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Autore: Anima97    08/03/2013    3 recensioni
Dietro quella che sembrava un'assurda lunga passeggiata tra le pagine di un libro,
c'era in realtà qualcosa di ben più articolato e ancora confuso.
Qualcosa che nessuno, oltre lei e chiunque l'avesse mandata, doveva conoscere.
Qualcosa che andava oltre il Bene Superiore.
E questo, lei lo sapeva.
Tra misteri, sentimenti e avventure, può una banale ragazzina sconfiggere ciò che è più grande di lei con l'amore?
Genere: Avventura, Introspettivo, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Remus Lupin, Sirius Black
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da V libro alternativo
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Grimmaul Place numero dodici.
Seconda parte.
 
Era steso sul letto, ancora svenuto, quando Lupin era uscito dalla stanza dopo averla pietrificata. Adesso era sola, seduta per terra impotente, in un angolo della stanza fissava il corpo schiantato di Sirius Black, (il fuggitivo, l'innocente, il padrino di Harry, quello mentalmente instabile perchè aveva passato dodici anni della sua vita nelle grinfie dei Dissennatori) aspettando di svegliarsi da quello che sapeva bene non essere un incubo frutto del suo inconscio. In quegli attimi di solitudine un ronzio fastidioso si era sostituito alle urla di poco prima e le aveva invaso la mente, provocandole un gran mal di testa dall'eccesso di pensieri: si era svegliata davanti la Stamberga Strillante, con un lupo mannaro che l'aveva ferita, e sicuramente le aveva provocato un trauma non indifferente, poi era stata salvata da Remus Lupin, quel lupo ora uomo, portandola nella casa di un reietto della società, un uomo definito pericoloso da tutti e soprattutto, come tutto il resto degli elementi che la circondavano in quell'avventura assurda, faceva parte di un libro!
Un libro per bambini! Uno di quelli che si leggono solo quando non si ha veramente nulla da fare, poco interessante, troppo fantasioso per i suoi gusti.
Perchè era successo? Non proveniva da negozi strani dove il cassiere era un mago e quindi lo erano anche gli scrittori dei libri che vendeva... una teoria impossibile, dato che quello stesso libro era stato letto da tantissime persone prima di lei, ma nessuna di loro ha mai raccontato di esserci finita dentro! L'aveva semplicemente trovato a casa sua, tra i vecchi libri di suo fratello più piccolo e si era buttata nella lettura di pancia, poco gradendo il contenuto del libro e comunque divorandolo come una degna, accanita lettrice saprebbe fare.
Se avesse saputo quello che sarebbe successo non l'avrebbe di certo fatto!
Ora si trovava davanti l'uomo che l'aveva minacciata con la sua bacchetta, schiantato certo, ma sempre sinistro con quel volto segnato da una bellezza scomparsa e dodici anni di prigionia. Se si fosse svegliato e l'avrebbe trovata li avrebbe potuto farle del male anche senza la bacchetta, che in quel momento aveva preso Lupin.
Cercò di portarsi le mani alla gola, come se si aspettasse di trovare le mani di Black a stringerla e respirò profondamente, non potendo muoversi continuò semplicemente a squadrarlo.
Intanto la verità dura e sconvolgente cominciava a pesarle e l'unica domanda che riusciva a leggere chiaramente nella marea di dubbi affollati nella mente era: Come poteva tornare a casa? Si era appena ricordata che la Smaterializzazione non era possibile all'interno di casa Black e molto probabilmente, se non l'avessero uccisa (e rabbrividì al pensiero), la sua memoria sarebbe stata cancellata, modificata in chissà quale modo! Se credevano davvero di poter giocare con la sua vita si sbagliavano di grosso e le venne un'idea.
Prima di tutto serviva una chiacchierata con Silente.
