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Autore: Alkimia    08/03/2013    6 recensioni
[CONCLUSA]
***SEGUITO di "A series of unfurtunate events"***
Ognuna delle opzioni possibili è rischiosa e potrebbe danneggiare Nadia. Per non parlare dell'altra faccenda in ballo: qualcuno vuole distruggere la Terra... tanto per mantenersi nel solco della tradizione.
Nadia è in America per cercare, insieme allo S.H.I.E.L.D, un rimedio ai danni provocati dall'energia della pietra. Loki è prigioniero sul pianeta dei Chitauri ma ha ancora dei piani. Eppure, ancora una volta, troppe cose non vanno come lui sperava. Vecchi nemici tornano da un passato lontano che lui continua a rinnegare, costringendo gli Avengers a tornare in campo; episodi e sentimenti inaspettati lo porteranno a dover decidere da che parte stare. E non è detto che la decisione finale sarà quella giusta...
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Loki, Nuovo personaggio, Tony Stark/Iron Man
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A waltz for shadows and stars'
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Capitolo ventiquattresimo
Endgame – part one


«Agente Romanoff, apri il portellone». Tony si cala la visiera dell'armatura sul viso. L'interfaccia robotica si accende gettandogli davanti agli occhi una serie di informazioni a cui nemmeno fa caso.
«Apri il portellone» ripete Thor. Anche lui sta scalpitando, per poco l'elettricità non gli increspa i capelli.
Non hanno capito molto della telefonata di Pepper. E al momento neppure sembrava importante, tutto quello che contava era sapere che stavano bene, sapere dov'erano e poterle andare a prendere.
«Non posso aprire il portellone» replica Natasha, con la sua flemma da agente super efficiente. «Non si vede niente qui di sotto».
Sotto di loro sembra esserci una distesa di ovatta. Tony riesce quasi a immaginare se stesso volare fuori dal jet e atterrare sul morbido del cotone.  
Il piccolo cervo e il suo trucchetto della nebbia.  
«Apri il portellone» ripete, stolidamente.
Loki alla fine ce l'ha fatta, le ha tirate fuori, tutte e tre. E ha fatto tutto da solo. È quel genere di pensiero, si dice Tony, che potrebbe avere ripercussioni sul suo apparato gastrico o sull'emicrania che certamente gli verrà da lì a poco se non esce da quel jet.
Il boato arriva all'improvviso, il suono è ovattato ma smuove l'aria e il quinjet sbanda leggermente.
«Cosa è stato?» scatta Rogers, afferrando istintivamente lo scudo.
«Non lo so. La nebbia si sta diradando ma la visibilità è ancora scarsa» risponde Barton, armeggiando con qualche comando.
Sul radar non c'è niente e ora si riesce a vedere il profilo degli edifici. Potrebbero persino atterrare su un tetto di quelli che stanno sorvolando. E lui ha la tentazione di abbatterlo, quel portellone se la Romanoff non si decide a darsi una mossa.
Quel suono non è per niente rassicurante e Pepper e le altre sono ancora lì fuori.
«Atterriamo. Lì». Barton indica la cima piatta di un edificio di cemento, abbastanza solido da reggere il peso del velivolo. Vira e comincia a scendere.
La manovra di atterraggio è di una lentezza esasperante. Alla fine il jet ha un leggero sussulto e il suono dei motori si fa più fioco.
Ci sono tutti, tranne Bruce Banner che è rimasto a bordo dell'Elivelivolo a continuare a lavorare sullo smagnetizzatore.
Guarda Barton e la Romanoff che si tolgono le cinture, ma Rogers li ferma con un cenno.
«No, restate qui e tenete acceso questo affare» si raccomanda. «Non sappiamo quanto in fretta dovremo andare via».
La risposta dei due agenti si perde nel nulla, nel rumore che Tony sente quando Thor parte a razzo volando via, verso l'esterno e lui lo segue a ruota. Forse da lontano Steve sta urlando di aspettarlo, di non disperdersi.
Atterrano sull'asfalto producendo due diverse sfumature di suono metallico. Qualche fulmine, sottile come la coda di una lucertola, si agita sulla superficie del martello di Thor e poi si spegne.
Si guardano attorno; sul polso dell'armatura le placche metalliche si sollevano e scoprono una corona di piccoli missili allineati l'uno accanto all'altro.
Chissà se quei dannati bastardelli sono ancora in giro. Tony spera proprio di sì, i nuovi missili ad alta precisione hanno giusto bisogno di essere testati su qualcosa che si muove. Meglio se questo qualcosa si muove correndo via e urlando, è più divertente e lo aiuterebbe senz'altro a scaricare la tensione accumulata nelle ultime trentasei ore.
La nebbia attorno a loro è quasi scomparsa. Non sembra esserci anima viva in quel posto. Pensandoci, dovrà chiedere a Pepper di ricordargli perché ha comprato un capannone in quel posto  fuori città dimenticato da Dio – probabilmente è successo quando lei non c'era, lui era un po' alticcio e aveva voglia di fare shopping. E comunque aveva ragione, fin dall'inizio: va sempre a finire che il cattivo di turno mette le mani nelle sue cose!
