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Autore: AryYuna    24/09/2007    2 recensioni
Dopo la scomparsa di Tidus, Yuna si è unita ai Gabbiani e ha vissuto le (patetiche e incomprensibili) avventure di FFX-2. Ma, dopo il ritorno di Tidus, cosa è successo? È finalmente la pace, su Spira, o la spirale di morte è destinata a durare per sempre? Può la morte morire davvero?
(È la mia prima fic a capitoli)
Ringrazio chi mi ha recensito, la fanfiction è dedicata a voi!
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Paine, Rikku, Yuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo8-Vivo dopo mille anni

          La nebbia cala di nuovo, mentre la sgradevole voce di prima torna a farsi sentire.
          Il mare diventa nero, denso, vorticante di orrori e paure.
          Tremo al soffio del vento, di nuovo gelido, mentre versi spaventosi provengono dal bosco.
          –Davvero non ricordi questo posto?
          La voce ora è più chiara.
          –Chi sei?– urlo, sorpreso sentendo la mia voce, finalmente libera di uscire.
          Un’ombra scura, più opaca della nebbia, più nera del mare, più agghiacciante della massa informe degli alberi, dietro la riva, inizia a condensarsi davanti a me. Non distinguo cosa sia, non ne vedo neppure i contorni.
          –Chi sono? Non mi riconosci? Eppure sei stato il primo essere umano a vedermi in questa forma.
          Non rispondo, cercando di ricordare.
          –Ti piace il paesaggio che ho creato? Ho pensato che ti ricordasse qualcosa…
          Creato?
          –Non sei realmente nel luogo che vedi. Questa è solo un’illusione, una proiezione dei tuoi ricordi. Ho pensato che così ti sarà più semplice tornare a vivere…
          Tornare a vivere?
          –Oh, non te l’avevo detto? Sei morto quasi mille anni fa, sai?
          Morto? Mille anni?
          La vista mi si annebbia, mentre barcollo e tutto sembra girarmi intorno.
          Morto.
          Mille anni.
          Tutto mi sembra così lontano… per questo?
          Sono stato davvero morto per mille anni?
          –Ti ho riportato in vita per usarti, come ti ho usato mille anni fa. Ceto, potevo scegliere chiunque altro, ma nessuno è abbastanza semplice da controllare… solo tu…
          Controllare?
          –Che vuoi da me?– chiedo con voce roca.
          –Una cosa per volta. Perché non cerchi prima di ricordare chi sei?
          Chi sono.
          Mi guardo intorno, cercando di distinguere tra la nebbia il luogo che prima mi era sembrato familiare.
          Di nuovo la sua risata mi avvolge, mentre chiudo gli occhi.
          –Yunalesca– mormoro.
          –Era la donna che amavi. Quella per cui sei morto, e che è morta con te.
          –Perché mi ricordo di lei ma non ricordo il mio nome?
          –L’amore– sussurra con la sua voce viscida. –Che emozione meravigliosa! Il legame più forte, l’unico in grado di sprigionare un’energia che sopravvivere anche dopo la morte. Suppongo sia per questo che ricordi il suo nome, il suo aspetto, la sua voce… ma non sai chi sei tu.
          Ride.
          Una risata gelida, accompagnata da una potente folata di vento gelido.
          –Comunque– continua sempre viscido e gelido, –se proprio ci tieni a saperlo, il tuo nome è Zaon (NdA. Si era capito, no?) e vivevi mille anni fa nell’attuale capitale di Spira, Bevelle. Yunalesca, la donna che amavi, divenne Invocatrice per distruggere Sin, l’essere che portava la morte, e donare così la pace al popolo. Solo che entrambi doveste morire perché questo fosse possibile.
          Fa una pausa.
          –E il bello è che dopo dieci anni dalla vostra morte, Sin rinacque… “Perché?” si chiesero tutti. Perché in realtà tu non eri morto. Non ricordi neppure questo? Perché eri diventato il nuovo Sin. L’essenza di Sin si nutriva di chi lo aveva distrutto, rinascendo dieci anni dopo. E solo allora, quando un altro Invocatore distrugge il nuovo Sin, il precedente muore, sostituito da uno nuovo. Così, tu moristi dieci anni dopo della tua donna.
          Si ferma, fissandomi, o almeno così mi sembra.
          –Cosa vuoi da me?– chiedo con un filo di voce.
