Tutto sembrava finito.
Nell’ultima pagina del Libro degli Elementi di Jonathan Ludmoore era stata messa
la parole “Fine”, affinchè nessuno potesse cambiare quello che era stato, e fare
sì che uno dei più terribili nemici mai affrontati ritornasse.
Le lacrime scendevano degli occhi di Orube: nonostante la vittoria, aveva perso
Cedric, l’nica persona che l’avesse mai compresa…
Ma lei sentiva ancora una voce remota che la chiamava, in cerca di aiuto… Era
solo immaginazione? Orube non sapeva più nulla, non era certa di nulla ormai. Ma
i suoi sensi acuti le suggerivano di rimanere all’erta.
Almeno di qualcosa non doveva più preoccuparsi: il perfido Jonathan Ludmoore era
stato sconfitto una volta per tutte, tramutato in nero, inanimato inchiostro. Ma
Cedric… aveva fatto la sua stessa fine.
La ragazza ripensò a come l’alchimista metamondese, da secoli chiuso dentro al
libro, era stato finalmente distrutto: Matt aveva scritto il suo nome su una
pagina del libro e poi, con decisione, l’aveva cancellato con una riga. Così il
suo nome era scomparso da tutti i capitoli precedenti, come il vero Ludmoore.
Cedric però non si era dissolto per lo stesso motivo, ma per una ferita inferta
dallo stesso Ludmoore; il suo nome non era stato cancellato.
Orube cominciava a capire…
Forse Cedric non era stato cancellato definitivamente, ma, come in un sogno, era
soltanto scomparso lasciando dietro di sé una traccia della sua presenza.
Lei non sapeva se la sua teoria fosse fondata o meno, ma era sicura che Ludmoore
fosse ormai morto; quindi, se c’era una speranza di riavere Cedric, doveva
tentare.
Teneva ancora il libro tra le mani. Le ragazze gliel’avevano lasciato: sapevano
che era l’unica cosa che le era rimasta dell’uomo che amava.
Ormai la guerriera aveva deciso; doveva tentare. Prese un foglio e in fretta
scrisse “Sto bene. Sono andata nel solo posto dove c’è la mia unica speranza.
Non seguitemi per nessun motivo. Orube”.
Lo lasciò in vista sul bancone della libreria, poi appoggiò in fretta il libro
sul tavolo e lo aprì. Sapeva di non poter modificare i capitoli già scritti, ma
era convinta di poterne scrivere uno nuovo…
“Epilogo”, scrisse in una pagina vuota, con la sua calligrafia sottile e
minuta.
“Orube aveva riaperto il libro, decisa a dettare il capitolo definitivo.
Appena ebbe scritto le prime parole, venne inglobata dal libro, come era
accaduto la prima volta…”
Subito quello che aveva scritto si avverò: tenne il libro e la penna stretti al
petto, mentre veniva trasportata in una dimensione parallela.
Quando aprì gli occhi era nella caverna dove si era svolto l’ultimo scontro con
Ludmoore. Tutto era stranamente calmo. L’acqua gocciolava nelle pozzanghere, e
si sentiva il mare mosso scrosciare con grandi onde che si abbattevano sulla
spiaggia.
Ma qualcosa la inquietava, una strana sensazione di nodo alla gola, come se
qualcuno la stesse osservando.
Aveva ancora in mano i due preziosi oggetti: era strano, come aveva già potuto
notare con le ragazze, che il libro rimanesse intatto pur essendo al suo
interno… Ma era un paradosso che non interessava a Orube, soprattutto in quel
momento.
La ragazza camminò a passo incerto, non sapendo dove andare. Non era sicura di
dover scrivere, non sapeva quali parole avrebbe dovuto mettere su carta per
ritrovare Cedric…
Avrebbe dovuto trovarlo da sola.
Vide che nella grotta c’era ancora la clessidra dov’era stato rinchiuso Matt
mentre riscriveva il corso degli eventi. La sabbia scorreva ancora, piano, in
piccoli granelli bianchi, e si potevano ancora osservare alcune immagini al suo
interno. Come la prima volta le immagini avevano riguardato la vita di Matt, ora
riguardavano quella di Orube, focalizzandosi sugli ultimi eventi che lei aveva
vissuto. Si vide nella sua casa di Heatherfield, nella redazione del giornale in
cui lavorava, e poi… sentì un tuffo al cuore. Vedeva la libreria, ora, e lei
stessa che dormiva su una poltrona. Cedric era vicino a lei, la guardava, con
un’espressione indecifrabile sul viso. Poi l’immagine sbiadì, lasciando a Oube
soltanto un dolore bruciante, per poi mostrarle altre immagini, della libreria,
di Cedric, e… rivide il momento in cui cercava di mettere in guardia Will
dall’inganno di Ludmoore, assistette alla scena in cui l’Occhio si spalancava
sprigionando un letale raggio di energia, vide il rettile frapporsi fra lei e
Ludmoore e, colpito, trasformarsi di nuovo in uomo per poi cadere fra le sue
braccia.