Sentono dei passi correre verso di loro, alle spalle. Lui e Thor si voltano nel medesimo istante, il dio solleva il martello, Tony si figura già i missili partire e lasciare una sottile scia di fumo argentato nell'aria. Ma è solo Rogers che li ha raggiunti correndo, lo scudo di vibranio saldamente stretto nel pugno.
Negli auricolari sente le voci dei due agenti commentare che non sembra esserci proprio nessuno lì intorno.
«Legolas, cosa vedono i tuoi occhi di elfo?» esclama.
«Il deserto» borbotta Barton nel microfono. «Che facciamo, accendiamo la luce dei fanali?»
«E luce fu»
«Aspetta, così rischiamo di tirarceli addosso» osserva Rogers.
«Sarebbe di grande diletto» commenta Thor con un mezzo sorriso, che non è il suo solito sorriso, è molto più ferale e cupo. «Ma non è il caso di cercare lo scontro fino a quando le nostre tre fanciulle non saranno al sicuro nel vostro macchinario volante».
«Pepper ti ringrazierebbe per averla chiamata fanciulla» sghignazza Tony. Tutti ringrazieranno tutti quando tutti saranno del tutto al sicuro.
«Aspettate, le ho viste!». La voce della Romanoff suona lontana, come se fosse uscita dal jet – probabilmente per controllare la zona con un binocolo. «Sono a due isolati da voi, verso sinistra. Sono vicine a una cabina telefonica e non c'è nessun altro attorno a parte Loki».
Loki sarebbe comunque un buon soggetto sul quale testare i missili. Tony non sa fino a che punto deve essergli grato per il servizio reso con la liberazione delle ragazze, e ad ogni modo è da quando lo ha visto spuntare nel bosco che vuole spaccargli la faccia, così, per principio. Tanto, se non è per qualcosa che ha fatto – e ha fatto decisamente abbastanza – è per qualche altra cosa che sicuramente farà.
Non è molto da eroe salvatore del pianeta avere pregiudizi, ma il dio psicopatico se lo va proprio a cercare. E comunque, si tratta di Loki, qualsiasi pensiero negativo su quel rifiuto dell'Olimpo non può essere un pregiudizio, è una certezza bella e buona...
Ma intanto, ha tirato Pepper fuori di lì...
«Serve un passaggio, ragazze?» dice, appena le vede dietro quella cabina telefonica che sembra reggersi in piedi per miracolo.
Sussultano tutti, Bambi compreso. Pepper afferra un pietra e gliela lancia contro: il sasso rimbalza sull'armatura con un sonoro tintinnio.
«Mi hai fatto venire un infarto!» esclama. Cielo, nemmeno quando lavorava come sua segretaria era mai stata così vicina all'esaurimento nervoso.
«Senti chi parla di provocare infarti al prossimo» risponde lui, scoprendosi il viso.
Pepper gli si fionda tra le braccia, è scomodo abbracciare con l'armatura, ma è sempre meglio di niente. Ritrovarla sana e salva è tutto.
Anche la dottoressa Foster vola come un uccellino al nido tra le braccia di Thor che sembra quasi fagocitarla tra i muscoli e le pieghe del mantello.
«Avete trovato traffico?» scherza Nadia. Ma il sorrisetto è forzato, meno sollevato di quanto ci si aspetta. Tony le scompiglia i capelli con una mano e le strizza l'occhio, ma è Rogers ad abbracciarla, sollevandola da terra e mormorando un accorato «Grazie a Dio».
Il dio da ringraziare – sempre ammesso che davvero lo meriti – resta qualche passo più indietro, torvo e inquietante come solo lui sa essere.
«Va bene, finiamo di fare gli orsetti del cuore» gracchia Barton in viva voce dalle uscite audio dell'armatura. «Portate a bordo le signore e vediamo se riusciamo a capire cosa è successo qui».
«Non c'è niente da capire, se ne sono andati» replica Loki. «Era questo il boato che si è sentito, devono aver usato qualche mezzo di teletrasporto, di certo avranno spostato tutto l'arsenale».
«Tutto l'arsenale?» gli fa eco Rogers, sgranando gli occhi dentro i fori del cappuccio della dannata calzamaglia.
«Chi è questa gente?» chiede Thor.
«Nornehim. Così hanno detto» spiega Nadia. «Ma mi piaceva quell'idea di Clint riguardo lo spostarci da qui. Vi racconterò tutto dopo».
Thor e Loki si scambiano uno sguardo eloquente. Bello vedere che hanno ancora qualche remoto momento di gloria da condividere. Che diamine vuol dire ''Nornehim''?!
Riportano Pepper, Nadia e Jane al jet, poi vanno a visionare il capannone. Come aveva detto Loki, non c'è niente, quei bastardi sono di nuovo spariti nel nulla e si sono portati dietro le loro dannatissime armi.
Nick Fury farà dei salti di gioia così alti da picchiare la testa contro il tetto dell'Elivelivolo fino a procurarsi una commozione cerebrale.

