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Autore: Sakyo_    08/03/2013    3 recensioni
[Spezzone del 6° capitolo]
Ci ritrovammo così, in quella posizione non voluta ma perfetta, i nostri visi a pochi centimetri di distanza l'uno dall'altro. I capelli lunghi di Castiel mi solleticavano la fronte e il suo profumo pungente arrivò fino alle mie narici.
Per qualche secondo restammo a guardarci negli occhi: era la prima volta che li osservavo bene, e ne rimasi ipnotizzata. Profondi, intensi, neri come la pece.
«Adatti» mi ritrovai a pronunciare senza accorgermene.
Castiel mi guardò interrogativo.
«I tuoi occhi... Sono proprio adatti a te» affermai convinta.
[Spezzone del 13° capitolo]
«Non dirlo Nath, io sto bene con te…»
«E allora permettimi di renderti felice»
Una frase che arrivò come una cannonata in pieno petto. Mi sentii così confusa e inibita, come se mi fossi svegliata improvvisamente da un’anestesia totale.
Col dorso della mano mi carezzò la guancia nel modo più dolce possibile, mentre mi confessava il suo amore sincero.
«Sono innamorato di te, Emma»
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Iris, Nathaniel, Nuovo personaggio, Rosalya
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Night and Day
Capitolo 6



«C...Castiel?!»
In quel momento la mia espressione doveva essere un misto tra panico e incredulità. Mi guardai intorno, poi guardai lui, poi l'elefante di nome Demon, poi di nuovo lui. Ero confusa. E il guaio era che non ricordavo assolutamente nulla di quello che era successo.
«Ehi, cos'è quello sguardo da pesce lesso?! Fino a prova contraria la molestatrice sei tu, e pure pervertita aggiungerei»
«Cos... Ma che diavolo stai dicendo?» provai ad alzarmi dal divano una seconda volta ma un giramento di testa improvviso mi costrinse a tornare seduta.
«Attenta» disse Castiel «Hai preso una bella botta»
Con la mano mi toccai piano la fronte e sussultai leggermente. Il bernoccolo che si stava formando doveva essere di dimensioni enormi. Sospirai.
«Ma cosa è successo? Ricordo solo che la palestra era buia, e...»
«E dovresti trovarti un altro hobby, visto che spiare i bei ragazzi sta diventando controproducente...» disse indicando col mento il mio bozzo dolente.
Non sapevo se soffermarmi prima sull'attività di spionaggio di cui Castiel mi aveva ingiustamente accusata o sul suo narcisismo che l'aveva portato a classificarsi senza ombra di indugio tra la categoria dei bei ragazzi.
Beh, sulla seconda questione dovevo ammettere che non c'erano dubbi, quindi mi preoccupai di risolvere l'altra.
«Non ti stavo spiando...»
«Ah no? E cosa ci facevi alle otto di sera a scuola?»
Non volevo raccontargli della mia fuga da casa, quindi inventai una balla.
«Ero... ero uscita a fare due passi, e... Non conoscendo bene la città, mi sono ritrovata a scuola» farfugliai, ma Castiel non la bevve.
«Sì, come no. Ammettilo che mi stavi pedinando, piccola stalker pervertita!» mi canzonò con un ghigno.
Presi il cuscino che stava alla mia destra e glielo tirai addosso, ma lui prontamente lo schivò.
«Sarebbe questo il tuo modo di ringraziarmi?» la sua espressione corrucciata mi fece sorridere.
«Ringraziarti per avermi dato un pugno in faccia? Oh beh, grazie tante Castiel, domani a scuola sarò di sicuro la studentessa più additata» dissi sarcastica. Il rosso incrociò le braccia e scosse la testa con un mezzo sorriso.
«Perché eri lì?» mi domandò per la seconda volta.
Io lo guardai per qualche istante, poi socchiusi la bocca ma qualcosa mi frenò e la richiusi subito dopo. Mi incupii.
