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Autore: MartaJonas    07/03/2013    6 recensioni
Nessuno dei due ragazzi sapeva che era appena cominciato a piovere e due piccole gocce d’acqua erano cadute nell’oceano.
Quanto poteva essere grande l’Oceano Atlantico? Quello stesso oceano che li separava dalla terra in cui si sarebbero trovati neanche un mese dopo.
Eppure quelle gocce erano cadute vicine, e i cerchi formatosi al contatto con l’acqua agitata si stavano allargando, e si sarebbero incontrati.
A cosa portano due cerchi d’acqua che si scontrano? che si incontrano? A tanto, a poco e a tutto. Tutto ciò può portare a nulla, e a tutto nello stesso momento.
Si tratta di incontri, si tratta di scontri, si tratta di impatti.
Quanto può compromettere uno scontro, o un’incontro in una vita? Quanto due mesi possono cambiarla?E se ci fossero tanti incontri in una volta soltanto? Se il significato di “vita” venisse messo in discussione? Se tutto quello che si pensava fosse fondamentale, non assumesse più significato?E se tutto, da un momento all’altro, a causa di due gocce cadute fin troppo vicine, cambiasse?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Joe Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Chapter 23

 
It’s my fault.
 

 


 
Joseph e Claire si guardarono per un attimo, intensamente, non sapendo cosa fare. Non poteva essere accaduto di nuovo. Non in quel modo, non in quel momento. Claire rabbrividì dopo aver sentito un altro grido, mentre Joseph la guardava senza muovere un muscolo.
Senza dire niente la ragazza uscì dalla stanza, e poi dall’intera struttura, seguita dal giovane. Si guardò intorno, prima non riuscendo a vedere nulla, e poi scorse cosa era successo.
Un’altra bomba, questa volta, al pozzo. Donne, uomini  e bambini giacevano a terra alcuni senza vita, altri con ancora qualche speranza. Questa volta era stata più forte, aveva coinvolto più persone, aveva distrutto più vite, di nuovo senza un apparente motivo. Forse lo avrebbero saputo il perché, forse no, ma Claire non ebbe neanche il tempo di pensarci, che il dottor Smith le passò a fianco e le disse che dovevano fare qualcosa.
Con il cuore in gola e le gambe tremanti corse verso i corpi più vicini lasciando che Joseph vedesse se ci fosse qualcosa da fare per un altro gruppo di coinvolti in quel delitto.
Claire posò l’indice a l’anulare al collo di una donna che lavorava lì, all’orfanotrofio. Non c’era battito. Allora passò al bimbo vicino a lei, di appena sei anni. Nessun battito. L’uomo sulla trentina che ogni giorno era alla mensa. Nessun battito. La donna amica d’infanzia di Falala. Nessun battito.
Claire cominciò a piangere, rendendosi sempre più conto della strage che era appena avvenuta.
Provò paura perché ancora non vedeva né Falala né Dinari nei dintorni, provò rabbia perché non sarebbe dovuto succedere, si sentì in colpa, perché stava litigando per cose inutili quando sarebbe dovuta essere anche lei lì con loro.
Quando sentì l’ennesimo cuore fermo i suoi occhi erano annebbiati dalle sue stesse lacrime.
Joseph si rimproverava di non aver potuto fare nulla, e ogni volta che sentiva un cuore che non batteva il suo rimaneva fermo per un po’, come se si spezzasse in mille parti. Aveva già visto due bambini, entrambi morti, entrambi che conosceva, ed era stato come se una parte di lui fosse stata persa per sempre. Poi vide Dinari, che ferito cercava di soccorrere gli altri. Chiamò il dottor Smith, e contro la sua volontà lo portarono dentro.
Mentre Claire stava per darsi alla disperazione, perché sembrava che nessuno fosse più rimasto vivo vide Asabi che cercava aiuto, mentre tentava di rimanere in vita.
-Asabi! – disse la ragazza
-Claire – rispose la donna prendendole la meno. Mentre  la ragazza chiese aiuto a due uomini per portare la donna incinta dentro lo stabilimento, quest’ultima le disse il suo ultimo desiderio.
-Salva lui, e prega per me. – così dicendo posò una mano sulla sua pancia, e Claire pregò affinché entrambi si sarebbero potuti salvare.
Quando entrò nella sala ricreativa e misero Asabi su uno dei tavoli, Claire pregò i due uomini che l’avevano aiutata di andare a vedere se c’era ancora qualcuno vivo.
Quando si girò, vide la sala piena di feriti, gravi o meno. Vide Dinari ferito ad una gamba, vide il piccolo Asad che appena respirava, vide Falala che piangeva accanto a suo marito, vide uomini, donne e bambini feriti da una stessa stramaledetta bomba.
Il dottor Smith si avvicinò a Claire dicendole che doveva essere lei a occuparsi di Asabi, perché lui aveva tutti gli altri pazienti, già troppi per un medico soltanto. La ragazza annuì, ma tremò al solo pensiero di fare quell’operazione dal sola.
Delle amiche di Asabi si erano già radunate intorno a lei. C’era chi piangeva, chi parlava ad alta voce, chi sembrava disperato. Claire prese un respiro e si avvicinò alla donna.
-Ce la puoi fare – disse al suo orecchio Joseph poggiandole una mano sulla spalla. Lei lo guardò come se si sentisse persa, e senza speranza. Senza che dicesse nulla il ragazzo fece allontanare chi si era avvicinato alla donna incinta. Claire sospirò ancora una volta, e con l’assistenza di Joseph, cominciò quell’operazione.
 
