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Autore: Alyx    10/03/2013    5 recensioni
Camille non aveva mai pensato che cadere al di là di una sbarra le avrebbe procurato tanti problemi.
Non aveva mai pensato che la pazzia della sua migliore amica l'avrebbe fregata così.
Non aveva mai pensato, semplicemente, di innamorarsi di Louis Tomlinson.
***
Ecco perché aveva tanta fretta di andare all'aeroporto Alexis.
Due parole.
One Direction.
Ed ecco perché non me lo aveva detto: per quanto mi stessero simpatici quei tizi non avrei mai rinunciato alla mia dormita domenicana.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Are you brave enough? 

Capitolo 9 
A weird Saturday 



{Questo capitolo è per la mia Musa. Che mi fa pure le scenate di gelosia. ❤}


Mi lasciai cadere sulla sedia della mensa con un tonfo. Alexis alzò lo sguardo dal suo Iphone e mi guardò sconcertata.
-Come mai questo casino oggi? Di solito tratti le sedie come se fossero tuoi figli...
Sbuffai.
-Quell'arpia di Storia mi ha messo una nota di richiamo perchè "disturbavo altri studenti durante la sua lezione".
-Ovvero?
-Sbadigliavo insieme a Theresa, quella del gruppo di scienze.
-Ah! Lei! 
-Si.
-E ti ha dato una nota perchè sbadigliavi?- chiese scettica.
-Non riuscivo più a trattenermi. Sono arrivata persino a ficcarmi le unghie nella carne dei palmi delle mani!
Alex si portò alla bocca un boccone di pesce.
-Doveva essere terribilmente noiosa.
-Non hai idea quanto!
Scese per un attimo il silenzio tra noi due.
-Senti Camille...
Erano rare le volte che mi chiamava col nome interio e di solito lo faceva quando combinava un pasticcio.
-Cosa è successo stavolta?- le chiesi con un sospiro esasperato.
-Devo chiederti un favore enorme.
Annuii leggermente. -Illuminami.
-Dovresti parlare con Scott.- disse fissandomi negli occhi, seria.
Rabbrividii involontariamente.
-E perchè mai, di grazia?
-È... È l'unico che prende decentemente gli appunti nell'ora di Economia e ne ho un disperato bisogno. Tra due settimane devo fare l'esame e non ho ascoltato una singola parola.
Mi guardai in giro, quasi spaventata solo all'idea di incontrare lo sguardo di Scott.
Ma Alex era la mia migliore amica. E io dovevo venirne fuori da quella paura che mi artigliava sempre lo stomaco. Ero cresciuta, ero passata oltre, non contava più niente. Non doveva contare. 
Mi venne in mente quando, poco dopo aver capito quello che mi aveva fatto Scott -tradita e umiliata.- Alex era corsa da lui e gli aveva tirato uno schiaffo davanti a tutta la scuola, urlandogli -Questo è per quello che hai fatto alla mia migliore amica, stronzo!
Non poteva di certo ora tornare da lui e chiedergli gentilmente gli appunti di economia.
Ma io, io potevo?
-Non so Alexis, sai che...
-Gli ho dato dello stronzo e l'ho picchiato davanti a tutti. Odia più me che te, so che è un favore difficile, ma ne ho bisogno. Ti scongiuro.
Annuii stranamente determinata.
-Per oggi pomeriggio avrai i tuoi appunti, Alex.

