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Autore: xEsterx    10/03/2013    3 recensioni
Los Angeles.
La los Angeles delle corse clandestine, delle notti illuminate a giorno.
La los Angeles dove anche al destino piace giocare, unendo fuoco e ghiaccio senza che il fuoco si estingua o il ghiaccio si sciolga.
Ma addirittura si diverte nel vedere come i due riescano a compensarsi, uno alleviando l’eccesso dell’altro. Perché alla fine il fuoco capisce che bruciare e distruggere non è l’unica cosa di cui è capace, e il ghiaccio scopre che sotto di sé, come protetta, la vita riposa silente e indisturbata, per rinascere rigogliosa, ogni anno e per sempre.
Genere: Azione, Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Aquarius Degel, Scorpion Kardia
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Piuttosto che fare del male a Cardia, Russ Millard avrebbe preferito tagliarsi una mano.
Eppure eccolo lì, ritrovatosi a ricorrere al metodo più subdolo che ci potesse essere per richiamare a sè l'attenzione del ragazzo e cercare di riportare dalla sua la situazione che ormai gli era sfuggita di mano: rievocare il triste e traumatico passato di Cardia però non era stata di certo la cosa migliore da fare, anzi, forse poteva proprio dirsi la peggiore. E nessuno avrebbe mai potuto capire quanto dolore stesse investendo Millard in quel momento; non passò un secondo che subito si pentì di quello che l'istinto lo aveva appena indotto a fare e si maledisse per la propria debolezza. Debolezza di cui si incolpava ogni volta che i pensieri andavano agli anni trascorsi e per colpa della quale ora erano lì uno di fronte all'altro, in veste di  nemici.

L'unica cosa che avrebbe voluto fare in quel momento era correre dal ragazzo e abbracciarlo forte, gridandogli il suo dispiacere per come si era comportato con lui, ma represse in fretta quel desiderio, cercando di focalizzarsi sulla sua missione e convincersi che quello che aveva davanti in quel momento era solo un criminale che stava tenendo in ostaggio e minacciando di morte un povero ragazzo. E in situazioni del genere, ogni metodo era lecito se fosse servito a salvare una vita. Il resto dei poliziotti aspettava un suo ordine, con le pistole ancora a terra davanti ai loro piedi, come da comando di Cardia.

E lui era ancora lì che annaspava aria con le narici dilatate e stringeva convulsamente Degel tra le braccia, il quale dal canto suo stava capendo davvero poco di quello che stava succedendo e del perchè quel semplice appellativo avesse mandato così fuori di testa il suo sequestratore. Però almeno il fatto che Cardia si stesse abbandonando all'emotività in quel modo gli faceva sperare per il meglio riguardo alla propria sorte, e quasi riuscì a convincersi che forse il comandante sapeva quello che stava facendo, o per lo meno se lo augurava con il tutto il cuore, soprattutto nel momento in cui si sentì mancare l'aria a causa della stretta dell'americano, fattasi ancora più soffocante. Tossì e piantò istintivamente le unghie sulla pelle tatuata di quell'avambraccio che gli impediva di respirare, ma era come se Cardia al momento si trovasse in una dimensione dove i due unici esseri che la popolavano erano lui e il comandante.

-Tu non sai un cazzo di me!- .
Cardia urlava per cercare di mascherare il tremolio della propria voce. Stava andando tutto così bene, ed erano bastati poco più di cinque secondi per ribaltare la situazione.
Si stupì di sè, per il fatto che il solo sentire quel nome avesse potuto fargli quell'effetto: per quanto si fosse sforzato di accantonare il suo passato, quello non perdeva mai occasione di ripresentarsi nei suoi incubi e nei suoi pensieri. E ogni volta il dolore che provava era lo stesso di tanti anni prima, di quando era costretto a subire le torture di quei bastardi.
Tutte le scappatoie in cui si tuffava a testa basta, come le corse, riuscivano a tenergli per un po' la mente lontana da quelle cose, ma non appena il gioco finiva, tornava il piccolo ragazzino denutrito in balia di ricordi indelebili che lo facevano sentire come se i suoi aguzzini non lo avessero mai lasciato.
Ed ora quello stesso ragazzino aveva preso il posto di Cardia, e Millard sentì un tuffo al cuore nel constatare di quanto quegli occhi assomigliassero a quelli spauriti e disorientati del loro primo incontro, quando Cardia gli salvò la vita.
-Per favore, lascia andare quel ragazzo e risolviamo la cosa tra noi...- disse Millard.
Cardia era tutto un tremito e sentiva come se il sangue stesse per spillargli dalle orecchie. -Il tempo delle chiacchiere è finito...-.
-Credi davvero che mi limiterò a chiacchierare se continui a fare lo stronzo?-.

Cardia non rispose, non più certo di poter più contare sull'ascendente che aveva sul comandante: doveva andarsene di lì e il prima possibile.

