stamattina.” Gli disse, stupendolo, poi gli porse una busta chiusa. “Vorrei che tu gliela consegnassi.”
“Sarà un piacere, per me.” Replicò Ioria, prendendola.
“Spero che un giorno mi sarà possibile incontrarla.” Si augurò la donna con un breve sorriso.
“Ne sono certo, Elettra.”
In quel momento bussarono un po’ sguaiatamente alla porta. Ioria si voltò, mentre Elettra invitava ad entrare. Milo fece il suo ingresso saltellando su una gamba, poiché l’altra era sollevata nell’atto d’infilarsi una scarpa. Il cavaliere di Leo gli rivolse un’occhiata supponente.
“Milo, ti ho fatto chiamare perché ho pensato, dato che Ioria è qui, che potreste tornare insieme.” Spiegò la sacerdotessa al nuovo arrivato.
“Vi ringrazio, Divina Elettra.” Rispose il ragazzo, dopo aver finito di mettersi la scarpa.
Fu in quell’attimo che il suo sguardo azzurro e divertito incrociò quello severo di Ioria. Si osservarono per qualche istante, poi Milo fece il suo classico sorrisetto beffardo.
“Cosa c’è?” Gli domandò quindi. “Ho qualcosa che non va? Macchie in faccia, strappi nei pantaloni in punti indecenti?” Aggiunse con tono malizioso.
Ioria fece una smorfia ringhiosa e distolse lo sguardo. “Sei inopportuno come al solito.” Commentò.
“Andiamo, lascialo in pace.” Intervenne Elettra.
“Ma che fai? Lo difendi?!” Sbottò allibito il cavaliere, sotto lo sguardo divertito dell’altro.
“Non ha fatto niente di male.” Replicò lei tranquilla.
“Santo cielo, Elettra, sei una Gran Sacerdotessa e non è questo il modo di presentarsi davanti a te!” Protestò Ioria infervorato.
“Oh, Santi Numi, ragazzo mio, sei una vecchia beghina con la cuffia e hai solo ventidue anni!” Ribatté scoraggiata la donna, sbuffando. “Vedi di scioglierti un pochino o resterai vergine a vita!”
A quella battuta, Milo non poté trattenersi e ridacchiò spudoratamente, guadagnandosi un’occhiata inceneritrice da parte del compagno.
“Che c’è? Non è vero che sei vergine?” Ironizzò maligno il cavaliere di Scorpio.
“Ti credi tanto migliore di me, eh, principe del materasso?” Punzecchiò Ioria.
“Io non mi credo migliore di n…”
“Adesso basta.” Li interruppe Elettra, già stufa dei loro battibecchi ancora prima che entrassero nel vivo. “Ioria…” Chiamò poi, attirando l’attenzione del cavaliere. “Mi raccomando la lettera.”
“Non temere, la consegnerò nelle sue mani.” Le assicurò il ragazzo.
“Bene, non ho nient’altro da dirvi.” Concluse la donna, preparandosi a congedarli.
Ioria si alzò, allungandosi sulla scrivania per prenderle la mano. “Sei sicura di non aver bisogno di nulla, io posso restare ancora…”
“Sei gentile, ma non ce n’è bisogno.” Rispose Elettra, alzandosi a sua volta. “Sta arrivando mio padre.” Gli annunciò poi.
“Ah, mi fa piacere.” Soggiunse lui. “Sarò felice di rivederlo.”
“Sono certa che anche lui sarà felice di rivedere tutti voi.” Affermò sicura la sacerdotessa, spostando lo sguardo su Milo, che annuì sorridendo.
“Bene, sono anche più tranquillo, sapendo che arriva lui.” Aggiunse Ioria, mentre Elettra aggirava la scrivania, pronta ad accompagnarli.