Durante il volo si mettono in comunicazione con la base volante. Come da previsione, Fury sembra sprizzare gioia da tutti i pori.
«Che cosa vuol dire spariti?» abbaia, così forte che la Romanoff si toglie le cuffie e le appoggia sulla consolle dei comandi.
«Nella mia lingua vuol dire scomparsi, volatilizzati, evaporati, che prima c'erano e adesso non ci sono più» borbotta Tony.
«Mai una buona notizia, voi altri!». Il sospiro stizzito del direttore fruscia negli auricolari.
Tony passa in rassegna le facce dei suoi compagni di viaggio. Pepper se ne sta seduta composta nel suo sedile, cinture allacciate sul petto e sguardo stanco, come se fosse uscita da una giornata in ufficio particolarmente pesante. Altro che Avengers! Questo sì che è eroismo.
La dottoressa Foster se ne sta rannicchiata sotto il braccio di Thor, semiaddormentata. Lui l'ha coperta con il mantello, e la giovane scienziata gli dà di nuovo quell'impressione di essere un uccellino accoccolato sotto l'ala protettrice di un esemplare più grande dello stormo. Da quel poco che Thor gli ha raccontato, la piccola Jane non è particolarmente abituata a quelle situazioni da cardiopalma, a parte l'attacco di un gigantesco robot sputafuoco, non ne ha viste ancora abbastanza; Naida e Pepper già sembrano un pochino più allenate, visti i trascorsi. Ma Nadia sembra essere uscita distrutta da quella situazione, deve essere morta di paura sapendo che le vite delle altre due erano nelle sue mani. E adesso se ne sta con una guancia appoggiata sulla spalla di Steve, che è fermo e immobile come una statua, come se avesse paura di muoverla e vederla andare in pezzi.
Loki invece è seduto sull'ultimo sedile; mani alle ginocchia e testa diritta, sguardo perso nel vuoto... praticamente un gargoyle. Nadia nemmeno osa voltarsi nella sua direzione.
Oh, ma tu guarda, piove in paradiso...  
«Signorina Berton» esclama Fury. Nadia scatta come sull'attenti, come se avesse ricevuto una scossa elettrica. «Sta bene?».
«Sì... credo di sì, direttore...» farfuglia.
«Bene. Ora mi racconti che diamine è successo in quel capannone».
Non potevi proprio aspettare, eh Nick?

*

«Americani!» bofonchia Nadia, guardando fuori dal finestrino la sagoma di quell'enorme fortezza fluttuante sospesa in mezzo al cielo, come un palazzo tra le nuvole nelle illustrazione di un libro di fiabe. «Sempre le cose esageratamente in grande dovete fare».
In realtà, la voglia di piangere le è rimasta attaccata alla gola e quasi si meraviglia che non le escano singhiozzi al posto delle parole.
Qualche lacrima dev'esserle scappata, e devono essere state lacrime grandi come chicchi di grandine, scivolate oltre le ciglia e andate perdute nella trama del tessuto della divisa di Steve, dove teneva appoggiata la guancia. Lui non se n'è accorto o ha finto di non accorgersene.
Atterrano con una manovra un po' turbolenta a causa del vento forte. Il portellone del jet si apre su una botola che immette direttamente all'interno della portaerei volante, il giocattolo preferito di Nick Fury.
La ragazza è contenta di essere finalmente in uno spazio più grande. Ha l'impressione di poter mettere distanze tra se stessa e ciò che non vuole affrontare. E chi non vuole affrontare.
Ora che sono fuori pericolo, non sa che fare con Loki. Più ci pensa e più si rende conto che non c'è niente da fare. Più ci pensa e più si rende conto che non è nemmeno arrabbiata con lui, che esserlo sarebbe da vera ingrata in fin dei conti, è solo che quello che è successo la disorienta.
Loki era arrivato lì con l'intento di allearsi con Hope e i suoi uomini. E poi ha cambiato idea. Questo dovrebbe bastarle, eppure non è così.
Credeva di essere in grado di capirlo, non sempre, non su tutto, ma almeno riguardo a ciò che poteva aspettarsi o non aspettarsi da lui.
Risalgono una scala di acciaio e Bruce compare in cima ai gradini, a dare a lei e a tutti loro il bentornato. Le posa una mano sulla spalla, stringe leggermente e le sorride con quel suo modo sempre un po' imbarazzato, che sembra chiederle scusa per non essere andato a prenderla insieme agli altri. Nadia immagina che abbia avuto i suoi motivi e di certo non ha intenzione di fargliene una colpa. Farlo viaggiare nell'angusto spazio del quinjet in una situazione potenzialmente molto problematica non sarebbe stata l'idea dell'anno.
«Immagino che voi tre dobbiate filare in infermeria» dice dopo qualche secondo.
«Stiamo bene, dottor Banner» dice Jane. Sembra letteralmente rifiorita ora che è al sicuro.
«Io starò meglio dopo una doccia e con dei vestiti puliti» replica Nadia.
«Io starò meglio dopo una dormita. Però la doccia credo sia prioritaria» aggiunge Pepper.