«Non avevo nulla da fare, davvero» poi continuai cercando di cambiare discorso «E comunque potrei chiederti la stessa cosa»
«Beh, volevo fare due tiri» disse semplicemente.
«E come hai fatto ad aprire la port...» ma il mio quesito fu interrotto da un sonoro abbaio di Demon.
Castiel si inginocchiò di fronte al molosso e gli carezzò dolcemente il collo massiccio. Demon in risposta gli spalmò la lingua su tutto il viso in segno d'affetto. Mi ritrovai a pensare che quella scena fosse stata terribilmente tenera; terribile si, ma anche tenera. Due aggettivi contraddittori che però si addicevano perfettamente a una descrizione su Castiel.
Senza dire più nulla, Castiel abbandonò il salotto insieme al cagnolone che gli trotterellava dietro.
E io che ci facevo ancora lì? Dovevo tornare a casa prima che si facesse troppo tardi.

Mi alzai per l'ennesima volta dal divano e barcollai fino a raggiungere la cucina, dove Castiel stava riempiendo la ciotola di croccantini a Demon.
La botta sulla fronte mi faceva male e continuava a provocarmi un fastidioso giramento di testa. Mi coprii gli occhi con una mano, mentre con l'altra mi appoggiai allo stipite della porta.
«Io... Adesso vado»
Quando riaprii gli occhi e guardai in direzione di Castiel mi accorsi che non riuscivo a focalizzare bene le immagini. Feci un passo in avanti ma le forze mi vennero meno e mi sarei spiaccicata dritta sul pavimento se Castiel non fosse accorso ad aiutarmi. Senza che me ne accorgessi mi ritrovai tra le sue braccia e per non perdere del tutto l'equilibrio mi aggrappai con forza al suo collo.
Ci ritrovammo così, in quella posizione non voluta ma perfetta, i nostri visi a pochi centimetri di distanza l'uno dall'altro. I capelli lunghi di Castiel mi solleticavano la fronte e il suo profumo pungente arrivò fino alle mie narici.
Per qualche secondo restammo a guardarci negli occhi: era la prima volta che li osservavo bene, e ne rimasi ipnotizzata. Profondi, intensi, neri come la pece.
«Adatti» mi ritrovai a pronunciare senza accorgermene.
Castiel mi guardò interrogativo.
«I tuoi occhi... Sono proprio adatti a te» affermai convinta.
«Ma che cavolo stai dicendo?» disse distogliendo lo sguardo e ponendo fine a quel contatto visivo.
Poi d'improvviso mi resi realmente conto della nostra posizione e avvampai.
«Scusa...» bisbigliai e feci per allontanarmi, ma lui me lo impedì tenendomi stretta.
«Scema» disse, sollevandomi da terra e prendendomi in braccio senza difficoltà.
In quel modo i miei occhi caddero sul suo collo robusto contornato da un paio di vene gonfie e, probabilmente a causa del suo profumo così ravvicinato, strani pensieri si impossessarono di me.
Sgranai gli occhi. Forse Castiel era un serial killer di ultima generazione che usava una fragranza alla droga con cui intontiva le sue vittime per poi darle in pasto alla sua belva canina.
...Emma, ti vuoi dare una calmata?
Castiel intanto mi aveva portato in camera sua e mi aveva stesa sul suo letto.
«Ora stai buona qui e non muoverti» aveva detto prima di uscire dalla stanza.
Feci come mi disse anche perché non volevo aggravare la mia salute fisica e mentale più di quanto non avessi già fatto. Supina ma presa dalla curiosità, diedi uno sguardo intorno. D'altronde ero niente popò di meno che nella camera di Castiel!
In realtà non era granché interessante, anzi era la tipica stanza di un qualsiasi ragazzo: il disordine regnava sovrano. Cercai di non soffermarmi più del necessario su un paio di boxer neri appesi su una sedia e passai oltre, arrivando a notare una chitarra elettrica appoggiata accuratamente sulla parete di fronte al letto.