Si sforzò di riprendere il controllo di sè, tornando con l'attenzione sul francese e il resto del corpo di polizia. Era madido di sudore e sentiva la camicia del suo ostaggio inumidirsi contro la sua canottiera ormai fradicia, mentre riprendeva a camminare lungo il corridoio. Gli occhi avevano ritrovato la loro folle determinazione mentre riprendeva ad ammonire gli agenti: -Ora noi ce ne andiamo di qui, e se qualcuno prova ad uscire da questa cazzo di centrale mentre siamo fuori, sparo al francese!- e per calcare le proprie parole, battè diverse volte la bocca della pistola contro la tempia di Degel, che gemette contrariato.
I poliziotti si guardarono tra loro interdetti e il comandante fece loro cenno di lasciarli andare con un'occhiata che brillava di risolutezza.
-Pazienza, una volta fuori non andrà lontano, abbiamo alte possibilità di riacciuffarlo.-.

***

Cardia non impiegò molto a svoltare l'angolo ed uscire dalla linea di vista dei poliziotti, poi, dopo essersi assicurato che per il momento non era loro intenzione seguirlo, si voltò in direzione dell'uscita e diede uno strattone a Degel per fargli capire che era ora di darsi una mossa. Lo teneva ancora con la catena delle manette attorno al collo e non si decideva a togliergli la pistola dalla testa, e Degel fece molta fatica a correre in quel modo e riuscire a stargli dietro; Inciampò due o tre volte, ma quel ragazzo stava dimostrando di non avere solo aria in quelle grosse braccia, e riusciva a sorreggerlo come se avesse il peso di una piuma.
Cardia andava spedito per i corridoi e non si fermò neanche una volta per fare mente locale su quale fosse la direzione giusta da prendere, come se già si fosse preso la premura di memorizzare la strada quando lo avevano condotto in cella.
Probabilmente aveva già macchinato di evadere da qui ancor prima di metterci piede.. pensò Degel ..Chissà che felicità deve avergli dato il vedere che dentro la cella c'era qualcuno che gli avrebbe reso più facile la cosa.
Durante la breve fuga non incontrarono nessun agente, poichè evidentemente tutti impegnati a far fronte all'emergenza nei pressi della cella, e ci vollero pochi secondi per ritrovarsi davanti agli occhi l'uscita; Degel potè giurare di sentire il cuore di Cardia battere con così tanta frenesia da sembrare sul punto di scoppiare.
Una volta fuori, fu costretto a fermarsi di colpo, trattenuto dall'altro, perchè si ritrovarono davanti una dozzina di poliziotti armati che accerchiavano il perimetro dell'uscita e li stavano tenendo sotto tiro.