***

Entrai in casa, sbattendo la porta dietro di me.
-Hiram!- chiamai.
Ma l'unico che mi venne incontro fu Thunder.
Poi scorsi Alexis in cucina, seduta davanti a una tazza di caffé, la testa tra le mani.
-Ho sbagliato. Ho sbagliato!- continuava a ripetere come un mantra. -Non dovevo chiederglielo. Non me lo perdonerò mai!
Solo allora notai mio fratello, appoggiato al lavandino, le braccia conserte.
Era in boxer e maglietta, tanto per cambiare, e guardava la mia amica con dolcezza. 
-Non preoccuparti, Al.- solo lui può chiamarla così. Se lo fanno gli altri è "un nome da maschio!" -Mia sorella ha le palle per affrontarlo, in caso le cose si mettessero male.
-Grazie per la fiducia, Alex.- interruppi allora entrando in cucina, seguita da uno scodinzolante Thunder, e sbattendole gli appunti sul tavolo.
Lei mi guardò con gli occhi spalancati.
-Coma hai fatto?
-Non è stato difficile. Ho fatto la gentile, lui me li ha dati semplicemente. Ha provato un po' a flirtare, ma niente di grave. L'ho gestito facilmente.
-Vedi?- disse mio fratello alzando i palmi al cielo. - Te l'avevo detto.
Sorrisi. -Grazie Hi.
Alexis si fiondò tra le mie braccia. 
-Grazie! Grazie! Grazie!
Bene. Ora dovevo solo dirle che Scott di era preso un pugno sul naso dopo i suoi tentativi accattivanti, e che molto probabilmente i suoi appunti avrebbe potuto anche tenerseli, col piccolo inconveniente che non ne avrebbe più avuti altri.

***

Sabato verso mezzogiorno cominciai a prepararmi.
Mi infilai i mei jeans preferiti che mi arrivavano al ginocchio, una felpa rossa e le mie All Star nere. Afferrai al volo il guinzaglio nuovo di Thunder e con un fischio lo chiamai mentre cercavo di infilarmi la giacca.
Appena lo ebbi legato chiamai Hiram.
-Hi! Esco!
-Va bene.- la sua voce mi giunse lontana, dalla sua camera al piano di sopra.
-Non mi chiedi dove vado?
-Non mi interessa!
-Perfetto! Esco con Thunder comunque!
-E chi è?
-Il cane, scemo! Non fare finta di niente!- gli urlai da sotto le scale.
-Vattene! Non drogarti, non fumare, non tornare tardi e usa il preservativo!
Mi scappò da ridere. -Tutte cose che tu non fai, no? 
Lo sentii mandarmi al diavolo.
Uscii scuotendo la testa.
Feci appena in tempo a uscire in strada che Thunder mi trascinò letteralmente verso il parco.

Sentii il cellulare suonare quando scorsi Louis che mi dava le spalle, pochi metri più in là.
Scoppiai a ridere come una matta. 
-Sono qui, Tomlinson!- urlai correndo verso di lui.
Louis si girò confuso e mi vide. Scosse la testa.
Volevo fermarmi. Davvero. Ma Thunder no.
Louis spalancò gli occhi allarmato, capendo quello che stava per succedere.
Per poco non cadde quando gli finii addosso.
Strinse le sue braccia intorno alla mia schiena urlando -Molla quel cane!
Feci quel che mi aveva detto e ridendo girai la faccia verso di lui.
Solo allora mi accorsi che le nostre bocche erano a pochi millimetri di distanza, tanto che sentivo il suo respiro tranquillo sulle mie labbra.
Abbassai subito il viso, nascondendomi nella sua spalla.
-Scusa.- borbottai. -Io e il cane ci siamo fatti prendere dall'eccitazione. Insomma!- continuai entusiasta allontanandomi da lui. -Guarda che cielo! C'è il sole! 
Louis sorrise.
E Dio, come sorrideva.
Mi venne voglia di baciarlo.
E, presa da un'irrefrenabile frenesia, lo feci davvero.
Gli stampai un bacio sulla guancia, forse troppo vicino alle labbra.
-Chiudi quella bocca! Diventerà un'autorimessa per mosche!- lo ripresi poi appena mi allontanai vedendo la sua espressione sconvolta.
-Questo... Questo che cos'era?
-Oh niente.- dissi alzando le spalle, cercando di calmare il mio cuore, che batteva forte e non solo per la corsa. -Oggi voglio bene a tutti. C'è il sole, una magnifica brezza mattutina e da quanto posso vedere, hai portato il pranzo. 
Louis rise di gusto quando, girando la testa nella mia stessa direzione, notò Thunder che scodinzolante, annusava interessato un cestino da pic-nic.
-E aggiungerei, se non ci sbrighiamo ad allontanare quell'aspirapolvere-canino dal nostro cibo, più tardi brucheremo come le mucche se avremo fame.
Louis, senza smettere di ridere -amavo il modo in cui lo faceva. Aveva un che di rilassante, rassicurante, familiare...- mi prese per mano scuotendo la testa e insieme, raggiungemmo il cane.
-Thunder!- lo richiamai, ammettiamolo, sorridendo come un ebete.
Lui non mi degnò di uno sguardo.
Lasciai di malavoglia la mano di Louis e afferrai velocemente il guinzaglio a penzoloni.
Mi voltai verso Louis. -Quindi che...- mi interruppi notando che aveva fatto una strana smorfia di dolore e si stava tenendo una mano sul fianco.
-Ehi? Che succede? Stai bene?- chiesi preoccupata.
Lui mi sorrise, come se non fosse successo niente.
-Tranquilla. Tutto bene.
Lo guardai dubbiosa ma lui era tornato tanto contento e sorridente che immaginai si fosse trattato di un piccolo acciacco.
-Allora, Cam? Prendiamo le bici?