Infine… lo vide appoggiato ad una roccia, con lei accanto che gli teneva la
mano… Non sentiva le parole che stava dicendo, ma le conosceva bene, impresse
com’erano nella sua memoria. Scoppiò impovvisamente in lacrime quando lo vide
trasformarsi in inchiostro nero, e sfogò per la prima volta tutta la sua rabbia,
tutto il suo dolore…
L’unica cosa che riuscì a placarla, dallo stupore, fu un’immagine che la
sorprese più di ogni altra cosa: c’era nuovamente l’Occhio.
Ludmoore era stato sconfitto, non poteva essere ritornato!
Poi la ragazza pensò, in modo più razionale, che forse quell’immagine faceva
parte dei ricordi dell’ultimo combattimento con Ludmoore; ma c’era qualcosa di
diverso…
Improvvisamente capì: non solo alle spalle del mostro non c’era nulla, né la
grotta né nessun altro paesaggio che avesse mai visto nel libro, ma l’Occhio
aveva qualcosa di diverso… non era più giallo-rosso come quello maligno di
Ludmoore; era un occhio azzurro. Azzurro come il cielo, come l’acqua ed
esattamente come gli occhi dell’uomo che amava.
“Cedric!” esalò Orube, capendo d’un colpo cosa gli era capitato: era diventato
il nuovo prigioniero del libro.
In quel momento sentì ancora quel grido lontano, quella voce remota che
implorava aiuto.
“Cedric…” pianse Orube, “come farò a tovarti?”
Il peso sul suo cuore si era allentato, dandole una vera speranza: l’immagine di
quegli occhi di ghiaccio, così pieni di solitudine e di scaltrezza, non avrebbe
mai lasciato la sua mente… Li avtrebbe riconosciuti ovunque. E quella voce… Non
era forse di Cedric la voce lontana che la chiamava?
Ma dov’era Cedric, e come avrebbe fatto a raggiungerlo?
Cercò di ricordarsi il luogo dove si trovava il nuovo Occhio. Per quanto si
sforzasse, riusciva a ricordare solo… il nulla. Quindi, riflettè Orube, doveva
essere in un posto che si trovava prima o dopo i capitoli che lei e le Guardiane
avevano percorso…
Dal momento che conosceva solo la strada per tornare indietro, decise di
ripercorrere all’indietro tutti i capitoli che avevano percorso per arrivare
infine in quella grotta.
Si avvicinò all’apertura da dove era entrata per combattere Ludmoore e,
incrociando le dita, oltrepassò la soglia. Poiché i varchi fra i capitoli erano
già stati aperti, non aveva bisogno delle Carte Trasfiguranti, per fortuna.
Si trovò poi nella grotta dove avevano portato Cedric per farlo riposare: ecco
la roccia dove si era appoggiato, e dove era…
Orube corse via subito, ricacciando indietro altre lacrime. Per una guerriera
come lei non era certo il momento di disperarsi.
E corse fuori, nell’immensa foresta primordiale, sfuggendo a maestosi
pterodattili e preistoriche insidie già conosciute.
Ed ecco la spiaggia, in lontananza; ecco il mare limpido che, se non fosse stato
soltanto una finzione, sarebbe parso meraviglioso… Ed ecco la luce, proprio nel
punto in cui lei e le sue amiche erano comparse magicamente; senza esitare vi
entrò, e in un lampo fu nella biblioteca di villa Ludmoore.
Le ricordava terribilmente Ye Olde Bookshop, la libreria di Cedric a
Heatherfield: gli stessi scaffali colmi di libri, per lo più di magia, i muri di
pietra scura, la luce soffusa… Era solo più grande, con un maestoso soffitto a
volta e lunghi tappeti. Sembrava un labirinto; ma lei proseguì nel modo più
dritto possibile; non ricordava bene che strada avesse percorso in precedenza,
ma sapeva che il modo più diretto per arrivare all’uscita era mantenere una
direzione fissa. Ed ecco il grande portone che permetteva di uscire dalla Villa:
Orube lo aprì, tra mille cigolii, e uscì all’aria aperta.
Quello spettacolo la fece arrestare per un attimo: il mare blu, il cielo
limpido, il vasto prato… Era uno spettacolo semplicemente meraviglioso, in tutto
e per tutto identico alla campagna di Heatherfield.
Ma poi ecco un’altra luce, e Orube riprese a correre con grazia felina, fino ad
arrivare proprio sullo strapiombo che interrompeva l’altura per dare spazio al
mare; l’ultima cosa che vide furono le onde che si frangevano sugli scogli,
impetuose ma terribilmente fragili.
Si ritrovò stavolta nel palazzo di Phobos; lei era apparsa con Taranee nel
capitolo successivo: probabilmente Ludmoore aveva voluto dividere il gruppo. Ma
Will e Hay Lin avevano raccontato di quel posto oscuro, quasi medioevale,
dall’atmosfera tetra e… numerose sentinelle.
Sentì un lontano clangore di armi, ma correva più veloce di un ghepardo e più
silenziosa di un serpente: nessuno si accorse di lei.
