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Autore: kessachan    07/03/2013    4 recensioni
Salve!
Questa è un AU ed è ambientata ai tempi della Seconda Guerra Mondiale.
Elena è un'infermiera e i nostri Salvatore sono soldati di stallo in Inghilterra. Spero di non sembrarvi banale e che la storia vi piaccia!
Buona lettura!
Kessachan
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena, Elena/Stefan
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 5.
 
-Meredith dici che sono presentabile?- chiesi alla mia amica che era intenta a guardarmi sorridente. Eravamo da poco tornate dalla mensa e avevo deciso di darmi un’ultima sistemata prima di incontrare Damon. Avevamo appuntamento alle 8 e mancavano esattamente 10 minuti.
-Elena, stai benissimo.- disse lei. Era seduta a gambe incrociate sul suo letto, tenendo stretto tra le braccia un cuscino. Sembrava una ragazzina. Non sapevo se ero più emozionata io o lei.
Lisciai nervosa per l’ennesima volta il vestito con le mani, anche se in realtà non ne aveva bisogno.
Era in semplice color panna con la gonna a balze e piccole decorazioni floreali su tutta la lunghezza. Alla vita portavo una sottile cintura marrone che metteva in risalto i miei fianchi stretti.
-Forse è meglio che vada.- dissi, guardando l’orologio che avevo al polso.
Presi il cappotto e la sciarpa che avevo già preparato sul letto e me li infilai.
-Buona serata Elena.- mi disse mentre uscivo dalla nostra tenda.
-Grazie, Meredith. A più tardi!- e così mi avviai fuori per trascorrere la serata con Damon.
 