***

Louis mi raggiunse leggermente affaticato.
Mi chiesi preoccupata perchè lo fosse, visto che il parco era tutto piuttosto pianeggiante e non andavo veloce per non lasciare indietro Thunder.
Mi affiancò, lo sguardo fisso davanti a se', troppo serio per i miei gusti.
-Louis, ehi. Sei sicuro di stare bene?
Louis annuì, rivolgendomi un sorriso, cercando di nascondere una nota di sofferenza.
-Si. Sono solo un po' stanco. 
Mi limitai ad annuire, poi girai verso una parte del giardino poco affollata, promettendo di tenerlo d'occhio.
Era piuttosto strano.
Scesi dalla bici pochi minuti dopo, chiamando a gran voce Thunder, corso avanti. Louis mi raggiunse trascinando la bicicletta a piedi, col fiatone. Feci finta di niente, e afferrai il cestino da pic-nic.
Scelsi una zona mezza ombreggiata, non volendo rinunciare al pallido sole che straordinariamente illuminava Londra.
Mangiai con gusto tre panini che a detta di Louis, aveva preparato Harry con le sue sante manine.
-Come facevi a sapere che ero vegetariana?- borbottai addentando un tramezzino al formaggio e verdure.
Louis, alle prese ancora con il suo primo mezzo panino, si strinse nelle spalle.
-Alexis ne ha parlato talmente tanto l'altro giorno. Aveva cominciato a dichiarare che sei "una pazza furiosa erbivora".- disse sforzando un sorriso.
Stetti un attimo in silenzio. 
-Sei strano. Sei sicuro di stare bene?
-Solo un po' di mal di stomaco. Stai tranquilla. 
Mi avvicinai a lui e gli poggiai una mano sulla fronte.
-Sei piuttosto caldo...- 
Louis scacciò la mia mano. 
-Ti ho detto di stare tranquilla. Va tutto bene... È lo stress.- disse infastidito.
Mi ritirai indietro, abbastanza offesa. -Non sto tranquilla. È troppo perfino per essere stress.- ribattai rigida.
Lui mi guardò sospirando e si addolcì.
-Davvero. Mi è già successo. L'aspirina fa miracoli. Domani starò benissimo.
Lanciai veloce uno sguardo al suo panino mezzo smangiucchiato.
-Non hai mangiato praticamente niente.
-Non ho fame. Ti ho detto che ho la nausea.
-Louis, sei malato. Torniamo a casa e chiamiamo un dottore.
-No.- sbottò. -Ho solo bisogno di un po' d'aria. E di un'aspirina dopo cena. 
Sospirai.
-Davvero, Cam. 
Mi limitai a succhiare un sorso di Coca dalla lattina, ancora molto scettica.
Quando finimmo -finii- di pranzare, decidemmo di stenderci mezz'oretta sul prato, prendendo un po' di sole e riposandoci.
Cercai di ignorare i gemiti di dolore poco trattenuti che ogni tanto si faceva sfuggire Louis, steso accanto a me, quando pensava che stessi dormendo.
-Basta. Dimmi che cos'hai!- ordinai ad un tratto alzandomi a sedere scoprendolo sofferente con una mano sullo stomaco, leggermente rannicchiato su se' stesso.
-Nausea.- disse flebile. 
-E?- lo esortai avvicinandomi e posandogli una mano sulla spalla.
-Dolore.
-Dove Louis?- chiesi allarmata.
-Al fianco. 
Poggiai le labbra sulla sua fronte leggermente sudata.
-Ma tu scotti. Fammi vedere il fianco.
Lui scosse la testa.
-Non fare storie. 
Louis liberò il suo ventre dalla presa, stringendo di più i denti.
Lo feci sdraiare meglio, completamente sulla schiena e piuttosto imbarazzata sollevai un angolo della maglietta. La sua pancia non aveva niente di strano.
Non che mi aspettassi il foro di un proiettile o chissà cosa.
-Chiamo un'ambulanza...- dissi preoccupata.
-No!- mi fermò lui poggiando una mano sulla mia, ancora posata sulla sua spalla. Ormai faceva fatica anche a parlare. E tremava. -Harry.- disse rigirandosi dalla parte opposta dove ero seduta io, assalito da dei conati.
