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Autore: WinterRose    11/03/2013    1 recensioni
Eric, ragazzo apparentemente privo di qualità eccetto che per un corpo da urlo, e Kathrine, ragazza studiosa, matura e responsabile, si conoscono praticamente da sempre; peccato che non si sopportino a vicenda e che i rispettivi genitori vogliano che i due ragazzi si sposino. Ma le cose possono sempre cambiare giusto? Umorismo, ironia, gelosia e tanto, tanto amore.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Ciao a tutte/i di nuovo!
Vi metto il primo capitolo della storia. Per ora non ho ancora ricevuto nè commenti nè recensioni... a dire il vero ci sono rimasta un po' male xD Comunque ho pensato che magari volevate leggere ancora un po' prima di sbilanciarvi nel giudizio. Quindi eccomi alla riscossa! Questa volta però davvero fatemi sapere cosa ne pensate; anche se siete timide/in non vi preoccupate, sarei molto felice di rispondere a tutti.
Un bacio :)



Questione di memoria

 

 

 

 

 

If I never see your face again,

I don't mind”

(Maroon 5, If I never see your face again)

 

 

 

Dopo che Kathrine ebbe pagato il tassista, il veicolo scomparve velocemente dalla sua vista tuffandosi nell'oscurità. La ragazza rimase qualche secondo davanti al viale di ingresso della tenuta, ammirando la bellezza della dimora dei Wood, malgrado la poca visibilità; poi si incamminò trasportando a fatica gli innumerevoli bagagli che aveva portato con sé.

Giunse davanti alla porta.

Diversi ricordi iniziarono a riaffiorare nella sua mente. Era proprio in quel punto, davanti alla porta di casa che aveva conosciuto Eric. Aveva appena otto anni e quando si era trovata davanti un bambino con gli occhi chiari e i capelli biondi, bello come il sole: non aveva potuto che paragonarlo ad un principe azzurro. Peccato che aveva dovuto cambiare la propria impressione poco dopo, quando la prima parola che uscì dalla bocca di lui fu il cognome di lei.

Fece un grande respiro, come a voler raccogliere tutta la forza di cui disponeva.

Ci siamo.

Suonò indecisa il campanello. Aspettò qualche secondo senza sentire alcun movimento provenire dall'interno dell'abitazione.

Probabilmente non ci sono .

Da una parte sperò che fosse così: avrebbe avuto una scusa per andarsene e dormire altrove. Dall'altra, tuttavia, da chi sarebbe andata? Sua nonna? Avrebbe scatenato l'ira dei suoi genitori, soprattutto di sua madre, ne era certa: nonna Elizabeth e la signora Bennet non erano mai andate molto d'accordo, ma sopratutto in quegli ultimi anni, quando Elizabeth Johnson era venuta a conoscenza dei progetti che volevano la nipote come vittima da mandare al macello, i litigi si erano riaccesi e fatti più frequenti.

Lo sguardo di Kathrine si posò sul tappetino beige nuovo di zecca davanti l'ingresso che recava la scritta “Welcome”. Si lasciò sfuggire un sorriso ironico.

Certo, all'inferno.

All'improvviso sentì la porta aprirsi. Si raddrizzò di scatto e si preparò ad un caloroso benvenuto. Chi si trovò davanti la lasciò senza fiato: un ragazzo alto e con un fisico statuario si ergeva davanti a lei; i capelli biondi gli ricadevano sulla fronte, lasciando intravedere due occhi enormi e leggermente a mandorla, di un grigio intenso. Il ragazzo la guardò impassibile, tenendo una mano appoggiata alla porta, passando l'altra tra i capelli quasi color platino. Il cuore della ragazza perse un colpo:

<< Er... Eric?>> domandò confusa cercando di evitare il suo sguardo.

Doveva controllarsi, diamine. Il cuore le batteva sordo nel petto, sentiva il viso in fiamme.

Autocombustione.

L'aveva sentito in qualche trasmissione televisiva insieme ad esorcismi e fantasmi che infestavano case di campagna, ma allora l'aveva considerata una sciocchezza. Be' dovette ricredersi.

Kathrine udì le urla di giubilo della signora Wood che interruppero il diretto interessato dal darle una risposta. Il ragazzo si scostò appena in tempo per lasciar passare la madre che si gettava tra le braccia della nuova ospite:

<< Oh cara, quanto ci sei mancata >> Esclamò stringendola a sé con forza.

Kathrine restituì con molta meno foga l'abbraccio:

<< Anche lei, signora Wood >>

La signora grassottella si scostò appena, sbuffando e portando le mani sui fianchi:

<< Oh andiamo, finiscila di chiamarmi signora Wood. Te l'ho sempre detto, per te sono Diane e basta >>.