*
 
La ragazza sedeva sotto il porticato, sul retro dell’area ricreativa. Aveva perfino smesso di piangere tante erano le lacrime che aveva versato. Si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio cercando di cessare di pensare a quello che era accaduto poco prima almeno per un attimo. Ma non ce la fece, come avrebbe potuto?
Tirò su col naso, sentendo l’ennesimo soffio di vento accarezzarle la pelle, mentre si stringeva nella felpa fin troppo larga per lei, lasciando che le mani scomparissero all’interno delle maniche lunghe.
Chiuse gli occhi per un attimo, e invece di far zittire quei pensieri per un solo momento, questi si fecero più insistenti, più ripetitivi, più drammatici. Quasi non ricordava come fosse successo, stava facendo proprio tutto come doveva essere fatto. Si stava comportando come un vero medico, non stava facendo sbagli, stava andando tutto bene. Ma poi aveva capito che c’era qualcosa che non andava: c’era un emorragia. Così si era ritrovata davanti ad una scelta: salvare Asabi, o suo figlio. Il problema è che era stata la natura a scegliere per lei, e neanche le volontà della madre potevano fare la differenza. Il bambino era al terzo mese di vita, non sarebbe mai potuto sopravvivere, soprattutto in una situazione come quella. Così, quanto la situazione si era fatta critica, aveva optato per un aborto, che molto probabilmente sarebbe avvenuto spontaneamente subito dopo visto la situazione di Asabi. Il battito della donna sembrava essersi stabilizzato, sembrava che tutto stesse andando meglio, dopo aver bloccato quell’emorragia. Poi così, all’improvviso, il cuore della donna aveva smesso di battere. Non ce l’aveva fatta, il suo cuore non ce l’aveva fatta. Né quello della donna, né quello di suo figlio. Non li aveva salvati, li aveva uccisi. Si era macchiata di sangue la coscienza prima ancora di diventare un vero medico. Ripensò al pianto della mamma di Asabi, alle grida delle sue amiche, la disperazione di suo marito. Claire, in quel momento, perse una parte di sé che mai più riavrà indietro. Uscendo dallo stabilimento, vide Dinari e Asad vivi, e per un attimo si rincuorò, per poi sprofondare di nuovo in quel che aveva appena fatto. Uscì fuori dall’area ricreativa, piangendo, piangendo tutte le lacrime che aveva in corpo, una per una, con un dolore al cuore che mai aveva provato prima.
Era rimasta lì, senza che nessuno osasse avvicinarsi, fino a quando le lacrime si erano trasformate in dolore perpetuo, dolore all’anima, dolore al cuore.
Continuava a non riuscire a togliersi dalla mente quelle scene, quel che era accaduto, quel che stava accadendo.
Mentre guardava nel vuoto e tentava di respirare, perché in quel momento avrebbe preferito morire, una esile manina si poggiò sulla sua. Claire voltò lo sguardo finendo negli occhi scuri del piccolo Ike, che le rivolgeva un sorriso. Le sorrideva come se capisse fino in fondo cosa stesse passando, come se sapesse cosa stesse dicendo a se stessa.
Non usò molte parole, ma capì davvero cosa le servisse sentirsi dire in quel momento.
-Ti voglio bene, Claire – disse il piccolo abbracciando la ragazza a cui vennero di nuovo gli occhi lucidi nel ricambiare quel gesto allo stesso modo.
-Ti voglio bene anche io, Ike, ti voglio un mondo di bene. – rispose la giovane.
Terminato quell’abbraccio, il bimbo sorrise soddisfatto, e se ne andò, dopo aver strappato un attimo di felicità in quella ragazza. Era stato il primo che aveva osato parlarle, che aveva trovato le parole giuste in tanto dolore. Sembrava l’unico che le volesse ancora bene.
Non passò tanto tempo prima che qualcun altro le si sedesse vicino, e la guardasse tentando di dire la cosa giusta.
Joseph afferrò la mano della ragazza, che si scansò infastidita.