Cardia bestemmiò a dentri stretti.
Stava andando tutto liscio ed ecco che proprio quando credeva di esserne fuori si era presentato l'ennesimo problema. Doveva sbrigarsi o il resto degli agenti -quelli che erano rimasti dentro- lo avrebbe raggiunto in poco tempo e così si sarebbe trovato circondato, in pieno svantaggio e con un'unica alternativa: arrendersi.
Piuttosto mi ammazzo. Pensò.
Lasciò passare qualche secondo senza fare nulla, come fosse in attesa di qualcosa, e proprio quando stava ormai dandosi per vinto, un rumore che identificò senza difficoltà raggiunse le sue orecchie e gli donò una scarica di eccitazione: una Ford Mustang modificata arancione e gialla si stava avvicinando a tutta potenza, e di quella macchina, con quelle caratteristiche, ce ne era una sola in tutta Los Angeles.
-Jorge...- mentre Cardia sussurrava quel nome, tutti gli agenti furono costretti a spostare l' attenzione alle loro spalle, verso un'auto in corsa che dava tutta l'impressione di volerli investire in pieno. Cosa che effettivamente sarebbe successa se quelli presi di mira non avessero rotto la formazione per salvarsi la pelle, permettendo così alla macchina di entrare nel perimetro che stavano circondando ed inchiodare proprio davanti a Cardia, diffondendo nell'aria un odore acre di pneumatici.
-Sei in ritardo!- fece il ragazzo abbandonandosi ad una risata di sollievo.
-Muovi il culo e chiudi la bocca, Cardia!- ribattè Jorge agitando un braccio fuori dal finestrino abbassato e, prima che i poliziotti presero a sparare contro l'autovettura, Cardia aveva già spintonato Degel e si era buttato assieme a lui nel sedile posteriore dell'auto. Jorge allora partì a tutto gas sgommando sull'asfalto e in un battito di ciglia furono abbastanza distanti dal blocco per considerarsi fuori tiro e potersi concedere un respiro di sollievo. Quasi tutti, almeno.
-Non respiro...- rantolò infatti Degel schiacciato dal petto di Cardia, il quale non si era fatto troppi problemi a cadergli sopra per entrare in fretta nell'auto; lui grugnì con una smorfia e si sollevò dal francese in tutta calma, per poi buttare un occhio al vetro posteriore: qualche auto aveva preso ad inseguirli, ma con il vantaggio che avevano non sarebbe stato difficile seminarle in fretta.
-Ti devo un favore, Jorge...-.
-E siamo a quanto..? Dieci a zero per me?- ridacchiò il ragazzo mentre alternava la concentrazione tra la strada davanti e lo specchietto retrovisore.  -Ma il piano non prevedeva che tu portassi un ospite.-.
Il piano? Era tutto progettato sin dall'inizio pensò Degel, il quale aveva da poco ripreso fiato ed aveva rizzato la schiena ...Tutto tranne il mio aiuto... e come diavolo pensava di uscire da lì senza un ostaggio? Scosse la testa, imponendosi di non perdersi in attività cerebrali che in quel momento erano del tutto inutili, e volse lo sguardo verso il ragazzo alla guida: Jorge -così lo aveva chiamato Cardia- aveva capelli nerissimi, tagliati corti, e la pelle mulatta; gli occhi che Degel vedeva riflessi sullo specchietto retrovisore erano grandi e dello stesso colore dei capelli. Doveva avere un bel po' di sangue del sud, come suggeriva pure il suo accento esotico.
-Questo francese qui mi ha reso le cose decisamente più facili, aspetta di sentire la storia.- ammiccò Cardia.
-Francese?!- Jorge ripetè con disappunto l'unica parola che sembrava aver attirato la sua attenzione -Allora hai fatto bene a fargliela fare un po' addosso!- ridacchiò poi, riferendosi evidentemente alla bruttissima cera dello studente.
Degel pensò bene di non ribattere, perchè stare lì da solo con due criminali non poteva dirsi di certo la più rosea delle situazioni, nonostante stesse morendo dalla voglia di mandarli a quel paese, prendere la pistola che Cardia stava ancora tenendo in mano e sparare ad entrambi. O almeno fare qualcosa di meno drastico e penalmente punibile, ma che avrebbe rallentato la corsa e dato modo alla polizia di raggiungerli, perchè se le cose continuavano così, per i buoni ci sarebbe stato poco da fare. A convincerlo di questo era proprio l'incredibile abilità alla guida di Jorge, che si stava esibendo in robe che Degel pensava che avrebbe visto sempre e solo nei film, come pericolose curve in derapata, slalom e sorpassi in mezzo al traffico a velocità parecchio oltre i limiti consentiti.
-Niente scherzi, principessa.- come ad avergli letto nel pensiero, Cardia si era sporto verso di lui e gli aveva sussurrato quella minaccia all'orecchio, la voce roca e calda, come un serpente sul punto di ipnotizzare la preda. -Stai buono qui senza dare fastidio, così posso pensare a cosa fare di te una volta fuori dalla merda, mh?-.
Degel deglutì saliva che non aveva, ma non esitò nel fissarlo con occhi determinati che ce la stavano mettendo tutta per nascondere il suo disagio.
-Dov'è la macchina?- domandò allora Cardia a Jorge, facendosi avanti col torace e appoggiando gli avambracci sulle spalliere dei sedili davanti.
-A due isolati da qui, l'ho nascosta per bene...- rispose lui.
Degel non capiva, e nemmeno tentava di sforzarsi ora che gli era esplosa un'emicrania pazzesca.
Cardia sbuffò contrariato e alzò i polsi per mostrare le manette che ancora li tenevano imprigionati: -E come faccio con queste?-.
Jorge sterzò di colpo per imboccare una traversa, imprecando contro una volante che stava guadagnando terreno. -Vete a la verga* Cardia devo pensare a tutto io?! C'è qualcosa qui sotto il mio sedile che puoi usare!-.
Degel, che era seduto proprio dietro Jorge, si ritrovò in men che non si dica con Cardia chino sopra le sue gambe che si affrettava ad afferrare a terra un paio di grosse tenaglie.
-E con queste che ci fai?!- Cardia si rizzò su -con grande sollievo dello studente- e si mise al lavoro per liberarsi.
-Le ho portate per te, ojete**! Ora muoviti a liberarti che siamo quasi arrivati.-.
A quel punto, osservando Cardia intendo a liberarsi, Degel non si trattenne nel lanciargli un'occhiata che aveva un che di supplichevole, portando poi lo sguardo sulle proprie manette, come una muta richiesta.
-Niente da fare...- ridacchiò lui, non senza una punta di sadismo nella voce -...tu le tieni ancora per un po'.-.
Degel serrò le mascelle, frustrato e con lo stomaco che si contorceva di rabbia repressa.