Quando furono nel corridoio si videro venire incontro Alexandros. Anche lui sembrava stare meglio. Indossava jeans e una maglietta nera, i lunghi capelli biondi legati sulla nuca e un colorito decisamente più sano di quello del giorno prima. Sorrise a tutti.
“State andando via?” Chiese il ragazzo ai due cavalieri.
“Sì.” Rispose Ioria, mentre Milo annuiva.
“Voglio venire anch’io al Santuario di Atena.” Dichiarò allora il ragazzo sicuro.
Gli occhi di tutti si spalancarono. Elettra agghiacciò. Ioria si sentì afferrare il braccio con una stretta di ferro e abbassò gli occhi sulla mano della donna che lo reggeva. Gli occhi della sacerdotessa erano fissi sul figlio.
Anni, pensava Elettra. Aveva impiegato anni di sforzi, per proteggere suo figlio dal Santuario di Atena. Sotterfugi, sacrifici e segreti, per mantenere sotto anonimato la sua identità, per impedire all’usurpatore di scoprire l’esistenza del figlio di Aioros. E ora… tutto inutile, tutto finito, perché era lui stesso a chiedere di andare. Sapeva, sapeva che sarebbe successo…
“Sei… sicuro di volerlo fare?” Mormorò infine la donna, con voce tremante. Era a conoscenza che non c’era più pericolo, ma lo stesso era dura, lasciarlo andare da solo nel luogo da cui, per tanto tempo, lo aveva protetto.
“Non devi avere timore, mamma.” La rassicurò lui. “La dea Atena è tornata ed è necessario che qualcuno vada.” Aggiunse tranquillo. “Non permetterò che Camus faccia da solo l’ultimo viaggio, tu non puoi andare, quindi devo farlo io.” Quelle parole commossero Elettra, che sentì subito le lacrime agli occhi. Spesso aveva sottovalutato l’affetto di Alexi per Camus, si ripromise di non farlo più. “Non avere paura.” Continuò il figlio. “Nessuno sa chi sono e poi, ci saranno loro con me.” Concluse, indicando i due cavalieri dietro di lei con un sorriso.
“Bene, se è questo che vuoi…” Accettò infine la donna, lasciando finalmente il braccio di Ioria; Alexandros annuì sorridendo.
“Vado a prepararmi, ci metto un attimo!” Affermò poi, correndo via.
Elettra chinò il capo, quindi si portò le mani a coprire la bocca e sospirò rassegnata. “Doveva succedere.” Disse poi, più a se stessa che agli altri presenti. “Lei lo ha chiamato…” Aggiunse in un sussurro.
“Come?” Fece Ioria perplesso, girandosi verso di lei, ma non poté aggiungere altro, poiché Milo si mise tra loro e prese le mani alla sacerdotessa.
“Non temete, Divina Elettra.” Esordì con energia. “Lo proteggerò con la mia stessa vita, se fosse necessario.” Le garantì appassionato.
Lei sorrise tristemente. “Sei dolce, grazie.” Gli rispose, con una carezza sulla guancia, quindi si allontanò, dopo aver salutato Ioria con un cenno.
Quando la sacerdotessa fu sparita in fondo al corridoio, il cavaliere di Leo guardò malevolo il compagno, che alzò le sopracciglia con espressione interrogativa.
“Avrei dovuto dirlo io, è mio nipote.” Affermò Ioria cupo.
“Non sei stato abbastanza veloce.” Replicò l’altro stringendosi nelle spalle.
“Io, sono il più veloce.” Ribatté secco Leo.
“Fossi in te, non me ne vanterei troppo.” Soggiunse Milo, allusivo come sempre. “Non in tutti i campi è un pregio…” Suggerì poi, precedendolo verso l’uscita.  