Quando la ragazza vede la figura in nero di Nick Fury comparire in fondo al corridoio si sente un po' avvilita. Le hanno salvate, loro stanno bene, ma i nemici sono ancora armati e a piede libero e nessuno ha idea di dove siano spariti. Non è cambiato poi molto.
«Vorrei sentire anche la versione del nostro ospite» dice Fury quando gli passano vicino. «Per quel che ne so, a quest'ora potrebbe essere dalla parte degli invasori».
Loki fa un sorriso beffardo che trasuda acidità, tanto che potrebbe rodere le pareti di metallo.
«Non è una squadra sulla quale ho ritenuto fosse il caso di puntare» risponde in tono piatto.
Nadia si volta a guardarlo e si sente una vigliacca nel rendersi conto che lo sta osservando seminascosta dietro alle spalle di Steve, come se potesse fingere che la cosa non la riguardi tanto da vicino.
«Non so se è esattamente un complimento a voi altri, ad ogni modo, è vero mi sarebbe piaciuto conoscerli più da vicino e ho fatto in modo che succedesse quello che è successo. Ma ora, ditemi, quale danno è stato arrecato?».
«Qualcuno gli risponda, perché se rispondo io gli faccio male» esclama Tony.
«Non possiamo fidarci di te» sbotta Steve.
«Lo so. Ma d'altronde, non lo avete mai fatto e io non ve l'ho chiesto» taglia corto Loki, nella più totale e indifferente calma, quella che nasconde una rabbia rovente come lava. «Io ho fatto ciò che andava fatto. È vero, ora li abbiamo persi di nuovo, ma sappiamo chi sono, di quante forze dispongono e qual'è il loro piano. Questo era l'unico modo, ma se vi avessi proposto di attuarlo, ragionevolmente, a carte scoperte, lo avreste forse fatto? No, perché vi sareste preoccupati di Nadia, di quello che sarebbe potuto accaderle senza nemmeno pensare che avrei potuto tirarla fuori in tempo, come infatti è successo. E ora non avreste in mano niente»
«Jane e Pepper sono state prese come ostaggio!» tuona Thor, muovendo un passo verso Loki. Chiunque altro al suo posto sarebbe indietreggiato, ma il dio dell'inganno è troppo furioso per provare paura. E odia troppo suo fratello perché la sua rabbia possa smuoverlo in qualsiasi modo o perché la sua collera possa impressionarlo.
«Questo nessuno poteva prevederlo, dannato idiota! Ora, se volete, rinchiudetemi di nuovo in quella vostra gabbia di vetro, ma non osate mai più dubitare dell'assennatezza di ciò ce faccio».
Thor adesso gli è quasi addosso, il viso a un palmo dal suo.
«Assennate o meno, le tue macchinazioni sono sempre rischiose, come le azioni di chiunque pensi solo al fine da perseguire» ringhia il dio del tuono. «Ed è un pericolo al quale intendo porre fine perché nessun altro vi sia mai più esposto. Non scapperai questa volta, Loki. Verrai con me, ad Asgard, e si compirà il tuo destino».
Nadia sente il gelo nella voce di Thor, una freddezza diversa da quella che c'è nel tono che a volte usa Loki, una freddezza che mette ancora più paura. Sembrano tutti dello stesso avviso, perché adesso tutti sono ammutoliti e anche Jane guarda l'uomo che ama come se stentasse a riconoscerlo.
Il dio dell'inganno fa un vago cenno di assenso, poi sorpassa tutti loro e si allontana in fondo al corridoio. Il mantello che ondeggia sulle spalle fa apparire la sua ombra una macchia informe di nero sulle pareti lucide.
Nadia non sa cosa pensare. Quella faccenda è come un rompicapo, un indovinello e lei è coinvolta in ogni riga dell'enigma in modo diverso.
Sente i passi di Loki farsi sempre più distanti. È certa che Thor non intendesse davvero dire quelle cose in quel modo, che è stato solo uno sfogo dovuto alla tensione, eppure ha aperto scenari inquietanti. Per quanto ancora si può fingere che il futuro di Loki non riservi cose tremende o per lui o per qualcun altro? Per quanto ancora si può pensare che non ci sia qualcosa da sacrificare: la libertà di Loki o la sicurezza di altre persone?
Nadia sente un braccio circondarle le spalle e spingerla delicatamente verso un'altra rampa di scale.
«Vieni, andiamo, ti faccio vedere dove sono le docce» è Natasha. «Pepper, Jane, seguitemi».
«Devono fare i loro discorsi da grandi e i bambini devono stare fuori dai piedi?» mormora Nadia, senza irritazione ma anche senza ironia.
«Non c'entri e non devi entrarci più niente con questa storia. È una libertà che credo tu ti sia pienamente meritata» risponde la donna con un mezzo sorriso. «Sappi solo che li prenderemo prima che facciano qualche altro danno».