***

Jorge riuscì in breve tempo a sparire dalla vista delle volanti grazie anche a vari percorsi alternativi e manovre per niente sicure che fecero balzare il cuore in gola al povero Degel davvero troppe volte. Poi, dopo quella che a lui sembrò un'eternità, imboccarono un vicolo buio e strettissimo, e si meravigliò di come il messicano fosse riuscito a sterzare così bruscamente senza perdere il controllo dell'auto, ed entrarvi a quella velocità senza nemmeno graffiare la vettura. Alla fine frenò proprio accanto a quella che sembrava un auto coperta da un tendone pesante.
-La targa?- fece Cardia uscendo dall'auto, ormai libero dalle manette, infilando la pistola tra la cintura e i pantaloni, contro il proprio fianco.
-Uguale anche quella.- ammiccò Jorge, mentre faceva ruggire a folle la Mustang per mandare il motore su di giri.
Cardia tolse allora il tendone e un'auto identica a quella di Jorge si rivelò agli occhi di Degel, il quale finalmente iniziò a capire.
-Io torno in strada da qui...- continuò Jorge -... e tu uscirai dall'altra parte del vicolo.-.
-So quello che devo fare.- tagliò corto Cardia mentre contemplava soddisfatto la copia della macchina di Jorge.
Degel fece per aprire lo sportello, ma prima che potesse tirare la maniglia Cardia lo precedette e lo afferrò con forza per il braccio. Rise. -Dove credi di andare tu?-.
 Il francese respirò profondamente: -Hai finito con me, ormai non ti servo più, no?-. Non aveva paura di imporsi, aveva deciso di rischiare, ora che non ce la faceva più ad essere il giocattolo di quel Vin Diesel da due soldi, ma solo dopo aver concluso si rese conto dell'assurdità di ciò che aveva appena detto.
A quelle parole, infatti, Cardia tornò a ridere di gusto, gettando il capo all'indietro: -Come no! Così la prima cosa che farai sarà correre con quelle tue gambette dalla polizia e soffiare a tutti il nostro piano!- sarcastico, non mancò di simulare l'azione muovendo freneticamente indice e medio della mano.
Quella baguette lo divertiva, questo doveva ammetterlo, e ormai ci stava provando gusto a portarselo in giro e godere ogni volta di quella faccia spaurita. Ma per quanto l'idea di continuare a dargli fastidio lo allettasse, doveva muoversi o tutto sarebbe andato a puttane. Allora, senza perdere altro tempo, lo tirò a sè e lo costrinse a scendere.
-Le chiavi e il cellulare sono dentro, cerca di non farti prendere o vengo in prigione e ti spacco il culo!- esclamò Jorge prima di fare retromarcia e reimmettersi nella strada principale.
-Pinche ojete***!- gli gridò dietro Cardia nella sua lingua, sorridendo e tenendo ancora stretto il braccio di Degel.
-Lasciami!- sbottò quest'ultimo cercando invano di liberarsi.
-Ma come, vuoi lasciarmi?- lo prese in giro Cardia mettendo su un finto quando ridicolo broncio -...Proprio adesso che arriva il bello!-.
Chissà perchè, a Degel quelle parole non lasciavano presagire niente di buono: stava cominciando ad inquadrare quel tizio, e aveva capito che quello che per lui era "bello", in realtà era qualcosa di molto vicino al suicidio.
-Qui, così posso tenerti d'occhio.- disse quindi l'americano costringendolo a salire sul sedile davanti, e di corsa andò a prendere il posto al volante, mise in moto, accese lo stereo e partì a tutta velocità nella direzione opposta rispetto a quella che aveva preso Jorge.
Degel era un fascio di nervi. Finchè Cardia fosse stato impegnato a disfarsi della polizia, lui sarebbe stato al sicuro, ma dopo? Dove lo avrebbe portato, cosa gli avrebbero fatto lui e la sua ipotetica banda di fuori di testa? Già si vedeva a marcire dentro un cassonetto dell'immondizia con cinque o sei buchi di proiettile sparsi in tutto il corpo, oppure mangiucchiato dai topi nelle fogne cittadine, o forse aveva visto troppe puntate di C.S.I. e doveva piantarla di farsi prendere dal panico prima del dovuto.
Ma una cosa era certa: se Degel Arnaud avesse creduto in qualche Dio, lo avrebbe di sicuro pregato affinchè la polizia li avesse acciuffati il prima possibile.