-Non toccarmi. – disse la giovane.
-Sei la mia ragazza, posso fare quel che voglio con te – rispose Joe, tentando di sdrammatizzare per un attimo, mentre le metteva un braccio intorno alle spalle.
-Ci siamo lasciati – rispose la ragazza alzandosi per sottrarsi alla sua presa.
-Va bene, va bene. Non ti tocco, non faccio nulla, ma almeno ti siedi e mi ascolti per un attimo? – chiese il moro.
-Come vuoi – rispose lei sedendosi.
-Claire, non è colpa tua. – cominciò il ragazzo.
-Sì che lo è invece. – rispose la giovane.
-No. Tu hai fatto tutto il possibile per salvarla, per salvare lei e il bambino. La colpa è di chi ha tirato la bomba, non di chi ha lottato per salvare chi è stato coinvolto nel delitto. Poi, avanti, ero con te, non hai sbagliato nulla, hai mantenuto la calma, hai fatto le scelte che dovevi fare senza paura, proprio come un vero medico. Tu, Claire, sei un medico. Tu hai salvato la mia vita. – disse Joe tutto d’un fiato.
-Il dottor Smith ti ha salvato, non io. Ho già ucciso qualcuno prima di diventare medico, non sarò mai un vero medico. – rispose la ragazza.
-Chi è stata come me giorno e notte? Chi ha assistito in tutto e per tutto il dottor Smith? Chi gli ha dato consigli? Chi? Non tutte le operazioni vanno a buon fine, Claire. La medicina, non è come la matematica. Anche se rispetti tutti i passaggi e tutto ciò che si deve fare, non è una scienza esatta, perché ogni corpo è più o meno resistente, e quello di Asabi era fin troppo debole. – rispose a tono il ragazzo, provocando le lacrime di Claire.
-In ogni modo, rimane il fatto che è colpa mia, e di nessun altro. Se l’avesse fatta il dottor Smith l’operazione, si sarebbero salvati. – sentenziò lei.
-Oppure no. Non ci è dato saperlo. Ma non sarebbe stata colpa del dottor Smith se non si fossero salvati, come ora non è colpa tua, Claire – rispose il moro. – Ricorda sempre che tu salvi vite, tu assisti alle nascite. Ricorda sempre il lato positivo del tuo lavoro, non il negativo.
-Grazie per avermi aiutata oggi. – disse, cercando di far sì che la lasciasse sola. Era colpa sua, soltanto colpa sua, e chi avesse detto il contrario stava mentendo.
-Di nulla, davvero – rispose.
-Puoi lasciarmi sola per un po’?- chiese la ragazza.
-Va bene, ma sta cominciando a fare freddo, non credi sia ora di rientrare? – disse il moro.
-Sto un po’ qui fuori, e poi vi raggiungo dentro, promesso. – rispose, salutando il ragazzo che rientrava nell’area ricreativa.
Claire chiuse gli occhi, poi li riaprì quando erano già pieni di lacrime.
-Scusa Asabi, scusa con tutto il cuore. Non avrei mai voluto. – sussurrò a se stessa, alla ragazza, e al mondo intero contemporaneamente, mentre l’ennesima lacrime rigava la sua guancia.
 
 
Quella tempesta si era rivelata più violenta del previsto. Sembrava non fermarsi mai, sembrava non avere un momento di vera calma. In tanta violenza, alcune gocce si perdono per sempre, anche se i cerchi provocati da queste verranno per sempre ricordati.









Buonasera gente!
Sì, se ve lo state chiedendo, potete farlo: potete uccidermi. 
Per prima cosa per il ritardo, ma un una settimana mi sono beccata sette influenze diverse, con tanto di febbre e tutto il resto. Vi rispiarmio la descrizione della scena di quando mi sono sentita male durante il compito di matematica! Molto meglio! 
In ogni modo, mi dispiace da morire per avermi messo così tanto tempo, ed anche perchè il capitolo non è esattamente felice, anzi ....
Vi ringrazio tutti, dal primo all'ultimo, per continuare a leggere questa fan ficion e continuare a commentare! Davvero, grazie mille! 
Fatemi sapere che ne pensate, ho bisogno di pareri! 
Un bacione grande, 
al più presto possibile!
Marta <3

  
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