Quel giorno avrebbe cercato di realizzare il suo sogno con la sua migliore amica. Sapeva che c'era una possibilità su un milione di incontrare o anche soltanto di vedere per un secondo quelle persone che l'avevano resa così felice, e anche così convinta di poter credere nei sogni. Voleva crederci fino in fondo, come ogni cosa che faceva e che pensava, era convinta che nulla era impossibile. Era quasi un anno che aveva programmato tutto: i biglietti per il concerto, gli orari, l'albergo dove avrebbero alloggiato i ragazzi e perfino il numero di camera. Era stata milioni di volte in quell'albergo ogni giorno, e sapeva chi erano i clienti abituali e quali camere prendevano.

Era sicura che avrebbero preso una suite e non una camera normale: questo voleva dire che sarebbero stati al terzo piano. Le suite erano venti, dieci erano occupate dai “soliti clienti”, cinque erano singole o matrimoniali, e le aveva scartate. Rimanevano cinque camere, il suo ragionamento era stato questo: “o si sono presi una camera per uno oppure dormono tutti insieme, ma come fanno a stare separati senza fare casino? Anche se li mettessero separati la sera li troverebbero tutti nella stessa camera la mattina dopo”. La risposta della sua migliore amica era stata: “Eve, non puoi esserne sicura al cento per cento”. Lei non le aveva dato ascolto e alla fine dopo molti ragionamenti e molte ricerche era arrivata alla conclusione che gli One Direction avrebbero dormito nella camera 323 del Robinia Hotel a Milano.

Aveva discusso molte volte con la sua migliore amica, Alex, su questo argomento, una volta avevano anche rischiato di litigare:

-Sono sicura che è così.-

-Senti, sono stufa di sentire queste tue ipotesi inutili, non possiamo andare al concerto e basta?-

-Fai come vuoi, io non rinuncerò al mio sogno per pigrizia, ormai è quasi un anno che ci lavoro, non voglio che tu, perché hai paura che ci sia qualcosa di sbagliato non faccia andare neanche me.-

-Ok, va bene, ma se non li troviamo stai tranquilla che non sto zitta.-

Subito dopo avevano ricominciato a parlarsi normalmente. Due giorni prima del concerto, o come ho detto prima “quel giorno” avevano deciso di accamparsi davanti all'entrata posteriore da cui sarebbero dovuti entrare quei cinque ragazzi meravigliosi, come li definivano loro. Erano provviste di sacco a pelo, cibo, bevande e torcia elettrica; erano sovreccitate ma avevano deciso di non farsi vedere. Avrebbero dormito nel cespuglio che c'era di fianco alla porta, lo stesso sotto cui erano sedute ora; avrebbero aspettato di vederli entrare la sera e uscire la mattina dopo senza disturbarli e senza farsi vedere né sentire. Il giorno del concerto, la mattina presto, sarebbero andate al Forum di Assago con i due biglietti custoditi gelosamente da Eve nel suo portafoglio. Li aveva comprati su internet appena erano usciti e si era stupita della sua fortuna: erano gli ultimi due. Sentiva già l'adrenalina che le sarebbe salita davanti al palco, pensava alle mosse di danza che avrebbe fatto incoscientemente, pensava al dopo concerto quando non avrebbe più avuto voce neanche per parlare e avrebbe avuto stampato sul volto un sorriso a trentadue denti ma, nel profondo, sarebbe stata triste perché sarebbe stato tutto finito. Mentre pensava era rimasta a fissare una coccinella che passeggiava tranquillamente su una mattonella del vialetto di fronte a lei, aveva sette pallini neri sulle sue ali: le venne da sorridere, sperava che le portasse fortuna perché sentiva che gliene sarebbe servita.