Lupin tornò con un pacco di biscotti dal nome impronunciabile per lei, si sedette sul letto vicino all'amico e dopo avergli rivolto uno sguardo indefinibile la liberò dall'incantesimo con un impercettibile gesto della bacchetta, accennandole ad avvicinarsi. Si chiese se era giusto fidarsi di lui, ma poi pensò a quanto fosse buono l'animo dell'uomo, nonostante fosse un lupo mannaro e adesso probabilmente pensasse che lei fosse una spia, perciò obbedì, tenendosi comunque ad una certa distanza da Black.
«Dove sei andato? Perchè mi hai lasciata sola con lui?»
«Dovevo parlare con una persona.»
Fece il gesto puntare la sua bacchetta sull'amico, lei lo fermò.
«Non svegliarlo, ti prego!» disse in un sibilo, mentre il fianco le bruciava.
«Non ti farebbe nulla di male, tranquilla.» ribattè Lupin con una strana dolcezza, simile a rassegnazione.
Sbuffò, incrociando le braccia «Certo, sarebbe comprensivo come quando mi ha puntato la bacchetta alla gola.»
L'uomo trattenne un sorriso, abbassando il capo «Lo facciamo con chiunque sia sospettato...»
«Di cosa?» lo interruppe «Non sono una Mangiamorte, non sono una del Ministero, non sono una strega! Non avrei potuto fare niente contro due maghi!»
Vide Lupin impallidire e a voce troppo alta esclamò «Sei una maganò allora!»
«No, no, no...» borbottò lei con un po' di rabbia, le dava fastidio il dover appartenere a quel libro per bambini venendo etichettata come una "babbana", ma non potette far altro.
«Non appartengo al mondo che conosci.»
«Che intendi dire?»
«Sono una babbana, ma...»
«Una babbana!»
«Si, ma...» perplessa lo guardò a lungo.
Cominciava a preoccuparsi: si era sempre immaginato Lupin come un uomo capace di affrontare immediatamente le situazioni che gli si presentavano, invece ora impallidiva davanti ad un'evidenza banale. Poi si ricordò di aver lasciato la frase sospesa e non la continuò, l'uomo non sembrava interessato ad ascoltarla.
Aspettò che fosse lui a parlare e dopo essersi scrutato per bene le mani incapaci di stare ferme, si rivolse a lei disperato.
«Che ci fai qui? Come fai a sapere di questo posto? Di me, di Sirius, dei Mangiamorte? Di Silente!»
«Appunto con Silente volevo parlare, immagino stia arrivando.» e si affrettò ad aggiungere «Avrai le risposte alle tue domande, credo... dipende da lui.»
Lupin era in crisi. Il suo sguardo vagava dalle sue mani al volto della ragazza, al suo fianco insanguinato e poi di nuovo al suo volto.
Vedendolo sempre più pallido, si avvicinò (non senza tener d'occhio Black ancora addormentato) e allungò la mano con l'intenzione di poggiarla sulla sua spalla per confortarlo, però ben presto la ritirò in un sussulto.
Il mago si era alzato e le volgeva le spalle. In mano aveva ancora il pacco di biscotti e lo poggiò sul letto, poi si girò e la guardò sorridendo mestamente.
Si perse nel suo sguardo profondo, stanco, malinconico e in qualche modo familiare e incoraggiante. Per un attimo pensò di essersi sbagliata, era proprio così che Remus Lupin doveva essere, non come se l'era immaginato lei leggendo con poca attenzione i libri, poi rivolse il suo pensiero alle persone care che aveva lasciato a casa e stranamente non ne sentì la mancanza.
«So che sei innocua, Nadia» si era dimenticata di aver usato quel nome, perciò si stupì della memoria del mago «Almeno, non per ora.»
«Che intendi dire? Come fai a sapere della mia innocenza?»
«Non ho detto che sei innocente, hai un potenziale di pericolo nelle tue mani, perciò ti terrò d'occhio d'ora in poi.»
Abbassò lo sguardo sul fianco di lei, dove la maglia era strappata e macchiata di sangue. Come provocato dal contatto, il bruciore divenne più forte e lei vi appoggiò una mano istintivamente. Una leggera ansia le attanagliò le viscere, non riusciva a pensare ad altro già da un po', ma non voleva ammetterlo neanche a se stessa ciò che era successo: quella che ora le bruciava non era una normale ferita inflitta da un cagnolino un po' vivace.