E così questa è la passione di Castiel, pensai. Chissà da quanto tempo la suonava...
Continuando con la mia occhiata di perlustrazione a trecentosessanta gradi, arrivai alle mensole proprio sopra il letto e sopra la mia testa, su una di queste era poggiata una cornice con una foto annerita. Qualcuno – forse Castiel – ci aveva passato sopra un pennarello indelebile, e non si vedeva più nulla, né lo sfondo né i soggetti.
Che senso aveva lasciarla lì in bella vista sulla mensola?
Ma il mio pensiero fu interrotto dal ritorno di Castiel con in mano un... Panino?
«Tieni» disse goffamente, e si sedette sul letto accanto a me. «Mangia»
Castiel aveva preparato quel panino per me?
«E' velenoso?» chiesi scrutandolo attentamente tra le mani. «Sai, visto il pugno in faccia di prima, non posso escludere del tutto un tentato omicidio»
«Se non lo vuoi me lo mangio io» disse lui storcendo le labbra.
L'immagine di Castiel in cucina impegnato a imburrare una fetta di pane per me mi fece piacere e allo stesso tempo mi fece ridere. Ma lui non la prese bene e tentò di sfilarmi il panino dalle mani.
«No, questo è mio!» dissi ridendo, e lo addentai. Lui mi bloccò le mani che reggevano il pane e lo addentò a sua volta, e i nostri visi si trovarono nuovamente a pochissima distanza tra loro. I suoi occhi socchiusi mi stavano sfidando. In quel momento dovevamo risultare abbastanza ridicoli, simili a due cani che si contendevano un osso.
Castiel iniziò a tirare con la bocca il panino verso la sua parte, ma io di scatto lasciai andare la presa, mossa che lo colse alla sprovvista facendo cadere gran parte del ripieno sulla sua maglietta. Scoppiai in una risata ancora più fragorosa.
«Accidenti!» disse lui contrariato, e le guance gli si imporporarono lievemente di rosso.
«Non si gioca con il cibo» gli feci la linguaccia e mi distesi nuovamente, mangiando la metà del panino che non era andata sprecata.
«Però dai, ammetto che è buono»
«Quale onore» disse ironicamente, poi andò ad aprire l'armadio e ne estrasse una felpa. Si sfilò con un solo gesto la maglia di fronte al mio sguardo sbigottito. Non ero psicologicamente pronta per uno spogliarello improvvisato.
«Non guardare, pervertita!» urlarono i muscoli contratti della sua schiena.
Imbarazzata, voltai il viso verso la parete mentre si infilava una felpa grigio scuro.
Non appena ripresi le forze Castiel mi accompagnò a casa, che scoprii non essere molto lontana dalla sua. Arrivati davanti il portone mi salutò con un buffetto sulla testa, mise le mani nelle tasche e andò via. Mentre guardavo la sua figura scomparire nel buio della sera, mi resi conto che quel ragazzo era riuscito senza volerlo a farmi dimenticare l'esistenza dei pensieri negativi che si erano affollati nella mia testa da quando ero uscita di casa.
Mi sentivo decisamente... Leggera.
Quando entrai in casa però, mi beccai lo sguardo accusatorio di mio padre con annessa ramanzina serale. In effetti ci stava tutta: l'orologio segnava le undici e mezza.

Il giorno dopo a scuola Iris mi stava mangiando con gli occhi.
«E poi?» chiese avidamente.
«E poi cosa?»
«Nient'altro? Che so, un bacio...»
«Ma come ti salta in mente?»
La delusione si impossessò del suo viso, ma un secondo dopo sembrò riprendersi. «Beh, giustamente a te piace Nathaniel»
«Ancora con questa storia, Iris?»
«Tranquilla, non dirò niente a nessuno» disse con un sorriso furbetto.
Stavo per controbattere quando vidi qualcuno avvicinarsi ai nostri banchi.
Quel qualcuno era Ken.