Quando arrivai davanti alla mensa lo trovai già lì ad aspettarmi. Per quello che potevo vedere aveva addosso i pantaloni verdi della divisa e una pesante giacca di pelle marrone scuro.
-Scusa se ti ho fatto aspettare.- dissi, avvicinandomi.
-Non ti preoccupare, sono arrivato io presto. Vogliamo incamminarci? Ci metteremo solo una decina di minuti massimo.- mi fece strada allungando il braccio per indicare la via da percorrere e io lo seguii, camminando al suo fianco.
-Sono andata in paese solo una volta e ho visto solo la posta.- dissi.
-Per fortuna è uno dei pochi a non essere stato ancora attaccato, anche perché se malauguratamente dovesse accadere ce ne accorgeremmo pure noi essendo così vicini. Voci però dicono che presto ci trasferiranno in un altro accampamento.
-Sì, l’ho sentito anch’io. Però credo che l’ospedale da campo andrà in un altro posto rispetto al vostro.
-Spero proprio di no.- disse lui subito. Alzai gli occhi per guardarlo in viso e mi accorsi che lui mi stava già guardando.
-Sei bellissima.- aggiunse poi.
-Grazie.- risposi imbarazzata.
Per un po’ camminammo in silenzio e io mi guardai intorno, iniziando a vedere le prime case del paese.
Sulla destra, un po’ lontana rispetto alle altre, notai una casa che molto probabilmente era disabitata perché logorata dalle intemperie, con le finestre rotte e la porta d’ingresso penzolante.
-Sarebbe proprio una bella casa quella, rimessa a nuovo.- dissi indicandola.
-Andiamo a vederla da vicino.- propose Damon.
Ci avvicinammo percorrendo un piccolo sentiero di ghiaia con ai lati un giardino ricoperto di erbacce e pezzi di legno di chissà quale provenienza.
Tutto sommato la casa non sembrava ridotta così male come pensavo.
Era su due piani e sul davanti c’era un ampia veranda che dava sul giardino.
-Non mi dispiacerebbe avere una casa simile, rimessa a nuovo ovviamente. Con il dondolo sulla veranda, lo steccato bianco e tutto il resto. E questo è anche carino come paesino. A me piacciono molto i piccoli paesi. Però bisognerebbe vedere com’è a guerra finita. Se mai questa guerra avrà fine.- dissi continuando a studiare la casa e ad immaginarmi come sarebbe ristrutturata.
-Prima o poi finirà. E quando sarà tutto finito torneremo qui a Brentwood. Ti ci porterò.- mi voltai a guardarlo e anche lui era intento a fissare la casa.
-E’ una promessa?- chiesi poi, sorridendogli.
-Sì, è una promessa.- rispose lui, voltandosi a guardarmi.
Rimanemmo per un po’ in silenzio a guardarci poi però, imbarazzata, mi voltai verso la strada da dove eravamo venuti.
-Andiamo?- chiesi.
-Certo. Il pub è là a sinistra.- aggiunse indicando la strada.
Infatti più avanti c’era un edificio illuminato e fuori un’insegna di legno dipinta con scritto: “The prancing pony”.
Più ci avvicinavamo più dal suo interno arrivavano voci e risate, lasciando intendere che fosse presente un gran numero di persone.
-Dopo di te.- disse Damon, aprendomi la porta del pub.
-Grazie.- entrai dentro e come avevo immaginato ci saranno state almeno una ventina di persone disseminate per tutto il piccolo locale.
Entrato dopo di me Damon si fermò alle mie spalle, spingendomi delicatamente verso un tavolo libero posando una mano sulla mia schiena.
-Ehi Damon! Hai compagnia stasera!- lo salutò un signore sulla quarantina da dietro il bancone del bar, probabilmente il proprietario.
-Ciao Archie!- disse Damon alzando la mano per rispondere al saluto. -Siediti che io ti porto da bere. Cosa preferisci?- aggiunse poi rivolto a me.
-Una birra, bionda. Grazie.
-Arriva subito.- disse mentre mi stavo accomodando sulla panca di legno appoggiata contro il muro.
Mi guardai intorno levandomi il cappotto. Damon mi aveva detto di non aspettarmi chissà cosa però se devo essere sincera a me quel posto piaceva. Il proprietario evidentemente teneva alla pulizia perché i tavoli e le panche erano puliti, in legno chiaro e ben tenuti.
Alle pareti erano appese fotografie di uomini in divisa e donne sorridenti, una bandiera dell’Inghilterra e vari ritratti di paesaggi del territorio inglese.
Poco dopo Damon arrivò con in mano due boccali di birra e sedendosi me ne porse uno.
-Grazie.- dissi.
Si sedette di fronte a me e, dopo essersi tolto la giacca, alzò il bicchiere come per fare un brindisi.
-A cosa brindiamo?- dissi alzando a mia volta il mio.
-A noi e alla fine della guerra?- propose lui offrendomi uno dei suoi soliti sorrisi ironici e così dolci allo stesso tempo, che oramai avevo iniziato ad apprezzare.
-A noi e alla fine della guerra!- esclamai, bevendo poi un sorso della birra fresca.
-Hai già pensato a cosa farai quando tutto sarà finito? Hai qualcuno a casa che ti aspetta?- chiese lui dopo aver bevuto un po’ della sua birra.
-A dire il vero no, non ho nessuno in particolare che mi aspetti a casa. Avevo mio fratello ma è morto in Francia. E vorrei vedere altro oltre a Portland. Tu sei di New Orleans giusto? L’ho letto sulla valigia di Stefan.
-Mi dispiace per tuo fratello. Allora è per questo che hai deciso di diventare infermiera.- bevve un altro sorso di birra. -E sì siamo di New Orleans, anche se a me piacerebbe andar via.- aggiunse.
-Sì, Stefan me ne ha parlato.- dissi, annuendo.
-Siete diventati amici voi due.- notai una punta di amarezza tra le sue parole, magari era solo una mia impressione.
-Abbiamo parlato mentre tu eri in missione. Mi ha detto che siete partiti volontari.
-E’ esatto. Subito volevano mandarci in Francia, poi però quando abbiamo deciso di diventare piloti della RAF ci hanno spediti qui in Inghilterra. Sono due anni che siamo qui in Europa.
-Quando questa maledetta guerra finirà sarebbe meraviglioso poter visitare città come Parigi, Londra, Roma. Posti che non ho mai visto e che mi piacerebbe molto vedere. Però ora come ora saranno solo ombre distorte rispetto allo splendore di una volta.
-Purtroppo è vero, ma presto o tardi tutto si sistemerà e torneranno ad essere le città che erano un tempo.
-Lo spero tanto.- sorseggiai ancora un po’ della mia birra.
-Cosa facevi prima dello scoppio della guerra?- chiese poi.
-Vivevo una vita tranquilla a Portland. Mio fratello era operaio e io ogni tanto mi dilettavo a cucire vestiti per qualche amica o vicina di casa giusto per ricavare qualche soldo. Non era male. Anzi stavamo bene anche perché avevamo qualche soldo messo da parte dalla morte dei nostri genitori. Adoravo andare a ballare nel locale vicino casa. Era così divertente. Oramai non mi ricordo più nemmeno come si fa.- abbassai lo sguardo sul mio bicchiere.
Sembravano passati secoli dall’ultima volta che ero andata con Jeremy e il nostro gruppo di amici a ballare al Danny’s. Gli unici pensieri che avevo all’epoca erano rivolti ai ragazzi che mi chiedevano di danzare con loro e al vestito che avrei messo. Ora mio fratello era morto e dei miei amici avevo perso le tracce. Un paio so che erano morti a Pearl Harbour. Gli altri non avevo proprio idea di dove fossero.
Sentivo lo sguardo di Damon su di me e per questo alzai gli occhi per guardarlo in faccia.
Sembrava pensieroso, come se stesse progettando qualcosa.
Infatti poco dopo avrebbe fatto una cosa che sarebbe rimasta per sempre viva nella mia memoria.
Si alzò dalla panca e allungò una mano verso di me.
-Su forza balliamo.- disse semplicemente.
Io lo fissai immobile, imbarazzata.
-Ma Damon, non c’è nemmeno la musica. E poi ci guarderanno tutti.- dissi, guardandomi intorno.
Già qualcuno si era voltato verso di lui, chiedendosi il perché si era alzato.
-Elena, non ti preoccupare.- ripeté il gesto di avvicinarmi la mano per invitarmi ad alzarmi dalla panca.
Un po’ titubante mi alzai accettando la sua mano.
Lui la tenne stretta mentre facevo il giro del tavolo e poi appoggiò l’altra mano sul mio fianco.
Iniziò a muovere dei piccoli passi a destra e a sinistra, improvvisando un ballo lento, girando in tondo.
Sicuramente tutti ci avevano visto, infatti si alzarono fischi e grida di incitamento per Damon.
Considerando che la maggior parte erano soldati in divisa non potevo aspettarmi altro. Lui però rimase impassibile, essendo totalmente concentrato nella danza. Inoltre aveva gli occhi puntati su di me.
Poi d’un tratto iniziò a canticchiare qualcosa. Riconobbi subito la canzone che stava imitando.
Era “All the things you are” di Helen Forrest.
 