Mentre fa strada verso le docce, Natasha ha comunque la gentilezza di metterla a parte degli ultimi sviluppi, del marchingegno ideato da Tony per rendere inutilizzabili le armi degli invasori, lo chiamano lo ''smagnetizzatore''. Parla della faccenda con evidente ottimismo, ma forse è solo deformazione professionale di chi è sempre andato fino in fondo nei compiti che aveva da svolgere, di chi risolve i problemi costi quel che costi. Il problema di quella situazione però è che il fondo sembra lontano e irraggiungibile come l'orizzonte.

*

Loki scende le scale. C'è freddo in quell'area della fortezza fluttuante di Fury ora che è stata svuotata.
Non ci sono più le apparecchiature e tutto quello che è rimasto delle vicende che si sono consumate in quello strano luogo è una macchia su un pannello alla parete, in basso, dove probabilmente è stato usato qualche detergente forte per lavare via la macchia di sangue lasciata dall'agente che aveva ucciso.  
Ricorda quando è stato lì la prima volta. Per quanta calma algida ostentasse e per quanto volesse apparire beffardo e sicuro di sé, quella di essere in gabbia era stata una sensazione veramente orribile, al di là dell'umiliazione e del senso di impotenza. Era qualcosa che cozzava in maniera dolorosa con la sua natura, con la sua stessa anima.
Non si può tenere in gabbia un dio, è inconcepibile. Loki si era sentito implodere lì dentro e ora che guarda lo spazio vuoto lasciato da quella orribile scatola di vetro, pensa che non è stata nemmeno l'umiliazione peggiore che gli sia mai capitata. Perché poi c'è stata la sconfitta di New York, c'è stata l'immagine di se stesso in ceppi che si rifletteva su tutte le superfici dorate del palazzo di Asgard, come in un incubo in cui la sua ennesima caduta riecheggiava all'infinito nell'universo. E poi c'è stata la prigione di pietra di Thanos. C'è stato il dolore, quello che piega anche l'anima di un dio, e lui si ritiene fin troppo fortunato ad essere fuggito da quell'inferno prima che quel dolore lo spezzasse del tutto.
Loki sente un brivido risalirgli lungo la schiena e si detesta, anche se nessuno può vederlo rabbrividire al pensiero di quello che ha subito durante quelle settimane di prigionia. Detesta le cicatrici che gli sono rimaste, a riprova del fatto che nemmeno gli dei sono davvero indistruttibili. Davvero c'è mancato poco, molto poco, che si spezzasse per sempre...
Scuote la testa, come a cercare di allontanare quel pensiero. Guarda lo spazio vuoto oltre la ringhiera circolare, dove un tempo c'era la grande gabbia di vetro.
«No, Thor, tu non mi porterai ad Asgard...» mormora alla penombra fredda e vuota. «Non darò al Padre degli dei la soddisfazione di condannarmi o di graziarmi. Mai».
Il freddo è come un velo che copre tutto, adesso copre anche lui.
Loki sente una stanchezza mai provata prima serpeggiargli nei muscoli. Tenta di concentrare i propri pensieri su qualcosa, ma non ci riesce, gli ingranaggi della sua mente sembrano incastrarsi ora.
Eppure sa che il suo tempo sta scadendo perché non hanno più bisogno di lui. La ragazza può sopravvivere con quello che ha appreso senza che l'energia sia più un problema in futuro e la battaglia contro gli invasori di Nornehim non lo riguarda più.
Tutto è come prima, ci sono gli eroi e c'è il mostro. Ci sono le luci e c'è l'ombra che esse stesse delimitano.
«Loki...». La voce di Nadia vibra in mezzo alla penombra.
Sapeva che sarebbe venuta a cercarlo, quello che non sa è cosa aspettarsi. Ma non ha paura di affrontarla, per quanto sia intimamente dispiaciuto di averla messa in pericolo, non è pronto a considerare ciò che ha fatto come qualcosa di completamente sbagliato. Non è disposto a dare ragione a Thor e ai suoi amici, a quel branco di individui stolti che si credono migliori di lui ma che lo hanno usato solo per i propri scopi eppure senza mai smettere, nemmeno per un attimo, di mostrargli il loro disprezzo.
Il dio si volta a guardare la ragazza. La guarda con una circospezione che sembra quasi fastidio, ma a lui non è mai mancato il coraggio delle sue azioni e può sostenere e argomentare qualsiasi discorso che lei ora ha certamente in mente di fargli.
«Stai bene?» chiede lei, in tono neutro.
La fissa senza rispondere, perché non ha una risposta e di certo non era la domanda che il dio si aspettava.
Nadia si ferma accanto a lui e getta un'occhiata al portellone circolare preposto all'espulsione della gabbia di vetro. Si è lavata e ha indossato vestiti puliti, si è tolta di dosso l'odore di sudore e paura.
«Perché non mi hai detto niente?» gli chiede, tranquilla ma estremamente seria. «Perché non mi hai detto del tuo piano di usarmi come esca per arrivare a loro? Credevi che non avrei accettato?».
Credeva molte cose, in realtà. Soprattutto credeva che se lei non fosse stata all'oscuro del fatto che lui aveva organizzato tutto essendo sicuro di poterla salvare dopo le prime ventiquattro ore, non sarebbe stata convincente, sarebbe stata troppo poco spaventata oppure avrebbe fatto qualche sciocchezza sapendo di avere le spalle coperte.