“È diverso.” Mormorò Alexi guardandosi intorno.
I due cavalieri che lo precedevano si voltarono verso di lui e lo studiarono con lo sguardo, poi entrambi sorrisero.
“Diverso da come lo immaginavi?” Chiese Ioria, mentre erano fermi su uno spiazzo brullo, ai piedi di uno scalone di marmo.
“Beh, sì, però…” Rispose il ragazzo. “…è anche come se lo conoscessi, questo posto.” Aggiunse, continuando ad osservare il paesaggio intorno a se.
“Probabilmente è perché tua madre e Camus te ne hanno parlato.” Ipotizzò Milo.
Alexandros annuì, prima di seguirli sulle scale, ma lo fece soltanto perché sarebbe stato difficile spiegargli che si sentiva più come se ci fosse già stato, al Santuario di Atena. E visto che, effettivamente, lui non ci era mai stato, la cosa poteva diventare complicata.
“Vieni, facciamo la strada più breve…” Lo incitò la voce di Ioria.
“Io, veramente…” Lo interruppe Alexi; i due cavalieri lo guardarono di nuovo, interrogativi. “…vorrei passare dai dodici templi, se è possibile.” Chiese timidamente.
“Potrebbe essere un problema.” Affermò Leo.
“Ci sono macerie e parti pericolanti, è un gran casino.” Rincarò Milo.
“Ma che diavolo avete combinato?!” Esclamò il ragazzo.
“La battaglia è stata feroce.” Raccontò Ioria. “Il tempio di Leo è praticamente distrutto.”
Alexandros, stupito, si voltò verso Milo. “E il tuo tempio?” Domandò.
“Beh, non ha subito gravi danni strutturali, però… sarà un problema togliere tutto quel sangue.” L’espressione di Alexi si fece sconvolta. “Che hai da fissarmi così? È la guerra, ragazzo!”
Lui scosse il capo biondo. “Che risposta da Camus.” Commentò poi divertito. Milo ridacchiò.
“Ci ho passato troppo tempo insieme, probabilmente!” Fece quindi, sorridendo.
“Un problema che abbiamo in comune!” Replicò Alexi.
Risero, poi Milo prese per le spalle il ragazzo e deviò il suo percorso verso la salita dei templi. Ioria li seguì scuotendo il capo.
Le dodici case dello zodiaco non erano messe bene, bisognava ammetterlo; alcune erano proprio ridotte ad un cumulo di macerie.
Salutarono Aldebaran, davanti alle colonne pericolanti del suo tempio; lui ancora stoico in armatura, col suo corno reciso. Passarono all’esterno di Cancer, ancora velata dalla sua aura di morte. Si rammaricarono delle rovine di Leo, mentre il suo custode proclamava la ricostruzione immediata. La pace di Libra li accolse, quando già cominciava a fare caldo. Non passarono all’interno di Scorpio, perché proprio in quel momento stavano provando a pulire il pavimento dal sangue. Fu solo davanti alle porte del tempio di Sagitter che si fermarono.
Tutti e tre guardarono in alto, verso la facciata severa col simbolo della freccia, poi Alexandros si rivolse ai compagni di viaggio.
“Mi dispiace se fare questa strada vi ha in qualche modo turbato.” Gli disse con semplicità.
Ioria gli rivolse un’occhiata comprensiva, poi gli strinse una spalla con la mano, come a dire di non preoccuparsi. Milo gli dedicò un’occhiata solidale.
“Non preoccuparti.” Gli disse poi. “Sono giorni così, staremo meglio, vedrai.”
Il ragazzo annuì, poi tornò ad osservare l’accesso a quella che un tempo era la casa di suo padre.
“Io… vorrei entrare.” Ammise titubante. Ioria e Milo si scambiarono uno sguardo.
“Beh…” Disse poi Scorpio. “…non c’è un custode che possa impedirtelo, quindi…”
“In realtà si dovrebbe…” Provò ad obiettare Leo, ma fu zittito da un’occhiata dell’altro cavaliere che era disapprovazione pura. “Entriamo.” Esalò arreso lui.