Cardia si mise in strada e sembrava seguire un tragitto preciso, come se avesse una meta.
Per di più, il piano sembrava funzionare a meraviglia: Jorge fu bravo a tenere le volanti occupate al suo seguito e, da quello che Degel sentì dalle brevi conversazioni al cellulare tra lui e Cardia, si era allontanato abbastanza dalla loro zona da permettere al compagno di percorrere un bel po' di strada completamente indisturbati; infatti, quando le pattuglie sparse per la città che Cardia non riuscì ad evitare informarono i loro colleghi che dell'auto che stavano inseguendo ne esisteva una gemella, per loro era troppo tardi per recuperare il terreno perso.
-Sembra proprio che gliela stiamo facendo, a quei fottutti sbirri!- esclamò Cardia gonfio di soddisfazione, le parole che si mischiavano a quelle di "Ace of spades" dei Motorhead rigettate dallo stereo.
-Non mettermi in mezzo!- sbottò allora Degel, urlando per sovrastare il rombo del motore e lo stereo a volume altissimo, e staccando gli occhi dalla  strada per portarli sul ragazzo lì vicino. Troppo preso dagli avvenimenti e poi dalla corsa che gli stava raggelando il sangue, era la prima volta che si ritrovava a guardare quel ragazzo dopo che si erano parlati nella cella: Cardia aveva tutti i muscoli in tensione, la pelle lucida di sudore, una mano sul cambio e una sul volante. Era come se quello fosse il suo posto, quello e nessun altro. Se Jorge lo aveva stupito per la sua abilità nello sfrecciare veloce tra stradine strette ed ostacoli impossibili, Cardia lo stava lasciando letteralmente a bocca aperta: non credeva che potessere esistere qualcuno sulla Terra in grado di guidare così, sembrava essere venuto al mondo solo per stare in una macchina, con la sua guida spericolata, ma al contempo incredibilmente fluida, con quell'eccezionale controllo che aveva nel tenere la strada e l'istinto che lo portava a sterzare, frenare o accelerare con la giusta intensità e proprio nell'attimo perfetto.  Era come se fosse talmente sicuro delle proprie mirabolanti abilità da escludere la possibilità di qualsiasi tipo di incidente, ma convenuto che una cosa del genere si adattava ad una personalità più razionale e accorta come la propria, Degel ammise che la spiegazione che calzava meglio a Cardia, anche considerando le sue azioni precedenti, era che lui non sembrava avere il minimo timore del pericolo, forse addirittura della morte. Glielo leggeva in quello sguardo privo di logica che pareva azzannare tutto ciò su cui si posava, in quelle labbra increspate in una smorfia mista di eccitazione e compiacimento; ci passava la lingua ad ogni curva, come se stesse gustando un piatto di cui andava matto.

Dal canto suo, Cardia non si era accorto degli occhi indagatori di Degel su di sè; e come avrebbe potuto, ora che l'adrenalina gli scorreva in corpo irrorandogli di piacere ogni fibra del suo essere. Anche se quella macchina non era nemmeno lontanamente paragonabile alla sua principessa, il ragazzo era rimasto piacevolmente colpito di come la crew fosse riuscita in così poco tempo a trasformare una delle Mustang del Garage in una copia (almeno esteriormente) di quella di Jorge. Era anche piacevole da gestire: il motore era settato quasi alla perfezione, le sospensioni erano rigidissime e sembrava che avessero addirittura installato un turbo che aveva tutta l'aria di essere un signor TD04.
Faceva tanto caldo da annebbiargli la vista (o forse era il suo corpo che scottava?), ma conosceva quelle strade come le proprie tasche e l'istinto, come sempre, faceva da padrone.

Si allontanarono così dal centro città e Degel notò che si stavano dirigendo verso una zona di periferia che sapeva di sud: scritte in messicano, fast food di taco e prostitute dalla carnagione olivastra. Aveva letto una volta del quartiere messicano di Los Angeles, El Pueblo, che era ciò che rimaneva dell'anima messicana di Los Angeles, quasi una sorta di confine ideale fra le due culture che si erano inevitabilmente intersecate fra loro, ma quella zona si trovava nel centro storico della città, cosa che non era di certo il posto alquanto malfamato in cui si stavano addentrando.
Attraversarono veloci una grande piazza, frutto dell'incrocio di due vie principali, e nonostante fosse completamente disorientato, lo studente capì che il viaggio stava volgendo al termine quando la guida di Cardia si fece meno frenetica, e soltanto allora lui gli concesse un po' della sua attenzione: -Cosa devo farne di te, adesso?- la voce profonda e gutturale lo faceva sembrare un predatore affamato, tanto che Degel fu scosso da un tremito, sentendosi davvero come in balia di una bestia.
Deglutì. -E' da quando mi hai spinto in questa macchina che ci pensi e ancora non ti è venuto in mente nulla?-.
Cardia rise di gusto. Lo divertiva da morire come quel ragazzo riuscisse ad essere irriverente anche quando stava tremando come una foglia. Doveva ammettere che era rimasto molto stupito da quello che di primo acchitto aveva giudicato come un francesino dalla puzza sotto il naso, che se la sarebbe fatta addosso ad ogni sua occhiataccia; la puzza sotto il naso ce l'aveva, sì, ma il coraggio e una buona dose di faccia tosta non gli mancavano affatto.
Decise allora di non rispondergli, di far sì che quello godesse un po' del suo piccolo successo, perchè tanto la sua rivincita se la sarebbe presa di lì a poco.
Degel però capiva perfettamente la situazione e sapeva che il silenzio dell'altro non era affatto da celebrare come una vittoria personale; sospirò, guardando fuori dal finestrino, e per un momento i pensieri andarono inspiegabilmente a sua sorella, ma fu subito costretto a tornare vigile dal suono di una sirena che sembrava avvicinarsi sempre più.
-Merda!-. ringhiò Cardia battendò il pugno sul volante, prima di tornare a schiacciare l'acceleratore e riprendere la corsa sfrenata.
Degel si agitò, cercando di capire da quale direzione potesse provenire il suono, quando questo all'improvviso si zittì; allora istintivamente cercò lo sguardo dell'altro ragazzo, il quale stava biascicando tra sè e sè in americano stretto qualcosa che Degel interpretò come imprecazioni e parolacce varie.  