Afferrai il suo cellulare dalla tasca dei pantaloni e cercai febbrilmente nelle ultime chiamate, cercando di non perderlo di vista.
Thunder intanto si era avvicinato e annusava piuttosto disgustato il vomito di Louis. Il poco panino che aveva mangiato era tutto per terra.
Il cellulare squillò a vuoto per alcuni secondi.
-Lou, amico mio. Sapevo non avresti resistito tanto senza chiamare.
-Harry! Harry! Sono Camille!
-Camille? Che...
-Vieni subito. Louis sta male.
-Cosa? Che cos'ha?!
-Febbre, nausea, brividi. Vieni subito!
-Ma dove siete? Louis non mi ha detto dove...
-A Hyde Park. Carriage Road. Prima del fiume. Muoviti!- interruppi di scatto la telefonata, e mi chinai vicino a Louis facendo uno sforzo enorme per cercare di aiutarlo mentre vomitava.
Sarà che ero rimasta traumatizzata da piccola, ma quando qualcuno stava male in quel modo, stavo male pure io al pensiero.
Mia madre mi aveva presa sempre in giro, dicendomi -Pensa a quando sarai incinta, Camille! Dovrai farci l'abitudine.
Io le rispondevo che non avrei fatto figli solo per questo.
Porsi un tovagliolo di carta a Louis e dolcemente gli dissi di alzarsi. Dovevamo solo fare un centinaio di metri, verso la strada.
Mentre lui tenendosi lo stomaco faceva quello che gli era stato detto, afferrai Thunder e legai il guinzaglio ai passanti dei pantaloni.
Allora mi affiancai a Louis e gli feci passare una mano sulla mia vita, mettendo l'altra sulle mie spalle.
-Solo un piccolo sforzo, Louis. Harry sta arrivando. Dobbiamo andare verso la strada...
Fece per annuire ma fu interrotto dall'ennesimo conato.
Non vomitò niente questa volta. Forse il suo stomaco aveva capito che non era rimasto più nulla e andando avanti così avrebbe rimesso cuore e polmoni.
Cominciai piano a camminare, facendo da stampella a Louis che ogni due passi voleva solo fermarsi.
Aveva il fiato corto e faceva fatica a respirare, la fronte imperlata di sudore e stringeva denti e occhi per il dolore che gli attanagliava il fianco destro.
-Per Dio! Da quanto va avanti tutto questo?!
Lui cercò di prendere un respiro profondo, ma quello che ne venne fuori fu un altro conato. E questa volta uscì ancora qualcosa.
-Una settimana.- disse fiocamente. -Un dolore... Pensavo...- un colpo di tosse che si trasformò in un conato. -...Niente di grave!
Lo sentii tremare contro il mio corpo e se non ci fosse stata l'adrenalina a tenermi sveglia, sarei svenuta dalla paura.
-Di questo ne parliamo dopo! Ancora un ultimo sforzo. Ci siamo quasi, Louis. 
Lo feci appoggiare a un albero sul ciglio della strada.
-Vado a vedere se è arrivato Harry...- dissi facendo per andarmene. Lui mi afferrò violentemente il polso. -No!- urlò col poco fiato che aveva. -Non lasciarmi... da solo.
Lo guardai con gli occhi spalancati. 
Senza il suo sorriso che gli illuminava il viso, sembrava più vecchio, non più un Peter Pan, un eterno bambino, dimostrava con orgoglio i suoi 22 anni. Tuttavia aveva comunque lo sguardo terrorizzato di un bambino, spaventato all'idea di rimanere solo.
Istintivamente lo abbracciai, cercando di non stringerlo troppo per non fargli male, accarezzandogli i capelli.
-Certo, certo che non ti lascio. Tranquillo.
Dovette sciogliersi dal mio abbraccio assalito dalla nausea. Si portò le mani sulla pancia, piegandosi in due e vomitando non so bene cosa, visto lo stomaco vuoto che si ritrovava.
-Louis!- lo chiamai allarmata, tirando indietro Thunder e avvicinandomi per posargli una mano sulla spalla.
Mi guardai attorno per i successivi dieci minuti cercando di tranquillizzarlo.