«Sono un... un lupo mannaro?»
«Forse: non è un morso, il graffio non è eccessivamente profondo... però...» vide nuove rughe apparire sulla sua fronte, mentre gli tremava leggermente la mano che, notava solo adesso, reggeva la bacchetta puntata contro lei «Mi dispiace.»
Una nota speranzosa fece capolino nel suo animo tormentato e riuscì a contenersi, a non urlare o fare qualcosa di rumoroso (Black si sarebbe svegliato, probabilmente), respirò a fondo e accennò ad un sorriso di incoraggiamento.
«Non è stata colpa tua, non eri cosciente di ciò che facevi...»
«Invece lo è, in qualsiasi caso. E' stato un incidente troppo grave per poter rimanere senza colpevole.»
Strinse i pugni, non voleva che Lupin parlasse così dell'accaduto. Era solo un graffio, non erano sicuri che si sarebbe trasformata in lupo, voleva essere ottimista.
Nonostante la sua grande volontà, sia di reprimere il gemito di dolore ad una leggera fitta della ferita (non era il caso rimanere tanto a lungo in piedi), sia di essere forte e cercare di mantenere la calma almeno fin quando non si sarebbe fatta due chiacchiere con Silente, provò di nuovo quell'angoscia che nell'angolo della stanza l'aveva afflitta: Black, ancora steso, le puntava un dito contro, gli occhi infuocati dalla rabbia agganciati a quelli terrorizzati di lei «Tu!»
Si mise a sedere ma poi successe qualcosa di strano: come pietrificato ricadde sul letto. Era un Pietrificus Totalus? Perchè allora era così diverso da quello che aveva provato poco prima? Black si dimenava e sambrava volersi liberare da corde invisibili.
Nulla le ricordò l'Incantesimo Incarceramus usato con grande velocità da Lupin, a cui ora si rivolgeva Black.
«Pensavo fossi dalla nostra parte! E' una Mangiamorte, mi ha dato un pugno e ha cercato di uccide...» il suo sguardo si perse nel vuoto e si riebbe poco dopo, fissando la bacchetta di Lupin «Sei stato tu... tu mi hai... Remus!»
«Non è come sembra.»
«Mi hai schiantato!»
«Stavi per ucciderla.»
«E' una spia!»
Ormai Black urlava senza ritegno e le sue parole sembravano essere latrati furiosi. Lupin manteneva la calma e lo lasciò gridare per un po' in attesa che si calmasse.
Lei si allontanò lentamente dai due, fissando il volto del mago imprigionato sempre più rosso, e le vene pulsanti sulla sua fronte farsi sempre più evidenti. Era uno spettacolo terrificante, per quella ragazza ormai distrutta da quegli eventi che si succedevano troppo velocemente, e lo stava detestando per aver interrotto il dialogo riposante con Lupin. Rivolse uno sguardo a quest'ultimo, anche lui immobile, ma non per un incantesimo bensì per l'evidenza di quello che stava facendo. 
Lo vide portare la mano libera alla fronte e urlare «Sta arrivando Silente!»
Black tacque di colpo.
«Si occuperà lui della faccenda. Adesso dobbiamo pensare a quello che è successo al Torneo e alla protezione di Harry.»
Finalmente ebbe più o meno chiaro in che libro si trovasse: "quello che è successo al Torneo" era sicuramente la morte di Cedric Diggory, il ritrovamento di Malocchio Moody e il ritorno di Voldemort. Harry Potter era in pericolo costante, adesso, perciò l'Ordine della Fenice avrebbe dovuto proteggerlo insieme al potente Incatesimo di Lily Potter, la madre del ragazzo. Dopo essersi velocemente fatta un resoconto della situazione tornò al volto di Sirius, ora rilassato e serio. 
Le sembrava strano vederlo così tranquillo: fino a quel momento non aveva fatto altro che urlarle contro. Liberato dall'Incantesimo Incarceramus si alzò e, senza rivolgere un solo sguardo ai presenti, se ne andò.
 
