Nella lista delle
persone che desidero vedere per l’ultima volta ho messo Prim e mia madre, Gale
Hawthorne, mio compagno nelle battute di caccia e infine la mia insegnante,
Mrs. Perino.
Arriva così l’ora della
cena e mi portano un po’ di minestra e un piatto di verdure e carne lessa con
un po’ di pane e una mela. Mangio svogliatamente, devo farlo perché ho i crampi
allo stomaco e il mio calvario sarà ancora lungo.
Dopo la cena frugale
osservo le ombre della sera scendere sul Distretto attraverso la stretta ed
alta finestra della cella. Siedo sulla mia brandina raggomitolata con le mani intrecciate
intorno alle ginocchia. Ora tutto si fa quieto e mi trovo qui a fare l’ultimo
bilancio della mia vita. Penso ai momenti felici, a quando papà era ancora con
me, mi sentivo protetta e il futuro doveva ancora aprirsi dinanzi a me come il
bocciolo di un fiore in primavera. Penso al peso e all’impegno della mia vita
di tutti i giorni, la scuola, la caccia per assicurare a Prim una vita
migliore, il freddo, la fame, la paura di finire sbranata da qualche animale
selvatico oltre la recinzione, la gioia del ritorno a casa nel nostro salottino
con il camino, Prim infreddolita che dorme dolcemente abbracciata a me in una
notte d’inverno, l’ansia dei giorni della Mietitura, il sollievo triste di
avercela fatta fino a quell’anno perché qualche altra povera ragazza era andata
a Capitol City a morire al posto mio, le nuotate d’estate al laghetto nel bosco
, il lavoro con Prim nel nostro orticello…Penso ai miei sogni di sedicenne che
invece non sbocceranno mai, del primo bacio che non ho mai potuto ricevere, al
mio primo amore che ho solo potuto sognare, alla famiglia che non avrò mai….forse
meglio così, non vorrei avere dei figli che potrebbero essere condannati a
morte solo perché sono usciti a procurarsi qualcosa da mangiare…
Fino a questo momento
pensavo che sarei morta nei miei boschi, cacciando, vittima di qualche orso o
branco di lupi, o forse che sarei stata estratta nel giorno della
Mietitura…almeno avrei potuto lottare fino alla fine. La mia morte sarà invece
molto più banale ed inutile, impiccata una domenica mattina come una criminale
qualsiasi.
Non ho mai visto di
persona le rare esecuzioni capitali, io alla domenica esco a caccia con Gale e
torniamo solo nel tardo pomeriggio dopo aver rimesso le trappole, scuoiato la
selvaggina cacciata e raccolto la frutta per i primi giorni della settimana.
Spero non ci sia nessuno che conosco a vedermi morire…
Questa ridda di
immagini e pensieri mi fa arrivare a notte inoltrata, accarezzo ogni immagine
ed ogni mio ricordo, almeno quelli più piacevoli con affetto e quasi con un
senso di serenità… Hanno spezzato il mio futuro ma il passato lo porterò dentro
di me nel mio cuore fino oltre le porte della morte. Cosa ci sarà dopo…non ci
ho mai pensato molto…forse incontrerò di nuovo il mio papà…so solo che andrò
dall’altra parte con questi occhi limpidi ed innocenti, il resto lo farà la
misericordia di Dio.
Quest’ultima
immagine di abbandono fiducioso nelle braccia di Colui che mi ha chiamato in
questo mondo mi dona un po’ di pace e mi addormento sulla mia brandina,
stremata dalla giornata più lunga della mia vita.
Quando mi sveglio sono
da poco passate le 9 del mattino, verso le 10 inizieranno le ultime visite
della mia famiglia e dei miei conoscenti. Vado in bagno e mi lavo il viso con
l’acqua fredda, mi sveglia e cancella un poco i segni del pianto sui miei occhi
arrossati.
Incontrerò per primi
Prim e mia madre. Ho bisogno di vederle ma allo stesso tempo vorrei potermene
andare senza dover prolungare ancora la loro pena e anche la mia cercando le parole
per dire loro addio. Vengo accompagnata dagli agenti in una stanzetta con un
tavolo e tre sedie dove vedrò i miei familiari.
Quando l porta si apre
Prim arriva come un ciclone ma non fa in tempo ad entrare che di nuovo le
lacrime trasformano il suo volto in una maschera di dolore. Mamma è in piedi
sulla porta come se non osasse venire dentro ma anche il suo volto e i suoi
occhi dicono tutta la pena per la mia sorte. Io accolgo Prim tra le braccia,
lei adorava farsi tenere così, sicura e protetta, tra le mie braccia nessuno
avrebbe potuto farle del male. Il suo viso e i suoi occhi sono l’immagine della
sofferenza e anche io ricomincio a piangere. Restiamo a lungo abbracciate
mentre la mamma che si è avvicinata ci accarezza entrambe.