I dieci minuti più lunghi e angoscianti della mia vita.
Quando intravidi la macchina con la quale Zayn aveva riportato a casa me e Alexis la settimana precedente, Louis aveva finalmente smesso di vomitare, ma continuava a rabbrividire, imprecare e gemere dal dolore, sudare freddo e i conati non accennavano a fermarsi.
Mi sbracciai anche se Harry aveva già messo la freccia per accostare verso di noi.
Scese dal sedile senza chiudere la portiera e spegnere la macchina, e mi raggiunse.
Prendemmo ciascuno da un lato il suo migliore amico e lo trascinammo verso il veicolo.
Lo lasciai solo quando fummo a pochi metri e corsi a fare salire Thunder nel baule, poi salii nel sedile posteriore dalla parte opposta di Harry e insieme facemmo stendere Louis, con la testa poggiata sulle mie gambe.
Harry mise in moto e si allacciò la cintura mentre guidava.
-Andiamo al pronto soccorso. Ora.- decise il riccio.
Louis gemette di sconforto.
-Non ti lamentare, Tomlinson. Sto morendo di paura per colpa tua.- fece la retro e riprese a guidare, scommetto superando il limite consentito.
Attraversammo il parco nel giro di pochi minuti mirando all'ospedale più vicino, il Royal Marsden.
Stare sdraiato non sembrava far stare meglio Louis che continuava ad agitarsi.
Harry inchiodò a un semaforo rosso facendo gemere Louis.
-Dio Santo! Lou, calmati. Siamo quasi arrivati!- imprecò battendo una mano sul volante.
Louis aprì la bocca per dire qualcosa ma fu interrotto da un altro conato. 
Mi sentii il pranzo risalirmi l'esofago ma cercai di mostrami tranquilla mentre accarezzavo il ciuffo corto del ragazzo.
-La tua mano...- sussurrò fissandomi, gli occhi lucidi forse di lacrime trattenute. -... trema.
Me ne accorsi solo in quel momento. -Shh.- dissi strofinandomela sulla gamba. -Io sto bene. Tranquillo.
Louis chiuse gli occhi serrando la mano intrecciata alla mia. -Grazie.
Stupita sussurrai un altro flebile -Shh.
-Mi piace... vederti preoccupata. Per me. 
-Razza di idiota. Ti dovrebbe piacere qualcosa d'altro!- inveii. -Non chiudere gli occhi, Louis. Non...- deglutii rumorosamente. -Non farlo. 
Sentii le sue spalle rilassarsi contro di me. -È... Così bello dormire.- delirò. -Niente... dolore.
-Louis!- alzai la testa verso di Harry. -Harry, sta...
-Ci siamo quasi! Devi resistere, amico! Apri quegli stupidi occhi!- inveì agitato il riccio.
Louis abbozzò un sorriso al limite dell'incoscienza. -Mi piacciono i tuoi occhi, Camille.
Non potei avvitare di arrossire. -Sì, sì. Anche a me piacciono i tuoi, Louis.- mi ripresi poi, sentendo comunque le guance in fiamme. -Ragione in più per non chiuderli no?- tentai.
Louis sbatté le palpebre, aprendole solo per qualche secondo. -Sei arrossita.- disse in un soffio, sorridendo debolmente.
Gli strinsi la mano, sentendola molle nella mia. Senza accorgermene una lacrima cadde sulla sua spalla.
-Sì.- dissi con voce rotta. -Ma...
-Sono... qui. Non piangere... Sto bene.
Furono le ultime parole che disse, prima di abbandonarsi sui sedili posteriori della macchina proprio un minuto prima che Harry entrasse in ospedale.
Continuai a chiamarlo disperatamente, cercando di trattenere le lacrime.
Non lo abbandonai nemmeno quando Harry balzò fuori dalla macchina, precipitandosi a chiamare dei dottori. Dopo pochissimo dei camici bianchi corsero verso di noi con una barella. Mi fecero allontanare con violenza, e lo portarono via.
Tra le lacrime Louis sparì dalla mia vista, e Harry mi si avvicinò stringendomi in un abbraccio.