<< D'accordo Diane >> rispose imbarazzata Kathrine.

La donna sciolse l'abbracciò e si rivolse al figlio:

<< Su Eric, non fare il maleducato. Aiuta Kathrine a portare le valige nella sua camera, io vado a finire di preparare la cena. Sono così tante le cose che ci devi raccontare, piccola >>

Detto questo, la signora Wood schioccò un bacio sonoro sulla guancia della nuova arrivata e si allontanò, dirigendosi verso la cucina. Quando sentì chiudersi la porta del salone, per la prima volta dopo due anni Kathrine guardò Eric diritto negli occhi. Nonostante li avesse trovati duri e inespressivi, ne rimase ugualmente abbagliata.

Fu lui a parlare per primo:

<< Bennet >> Questo particolare bastò a farle riprendere contatto con la realtà.

Si ritrovò proiettata nel passato, quando 9 anni prima si era ripetuto lo stesso episodio. Uguale e identico.

Odiava quando le persone la chiamavano per cognome, era come sottolineare il fatto di voler scoraggiare qualsiasi forma di confidenza. Eric lo faceva da quando erano bambini, solo che la metteva ancora di più a disagio perché sembrava che il ragazzo volesse anche rimarcare la differenza che c'era fra di loro.

<< Eric >> Kathrine ricambiò il saluto con altrettanta freddezza.

Il ragazzo si sporse in avanti per afferrare i bagagli a mano di Kathrine; lei lo ringraziò ma lui si limitò a contrarre il viso in una smorfia.

Salirono le scale a chiocciola in marmo bianco, per primo Eric con le valige- che trasportava senza problemi- e poi la ragazza che lo seguiva distratta domandandosi dove avrebbe dormito. Attraversarono il corridoio principale sorpassando la camera dei signori Wood, la biblioteca, la sala biliardo... Poi il tonfo dei suoi bagagli lasciati andare a terra con molta poca grazia.

Kathrine osservò perplessa la stanza davanti alla quale si era fermato Eric:

<< Questa non è...>>

<< Si, mi hanno sfrattato >> concluse il giovane per lei.

La ragazza si sentì subito in colpa:

<< Ma non c'è bisogno che io dorma qui...>>

Cercava di non essere di peso, almeno. Non che i Wood avessero problemi economici, per l'amor del cielo, però occupare la camera di Eric significava non solo rompere l'equilibrio casalingo ma inimicarsi apertamente il primogenito:

<< Vacci a parlare tu con mia madre >> Sbottò il ragazzo.

Come non detto.

Kathrine si sentì irritata; la sola idea che quel ragazzo presuntuoso e viziato sarebbe diventato suo marito non faceva che innervosirla ancora di più. Dovette fare appello a tutte le sue forze e a tutta il suo buon senso per riuscire a trattenersi dal rispondergli in modo tagliente. Così dopo aver preso un po' goffamente le valige- lei e l'esercizio fisico non erano mai andati molto d'accordo- ed essere entrata nella stanza, gli disse con voce apparentemente neutra e perfettamente controllata:

<< Mi dispiace che tu abbia cambiato stanza per me, comunque adesso avrei bisogno di stare un po' da sola per rimettermi a posto. A dopo >>

Detto questo gli chiuse delicatamente la porta in faccia.

Si avvicinò al letto azzurro di una piazza e mezzo e dopo aver preso un cuscino e averlo premuto sulla faccia, urlò con tutto il fiato che aveva in gola.

Eric era rimasto quello di sempre; una piccola parte di lei le aveva suggerito che c'era una buona probabilità che fosse maturato e avesse cambiato atteggiamento. Evidentemente il suo intuito non era dei migliori.

La serata era iniziata male o, almeno, con Eric; per un attimo, solamente per un attimo aveva creduto che le cose avrebbero potuto svolgersi in modo diverso, ma quella sua ipotesi era andata in frantumi non appena Eric aveva aperto bocca. Kathrine si distese supina sul letto singolo per osservare meglio la stanza. La camera da letto di Eric era rettangolare: vi erano due finestre, una sopra la testata del letto, l'altra vicino ad una scrivania in legno chiaro, dello stesso colore del parquet. Le pareti erano di un azzurro di una tonalità più chiara rispetto a quello delle lenzuola, anche se di colore se ne vedeva veramente poco, dato che la camera era letteralmente tappezzata di poster e fotografie. Vicino la porta vi era uno specchio incorniciato da legno scuro, mentre affianco alla scrivania vi erano tre scaffali dello stesso materiale. Sul più basso vi erano alcuni libri, sull'intermedio altre fotografie con cornici d'argento e sul ripiano più alto un serie di coppe e medaglie di scherma. Kathrine si concesse un breve sorriso. Si ricordava tutte le competizioni a cui aveva partecipato Eric perché i suoi genitori ce la trascinavano a forza facendole promesse che poi non rispettavano mai: un peluche, un gioco di società, un gelato, un braccialetto, un vestito. Leggendo le date incise sulle coppe, per qualche istante si perse nel ricordo degli ultimi anni trascorsi prima della propria partenza.

