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Autore: ElegantTania103    08/03/2013    1 recensioni
Per Tasha si prospetta una calda, caldissima estate. Sua sorella Joelle aspetta un figlio, e tutti i riflettori sono puntati su di lei. Doppiamente visto che Joelle è una ragazza madre. Come se non bastasse Mary, la sua migliore amica, continua a soffiarli i ragazzi, per poi correre da lei a chiedergli mille volte scusa. urge mettere a punto una strategia, vale a dire trovare il ragazzo giusto dell'amica mangia-uomini. Nessun dubbio, Jack è proprio quello k ci vuole. Già, ma per chi delle due?
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Otherverse | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Scolastico, Universitario
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Un ultimo tocco di mascara, il rossetto color pesca e qualche goccia di profumo. I miei capelli erano ben pettinati, apparentemente resistenti all’umidità.
Joelle mi accompagnò in macchina; a Luke avrei detto di aver lasciato la bicicletta in ufficio, così sarebbe stato costretto a riaccompagnarmi a casa. Mi stava aspettando fuori dal centro studenti, seduto su un blocco di cemento che fiancheggiava le scale. Una gamba dritta davanti a sé, una raccolta, un braccio appoggiato al ginocchio scoperto. Sembrava una statua, un dio greco a guardia del tempio studentesco. Aveva gli occhi chiusi, così non mi vide mentre lo osservavo.
“Luke … Luke?” ripetei a voce più alta.
“Oh, Tasha”.
“Sei stanco?” chiesi dolcemente.
Sorrise. I suoi occhi  mi ricordavano il verde chiaro dell’estate.
“Puoi scommetterci. Un allenamento doppio. Se sei il migliore, gli allenatori ti stanno addosso” scivolò giù verso di me. “I miei amici ci stanno tenendo il posto dentro”.
La saletta era mezza vuota. Probabilmente I guerrieri del vulcano non era un grande richiamo. Un professore spiegava il film. Ero seduta tra Luke e due suoi compagni di squadra, Hank e Josh,  e nonostante guardassi dritta verso il prof, registravo ogni movimento di Luke. Il suo braccio sfiorava il mio, le sue dita si contraevano; sbadigliava.
“Ti piace il cinema?” chiese Hank, abbastanza forte da disturbare gli studenti che cercavano di seguire la presentazione.
“Per la verità preferisco lo sport” risposi, “ma i film mi divertono”.
“Ti interessano i campioni?” chiese Josh, sogghignando. Con la grande testa che si ritrovava sembrava una zucca intagliata per Halloween.
“Tu sei uno di loro?” replicai.
Hank, che aveva i capelli neri probabilmente si considerava belloccio, si girò e si mise a ridere.
“Tasha è una specie di atleta” disse Luke.
È un’atleta  , sentii Jack dirmi nella testa.
“Davvero? Di che sport?” chiese Hank.
“Hockey su erba e basket con la scuola. Pallavolo nel tempo libero”
“Qualcuna nelle squadre in cui giochi è decente?”
<< No, facciamo schifo >> mi venne voglia di rispondere, ma era un amico di Luke.                       
“Chiedilo a Luke” dissi orgogliosa. Dopo tutto in quello Stato le ragazze erano state campioni di basket e hockey. “Sono anche le sue compagne di scuola”.
“Io, uh,  non è che ci sia tanto dietro. La squadra maschile è buona” borbottò Luke.
I ragazzi, per la cronaca, avevano vinto solo quattro partite negli ultimi tre anni.
“Avresti dovuto vedere oggi le ginnaste che si erano fermate a guardare Luke” Josh il faccione riprese. “Pensavo che non si sarebbero mai più schiodate”.
Ma chi era, il suo addetto stampa?
“Oh, ho sentito parlare della squadra femminile” dissi. “Peccato che non abbiate potuto partecipare con loro nelle regionali”.
Josh si affrettò a cambiare argomento, inaugurando la lista dei loro incidenti d’allenamento. Tutti e tre raccontarono di come si fossero fatti male, di dove e come si fossero curati, dettagliatamente e con lo stesso entusiasmo che ci mette mia madre quando fa il resoconto delle sue feste. Luke sembrò riluttante a terminare la discussione anche quando cominciò il film, ma i << sssh >> che si levarono attorno a noi lo costrinsero al silenzio. Qualche minuto più tardi, cadde addormentato.
Quando in sala si accesero le luci, gli detti un colpetto sulla spalla.
“Vuoi qualcosa da bere?” chiese Hank mentre uscivamo dalla sala. “Vieni con noi al bar del dormitorio?”
“Immagino avrete altro … da fare” se ne uscì Josh, faccia da zucca.
“Mi andrebbe un’acqua brillante” replicai, rifiutandomi di abboccare.
Luke annuì. Probabilmente non si era nemmeno accorto della provocazione.
Immagino che avrei dovuto sentirmi entusiasta, unica ragazza del dormitorio di un college, ma in realtà ero già stufa dei miei accompagnatori. Quando Josh se ne andò, sperai che anche io e Luke potessimo fare altrettanto.
Lui mi sorrise, guardandomi negli occhi, e disse: “E la volta dei Giochi della Gioventù, quando avevo  otto anni …”
Qualche minuto dopo, Josh fu di ritorno con una borsa-frigo. Piena di birre. Ecco perché la squadra maschile non era stata ammessa alle regionali. Prese due lattine e ce le porse.