Cardia sapeva bene cosa stava succedendo, non era la prima volta che gli sbirri ricorrevano a quel metodo: disattivavano le sirene, così da confondere il bersaglio riguardo la loro posizione, e continuare l'inseguimento con le loro diavolerie satellitari, per intercettare così il nemico al momento giusto senza che questo avesse avuto modo di capire il quando e il dove.
-Ah, figli di puttana, così mi fate divertire ancora di più!-.
Non senza un brivido di piacere, Cardia tornò nuovamente alla sua guida spericolata, costringendo Degel ad arpionarsi al proprio sedile ogni volta che ignorava un semaforo rosso, si gettava a capofitto in incroci più o meno trafficati o in qualsiasi altra cosa che diminuiva drasticamente le probabilità di farli uscire vivi da quell'avventura.
Dei poliziotti ancora nessuna traccia, ma non si poteva escludere il fatto che a quella volante se ne fossero aggiunte altre.
-Cercano di confonderci...- azzardò Degel, ma si rese contò troppo tardi di aver servito a Cardia il cibo su un piatto d'argento.
-..Ci?!- fece infatti lui, ridacchiando, e non perse occasione di scimmiottarlo, senza dimenticare ovviamente l'accento francese: -...Non mettermi in mezzo!-.
A quelle parole Degel sentì l'ira imporporargli le gote. -Pensa a guidare o farai schiantare quest'auto!- sbottò imbarazzato proprio un attimo dopo che Cardia ebbe evitato per un soffio un frontale con un furgoncino durante un sorpasso parecchio azzardato.
Per tutta risposta, l'Americano sterzò di colpo e la faccia di Degel andò dritta a sbattere contro il finestrino.
-Ti conviene abbassarlo, troppo caldo fa male, non lo sapevi?!- scoppiò a ridere Cardia, mentre riportava l'auto nella direzione giusta.
-Merde!- imprecò il francese massaggiandosi il naso. -L'hai fatto apposta, maledizione!-.

***

Non percorsero molta strada, che Degel, adocchiando lo specchietto, si ritrovò a gridare il nome di Cardia all'improvviso e indicò una volante che era appena sbucata da una stradina secondaria, proprio a una ventina di metri alle loro spalle.
-Ah! Ah!- esultò Cardia tirando fuori il braccio dal finestrino e alzando il dito medio, diretto agli inseguitori. -Hanno fatto male i conti e invece di sbucarci davanti eccoli lì a mangiare la mia merda!-.
Degel si morse la lingua. Perchè aveva avvertito il suo sequestratore del pericolo imminente? Certo, Cardia lo aveva sicuramente visto da sè o lo avrebbe scoperto in meno di un battito di ciglia, ma la gravità della cosa era proprio l'atto in sè, come se avesse voluto anche solo per un attimo ostacolare quelli che erano i suoi salvatori. Cercò di convincersi con tutto se stesso che il fatto che stesse giusto vivendo il momento più emozionante della sua vita non fosse una buona e lecita motivazione: lui non era fatto per cose del genere e prima la polizia lo avesse tirato fuori da quell'inferno, meglio sarebbe stato per tutti.
Dopo aver superato un negozio a luci rosse, Cardia prese la via di sinistra e prima che la volante potesse fare la stessa cosa, rallentò di colpo ed imboccò un vicoletto non illuminato, sparendo così dalla vista dei poliziotti, ed entrò, attraverso una saracinesca già alzata, nella più totale oscurità.
Un rumore metallico, fece intendere a Degel che la saracinesca alle loro spalle si stava abbassando, e l'idea di rimanere chiuso al buio con quel pazzo criminale non lo allettava neanche un po'.
Sentì Cardia lì vicino che apriva lo sportello e scendeva dall'auto; poco dopo, una lampadina al neon fece luce.
Degel si guardò attorno: erano in una specie di garage grande non più di una cinquantina di metri quadrati. Le pareti erano intonacate di bianco e l'"arredamento" consisteva solamente in qualche scaffale pieno di pezzi di ricambio e vari attrezzi da meccanico. Accanto a loro c'era poi un'ordinaria Crysler di colore nero, stranamente rimasta indenne dalle modifiche che Cardia e compagni si divertivano ad apportare alle loro vetture, come aveva avuto modo di notare dalle "eccentriche" macchine in cui era salito quella sera.
-Benvenuto in uno dei nostri nascondigli!- fece allora Cardia, allargando le braccia muscolose con fare sornione, mentre si allontanava dall'interruttore che evidentemente era andato a premere poco prima. -..Davvero utili quando serve da far sparire auto o seminare sbirri uscendo di qui dopo aver cambiato macchina. Ne abbiamo un po' sparsi per tutto il distretto, a prova di satellite.-.
Il fatto che quello gli stesse confidando i propri segreti professionali non fece che far preoccupare Degel ancora di più, perchè gli lasciava intendere una cosa come: "Ti dico tutto quello che mi pare, tanto quando ti ritroverai tre metri sotto terra o con i polmoni pieni dell'acqua dell' L.A. River col cavolo che potrai soffiarlo alla polizia".
-Beh?!- esclamò Cardia -Scendi da solo da quella macchina o devo venire ad aprirti lo sportello, principessa?-.
-Tu, brutto..- Degel rimosse dalla mente i vari scenari di morte che la stavano momentaneamente occupando e scese in fretta dall'auto, digrignando i denti, per raggiungere l'altro di gran carriera. -Chiamami così un'altra volta e...-
-..E?- lo interruppe l'americano, divertito, arrivandogli ad un alito di distanza dalla faccia. Era parecchio più alto di lui, per cui dovette chinare un po' il busto per raggiungerlo, e la sua stazza possente non faceva che rendere lo studente ancora più piccolo e indifeso al suo cospetto.
Degel rabbrividì.
Quegli occhi che erano sempre riusciti ad ammutolirlo, ora ce li aveva così vicini da sembrare di poterci entrare dentro, perchè erano di una profondità rara, ma che sconcertava per la sua vuota sconfinatezza. Cercare di capirli, di interpretare quella vacuità, era come dover risolvere un enigma.
Difficile dire cosa potesse esserci dietro tutte quelle fiamme che sembravano aver consumato ogni cosa, ma che nonostante questo, bruciavano ancora con violenza, come se per farlo non avessero bisogno che di loro stesse.
E insieme a tutto l'odio e la rabbia che Degel stava provando per quell'americano, non potè non essere investito da un moto di compassione per una persona che sembrava non essere mai stata grata alla vita. Si diede dello sciocco a pensare certe cose, a sciorinare conclusioni su un ragazzo che aveva conosciuto poco più di un'ora prima, e che probabilmente erano del tutto errate. Qualcosa però, come una flebile voce dentro di sè, gli suggeriva il contrario.
Fatto sta che di nuovo non fu in grado di reagire a quello sguardo e Cardia se ne accorse, perchè prese a ridacchiare scuotendo la testa.