Qualcuno bussò alla porta. Kathrine si mise a sedere velocemente sul materasso:

<< Mia madre insiste nel volere che tu scenda a cenare >> Eric era immobile sulla soglia della camera: Kathrine ne distingueva esclusivamente la sagoma posta in controluce:

<< Arrivo subito >> disse con un sussurro appena udibile. Il ragazzo chiuse la porta senza aggiungere altro.

Ci volle uno sforzo immane e una forza di volontà ferrea per alzarsi, dirigersi nella sala da pranzo e stamparsi sul volto un sorriso sufficientemente naturale da evitare ogni tipo di sospetti e domande pericolose.

 

 

 

 

<< Sai, cara Kathrine, ti trovo diversa >> Diane Wood aveva momentaneamente alzato lo sguardo dal piatto per osservare con un sopracciglio alzato l'ospite:

<< Sono passati due anni; è molto che non ci vediamo >> constatò debolmente la ragazza, tuttavia la signora Wood non si arrese e insistette con la propria ipotesi:

<< Be', certo, sei cresciuta di qualche centimetro ma... >> Gli occhi della signora furono improvvisamente animati da una scintilla che Kathrine osò definire perversa << a meno che la nostra dolce Kathrine non abbia trovato un ragazzino interessante. Eh si, avevo la tua età quando ebbi la mia prima cotta... >>

Kathrine sentì Eric quasi strozzarsi, tossire violentemente e battersi un pugno sul petto. Non fece in tempo a ribattere che Diane continuò a parlare:

<< Peccato, tuttavia, che l'Inghilterra sia così lontana. Avrete pochissime occasioni per vedervi. Non e così Eric? >> Sul suo volto si fece strada un sorriso malizioso.

<< Sì, mamma >> rispose con voce roca il ragazzo.

<< E poi come si fa ad essere certi che sia sempre fedele in questi lunghi periodi di lontananza, d'altronde gli uomini...>>

<< Signo... Diane >> Kathrine interruppe le considerazioni espresse ad alta voce dalla signora Wood << Si sta sbagliando. Io... non ho conosciuto alcun ragazzo in Inghilterra che mi interessasse più degli altri >>

Non era esattamente vera la cosa, di ragazzi interessanti nella sua scuola in Inghilterra ce n'erano eccome, ma nessuno di questi l'aveva mai invitata ad uscire. Non era una ragazza particolarmente propensa alle bugie, solamente in questo caso non voleva che Eric la prendesse in giro rinfacciandole quanto fosse poco attraente e noiosa. Erano bastati i nove anni precedenti.

Tuttavia la madre di Eric non si ritenne soddisfatta:

<< Ma allora... >>

<< Mamma, domani mattina ho gli allenamenti di football. Uscirò presto di casa >>

La signora Wood guardò apprensiva il figlio e cambiò completamente discorso:

<< Oh Eric, tu sei proprio fuori di testa. Anche stamattina avevi gli allenamenti e l'altro ieri hai giocato a scherma. Devi prendere una decisione... >> Mentre Diane continuava a rimproverare il figlio su come dovesse rivedere le proprie priorità, il ragazzo alzò lo sguardo verso Kathrine la quale mimò un grazie muto con le labbra.

Eric si limitò a contrarre il viso in una smorfia e riportare lo sguardo sul piatto quasi intatto:

<< … come fare. Mi sono spiegata signorino? >> Alla domanda carica di autorità della madre il ragazzo si imitò ad annuire silenziosamente, lo sguardo perso nel vuoto. Nella sala calò un silenzio tombale. Dunque Kathrine, che temeva un'altra domanda imbarazzante da parte della signora Wood, si alzò lentamente da tavola e, cercando di apparire esausta, si congedò ringraziando la madre di Eric per la sua ospitalità:

<< Ma cara, non ti preoccupare. Ormai sei di famiglia >> Aggiunse ammiccandole. Kathrine si limitò ad un debole sorriso:

<< A domani allora >>

 

 

 

 

La luce che filtrava dalle persiane in ferro battuto svegliò Kathrine alle 9:30 del mattino. Ella stessa si meravigliò di essersi alzata così tardi per i suoi standard quotidiani; anche se la sera precedente si coricava assai tardi, difficilmente l'indomani si svegliava più tardi delle nove. Attribuì la colpa al fuso orario.