“Prim…perché io possa
andarmene via serena ho bisogno che tu cerchi di essere forte…se no non ce la
farò neanche io” le dico singhiozzando….
“Katniss, ma cosa hai
fatto di sbagliato, tu hai sempre fatto del bene a me e a mamma, non hai mai
fatto male a nessuno, eccetto forse a qualche coniglio…, lo voglio dire al
giudice…e lui non ti farà morire…” la piccola mi sommerge con un diluvio di
parole, è sconvolta e non si rende conto che ormai non c’è più nulla da fare.
“Prim, tesoro, ti ho
sempre amato più della mia stessa vita e se devo morire per averti fatto del
bene non ho rimpianti…Tu non dimenticarti mai di me e ricordami sempre in ogni
giorno della tua vita. Io ti sarò vicina ogni giorno anche se in un modo un po’
diverso da prima…ma sarò insieme a te per proteggerti come ho sempre fatto. Sii
coraggiosa nei giorni della Mietitura, io ti aiuterò e tutto andrà sempre bene.
Se ti ricordi, ogni tanto, portami uno dei piccoli fiori del tuo giardino…va
bene?” La piccola non riesce a rispondermi per la pena che la sconvolge ma il
suo abbraccio dolcissimo è l’addio più bello e delicato che io potessi mai
ricevere.
Dopo qualche minuto di
carezze alla piccola abbraccio mamma.
“Mamma…perdonami per
averti dato un dolore così grande, ora ti affido la piccola Prim, quando non ci
sarò più avrà solo te, stalle vicino sempre e cerca di essere forte…Non voglio
che veniate domenica, porta Prim in campagna e io sarò lì insieme con voi,
insieme a voi come siamo sempre state. Anche se starai male cerca di non
piangere, ti voglio bene…mamma”
Ora però sono io che
piango e per un attimo ritorno una bimba di cinque anni che si rifugia in
quell’abbraccio caldo che ha conosciuto da quando è venuta al mondo. Per quanto
uno cresca e sia forte ed indipendente in certe occasioni quell’abbraccio non
lo dimenticheremo mai.
Poco prima di
mezzogiorno Prim e mamma lasciano il posto al mio unico amico, Gale. Appena
entra mi abbraccia e i guarda, il suo volto è carico di astio verso chi mi ha
ridotto in questo stato.
“Gale, non voglio
andarmene odiando e maledicendo tutti, sto cercando di arrivare alla mia ultima
ora prima di tutto in pace con me stessa…”
“Katniss, quante volte
abbiamo cacciato insieme, dovrei essere qui con te…invece ti ho abbandonato
quando avresti avuto più bisogno di me…” mi dice Gale con senso di colpa.
“Gale…saremmo qui in
due a morire…invece tu devi restare vivo, per te e per la tua famiglia e magari
un po’ anche per la mia…ti prego Gale non lasciarle morire di fame, procura
loro un po’ di selvaggina e fai attenzione oltre la recinzione…è sempre più
pericoloso…” lo consolo io.
“Katniss, ti giuro che
non farò mancare nulla a Prim e a tua madre, la selvaggina e anche del pane…”
mi promette lui.
“Gale, ti ricordi del
pane che ogni tanto mi donavi e che insieme dividevamo nel bosco dopo la
caccia? Quando ci mettevamo seduti nell’erba e facevamo progetti per il nostro
futuro…nonostante abitassimo qui al Distretto 12…Mi sono sentita felice in quei
momenti, non sapevo che per me il futuro sarebbe finito così presto…ma tu devi
andare avanti e avrai una vita che valga la pena di essere vissuta. Ricordati
di me ogni tanto…” Quando mi stacco da lui le lacrime rigano di nuovo le mie
guance.
“Addio Katnip…ti voglio
bene…” risponde lui, mi abbraccia forte e va via in fretta, vedo che anche lui
sta piangendo.
Subito dopo un pranzo
leggero consumato nella mia cella mi attende l’ultimo incontro della mia vita.
Ho scelto di vedere la mia insegnante, Mrs. Perino che mi aveva aiutata in un
momento difficile della mia vita. Ora ho nuovamente bisogno di un ultimo aiuto.
Mrs. Perino entra nella
stanzetta dei colloqui preoccupata ma appena mi vede viene verso di me.