Deve comunque convenire con gli altri sul fatto che il suo piano è stato abbastanza rocambolesco e avventato. Ma non ci sono stati danni, e quindi perché diamine dovrebbe essere biasimato?
«Credevo ci fossero meno possibilità che funzionasse» si limita a dire. «Se qualcosa in te avesse fatto sospettare che eri rintracciabile saresti stata in serio pericolo».
«Io sono stata in serio pericolo. E lo sono state anche Jane e Pepper, molto più di me... ah, già a te di loro non importa... ad ogni modo, ho avuto paura, da impazzirne, è stata una delle cose più orribili che mi sia mai capitata: non il rapimento, la paura».
«Sì, la paura è orribile. E non credere che mi abbia fatto piacere, né che io abbia trovato divertente far indispettire i tuoi amici, non in questa occasione, almeno».
Nadia fa un lungo respiro,
«Non... io non sono arrabbiata, non riesco ad esserlo... non so come mi sento in questo momento» dice, buttando fuori le parole tutte di un fiato, inciampando sillaba dopo sillaba.
Sconvolta, ragazza, sei sconvolta e turbata... non è una diagnosi tanto difficile da formulare. Però Loki pensa che in qualche modo dovrebbe esserle grato per aver precisato che non è arrabbiata; è lieto di vedere che sono al di là di certi ingorghi emotivi. E comunque, lei ne sa così poco della rabbia...
E comunque, perché ancora una volta nessuno gli ha detto grazie, nemmeno lei?
«Cosa vuoi che ti dica? Sei sempre stata brava a destreggiarti con il contento della tua testa, senza bisogno dell'aiuto di terzi. Se così non fosse, mi odieresti, come i tuoi amici hanno tentato così disperatamente di insegnarti a fare».
La ragazza fa una strana smorfia,
«Cosa ti fa supporre che non ti odi? Hai ucciso il mio gatto, amavo quel gatto...»
«Può darsi, ma ami di più me». Già, deve amarlo in una qualche misura. Persino lui che non sa nulla dell'amore capisce che l'accettazione incondizionata ne è la base principale, e Nadia, per gli inferi, lo ha sempre accettato. È tutto quello che ha fatto ed è più di quanto abbia fatto chiunque altro.
Sarebbe affascinante provare a risalire alla scintilla di tutto ciò, alla vera ragione. Ma non sarebbe comunque di nessuna utilità. Loki preferisce pensare al fatto che ora sono pari, che lei lo ha aiutato a Venezia e lui l'ha aiutata con la pietra; tutto quello che è oltre questa linea di reciprocità è stato solo un altro dei tanti tiri mancini che il fato gli ha riservato. Fortunatamente, è ancora in tempo per tornare indietro, anzi, ha già fatto un bel po' di strada sulla via del ritorno. Ora capisce che quello che ha fatto, se non altro, ha avuto il vantaggio di porre nuove distanze tra lui e la ragazza, ed è un bene.
«Ora non metterti a fare il presuntuoso» borbotta lei.
«Pensi di provare a ritrovarlo, il filo dei tuoi pensieri intendo?» domanda il dio dopo aver fatto vagare per qualche momento lo sguardo nello spazio grigio e vuoto.
«Ho idea che non mi piacerà... ad ogni modo, se vuoi fare qualcosa per me, dimmi adesso che intenzioni hai»
«Sai chi sono. Sai anche che non sono cambiato. Perché mi fai una domanda del genere?»
«Perché quello che ha detto Thor mi spaventa».
Nadia allunga una mano come a voler toccare la sua, ma poi la ritrae. Forse anche lei ora sente la distanza, forse anche lei sta pensando che, tutto sommato, non solo è meglio così, ma è anche giusto. E Loki pensa che tutto quello che ora deve fare è mentirle. Ha mentito per molti motivi, e gli sono sempre sembrati motivi validi, a prescindere da se fosse giusto o meno, non si è mai soffermato a pensare al fatto che per i più il concetto di menzogna fosse un concetto negativo e criticabile, ma mai come in quel momento pensa che sia la cosa davvero giusta da fare.
Mente guardandola negli occhi, perché lui è il dio dell'inganno e può farlo. Perché lui è un dio, e gli dei sono fatti per resistere al cambiamento.
«Non hai niente di che preoccuparti» le dice, con un sospiro quasi annoiato. «Andrò ad Asgard, molto probabilmente, e sono certo che Odino darà fondo alla sua riserva di magnanimità perché è quello che vuole, dimostrarmi che è migliore di me, ribadire che mi ama e altre amenità... l'unica cosa che trovo spaventosa è la noia che tutto ciò sicuramente comporterà».
«Stai dicendo sul serio?». Nadia lo guarda, sospettosa e per niente rassicurata.
«Cosa c'è? Adesso cominci anche tu?» borbotta lui.
«Sorvolando sul fatto che mi hai appesa all'amo e mi hai gettato in mezzo agli squali, puoi dire di non avere mai mentito con me?».