Ben presto realizzò di trovarsi a casa Wood e con suo grande dispiacere di essere stata catapultata nella realtà. Per un momento aveva pensato di trovarsi nel letto del suo dormitorio, pensiero che aveva perso la propria veridicità non appena lo sguardo della ragazza si era posato sul quadrante illuminato della radiosveglia.

Jessica l'avrebbe sicuramente scossa più volte urlandole << Pigrona muoviti, dobbiamo andare a lezione>> oppure se si fosse trattato di una domenica mattina << Sbrigati, non ho intenzione di perdermi i posti migliori>>. Sì, perché era diventata ormai una loro abitudine ogni domenica recarsi al parco e stare all'aria aperta per studiare, o semplicemente godersi quei pochi raggi di sole che il cielo inglese può offrire nelle giornate invernali.

Con fatica si alzò dal letto e iniziò a disfare le valige. Dopo ciò decise di farsi una doccia nel bagno attinente alla camera di Eric. Dopo essersi avvolta in un accappatoio troppo grande per lei si avvicinò alla finestra e la aprì per rilevare il tempo e la temperatura esterni. Nonostante si trattasse della fine di Giugno e fosse ancora presto, la temperatura era assai tiepida e anzi si poteva definire quasi calda, ragione per cui Kathrine decise di indossare un paio di pantaloncini in jeans scuri e una camicetta avorio. Dopo essersi pettinata i capelli e aver infilato un paio di sandali blu si concesse una fulminea controllata allo specchio; benché Kathrine fosse una ragazza assai modesta teneva molto al suo modo di presentarsi in pubblico; e ciò comprendeva, oltre alle buone maniere e la postura eretta, anche un abbigliamento appropriato alla situazione. Dopo essersi specchiata per qualche secondo scese velocemente le scale con un sorriso appena pronunciato sulle labbra. Ben presto, si accorse di essere sola in casa e, quindi, si accinse a prepararsi la colazione. Quella mattina non era molto affamata perciò optò per uno yogurt magro. Aprì il frigorifero e si accorse, con una smorfia che i vasetti si trovavano nello scaffale più alto; cercò quindi di raggiungerli allungandosi sulle punte dei piedi.

In quel preciso istante la porta del soggiorno si aprì lasciando entrare due ragazzi che avevano all'incirca la stessa età di Eric:

<< Abbiamo la vittoria in pugno, Fred, è inutile che ti agiti >>

<< Non rompere il cazzo James >>

Kathrine li riconobbe come Frederick Hook e James Blame vecchi amici e compagni di classe di Eric. Il primo era sempre stato piuttosto silenzioso e intellettualmente non molto agguerrito anche se per quanto ne ricordasse Kathrine, era una delle prede preferite delle ragazzine del suo istituto, soprattutto per la sua fitta chioma di capelli ramati. James, invece, era più espansivo ed estroverso, e superava per conquiste e cuori spezzati persino Eric. Era di carnagione olivastra, di media statura e con occhi e capelli scuri come il carbone. Un altro particolare che Kathrine si ricordava riguardo a quest'ultimo era la sua assai evidente inclinazione a infilare doppi sensi e termini per niente fini dappertutto, anche quando la cosa era da evitare.

Iniziò un battibecco tra i due ragazzi che però cessò non appena si accorsero della presenza di Kathrine in cucina:

<< Ci siamo impegnati ieri sera, eh Eric? >> fischiò James. Subito dopo le porse la mano ammiccando << Ciao bellezza, sono James Blame >>.

Kathrine in un primo momento rimase di stucco, poi scoppiò a ridere. Lei, una conquista di Eric?

Ma per piacere.

Nel frattempo aveva fatto il suo ingresso in cucina anche Eric che aveva dato un forte scapaccione alla nuca dell'amico:

<< Ti sei bevuto il cervello, rincretinito? >> esclamò il moro massaggiandosi la parte offesa.

<< Imbecille, è la Bennet >> rispose gelido Eric.

<< Chiamasi figura di merda >> ululò Fred preso da un violento scoppio di risa. James nel frattempo era rimasto letteralmente paralizzato e fissava la ragazza incredulo :

<< Non mi dire: sei proprio quella ragazza rompi balle e secchiona? >>

<< Ma non mi dire >> esclamò Kathrine spalancando gli occhi << James Blame lo scimmione, non so se nella tua ignoranza tu abbia mai sentito l'espressione “tutto muscoli, niente cervello” ma penso che ti si addica alla perfezione>> gli si avvicinò sussurrandogli nell'orecchio << ma non ti preoccupare, fa parte del tuo fascino, o no? >>

James si fece livido dalla rabbia mentre, dall'altra parte della cucina, il rosso si sbellicava ancora di più tenendo incrociate le braccia sullo stomaco; Kathrine si ritenne soddisfatta.