“Katniss, cara, hai
chiesto di vedermi, sono qui per te…”
“Sì Mrs. Perino, questa
volta sono davvero nei guai…e la mia punizione sarà anche l’ultima” tento di
scherzare io.
“Mrs. Perino, le ho
chiesto di venire per questa ragione. Lei è stata buona con me quando ho
attraversato un momento difficile della mia vita (N.d.A: vedi Autunno, Cap. 3)
ora le chiedo un ultimo gesto di bene nei miei confronti. Io e la mia famiglia
siamo poveri e non posso permettermi un funerale dopo la mia esecuzione. Non
importa, le chiedo solo di prendersi cura del mio cadaverino quando verrò
calata dalla forca. Mi faccia chiudere in un sacco di tela o un lenzuolo e mi
faccia seppellire ai piedi dell’olmo che c’è nel giardino dietro la nostra casa.
Non vorrei che di queste cose debba occuparsi Prim o mia madre…un semplice tumulo
di pietre con una croce di legno con il
mio nome andrà bene…” le dico con tristezza. E’ così innaturale che una
sedicenne debba pensare al luogo della sua sepoltura.
L’insegnante mi
abbraccia e con affetto mi dice: “Stai tranquilla cara, penserò a tutto io…” e anche
lei piange insieme a me.
Le visite mi hanno
provato moltissimo, assai più di quanto avessi pensato prima. Tornata nella mia
cella siedo sulla brandina e sto male, non mi resta neanche un giorno di vita…
Sul tavolino della cella c’è un modulo, posso richiedere il mio ultimo pasto
che mi sarà servito stasera. Guardo il foglio bianco ma non riesco a metterlo a
fuoco e le lacrime cadono su di esso. Quante volte nella mia vita ho sofferto
per la fame…ora posso avere ciò che voglio ma non me ne importa più nulla…sarà
solo un’altra tortura per far crescere ancora la mia angoscia. Poco dopo appare
oltre le sbarre il Tenente medico Sarah Derbin.
“Ciao Katniss” mi
saluta lei.
“Tenente…Sarah…sei
venuta a trovarmi…” le dico con voce sommessa. Sarah fa aprire la cella da un
agente e siede accanto a me, mi guarda e vede che le mie condizioni sono
pessime.
“Katniss, ti faccio
portare qualcosa per dormire un po’…” mi consiglia.
“No, per favore, sono
le mie ultime ore e vorrei stare sveglia, ho paura di dormire e che domani
arrivi troppo rapidamente…” le rispondo. Sarah non mi dice niente ma mi
accarezza il viso con gentilezza. Ha il volto molto teso e tirato.
“Ho di nuovo litigato
con il Capitano McGregor, quello che sta succedendo qui mi sta logorando…non so
più ciò che è giusto o sbagliato, se sto compiendo il mio dovere o se sono io
la vera assassina qui dentro…” si confida Sarah.
“Cosa farai dopo la mia
morte?” le chiedo. Strana sensazione, mi sembra irreale pensare alla vita che
proseguirà per tutti gli altri quando io non ci sarò più.
“Farò l’ultimo rapporto
al comando…lunedì mattina presto ripartiremo in volo per Capitol City… e lì al
Comando Generale presenterò la mia richiesta di congedo. Ne ho abbastanza di
tutto questo, non avrò mai più una missione tremenda come questa, mai
più…tornerò ad essere un medico e basta e a salvare vite come la tua, mai più
la toglierò…Tu sei innocente e un vero soldato quando riceve un ordine ingiusto
dovrebbe rifiutarsi di eseguirlo…se io fossi degna di questa divisa forse
dovrei essere qui a morire con te ma non ne ho il coraggio…” La voce di Sarah
mi fa percepire il peso enorme sulla sua anima e la vedo piangere mentre
pronuncia le ultime parole.
“Sarah, avrei voluto
conoscerti in altre circostanze, sei una ragazza buona…sarai un ottimo medico
ne sono certa, ora stammi vicino e aiutami perché ho paura…” le dico
abbracciandola e restiamo lì così, insieme, mentre lei cerca di calmarmi un
po’.
Prima di uscire Sarah
mi spiega: “Domattina verso le nove potrai fare una doccia, meglio se non mangi
più nulla dopo stasera. Tua madre mi ha portato un bel vestitino azzurro,
indosserai quello. Verso le 11 verrò a prenderti io con il Capitano McGregor e
gli agenti di scorta e usciremo sulla piazza di fronte al Palazzo di Giustizia.
Stanotte però dopo cena preferisco che tu sia sedata, la tua angoscia è troppo
grande…”
Non le rispondo nulla,
solo ancora una volta mi abbandono tra le sue braccia a cercare l’ultima
coccola. Mi accarezza ancora dolcemente, prima di andare via in lacrime.