Quanto a lui, si sentiva... bene. Le emozioni provate nell'ultimo paio d'ore lo avevano fatto sentire più vivo che mai. Poteva sentire ogni muscolo, ogni fibra del proprio corpo, irradiata da un assoluto senso di onnipotenza: i polmoni sembravano aver raddoppiato le loro dimensioni e ogni pensiero o movimento pareva andare al doppio della sua solita velocità... Nemmeno quando era fatto della coca di Bill si sentiva così.
Tutto era andato secondo i piani, anzi meglio, grazie alla sorpresa che aveva trovato dentro la cella. Gliel'aveva fatta a tutta la centrale di polizia, e il pensiero che fosse stato tutto così facile soprattutto perchè Millard non era riuscito ad essere padrone delle sue emozioni, lasciandosi coinvolgere emotivamente dalla faccenda, nemmeno gli passò per l'anticamera del cervello, tanto era il suo compiacimento per le gesta appena compiute.
Ora doveva solo uscire di lì con l'altra macchina e raggiungere la Base per complimentarsi con tutta la crew per il successo ottenuto, ed organizzare subito una bella corsa con amici e nemici per festeggiare.
E forse il giorno seguente avrebbe chiamato Paul per farsi tatuare questa vittoria, perchè tutti i ventidue tatuaggi che aveva sulla pelle avevano ciascuno un preciso significato: una vicenda da non dimenticare.
Era affezionato ad ognuno di loro, ma in particolar modo al grosso scorpione che aveva sull'avambraccio: il suo primo tatuaggio, che simboleggiava la sua prima vittoria in strada. La ricordava come se fosse successo il giorno prima, non c'era dettaglio che avesse dimenticato: il tifo dei ragazzi, le vibrazioni dell'auto, l'adrenalina della corsa. Decidere il soggetto del tatuaggio non era stata una cosa semplice, ma alla fine la scelta era caduta proprio su quel simbolo che più di tutti rimandava al suo triste passato. L'intento era quello di svuotare quello scorpione del suo tragico significato, per riempirlo di uno dei ricordi più belli e appaganti della sua vita.
Ora, quando guardava quello scorpione, riusciva a collegarlo solamente al se stesso in quanto street racer, in quanto leggenda delle strade di Los Angeles, e non in quanto Scorpio. Era riuscito ad annientare il potere negativo di quel simbolo facendone l'emblema della sua forza, perchè quando gli avversari vedevano in gara la famosa Viper blu elettrico con l'aerografia di uno scorpione d'orato sul cofano, già sapevano che sarebbe stato difficile, se non impossibile, sottrarle la vittoria.