You are the promised breath of springtime
That makes the lonely winter seem long
You are the angel glow that lights the stars
 
L’ultima volta che l’avevo sentita i miei erano ancora vivi. Eravamo a casa e alla radio avevano incominciato a farla partire.
Eravamo tutti in salotto e mio padre al suono di questa canzone aveva messo da parte il giornale e aveva invitato mia madre a ballare, che era intenta a ricamare qualcosa come era solita fare.
Ricordo che ero rimasta a guardarli incantata, vedendoli ancora così innamorati e felici.
E ora ero lì in un paesino dell’Inghilterra, tra le braccia di Damon che canticchiava cercando di rendere la sua imitazione il più possibile fedele all’originale.
 
Someday my happy arms will hold you
And someday I’ll know that moment divine
When all the things you are, are mine.
 
Non so se le persone al locale avevano smesso di parlare o semplicemente ero io che ero totalmente presa dalle sue parole da non accorgermi di quello che mi stava accadendo intorno.
So solo che appoggiai la testa sul suo petto, e cullata dalle note di quella canzone ballai con lui.
Quello fu in assoluto il momento più bello della mia vita.
 
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Taa daaan! Ecco il capitolo Delena che vi avevo promesso! Come vi è sembrato?
Eheh per ora niente bacio, ma non si sa mai dai ;D
Come al solito ringrazio con tutto il mio cuore:  xalison, missimissisipi, militerni, Waterviolet e la carissima Delena_88 che come sempre hanno lasciato una recensione, vi amo *.*
Spero che anche questo vi sia piaciuto come gli altri :3
Ringrazio anche aria3, se_93, vale_tta e Love Bites per aver inserito la storia nelle seguite :D e anche chi l’ha inserita nelle preferite: asia98, federica_hale e Iside_Cullen <3
A presto!!
Buona giornata :D
kessachan
  
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