Nonostante non abbia trovato la forza di chiedere nulla Sarah mi ha fatto
portare una buona cena, è tutto preparato con cura, c’è riso, pollo e verdura e
anche una splendida fetta di crostata di mirtilli. C’è anche del pane bianco,
del pane vero, fragrante e dorato, lo riconosco, arriva dalla bottega dei
Mellark, l’ho spesso guardato in vetrina ma non me lo sono mai potuto
permettere. Lo avrà fatto Peeta, un ragazzo che viene a scuola nella mia
classe. Assaggio solo qualcosa, il cibo è buono ma ho la gola e lo stomaco
chiusi. Che buoni i mirtilli…quegli stessi che mi piaceva raccogliere con Gale
nel bosco, ogni sapore è fonte di ricordi di vita e mi fa male…
Più tardi in serata una
guardia mi porta un bicchiere con due pillole gialle e porta via gli avanzi
della mia cena. Prendo le pillole e mi corico sulla brandina. Ormai la notte
cala sul Distretto 12, la mia ultima notte. Che strano posto il Distretto,
povero, duro, spesso spietato ma pur sempre la mia casa…quanto mi manca ora
poter correre veloce dalla zona del Giacimento fino al centro della città e poi
via verso i boschi e le colline, le povere case di legno vecchie e scrostate…
Non me ne sono mai andata da qui, avrei tanto voluto vedere il mare almeno una
volta nella mia vita, mi sarebbe piaciuto visitare il Distretto 4, l’ho visto
solo alla televisione durante gli Hunger Games… Sto ancora pensando a questo
che le pillole fanno il loro effetto e sprofondo in un sonno pesantissimo.
Mi sveglio di
soprassalto perché una guardia passa il manganello sulle sbarre della cella
facendo un baccano infernale. Guardo l’orologio a muro e sono già le 8:30
Dall’alta finestra vedo il cielo, mi sembra sereno e soleggiato. Vado in bagno
e c’è la doccia, non molto calda ma per me è una novità, a casa abbiamo solo la
vasca da bagno. Al mio ritorno sulla brandina c’è il vestitino azzurro che
indosso di solito il giorno della Mietitura, è semplice, di cotone, lo
abbraccio perché ha il profumo buono di casa mia. Questi ricordi li porterò con
me, non me li possono togliere come la vita...
Aspetto in stato di
trance con il cuore che batte forte, come se mi stessi preparando a combattere
e verso le 11 arriva il Capitano MacGregor, il Tenente Sarah Derbin e sei
Pacificatori tra cui il Sergente Cray. Mi ammanettano le braccia con le mani dietro
la schiena e ci avviamo verso il patibolo. Nel cortile interno del Palazzo di
Giustizia vengo per un attimo abbagliata dal sole accecante. E’ finita. Sto per
fare il famoso ultimo miglio…certo il cortile non è così grande ma sono gli
ultimi metri di una ragazza condannata a morte, ogni passo mi costa una fatica
enorme.
Sarah mi è vicina e io
cerco i suoi occhi per avere uno sguardo amico nel quale specchiarmi per
l’ultima volta. Il pesante portone metallico del Palazzo di Giustizia si Apre e
siamo sulla piazza dove avvengono tutti gli anni le Mietiture. Quante volte ho
rischiato la vita in quei giorni, mai avrei pensato di morire qui in questo
modo. Lì c’è il patibolo, in alto, pronto per me. Mi guardo intorno e le gambe non mi sorreggono, ho un
mancamento, cerco di divincolarmi e fuggire dai Pacificatori che mi sono
intorno. Loro sono pronti e mi afferrano subito, Sarah si volta verso di me e mi
parla piano:
“No Katniss, ti prego,
così sarà solo peggio…non resistere più tesoro…”
La guardo come una
cerbiatta terrorizzata e le dico frasi spezzate: “ No…non così, per favore…” Mi
fanno salire gli scalini, salgo come un automa, il mio corpo non ha più energia.
Dall’alto del patibolo
vedo la piazza quasi deserta, solo in un angolo proprio ai piedi del palco ci
sono alcuni ragazzi e ragazze in classe con me. C’è Madge e anche Peeta Mellark
con indosso il grembiule da panettiere, deve essere uscito dal negozio solo
pochi minuti fa. Ci sono anche diverse persone che mi conoscono, gente del
Mercato nero, dove sono conosciuta e rispettata nel ricordo di mio padre. C’è
anche Mrs. Perino venuta a svolgere la sua triste missione .