Intanto Eric aveva oltrepassato con grazia i suoi coetanei e si era seduto al tavolo della cucina tenendosi la testa fra le mani.

Per un momento Kathrine, lo compatì per l'avere a che fare con delle amebe prive di capacità razionali come James e Fred. Solo per un momento, poiché l'attimo successivo una vocina in testa le suggerì che molto semplicemente anche Eric era un'ameba priva di capacità razionali.

<< E ora, con permesso >> La ragazza uscì dalla cucina a testa alta, con il suo vasetto di yogurt e assumendo un portamento trionfale.

Poteva essere abbastanza certa del fatto di essersi guadagnata un po' di stima da parte di Fred, poiché, mentre saliva lentamente le scale per raggiungere la sua nuova camera, lo sentì esclamare tra una risata e l'altra “Tosta la ragazza, eh?”.

Peccato che si fosse dimenticata di portare un cucchiaino.

 

 

 

Nella tarda mattinata Kathrine ricevette una telefonata da parte di Jessica la quale era a conoscenza della delicata situazione tra i Wood e i Bennet e voleva essere assolutamente informata su come stessero procedendo le cose tra lei Eric.

<< Allora , lui com'è? >> Insistette per l'ennesima volta Jessica.

<< Oh, Jess, che vuoi che ti dica. E' il solito altezzoso, superbo e sciupa-femmine di sempre.>> Constatò la ragazza con un sospiro.

Jessica parve scocciata:

<< Intendo fisicamente, sciocchina! >>

A questo punto il sangue le colorò leggermente le guance. Controllò con un'occhiata veloce che la porta e le finestre fossero chiuse e parlò in modo tale da farsi comprendere solamente dall'amica inglese:

<< Be' capelli biondissimi, occhi azzurro-grigi assai magnetici. Alto e ...>>

<< Ti piace >> affermò asciutta Jessica.

<< Non è vero! >>

<< Si invece. Ti conosco abbastanza bene per poter dire che il ragazzo non ti dispiace >>

<< Jessica Price, Eric sarà pure un bel ragazzo ma non è per niente in mia considerazione dato che non esiste un essere umano di mia conoscenza irritante e fastidioso quanto lui, e penso inoltre che...>>

Kathrine aveva cominciato il suo discorso con fervore e fermezza, e anche un non so che di formale, pronta ad elencare uno ad uno tutti i difetti del ragazzo, ma quando un ricordo piuttosto recente aveva invaso la sua mente, la sua convinzione era venuta meno.

 

<< Signo... Diane >> Kathrine interruppe il flusso di pensieri ad alta voce della signora Wood << Si sta sbagliando. Io... non ho conosciuto alcun ragazzo in Inghilterra che soddisfi i miei criteri >> Nonostante fosse arrossita violentemente il suo tono di voce era deciso. La madre di Eric non si ritenne soddisfatta:

<< Ma allora... >>

<< Madre, domani mattina ho gli allenamenti di football. Uscirò presto di casa >>

La signora Wood guardò apprensiva il figlio e cambiò completamente discorso.

 

Infondo l'aveva salvata da altre possibili domande imbarazzanti da parte della signora Wood: non se la sentì di criticarlo, almeno non in quel momento. L'avrebbe considerato un gesto di gratitudine:

<< che... che avrei bisogno urgentemente di una doccia. Ci sentiamo Jess, mi ha fatto piacere sentirti >>

<< Ho capito Kath, va' da lui, va' >>.

Kathrine si limitò a sorridere e a chiudere la conversazione.

Cosa le era preso? Sembrava una quattordicenne in preda agli ormoni, santo cielo!

Contegno, Kathrine, contegno.

E, per giunta, per chi sembrava una quattordicenne in preda agli ormoni? Questo era veramente troppo strano. Per un singolo istante comprese la miriade di ragazzine che con il cuore palpitante correva dietro al bellimbusto.

Si avvicinò alla scrivania in legno e accese il computer di Eric di ultima generazione. Prese in considerazione l'idea che si trattasse di un modello non ancora uscito in commercio.

Pochi istanti prima di ricevere la telefonata di Jessica, Kathrine aveva controllato velocemente la propria casella di posta elettronica. Era un gesto che faceva quotidianamente, anche se la maggior parte delle volte non vi trovava nulla di nuovo. Per questo motivo, quella mattina, si era assai meravigliata di aver trovato ben tre messaggi di posta non ancora letti.

Il primo era stato inviato dai suoi genitori che chiedevano riguardo ai Wood, calcando in modo assai evidente sul primogenito, al tempo e alle condizioni fisiche della loro bambina.