La sensazione che provò Alexandros nel tempio di Sagitter non era spiegabile a parole. Perché lui conosceva quel luogo.
Conosceva l’odore, la luce particolare proveniente da angolazioni improbabili, conosceva il silenzio ed il modo in cui i rumori si propagavano in quello spazio vuoto. Sapeva che l’avrebbe trovata lì, splendida e lucente, sul piedistallo, con le ali d’oro spiegate e la freccia puntata verso il cielo: la sacra veste di Sagitter.
Il ragazzo si avvicinò quasi ipnotizzato, abbagliato dall’oro dell’armatura; alzò lentamente una mano, facendosi sempre più vicino.
“Non credo sia il caso di toccarla.” Lo avvertì Ioria.
“Devo.” Rispose soltanto lui, prima di sfiorare il gelido metallo.
In quel momento accadde qualcosa che Alexandros non si sarebbe saputo spiegare per molti anni ancora. Il presente svanì e lui si ritrovò in quello stesso tempio, ma in un altro tempo.
Vide suo padre, giovane, forte, generoso, imbevuto di verità e giustizia. Ascoltò la sua voce calda impartire lezioni ad un piccolo Ioria che somigliava troppo a lui da piccolo. E vide sua madre, come un tempo l’aveva vista Aioros: con un sorriso da bambina che ormai non aveva più. Vide le risate, le confessioni, le promesse. Vide i baci e gli addii. Durò anni. E lui era presente.
E poi apparve un volto di fanciulla. Lui non sapeva chi era, eppure la conosceva. E lei stava chiamando il suo nome.
Poi il tempo si riavvolse e ricominciò a scorrere normalmente. I suoi occhi tornarono a vedere il presente: il luccicante oro delle vestigia sacre.
“Alexi.” Lo chiamò la voce leggermente allarmata di Ioria, mentre gli toccava un braccio.
“Cosa è successo?” Domandò confuso il ragazzo, guardando prima uno poi l’altro dei suoi accompagnatori.
“Devi dircelo tu.” Fece Milo. “Per un attimo ti sei estraniato ed abbiamo sentito…” Guardò Ioria, per avere conferma, lui annuì.
“Abbiamo avvertito il tuo cosmo.” Affermò il cavaliere di Leo.
“Solo un attimo?” Chiese Alexi, loro annuirono. “Per me è durato così tanto…”
“Vuoi dirci che cosa è successo?” L’interrogò Ioria.
“Ho visto mio padre, la sua vita…” Rispose assorto il ragazzo. “Devo andare da lei.” Aggiunse deciso, sottraendosi alla presa blanda di Leo.
“Da chi?” Chiese perplesso Milo.
“Da Atena.” Rispose sicuro Alexi, precedendoli verso l’uscita del tempio.
Ioria fece per seguirlo ma fu bloccato dalla presa di Milo sul braccio, che lo fece fermare e voltare verso il compagno d’armi.
“Non fare finta che non sia successo niente.” Gli disse Scorpio a bassa voce. “È stato inquietante.”
“È inutile stare qui a farci domande di cui non abbiamo la risposta.” Ribatté Leo, anche se la voce non gli uscì sicura come avrebbe voluto. “Solo Lady Saori può chiarire i nostri dubbi.”  
Milo, con una smorfia poco convinta, lo lasciò andare e quindi lo seguì verso l’uscita della nona casa – ancora un semplice buco nel muro. Il cavaliere, però, non poté impedirsi di continuare a pensarci, mentre osservava zio e nipote salire tranquilli verso le rovine del decimo tempio.

I dubbi, però, aumentarono solamente, nel momento in cui Alexandros incontrò Saori Kido.
Non ci furono presentazioni, né domande o risposte. Sembrò solo che il tempo si fermasse, quando si guardarono negli occhi, sotto lo sguardo incredulo dei cavalieri di bronzo e di Ioria e Milo.
“Ti stavo aspettando.” Disse la fanciulla al ragazzo, con un sorriso dolcissimo.
“Lo so.” Annuì lui.
“Finalmente sei arrivato.” Continuò la Dea, prima di aprire le braccia per lui.
Alexandros l’abbracciò delicatamente, mentre le espressioni allibite e scandalizzate dei santi di bronzo parlavano da sole.
“Mi sei mancata.” Le sussurrò Alexi. Non sapeva perché lo diceva, visto che l’incontrava per la prima volta, ma sentiva che era la verità.
“Anche tu.” Rispose Saori, carezzandogli i capelli biondi.
Ed a quel punto, nessuno seppe veramente più che cosa dire. Tranne Seiya, che protestò vibratamente per il modo irrispettoso con cui quel tipo toccava Milady.

CONTINUA




   
 
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