Mentre le guardie calano
il nodo scorsoio io guardo e vedo le loro mani alzarsi nel saluto del nostro
Distretto, mi mandano l’ultimo bacio con la mano sinistra alzata e indice medio
e anulare uniti. E’ il loro ultimo addio, li ringrazio con un cenno del capo e
prima che cominci l’esecuzione si allontanano tutti dalla piazza, non vogliono vedermi morire. Solo Mrs. Perino resta ai
piedi del palco, ha un fazzoletto sulla bocca e non alza mai lo sguardo su di
me. I miei occhi azzurri si riempiono di lacrime ma non dico più nulla.
L’ultima cosa che vedo è una ghiandaia imitatrice che atterra ad ali spiegate
sulla banderuola segnavento a forma di freccia sull’edificio di fronte. Vengo
sistemata sulla botola e Sarah mi solleva gentilmente i capelli, mi mette un
pesante cappuccio nero in testa e posiziona il nodo scorsoio sotto il mio
orecchio sinistro. Mentre il Cap. McGregor legge la motivazione della condanna,
sulla piazza non restano che quattro o cinque persone di passaggio, tutte
piuttosto lontane dal palco. Comincio a piangere ed agitarmi: “Per favore, così
non respiro, non riesco più a respirare…” grido da sotto il cappuccio nero.
Tutto questo è fatto perché io muoia ma i miei gemiti sono così strazianti che
Sarah fa sospendere un istante l’esecuzione. Allarga di nuovo il nodo scorsoio
e mi toglie il pesante cappuccio nero.
“Facciamo così…va bene
Katniss?” mi chiede e io annuisco con un cenno del capo. Il nodo viene rimesso
al suo posto. Almeno morirò sentendo la brezza tra i capelli, il tepore del
sole sulla pelle, sentendo il profumo del polline di primavera mentre il mio
piccolo cuore si gelerà per sempre. Tutto è pronto e all’ordine del Capitano
McGregor morirò, spero che l’agonia duri poco. Sarah è in un angolo del palco
ma la vedo allontanarsi in fretta, con un fazzoletto sulla bocca sotto lo
sguardo stupito di McGregor. I miei occhi azzurri alla fine si fissano sulla
ghiandaia imitatrice, è venuta a prendere la mia anima per portarla in cielo.
L’ordine è improvviso,
mi manca la terra sotto i piedi e sento uno schianto secco…e mi sveglio
gridando come una pazza per il terrore. Devo aver gridato più di una volta
prima di rendermi conto di essere seduta sul mio letto in casa, nella mia
camera. Prim è saltata su dal suo lettino spaventata a morte per un risveglio
tanto brusco. Sono lavata, immersa in un bagno di sudore e il sussulto che mi
ha svegliato è stato tanto intenso da far letteralmente volare via le coperte
dal mio letto. Mi passo le mani sul viso imperlato di sudore ed ho conati di
vomito. Sto ancora malissimo… Mi precipito in bagno e mi lavo per bene, ho
ancora le gambe che tremano, non avevo mai avuto un incubo così lungo,
realistico e dettagliato. Quando torno in camera Prim mi osserva preoccupata.
“Kat, va tutto bene?
Stai male?” mi chiede preoccupata.
“No, tesoro, sto bene,
ma ho avuto un incubo tremendo…non hai idea di quanto sono contenta di
vederti…anzi vieni qui da me…” le rispondo con nel cuore una gioia tra le più
grandi che ricordo di aver provato. Mi guardo intorno e non ho mai voluto tanto
bene alla mia povera casa, al mio Distretto, alla mia piccola vita di tutti i
giorni, alla mia fatica quotidiana…il futuro è di nuovo un libro aperto e non
scritto per me…
Prim è un po’ stupita ma è così dolce ed è
felice di ricevere una inaspettata dose di coccole che le fanno incominciare
bene la giornata. E’ sabato mattina e oggi non c’è scuola, solo più tardi dovrò
uscire a caccia con Gale. Subito dopo una bella colazione con Prim e mamma mia
sorella chiede speranzosa:
“Oggi resti qui a casa
con me Katniss?”
Sono tentata di risponderle di sì e di godermi
la mia vita ritrovata, ma il mio senso di responsabilità verso di lei me lo
vieta.
“No tesoro, lo sai che
devo uscire a caccia con Gale…” mentre le dico questo un’ombra scura vela per
un istante il mio sguardo limpido.
“Ma ti prometto che
tornerò…”
Prima di uscire nella
mia tenuta da caccia il gatto mi soffia contro.
“Almeno per oggi non ti
farò arrosto…” gli dico sorridendo.