Kathrine aveva risposto subito cercando di apparire soddisfatta e felice riguardo a tutte e tre le cose.

Il secondo, invece, era della sua vecchia scuola di Fairview dove si chiedeva la conferma riguardo all'iscrizione dell'alunna Kathrine Bennet per il quarto anno del liceo.

Aveva risposto in modo positivo anche a quella mail.

L'ultimo, infine, proveniva da Faith Lenfield, una vecchia compagna che proponeva di vedersi qualche volta per riallacciare i contatti ormai persi.

A differenza delle altre, Kathrine non aveva ancora risposto a questa mail, essendo molto indecisa sul da farsi. Conosceva Faith dalle scuole medie, ma non l'aveva mai considerata una sua amica; preferiva definirla una “conoscente”. Perché, vi starete chiedendo.

Faith Lenfield era la tipica cheerleader super-formosa e assai superficiale che non può mai mancare in una scuola americana. Lunghi e corposi capelli biondi, abbronzatura perenne, occhi di un azzurro intenso e un “davanzale” che costituiva il 40% delle ragioni per cui le altre studentesse non si ritenevano soddisfatte di se stesse. A tutto ciò va aggiunto un carattere assai frivolo e poco serio, un'indole vanitosa ed egoista, e un forte, incontrollato e incurabile egocentrismo cronico.

Eppure la parte migliore di Kathrine iniziava a formulare l'ipotesi che, forse, Faith era cambiata. Magari era finita sotto un autobus, era rimasta per un certo lasso di tempo in coma, e una volta svegliatasi aveva intrapreso uno stile di vita del tutto diverso; per esempio sostenendo, grazie alle generose “doti” che madre natura le aveva fornito, una campagna che andava contro lo sfruttamento di animali e gli esperimenti che facevano su di essi per testare la maggior parte delle creme di bellezza e dei trucchi che lei stessa usava prima dell'incidente.

Al termine di queste considerazioni, Kathrine si convinse a regalare a Faith un'occasione, una chance.

E si decise a rispondere in modo affermativo anche all'ultima mail.

Quando ebbe finito di scrivere il messaggio di risposta, essendo ormai ora di pranzo, Kathrine si decise a scendere al piano inferiore, non tanto perché avesse fame, ma per semplice cortesia e per riferire i saluti che i signori Bennet mandavano con tanto affetto ai componenti della famiglia Wood. Con suo grande dispiacere, tuttavia, riuscì a individuare solamente il primogenito seduto sul divano in pelle chiara del soggiorno intento a leggere un quotidiano.

Fermatasi in piedi davanti a lui, che non la considerava affatto, Kathrine provò ad intavolare un discorso:

<< I miei genitori ti salutano >> spezzò il silenzio indugiando sulle prime parole.

<< Ricambio >> Eric rispose muovendo appena le labbra e non staccando lo sguardo dal giornale.

<< Non ho ancora visto tuo padre. Ecco, mi farebbe piacere salutarlo >> Non che le interessasse più di tanto il padre di Eric. Non l'aveva mai entusiasmata: l'aveva sempre guardata come se fosse un cavallo da comprare, non come una ragazzina. Si comportava in modo poco naturale, sembrava di apparire quello che non era.

<< E' fuori città per lavoro >> Sempre quel maledetto sguardo fisso sul giornale. Kathrine stava perdendo la pazienza.

<< Articolo interessante? >> La ragazza provò un'ultima volta ad essere cortese, anche se nel suo tono di voce si poteva benissimo carpire una nota di impazienza. D'altronde stava solo cercando di essere educata e recuperare il tempo perduto, e quel ragazzo presuntuoso non faceva altro che complicare le cose.

<< Secondo te sarei qui a leggere il giornale se non lo trovassi interessante? >> Kathrine si sentì avvampare di botto.

Accidenti.

Aprì la bocca per parlare, o meglio per contrattaccare, ma il biondo la precedette:

<< E no, Bennet, un articolo del genere non potrebbe interessare una come te >>

Il ragazzo aveva finalmente alzato lo sguardo dal quotidiano e la stava fissando dritta negli occhi con aria di sfida.

<< Tu non mi conosci minimamente e, dunque, non sei nella situazione di giudicarmi >>

Sbottò incrociando le braccia al petto.

Lo sguardo del giovane si era nuovamente posato sul foglio di giornale, deciso ad ignorare nuovamente Kathrine.

<< Oh invece si. Ti conosco molto bene. O almeno abbastanza da saper sfruttare i tuoi punti deboli a mio vantaggio >>

Kathrine era ormai rossa in viso come se avesse passato un intera giornata al sole senza alcun tipo di protezione. Non era mai stata una ragazza violenta, ma la sola vista di Eric e quella sua faccia strafottente scatenavano in lei istinti maneschi, se non addirittura assassini.