Dall'episodio di Ambra non mi aveva più rivolto la parola, quindi mi fece strano sentire la sua voce rivolgersi a me.
«Ciao Emma» disse evitando di incontrare i miei occhi.
«Ciao» mi limitai a rispondere.
«Volevo solo dirti che domani parto... Torno nella nostra vecchia città»
La notizia mi stupì. Non erano passati nemmeno due mesi dal nostro trasferimento... Per quale motivo se ne tornava laggiù?
«Mio padre ha inviato la richiesta di iscrizione presso l'Accademia Militare. Da domani inizierò a frequentarla»
«Cosa...?» non riuscivo a capire. «Perché?»
«Dice che devo imparare ad essere un uomo, e che quello è il posto migliore per diventarlo» dietro i suoi spessi occhiali, intravedevo la sua espressione rassegnata.
Probabilmente in un altro contesto quella notizia mi avrebbe fatta ridere, ma in quel momento non mi sembrava affatto divertente.
«Capisco» era difficile trovare delle parole adatte «Buona fortuna, allora»
Sembrava che Ken stesse lottando contro l'impulso di dire o fare qualcosa, lo capii dai suoi pugni e dalle mascelle serrate.
«Grazie» disse in un sussurro, e tornò al suo posto.
Iris mi lanciò un'occhiata interrogativa, che non trovò alcuna risposta da parte mia.

Durante l'intervallo andai in cortile e mi sedetti su una panchina a mangiare il mio pranzo in tutta tranquillità. Iris era andata in biblioteca a restituire dei libri presi in prestito e mi avrebbe raggiunta più tardi.
In lontananza vidi Castiel appoggiato ad un muretto sorseggiare una cola, insieme a lui c'era la civetta bionda che gli svolazzava intorno.
Quando Amber gli prese un laccio della felpa e se lo rigirò tra le dita con fare da gatta morta provai una stretta allo stomaco, ma non ci feci caso e mi ripresi quasi subito pensando che quella era la stessa felpa grigia con cui si era cambiato la sera precedente. Amber non sapeva e probabilmente non avrebbe mai saputo che ieri ero stata a casa sua. Questa convinzione non so perché mi fece sentire soddisfatta.
Mentre ero intenta ad osservare quell'interessante scenetta, qualcuno mi picchiettò la spalla con un dito. Voltandomi mi ritrovai di fronte il sorriso mozzafiato di Nathaniel.
«Ehi!» esclamai sorpresa «Che ci fai qui?»
«Anche i segretari hanno la pausa pranzo» disse facendomi l'occhiolino. «Disturbo?»
«No, no. Siediti pure» gli feci spazio sulla panchina, e lui prese posto accanto a me.
«Non sei con la tua amica?» mi chiese.
«Iris? E' passata in biblioteca, tra poco dovrebbe essere qui»
«Capisco. Ma...» Nathaniel volse lo sguardo verso il punto della fronte dove si trovava il bernoccolo. Il mio tentativo di nasconderlo sotto la frangetta era miseramente fallito. «Cos'hai fatto lì?»
«Oh. Ehm...» mi portai una mano sulla fronte per smuovere i capelli in modo da coprire meglio quel punto. «Sono caduta»
Di certo non potevo rivelargli che ero entrata a scuola senza permesso. Trattandosi di Nathaniel, sarebbe stato come confessare di aver rubato di fronte a un poliziotto.
Nathaniel passò dolcemente due dita sulla mia fronte, stando attento a non toccare il bernoccolo. Poi mi spostò alcuni capelli più lunghi portandoli dietro l'orecchio e provocandomi un leggero solletico.
«Stai attenta» mi disse sorridendo.
«Sì...» lo guardai negli occhi arrossendo.
Nathaniel era l'essenza della dolcezza fatta a persona. I suoi gesti non erano mai esagerati, e mi piacevano davvero le piccole attenzioni che mi dedicava.
Ma forse avevo parlato troppo presto...