La prima cosa che notò in lui era la barba. Lunga fino alle ginocchia solo perchè era infilata nella cinta del completo da mago color lilla, argentea e splendente in quel tugurio sporco e marcio che era la stanza dove era stata rinchiusa sin da quando era arrivata. Forse era li da ore, prima che arrivasse contava i colori mangiando dei biscotti rosa ricoperti di una glassa bianca, forse al cocco, buonissimi ma che ad ogni boccone le cambiavano il colore del volto. Dato che non se ne accorgerva e non c'erano specchi o persone a farglielo notare, mangiava e contava abbastanza tranquillamente. Ogni tanto smetteva di masticare e puntava lo sguardo sulla porta, sospettando che qualcuno la aprisse e, senza vederla aprirsi, dopo qualche minuto tornava alla sua occupazione, senza stancarsi mai. Era sua abitudine occupare i pomeriggi estivi, durante le pause da un dipinto ad un altro, oppure la sua distrazione in qualsiasi momento della giornata scolastica. La rilassava molto, le svuotava la mente e la riempiva di numeri e colori, le cose che probabilmente amava di più
Riusciva ormai a riflettere pacamente, cosa che le bastava dato che era abituata a passare molto tempo da sola. Avrebbe voluto soltanto un passatempo più interessante...
«Se solo avessi dei pennelli...» sospirò contando per la trentacinquesima volta un Pantone verde e interrompendosi di nuovo con un biscotto tra i denti.
Un tonfo, come una porta che sbatte e strilli acuti di donna. All'orecchio le giunsero alcune parole come "feccia", "ibridi" e "padri": non poteva essere nient'altro che la madre di Sirius Black che urlava dal suo quadro. Pensò a come dovesse essere il volto della signora, però nessuna curiosità la fece uscire dalla stanza, non voleva avere niente a che fare con quel mondo che non le apparteneva. Comunque qualcuno era entrato in Grimmauld Place numero dodici e lei nascose sotto il letto i biscotti, ingoiandone l'ultimo e pulendosi di dosso le briciole, non voleva che Silente la vedesse tranquilla a mangiare sul un letto non suo in una situazione critica del genere.
Allora, mentre sentiva dei passi fuori dalla porta un dubbio le balenò alla mente: e se Silente, il grande Silente, si fosse arrabbiato con lei per averlo disturbato? Se le avesse definitivamente deciso di modificarle la memoria? Non lo avrebbe mai permesso.
La porta si spalancò.
Eccola li, la barba lunga e candida volteggiare sul corpo lungo e magro del preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Non ricordava di essersi mai sentita più insignificante di così in presenza di qualcuno, anche se era già piccolina di suo con il suo corpo esile e la sua testa leggermente squadrata.
Quando l'uomo parlo sentì un peso sullo stomaco e sapeva che non era causato dai dolcetti.
«Buonasera.»
Non rispose nè si mosse, ricambiò semplicemente il suo sguardo e le girò leggermente la testa. Doveva sedersi: la ferita cominciava a farsi risentire.
Silente non osò entrare nella camera, rimase sull'uscio a scrutarla con aria incuriosita, provocando in lei una certa ansia tipica di chi si trova sotto osservazione per troppo tempo da un uomo ammirabile.
«Suppongo che debba invitarmi ad entrare e presentarsi, ma lasciamo queste formalità a situazioni meno urgenti.» detto ciò entrò e chiuse la porta dietro di se. 
«Albus Silente.» era sicura che sapesse già di quanto lei sapeva su di lui e sul mondo magico, nonostante ciò ricambiò la presentazione senza protestare.
«Beatri... Nadia. Nadia e basta.»
«Prego?»
«Ho detto N-Nadia.» non poteva continuare a fingere, era inutile dato che Silente era un Legiliments.
«Mi sembra di capire che "Nadia e basta" è un nome che non le appartiene. Come si chiama?»
«Beatrice Leroy.»
«Francese! Non ho mai incontrato una babbana francese con la faccia blu che conoscesse alcuni segreti del mondo magico, interessante.»
«Non sono frances... Aspetti, cosa? Blu!?» si portò entrambe le mani al viso e si guardò intorno alla ricerca di uno specchio.
«Cerchi questo?» da dietro la schiena del preside apparve uno zaino piccolo e logoro che riconobbe subito. Era lo zaino che aveva trovato vicino a lei quella notte e nel quale aveva trovato il Mantello dell'Invisibilità. Ricordava benissimo che non c'era nient'altro all'interno.
«No, si sbaglia.»
«Credo di non essere io a sbagliarmi.» e sorridendo ci infilò un braccio dentro e dopo aver tastato il fondo cercando qualcosa che, Beatrice ne era sicura, non avrebbe trovato. Invece poco dopo il braccio si fermò, il sorriso di Silente si allargò e guardò compiaciuto il volto perplesso della ragazza. Con eleganza tirò fuori dallo zaino uno specchio ottagonale grande quanto la sua testa, con una cornice dorata decorata da piccoli fiorellini rossi dipinti abilmente lungo lo stretto bordino verde sul lato. Lo specchio era abbastanza sporco ma riusciva a vedere il suo riflesso, o meglio, quello che credeva essere il suo riflesso:
Una ragazza di bassa statura, esile, quasi pelleossa, con in testa una massa riccia di capelli castani, e dal viso di una pesante sfumatura di ciano la fissava inorridita.
Di nuovo si portò entrambe le mani al viso, sentendo l'ansia crescere. L'unica cosa a cui penso fu di trattenere uno strillo di terrore.
«Che diavolo è successo alla mia faccia?! E' questo posto, vero? E' QUESTO POSTO CHE MI STA FACENDO DIVENTARE MATTA. Lo odio! Voglio andare via!»
Mentre continuava a disperarsi, fissandosi nello specchio che aveva strappato dalle mani di Silente, quest'ultimo si avvicinava tranquillamente al letto, nascondendo un leggero sorriso nella barba.
«Aiutatemi, aiuto! Voglio tornare normale! Rimarrò così per tutta la vita... tutta la vita blu...»
«Peccato, non me ne avete lasciato neanche uno.» le disse Silente, ignorando la sua disperazione.
Si volse verso di lui, scapigliata più che mai, con lo specchio in mano.
Reggeva la busta dei biscotti che poco prima stava mangiando «Avrei tanto voluto vedere se sul viso il giallo mi donava.»

 
Mondo Nutopiano:
Anche stavolta sono contenta e stupita che voi stiate leggendo queste righe
dopo questo papiro infinito.
La situazione si è tranquillizzata... più o meno.
Insomma, compatite Beatrice,
dopotutto non capita tutti i giorni di finire in un libro
o di avere la faccia di una bellissima sfumatura di ciano!
Per il resto: 
SO che sei li.
Perchè non ti fai sentire?
Non mordo, lo giuro!

Grazie, in qualsiasi caso.

Pace, Amore e Poc'anzi.
MelinAnima.


P.s.: Ringrazio di cuore  liamspowah per aver messo la storia nelle seguite e ToujoursPurBlack nelle preferite :)
  
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