“No, grazie, non bevo mai” disse Luke.
Josh insistette perché prendesse almeno una birra, e fece altrettanto con me. Luke afferrò la lattina, la aprì e se la fece tutta d’un fiato.
“Devo andare” disse all’improvviso.
Mi alzai, convinta che ce ne saremmo andati insieme. Ma Josh gli stava indicando la camerata dei maschi.
“Devo andare anch’io” dissi. Luke rimase vicino a Josh e Hank. << Così devo andarmene da sola >> pensai. Invece afferrò la mia lattina, salutò con la mano gli altri, e mi seguì.
“Ho bisogno di aria fresca” disse, appoggiandosi a me mentre ci dirigevamo verso l’ascensore.
Cercavo di camminare il più dritta possibile. Era pazzesco pensare che Luke Harvey mi fosse così vicino, e che avesse bisogno di me.
Per fortuna la brezza della notte sembrò risvegliarlo.
“Hai voglia di camminare, Tasha?” disse con un tono di voce morbido e profondo.
“Si” quasi sospirai.
Passeggiammo in silenzio per qualche minuto, poi cominciai a raccontargli della mia esperienza al campo, dei bambini, del terribile Erik e di Tam, che amava l’acqua, e di Miguel.
“Ha un talento incredibile, ma ha bisogno di tanto incoraggiamento” dissi. “Noi tutti stiamo cercando …”
“Anch’io ho avuto bisogno di tanto incoraggiamento quando ero in seconda” disse Luke, ”e ne ho bisogno ancora”.
Percorremmo il sentiero che portava al torrente  e al ponte di legno. Come ci inoltrammo nel boschetto, lui divenne silenzioso.
“Ti piace qui, vero?” domandai.
Sorrise. “È bello essere con te, Tasha” replicò. “È bello parlarti”.
Sedemmo sul ponte,lasciando oscillare i piedi nel vuoto, i talloni che sfioravano l’acqua, le braccia e il mento appoggiati alla balaustra. La luce della luna filtrava attraverso le foglie degli alberi, disegnando ricami d’argento nella corrente.
Luke bevve ancora dalla mia lattina. “Così il tuo lavoro è divertente” disse.
“Si, ma è anche triste, in un certo senso” risposi. “Pensa, bambini come Miguel o Erik non avevano mai nuotato in una piscina, e April ha detto che le collinette erbose del Golf Club sono la cosa più bella che abbia mai visto.
Luke ascoltava silenzioso. Ero sicura che lontano da qui suoi stupidi amici, tutti muscoli e niente cervello, lui fosse diverso. Ascoltava così attentamente che non muoveva un muscolo. Poi capii che si era addormentato.
“Luke. Luke? Luke!”
Mormorò qualcosa.
“Sveglia Luke!”
Alzò la testa, mi sorrise angelico, e poi riappoggiò la guancia al braccio, chiudendo gli occhi.
Tirai su la lattina. Vuota. Mi dissi che  era esausto dopo una giornata, disidratato, e probabilmente aveva detto la verità quando aveva affermato di non essere abituato a bere. Non potevo far altro che aspettare. Guardai l’orologio: 9:30. Quando guardai una seconda volta erano le 9:45. Poi le 9:55, 10:05. E se avesse dormito tutta la notte?
“Luke!”
“Mmmm” disse, sorridendo.
Non potevo lasciarlo lì.
“Su, dai Luke, su!” pregai. “Sbattiuova!” gli gridai nelle orecchie. Mi alzai e cercai di trascinarlo via da lì. Inutilmente. Pesava come tre sacchi di patate. Che diavolo dovevo fare? Chiamare la vigilanza del campus, o Joelle?
Non volevo che Luke finisse nei pasticci, e non mi fidavo di Hank e Josh, quindi non avevo alternative. Andai di corsa all’edificio più vicino, e telefonai.
Venti minuti dopo, indossando pantofole di gomma e una felpa enorme di mio padre, Joelle era al mio fianco. Davanti a lei, la patetica visione di Luke che dormiva come un agnellino. Aveva cominciato a mormorare, il che era un buon segno; forse c’è l’avremmo fatta a tenerlo in piedi.
“Certo che te li scegli proprio bene” disse Joelle scuotendo la testa.
“Beh, devi ammettere che è bellissimo”.
“Avresti dovuto telefonare a Mary” continuò. “Perché non glielo passi adesso?”
Mi morsi le labbra.
“Ti ha cercato; ha lasciato due messaggi nella segreteria: è veramente contenta, tanto contenta per te”.
“Senti, potresti limitarti ad aiutarmi a portarlo via di qui?” sibilai.
“Ok, Bello Addormentato” disse afferrandolo per un braccio. “Datti una mossa”.
Lo mettemmo a sedere, continuando a gridargli ordini, ci guardava come se si svegliasse da un incantesimo durato cento anni. Gli prendemmo un braccio ciascuna, e sbuffando e grugnendo come due sollevatori di pesi, ci alzammo in piedi. Poi procedemmo barcollando per il prato. Fortunatamente la vigilanza batteva la fiacca, quella notte.
Caricammo Luke sul sedile di dietro della macchina e mettemmo in marcia.
  
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