Loki si lascia scappare un sorriso,
«Io non dico mai la verità» soffia serafico.
Nadia aggrotta le sopracciglia e lo fissa basita,
«Ehi, questa è... filosofia greca, roba di qualche secolo avanti Cristo» borbotta.
«Lo so. È stata tua l'idea di portarmi in una libreria».
La ragazza sospira esasperata e gli lancia un colpetto sul braccio.
«Ti prego, non avere mai più dubbi riguardo al fatto che potrei odiarti, perché è così, ti odio davvero» conclude.
Loki annuisce, con un mezzo ghigno.
Sarebbe molto più facile, se riuscisse a farsi odiare da lei. Sarebbe molto più facile se riuscisse a volerlo sul serio.
Restano in silenzio per qualche minuto, poi Nadia gli appoggia una mano sulla spalla, sospira e si volta per lasciare la stanza.
Loki pensa che è il punto di conclusione meno doloroso che la sua giovane midgardiana poteva aspettarsi per quella loro strana e insensata storia.

*

Nadia posa la mano sulla spalla di Loki, poi si volta e lo lascia solo ai suoi nebbiosi pensieri.
È stato uno strano addio, quello che si sono appena scambiati. E senz'altro è un addio un po' in anticipo, visto che fino a quando non si risolverà quella situazione con gli esiliati di Nornheim né lui né Thor potranno fare ritorno ad Asgard, ma era quel genere di addio che non poteva essere rimandato e che comunque, non aveva del tutto a che fare con la separazione fisica.
Per un attimo pensa al giorno in cui Loki era ricomparso, a quando era steso in quel letto nell'infermeria della base di New York e lei era andata a parlargli. Aveva camminato verso di lui sentendo il peso di ogni singolo passo caricarle il petto di piombo fuso, pesante e incandescente. Sta provando quella stessa identica sensazione adesso, ora che i suoi passi invece di andare verso di lui se ne allontanano.
Pesa come quella volta, ma come quella volta sa che è giusto così, che è così che sarebbe dovuta andare.
Sarebbe più facile se riuscisse a odiare Loki, ma non ci riesce e nemmeno lo vuole. Lo ama, lo ama da troppo tempo, malgrado troppe cose.
Si sente un suono acuto e vibrante provenire da altoparlanti sistemati da qualche parte. Il suono sembra uno squarcio. Nadia sussulta quasi inciampa nelle scale che sta salendo.
I nervi non le sono tornati del tutto a posto e gli ultimi minuti con Loki non hanno certo contribuito in maniera positiva.
Dopo qualche secondo si rende conto che il suono in realtà è quello di una ricetrasmittente che fruscia nel sistema di comunicazione interno. La ragazza si volta e lei e Loki fanno giusto in tempo a scambiarsi un'occhiata, che la voce di Fury risuona come un tuono a preannunciare la tempesta.
«Dove vi siete cacciati tutti?» esclama il direttore dello S.H.I.E.L.D. «Stark, Rogers, Banner, Thor! Vi voglio nella plancia di comando ORA! Quei bastardi stanno tentando di mettersi in comunicazione con noi!».
Nadia deglutisce. Natasha le ha detto che è fuori da questa storia, che se l'è meritato e lei sa che era una sorta di incoraggiamento e allo stesso tempo un monito, così come sa che non può fare niente per dare una mano, ma questa non vuole perdersela. Lei e Loki non hanno nemmeno bisogno di guardarsi in viso, un istante dopo stanno già dirigendosi a grandi passi verso la plancia.
Nadia va quasi a sbattere contro Steve quando raggiungono l'ingresso della sala comandi. E scopre che anche Pepper e Jane sono arrivate di corsa dai loro alloggi. L'abbaiare di Fury deve essersi sentito in tutta la base.
«Woh-woh-woh! Cos'è questa folla?» esclama Tony. «Voi tre andate a riposare! Tu, Bambi, sparisci».
«Oh, sta' zitto» squittisce Pepper allontanandolo con una leggera spinta. «Non siamo cronisti del Times, quel tizio ci ha rapite, abbiamo il diritto di sapere che succede!»
«Non mi interessa. Portate Loki a comprare un gelato all'area ristoro, ne riparliamo dopo, vi faccio fare un diagramma riassuntivo da Banner».
Loki ha uno scatto di irritazione,
«Stark...»
«Abbiamo finito lì fuori?» esclama Fury da dentro la stanza, interrompendolo. Il direttore è molto più pragmatico: non gliene importa un accidente che loro ci siano o meno.
Tony si lascia andare ad un sospiro esasperato, poi si volta e entra nella sala, lasciando che loro lo seguano.  
Il volto di Hope campeggia in primo piano sugli schermi sospesi attorno al tavolo. Nadia ha un moto di rabbia e disgusto quando l'uomo sorride con quel suo fare effettato e mellifluo.
La ragazza sente lo stomaco contorcersi.
«Deve essere un messaggio registrato» osserva l'agente Hill. «Abbiamo individuato la fonte, sembra essere una casa vuota in un qualche sobborgo di Manhattan, abbiamo mandato una squadra a controllare ma dubito che troveranno qualcosa».