Angolo dell'Autrice: 
Ta-dan! 
Viva la depressione! Ahahah. 
No, okay. Non ho intenzione di farlo morire. Sarebbe un tale spreco. :3
Niente, mi piace questo capitolo perché mi riesce particolarmente bene scrivere cose tragiche :)

Ora, due comunicazioni di servizio *avviso alla gentile clientela*

Domenica prossima io parto per la Francia (Yeah!) a una cosa come le 6.45 del mattino (sigh.), e non credo proprio che riuscirò ad aggiornare. 
Tornerò il lunedì sera della settimana seguente, quindi in pratica starò ferma ancora per due domeniche. 
Ma se in qualche modo dovessi riuscire a fare qualcosa, ve ne accorgerete. 
Mi dispiace visto che è successo lo stesso due settimane fa, ma c'est la vie. :)

Sappiate che appena posso, aggiorno. Ve lo prometto. 

Ora, seconda comunicazione, molto meno importante.
Questa settimana ho pubblicato una OS tanto carina e smielata (ahaha okay, anche un pochino tragica lo ammetto) su Justin Bieber.
Ora, premesso che adoro alla follia quel ragazzo e che i giornalisti gliene stanno urlando contro di tutti i colori e rigirano le cose a loro piacimento ("lamentele da parte dei fan" quando su Twitter le beliebers fanno trend come Smile, Justin) -no scusate ma mi incazzo troppo quando fanno così, e che cazzo!- .....
Ho perso il filo del discorso. Comunque, non so molto di lui e non sono una belieber, ma mi sentivo ispirata divinamente e quindi okay. 
La fanfiction si chiama Da morire. (vi metto il link sul titolo) e se c'è qualche sua fan che mi segue, va be, ve lo volevo fare sapere. 

Basta ho finito. 
Grazie mille per le recensioni :D ero già preoccupata di essere stata dimenticata nello scorso capitolo ahaha. 
Vado a fare colazione (all'alba di venti a mezzogiorno) e poi vi rispondo :D

Un bacione a tutti e spero a presto (in qualche modo.)
Vi voglio bene ❤
Ali



   
 
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