La sua mano tracciò una linea immaginaria dalla mia fronte fino alla guancia, per poi scendere sotto il mento. Le iridi color del miele erano incastonate nelle mie come diamanti in un anello. Avvicinò il busto e il viso verso di me per poi ritrovarmi le sue labbra a un soffio dalle mie...
«Emma?»
Il cuore mi era arrivato in gola, e il cervello pure.
Iris aveva interrotto probabilmente qualcosa su cui avrei avuto molto da pensare.
Un momento... Quella voce non apparteneva a Iris.
Io e Nathaniel ci voltammo, a pochi metri da noi Rosalya ci stava fissando con un'espressione enigmatica, o almeno così mi parve di notare. In realtà in quel momento avrebbe potuto piombarmi anche un aereo sulla testa, non credo che me ne sarei accorta.
«Perdonatemi. Ho forse interrotto qualcosa?»
Mi tastai le labbra con le dita, come se sentissi il calore emanato dalla vicinanza di un marchio di fuoco che però non mi aveva toccata.
Rosalya posò gli occhi su di Nathaniel, poi su di me, e infine sorrise inclinando la testa.
Feci per aprir bocca ma Nathaniel mi precedette.
«Di cosa hai bisogno?» il tono non era molto gentile, mi faceva strano sentirlo parlare così.
Rosalya si rivolse a lui mestamente «Ho saputo da Leigh che il mio anello è nel tuo ufficio...»
Nathaniel evitava di incrociare lo sguardo di lei «Esattamente»
«Bene. Passerò a prenderlo dopo le lezioni, allora»
L'aria intorno a noi si era fatta estremamente gelida. Io me ne ero rimasta zitta poiché non sapevo assolutamente cosa dire.
«Dunque, a dopo» Rosalya si volse verso di me, sorridendomi nuovamente ma in modo diverso da prima... Un freddo sorriso di circostanza. «Arrivederci, Emma»
Dopodiché fece la sua uscita di scena allontanandosi da noi con i lunghi capelli argentei che sventolavano attorno alle sue esili spalle.
Quando girai il capo verso Nathaniel, questo si era alzato in piedi.
«Scusa Emma, devo andare» disse frettolosamente e mi lasciò da sola, con una montagna di punti interrogativi ad aleggiare sulla mia testa.
Non sapevo davvero cosa pensare. A partire dal gesto di Nathaniel nei miei confronti, fino ad arrivare al botta e risposta con Rosalya... Più mi ponevo delle domande, più queste non trovavano risposta.
Poi, come folgorata, concepii un'idea che non mi sembrò poi tanto impossibile.
Possibile che tra quei due ci fosse stato qualcosa in passato?
Ciò che me l'aveva fatto supporre erano stati gli atteggiamenti improbabili di Nathaniel verso la ragazza.
Improvvisamente, un uccellino in volo sfrecciò alla mia destra costringendomi a seguirlo con gli occhi, finché non si posò sul muretto dove era ancora appoggiato Castiel, che mi stava osservando con uno sguardo impenetrabile.
«Eccomi! Scusa se ci ho messo tanto, Em» Iris si parò di fronte a me col fiatone.
«Ancora non ho mangiato! Ma sai, quegli scaffali pieni zeppi di libri mi hanno rapita di nuovo e ho perso la cognizione del tempo! Dici che faccio in tempo a... Emma?»
Non avevo sentito una parola di quello che aveva detto la mia amica.
Avevo la testa completamente, irrimediabilmente fusa.


Note autrice: Ciao ragazze! Alla fine è passato comunque non poco tempo dall'ultima pubblicazione, mi dispiace :( spero che mi perdonerete leggendo questo nuovo capitolo! Mi ci sono impegnata molto e ne sono abbastanza soddisfatta, quindi vorrei che piacesse anche a voi. Ovviamente accetterò tutti i tipi di recensioni, positive o negative che siano, quindi mi raccomando... Commentate! :P

  
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