«Devo chiedere scusa a voi tutti» esordisce Hope, pacato. «Confesso che la situazione è sfuggita di mano e mi rendo conto di aver esagerato».
«Ci avevi informato a proposito del fatto che fosse pazzo?» chiede Clint a Nadia, in un filo di voce.
Un tizio che si presenta sulla Terra con copie di armi aliene costruite con un metallo di un'altra galassia è pazzo per forza, non c'è bisogno di precisarlo...
«Pensandoci, sono davvero dispiaciuto di aver fatto ricorso a un mezzo tanto infimo come rapire tre giovani donne» continua Hope.
«Vedesse quanto è dispiaciuto a noi...» borbotta Jane a mezza voce, accigliata più che sorpresa.
«Sono dispiaciuto anche perché ora mi rendo conto che non era affatto necessario. Sarebbe stato interessante far funzionare il nostro arsenale, tuttavia, come dite voi midgardiani: chi troppo vuole nulla stringe, quindi mi vedo costretto a fare una lista delle mie priorità».
«Ho mal di testa, qualcun altro ha mal di testa?» sbotta Tony, con un sospiro.
«Non abbiamo mai davvero voluto attentare alla sicurezza di questo pianeta, tuttavia, le armi di cui disponiamo sono più che sufficienti a danneggiare in modo irrimediabilmente grave un quartiere della vostra bella città. Diciamo, uno di quei quartieri in cui vivono svariate centinaia di persone e in cui magari si trova anche una scuola e un ospedale»
«Di che sta parlando?» sbotta Steve, piegandosi in avanti, più vicino allo schermo, con aria allarmata.
«Sta minacciando, Capitano» sibila Fury, chiudendo per un attimo l'occhio sano. «Ma immagino che la domanda fosse retorica».
Nel video, Hope solleva una cartina di New York e mostra una zona della città cerchiata di rosso.
«Diamo ordine di far evacuare quel quartiere, signore?» chiede precipitosamente la Hill.
È come se Hope avesse previsto la domanda, perché il suo sorriso si allarga. È un sorriso da squalo, ora.
«Naturalmente, se provata ad attuare un qualche piano di evacuazione, il quartiere salterà in aria ancora prima che la gente arrivi in strada» dice. «Vi stavo parlando delle mie priorità, comunque. Ebbene, come la cara Nadia certamente vi avrà detto, la mia priorità è Thor».
Nessuno ha il coraggio di sollevare lo sguardo verso il dio del tuono, nessuno a parte Loki che certamente si starà anche divertendo al pensiero della possibilità di scambiare il figlio di Odino con l'incolumità di un intero quartiere di New York.
«Do appuntamento al beneamato principe di Asgard tra tre ore, sul tetto di questo edificio. Se non viene da solo, il quartiere salta. Se tarda anche solo di un minuto, il quartiere salta. Se solo qualcosa si dispone in un modo che mi dispiace, il quartiere salta. A voi e a lui la scelta».
Hope inclina leggermente la testa in avanti, in una specie di espressione ammiccante, poi la sua faccia sparisce e gli schermi neri restano a riflettere i loro visi dall'espressione turbata e attonita.






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Note:

Nel film, quando tornano da Stoccarda con Loki ammanettato c'è questa scena brevissima in cui si vede atterrare il quinjet sull'elivelivolo mentre è in aria. Credo sia impossibile che loro siano scesi dal quinjet e abbiamo percorso a piedi la superficie dell'elivelivolo fino all'interno, dato che erano in quota e, Natasha dixit, sarebbe stato difficile respirare lassù.
Non so se sia una svista di chi ha fatto il film, io ho ovviato alla cosa supponendo che ci sia uno sportello che permette di passare dal jet all'interno della struttura. (Non è di vitale importanza, me ne rendo conto, ma non ho potuto fare a meno di "porre rimedio" alla "svista"). 

Il paradosso del mentitore... ehehe. La liceale amante della filosofia che c'è in me ama il paradosso del mentitore, che è appunto un giochino di logica basato sull'impossibilità di dimostrare la veridicità dell'affermazione “Io non dico mai la verità”.
Se l'affermazione fosse vera, starei dicendo la verità e quindi l'affermazione è falsa, se l'affermazione fosse falsa starei mentendo e quindi l'affermazione è vera. Quindi l'affermazione non ha senso.
(abbiate pazienza, il capitolo è stato scritto mentre ero sotto esame).
Penso che la frase messa in bocca a Loki descriva un po' tutto il senso del personaggio, almeno nella sua veste di dio degli inganni :P


Ok, siamo decisamente in dirittura d'arrivo. Mancano tre, forse quattro (a seconda della lunghezza di una certa scena), capitoli alla conclusione. Ancora una volta vorrei essere in grado di dirvi quanto vi sono grata per aver seguito questa storia... che è stata lunga e che ha avuto anche i suoi momenti non sempre avvincenti... ma al solito, non saprei come dirlo, se non che vorrei abbracciarvi tutti, uno a uno!

A venerdì prossimo ^^
   
 
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