Mentre correva senza guardarsi indietro, sulla fredda pietra del castello, non
potè fare a meno di provare un brivido per l’atmosfera lugubre di quel luogo. Si
chiese come eveva fatto Cedric a vivere in quel luogo per tanto tempo, agli
ordini di un tiranno folle crudele.
Arrivò infine ad una porta, più piccola di quelle alte, a volta, che c’erano nel
resto del palazzo: varcata quella soglia c’era la piccola, claustrofobica stanza
di mattoni, anch’essi molto simili a quelli della libreria, da cui era iniziato
il viaggio dentro al libro.
La ragazza ansimava, ma non si diede pace, e cominciò a cercare un passaggio per
tornare ancora più indietro, al Nulla totale.
Nel frattempo anche la porticina si era chiusa… Si accorse con terrore che era
rimasta isolata nello stanzino, senza possibilità di uscita. Si lanciò gridando
contro le pareti, tentando di trovare disperatamente un altro varco che la
portasse dall’unica persona al mondo che potesse ormai confortarla.
Dopo lunghi minuti di
ricerca, si appoggiò affranta alla parete, per riposarsi.
Forse era stato tutto uno
sbaglio… Un errore…
Se non altro, pensò amaramente, se mi sono sbagliata ora potrò vederlo per
davvero.
Ma ecco che, alzato lo
sguardo, intravide un altro piccolo passaggio da cui filtrava una luce
abbagliante.
Si avvicinò cauta, come
per controllare che non fosse una trappola, o la stessa porta da cui era
entrata. Poi, con un impeto improvviso, corse nella luce.
La sua supposizione era
giusta: non c’era nulla. Nulla! Non c’era luce né ombra, non c’era caldo né
freddo, non c’erano odori, rumori, nulla che i sensi acuti di Orube potessero
percepire…
“Cedric!” gridò, “Cedric,
dove sei?”
Mosse qualche passo in
quella strana dimensione, dove non sentiva la terra sotto i piedi ma neppure
precipitava in un vuoto abisso. Lei non lo sapeva, ma era lo stesso luogo in cui
si era trovato Matt quando il libro l’aveva inglobato.
La voce che l’aveva
chiamata a lungo nella sua testa ora si sentiva veramente, in lontananza, e lei
seguì con impeto quel suono, gridando a sua volta.
Vide poi in lontananza
una figura, che correva verso di lei, e non era l’Occhio, ma era Credic, in
forma umana, proprio come lei lo ricordava dalla sua apparente morte.
I loro sguardi si
incrociarono, e i due non poterono fare a meno di abbracciarsi, liberandosi
dalla paura e dalla tensione accumulata. Per Cedric era un’esperienza nuova: un
tempo sarebbe stato imbarazzante, ma in quel momento il sollievo e la gioia
erano sopra ogni cosa. Anche Orube, che era sempre stata schiva, provava una
forte liberazione nel rivedere il ragazzo: finalmente odorava ancora il suo
profumo, sentiva il suo cuore battere forte, in quella stretta che sembrava non
sarebbe mai finita.
Poi si lasciarono, e
Cedric vide che la ragazza stava quasi per piangere; i grandi occhi color ambra
erano lucidi.
“Non sai quanto ho
sofferto…”
“Ero sicuro che saresti
venuta da me”.
“Cosa… cosa è successo
dopo che mi hai lasciato?”
“Sono… mi è sembrato come
di… è strano… come di fluttuare… non sapevo se ero vivo oppure morto, la mia
mente era confusa e ricordavo poco… Ma il dolore, la ferita… era tutto
scomparso. Poi mi sono ritrovato qui, in mezzo al nulla, e ho capito di essere
ancora dentro al libro. Sai,” mormorò, “la prima cosa a cui ho pensato sei stata
tu”.
Lei sorrise.
“Quindi in questo mondo
non è possibile morire…”
“No, perché qui nulla è
reale, a parte noi”.
Poi Cedric rammentò e
chiese: “Avete sconfitto Ludmoore?”
“Sì, Matt ha cancellato
il suo nome dal Libro… È impossibile che ritorni.”
“Infatti non percepivo la
sua presenza. Non mi sentivo più osservato…”
Scosse la testa.
“Cedric… Ti ho visto
nella clessidra. Avevi l’aspetto di un grande Occhio. Non credo che tu abbia
realmente preso il posto di Ludmoore… Ci sarebbe voluta una grande magia per
farlo. Ma è stata quell’immagine simbolica che mi ha fatto capire che eri ancora
qui.”
Cedric sorrise, e
accennando al libro disse: “È ora di tornare a casa”.
Orube annuì e aprì il
libro alla pagina dell’Epilogo.
Dopo aver percorso a
ritroso i capitoli del Libro, Orube ritrovò Cedric, rimasto prigioniero del
libro. Ma i due non si sarebbero mai più lasciati, e si appellarono al Libro per
tornare a casa. Un battito di ciglia, ed erano di nuovo in libreria: l’avventura
era finita. Per sempre.
“Eccellente, Orube”.
Cedric prese la penna e
scrisse, a caratteri grandi e leggibili, la parola “FINE”.