In quel momento le ronzavano in testa due idee.

La prima consisteva nel spaccare in testa al biondino il vaso che si trovava sul tavolino davanti al divano.

La seconda, invece, nel ritornare in camera propria con classe, a testa alta e comportandosi in modo maturo.

Lo sguardo della ragazza si posò sul vaso in questione. Era così invitante l'idea di sentirlo andare in mille pezzi a contatto con quella testa bionda così in ordine e perfetta.

Tuttavia, la preziosità del vaso e le possibili conseguenze di un simile gesto fecero tornare Kathrine in sé, la quale decise di optare per la seconda opzione e dirigersi celermente nella sua neo-camera.

Così, a passo spedito, risalì velocemente le scale sbattendo pesantemente i piedi a terra.

Chiuse la porta della camera dietro di sé, sbattendola con forza.

E addio all'uscita con classe, a testa alta e comportandosi in modo maturo.

 

 

Erano le cinque del pomeriggio quando Kathrine iniziò a sentire un certo languorino. Ciononostante, il litigio avuto qualche ora prima con Eric le impediva di scendere nuovamente al piano terra.

Come tutti gli essere umani anche Kathrine Bennet non era perfetta ed aveva dei difetti. Uno di questi era l'orgoglio. Spesso, i suoi genitori consideravano questa caratteristica qualcosa di necessario e di inevitabile, riconducibile alla appartenenza ad una famiglia aristocratica.

Kathrine, era sempre stata abituata a dare il massimo di sé e a ottenere ciò che voleva con sacrifici e rinunce, ragion per cui era molto fiera di se' e di come i suoi genitori l'avessero cresciuta, insegnandole i vecchi valori di un tempo e la stima per le proprie capacità. Ovviamente ciò aveva comportato, con il passare del tempo alla maturazione di questo sentimento: certo, non in modo eccessivo, ma quanto bastava a tenerla in quel momento chiusa in camera sua, sofferente per la fame.

Da qualche minuto regnava il completo silenzio in casa Wood e Kathrine pensò, anzi, sperò, di essere rimasta nuovamente sola e quindi decise di scendere per mangiare qualcosa.

Aprì la porta cercando di fare il meno rumore possibile; una volta fuori, sul corridoio tese le orecchie per captare qualsiasi rumore che avesse potuto segnalare la presenza di altre persone in casa.

Silenzio.

Scese le scale a chiocciola in punta di piedi, sempre in allerta, pronta a cambiare direzione al minimo rumore.

Giunse alla fine delle scale.

Per arrivare in cucina era prettamente necessario attraversare il soggiorno, zona classificabile con bollino rosso, poiché vi era un altissima percentuale, nel caso in cui Eric fosse in casa, che si trovasse lì. Tuttavia non poteva morire di fame. In questo caso era meglio rischiare.

Kathrine si fece forza e attraversò la soglia del salotto.

Quello che vide la lasciò per un momento pietrificata sul posto, facendola arrossire violentemente.

Eric e una tipa bionda stavano amoreggiando sul divano in pelle, in un modo che non si sarebbe potuto potuto definire “opportuno” in un luogo pubblico come quello.

Che andassero a farle in camera loro certe cose!

Quando Kathrine stava per filarsela e rinunciare al suo proposito, la tipa che Eric stava sbaciucchiando senza ritegno e senza alcun decoro, alzò lo sguardo verso l'intrusa, degnandola di un sorriso a trentadue denti.

Gli occhi scuri di Kathrine incontrarono quelli azzurri e limpidi della ragazza che teneva ancora le braccia allacciate al collo del giovane.

Occhi che Kathrine riconobbe come quelli di Faith Lenfield.

<< Oh Kathrine, tesoro! >> Squittì Faith illuminandosi in volto. << Eric mi aveva già accennato qualcosa riguardo alla tua permanenza qui >> aggiunse ridacchiando e lanciando uno sguardo complice al giovane.

<< Ciao Faith >> balbettò Kathrine con il volto ancora in fiamme.

<< Sai una cosa, piccola Kathrine? >>

La ragazza si infastidì per quel soprannome. Infondo c'era solo un anno di differenza tra loro due e, per altezza e per mentalità, Kathrine poteva sembrare anche qualche anno più grande di lei.

Tuttavia, si sforzò di rimanere impassibile di fronte a tale epiteto.

<< Senza quell'apparecchio per i denti sei decisamente passabile >> Un altro risolino e un'altra occhiata ad Eric.

<< Anch'io ti trovo bene, Faith >>

Vi prego , vi prego fatela smettere.

<< Me lo dicono tutti >>

Kathrine sfoderò un sorriso forzato.