          –Suppongo che queste parole ti suoneranno strane, nuove… anche se ormai tutti le conoscono… ma in fondo mille anni fa era tutto diverso, no?– fa un’altra pausa. –La morte ha sempre regnato su Spira. Due anni fa una ragazzina ha cambiato tutto. Io voglio riportare quell’equilibrio.
          –Equilibrio?
          –Sin rappresentava il ciclo della morte necessario alla vita. Tu mi servi per ripristinarlo. Tu sei il nuovo Sin, come già lo sei stato una volta.
          –No! Non sarà il tuo Sin, il tuo strumento di morte!
          –Povero stupido. Lo sei già, Zaon.
          –No… io… non porterà la morte.
          –Guarda!– urla, mentre la nebbia sparisce insieme a tutto il paesaggio come disintegrata. Una luce accecante, bianca mi avvolge, mentre anche l’ombra nera del mio interlocutore svanisce, poi il buio.
          Un’immagine sfocata si materializza sotto di me, come il riflesso indefinito di qualcosa nell’acqua.
          Una città costruita su ponti di legno sull’acqua.
          Una mostro tanto grande che la sua ombra la oscura completamente le passa sopra.
          Altri mostri più piccoli si staccano dal suo corpo, cadendo sulla città come grossi proiettili, radendola quasi completamente al suolo.
          –Questo è accaduto appena due giorni fa– sussurra quasi sensualmente la voce al mio orecchio. –E lo stesso è accaduto anche in altre due città. E tra poco toccherà alla tua Bevelle.
          –No!– grido fendendo l’aria con le mie mani, tentando di respingere l’essere mostruoso che mi parla, ma non colpisco niente. –Chi sei, mostro?
          –Chi sono? Sono la volontà di Sin, la sua essenza, ciò che lo ha generato, ciò che per mille anni lo ha fatto rinascere… Il mio nome da mortale non conta più, anche se per mille anni è stato considerato il nome di una divinità… Yu Yevon… E sai perché ero considerato una divinità?– ride, freddo. –Perché il potere è quanto di più sensuale ci sia al mondo. Potere. È questo che ha spinto un gruppo di persone a riunirsi, a creare insieme una storia che spiegasse la comparsa di Sin - anche il nome è opera loro, il Peccato - per convincere il popolo a seguirli… E come potevano chiamare il loro dio se non Yevon come colui che aveva dato loro la possibilità di ottenere quel potere? Sì, Zaon, perché il credo che ha spinto la tua Yunalesca a morire, il credo di Yevon, altro non è che questo: una favola per attirare il popolino ignorante, per convincerlo a donare tutto se stesso ad una causa irreale. Lo stesso Inno intercessore altro non era che un canto di sfida di Zanarkand verso Bevelle, durante la guerra. Ma fu integrato nei testi sacri. È affascinante come un credo basato su una favola inventata intorno ad un tavolo sia resistito per mille anni, eppure è molto semplice: il popolo ha bisogno di credere in qualcosa, ha bisogno della speranza, anche falsa, che l’orrore finirà. E tutto perché? Perché delle persone volevano il potere. Io non sarei sopravvissuto tanto senza il loro desiderio di potere: è stato quello che ha spinto tante vite innocenti a morire, senza sapere che così mi avrebbero solo ridato la vita, per l’eternità…
          –Ma poi sei stato sconfitto!
          –Già– la voce si inclina leggermente. –Ma ora, come vedi, sono tornato, perché il desiderio è più forte della morte. Come l’amore. O meglio, è l’amore che è più forte della morte come il desiderio, perché è il desiderio che anima tutto, amore compreso– spiega con la stessa foga entusiasta di un invasato. –E così sono rinato. E ho fatto rinascere anche te, il mio primo Intercessore, per vivere di nuovo. E presto, un nuovo gruppo di persone bramose di potere ricreerà la favola che soggiogherà gli animi deboli del popolo. E io vivrò di nuovo, mentre la stupida ragazzina che è stata la mia fine troverà la morte per mano del popolo che ha tentato di salvare, come tutti gli Invocatori della storia. È così che devono andare le cose. E così andranno.
          Resto senza parole, non sapendo cosa dire, fissando il vuoto che mi circonda.
          –E tutto grazie a te– grida, e la sua voce riempie tutto lo spazio, amplificata di mille volte, e una nuova risata gelida quanto le precedenti la accompagna.
          Tutto intorno a me comincia a vorticare, più veloce mano mano che la risata aumenta, la testa inizia a girarmi, e alla fine perdo conoscenza.

   
 
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