Ma anche se i ricordi non lo tormentavano più assiduamente come un tempo, quello che aveva dentro era difficile da cancellare, e a ricordarglielo era stato, ironia della sorte, proprio Russ Millard.
Descrivere quello che Cardia provava per quell'uomo era difficile: anche se ce l'aveva messa tutta nell'apprezzare gli sforzi del poliziotto nel cercare di rimanergli il più possibile vicino dopo l'arresto della Viuda de Negro, non riusciva a togliersi dalla testa che per rispettare la sua promessa, Millard avrebbe potuto fare di più. Non gli aveva perdonato il fatto di non essere stato il padre di cui Cardia aveva avuto bisogno da quando, prima di prenderlo con sè, la Viuda de Negro aveva trucidato la sua famiglia davanti ai suoi occhi. Millard aveva giurato di proteggerlo, ma per motivi che Cardia non era mai riuscito a spiegarsi, questo si era realizzato solo in qualche visita e discussione con i servizi sociali affinchè venisse affidato alle famiglie migliori in circolazione. Famiglie in cui non rimaneva più di sei mesi a causa del suo comportamento ingestibile. Tante volte si era sentito dare del criminale o dell'indemoniato perchè sì, era un ragazzo difficile, ma in parte questo suo atteggiamento aveva sempre avuto uno scopo: persuadere Russ Millard che nessuna famiglia faceva per lui, perchè l'unico posto in cui il ragazzino avrebbe voluto stare era proprio accanto al poliziotto. Perchè quell'uomo riusciva a capirlo, perchè era l'unico che in lui aveva visto qualcosa di più che un fuoco distruttore, ed era stato proprio quell'uomo ad indirizzarlo verso quella che era stata ed era tutt'ora la sua via di fuga da tutta quella sofferenza e solitudine che lo accompagnavano ormai da parecchi anni.
E quando Millard aveva deciso di prenderlo con sè, era troppo tardi.
Ormai il suo scorpione lo aveva reso un'altra persona, una persona forte, senza paura alcuna, nemmeno quella della morte: quello che gli serviva per vivere era proprio farsi beffe della vita stessa.
Consumava i suoi giorni con ardore, consapevole che a causa del suo cuore malato non avrebbe vissuto a lungo, infischiandosene di qualsiasi conseguenza, facendo di tutto per non avere alcun rimpianto per quando fosse arrivato il suo momento.
Ma, in verità, chi avesse avuto capacità e coraggio di osservare quel ragazzo con occhio più attento, avrebbe capito che quello che lo rendeva così invincibile non era la forza, ma il vuoto.
Ogni cosa dentro di lui era stata consumata dalle fiamme, perchè se non c'era nulla, non c'era nemmeno posto per la tristezza. Ed era per riempire questo vuoto o, più probabilmente, per alimentare quelle fiamme che oramai non avevano più niente da bruciare, che le passioni forti, i piaceri carnali smisurati, erano diventati il suo pane quotidiano, il combustibile per il fuoco che lo faceva sentire, sebbene gli avesse tolto tutto, vivo.
E in quel momento lo era più che mai. Godeva perchè il cuore gli stava battendo in petto tanto forte da mandarlo in estasi, e più passavano i secondi e più la cosa lo faceva sentire... tremendamente bene, tremendamente vivo. Oramai era come se tutto il suo sangue gli stesse ribollendo nelle vene, pompato da battiti sempre più frenetici. Era la sensazione più bella del mondo, era...
...Faceva male.
Dapprima cominciò come una sensazione spiacevole, poi crebbe d'intensità, fino ad esplodere in violenti spasmi.
E il dolore cresceva, e sempre di più.
Conosceva bene quella sensazione.
E ogni volta trovava ironico quanto dolore potesse seguire il piacere estremo, a volte senza riuscire a percepirne lo stacco, tanto erano simili, proprio come se quel male fosse uno degli stadi finali e legittimi del piacere.
Si arpionò il petto, tirando la canottiera con le unghie: cercava aria, non respirava più. Quei polmoni, che prima sembravano poter contenere tutto l'ossigeno del mondo, ora erano come straccetti stropicciati. Si ritrovò ad annaspare, cercando l'aria che sembrava essere stata aspirata via dalla stanza, mentre il dolore lancinante cominciava ad irradiarsi dal petto al resto del corpo. Poi, si sentì cadere sulle ginocchia e la vista cominciò ad offuscarglisi.

Infine, al dolore si sostituì l'incoscienza.










Innanzitutto mi sento in dovere (questa cosa è diventata d'obbligo in ogni capitolo, ormai!) di scusarmi con chi sta seguendo la storia per il tremendo ritardo (manco voglio vederla la data dell'ultimo aggiornamento xD) con cui è arrivato questo capitolo. Sono desolata, ma ahimè ho davvero pochissimo tempo da dedicare alle mie fiction! :'(
Ringrazio chi sta tenendo duro e, nonostante tutto, ha ancora voglia di seguire questa storia: apprezzo davvero tantissimo, non potete capire quanto!
Per chi ci tiene particolarmente, poi, posso dire di avere pronta in testa già la struttura dei prossimi capitoli, e metterli per iscritto non ci vorrà molto :)
Di seguito, metto la traduzione delle parole (parolacce XD) in messicano:
*Vete a la verga: Vaffanculo/Vai a farti fottere.
**Ojete: stronzo.
***Pinche ojete: fottiti stronzo.

  
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