Tra i tre cadde il silenzio e la ragazza approfittò del momento per congedarsi:

<< Mi dispiace di avervi interrotto, ma credevo che non ci fosse nessuno in casa >>

<< Bennet, è meglio che tu vada. La casa ci servirà per un po' >>

Eric non le aveva rivolto neanche lo sguardo, anzi stava ghignando complice alla bionda.

Kathrine non se lo fece ripetere due volte e uscì di casa afferrando il primo ombrello che trovò nell'ingresso.

Solo quando una luce accecante le batté in pieno viso e il tepore del sole l'avvolse si chiese perché avesse portato l'ombrello con sé.

Ah, certo non siamo più in Inghilterra.

In breve tempo le si annebbiò la vista e calde lacrime le rigarono il viso.

 

Aveva decretato che il miglior rimedio per un momento di depressione come quello fosse una bella passeggiata in solitudine.

Erano solo dieci minuti che camminava e si sentiva già meglio.

Fortunatamente aveva incrociato, poco dopo essersi allontanata dalla proprietà dei Wood, un camioncino dei gelati e dovette ammettere che niente era meglio che affogare la propria malinconia in un cono farcito con tre palline di cioccolato fondente.

La temperatura si era decisamente abbassata nonostante fossero appena le sei del pomeriggio.

Una folata di vento le appiccicò i capelli in faccia; cercò con la mano di portarli indietro ma senza alcun successo.

Kathrine scartò subito l'idea di tornare a casa; Dio solo sapeva cosa stessero facendo quei due. Optò, dunque, per fare una visitina in biblioteca.

La biblioteca di Fairview era un edificio in mattoni di modeste dimensioni adiacente al liceo. Era stata costruita all'inizio del XX secolo da un ricco e colto imprenditore, che, avendo soggiornato per qualche tempo nelle campagne circostanti, aveva ritenuto estremamente necessario fornire la piccola città, che contava allora circa venti mila abitanti, di un centro di cultura accessibile a tutti. Ragion per cui l'edificio stesso era stato dedicato e portava il nome del benefattore che aveva appoggiato e finanziato la sua realizzazione.

Una volta entrata nella sala principale, Kathrine non si stupì del fatto che le uniche persone a popolarla in quel momento fossero una coppia di anziani che avevano l'aria poco sveglia. La ragazza, tuttavia, non si scoraggiò e, anzi, accolse piacevolmente l'idea di poter leggere e consultare i volumi che più gradiva senza essere disturbata.

La sua attenzione, tuttavia, venne catturata dalla segretaria che occupava la scrivania laterale all'ingresso.

La signora Goope non aveva affatto sentito il passare degli anni, anzi sembrava in tutto e per tutto identica a come Kathrine l'aveva lasciata due anni prima: capelli corti e rossi, occhi azzurri e vivaci, una silhouette poco invidiabile e uno di quei camicioni informi a fiori che indossava 7 giorni su 7.

Kathrine fu felice di vederla perché era una delle persone più gentili e affettuose che avesse mai conosciuto in vita sua; sempre disponibile e cortese, magari un po' stramba nei gusti in fatto di vestire e apparire in pubblico, ma, ad ogni modo, una persona d'oro.

La ragazza si avvicinò alla scrivania: quando i loro occhi si incontrarono entrambe si aprirono in un sorriso raggiante.

<< Buonasera, signora Goope. Come sta? >> disse Kathrine porgendole la mano.

<> la segretaria sembrava piacevolmente sorpresa. Strinse con forza e vigore la mano della ragazza << Io sto bene, grazie >> riprese, dopo averle lasciato andare la mano << Tu, piuttosto, cosa mi racconti? Com'era l'Inghilterra? >>

<< Fredda e piovosa. Niente in confronto a questo tempo >>

<< Vorrei vedere >> rise la signora Goope << quest'anno siamo proprio stati fortunati. Sembra di essere in un paese mediterraneo >>.

La conversazione continuò per diversi minuti in modo gradevole, fino a quando Kathrine si congedò dicendo di voler dare un'occhiata ai libri appena arrivati: vi era un solo scaffale in fondo alla sala dedicato ai libri nuovi e avendo già quasi letto tutti gli altri presenti nella piccola biblioteca, si diresse subito in quella direzione.

Tuttavia, con sua grande delusione, la ragazza vi trovò solo nuove edizioni di classici che ormai aveva già letto. Libri belli e interessanti, ma libri che comunque sapeva a memoria. Decise, dunque, di scegliere quello che non leggeva da più tempo e di cui si ricordava meno la trama. La scelta ricadde su Guerra e Pace di Tolstoj: il tomo era nuovissimo e Kathrine ipotizzò che avrebbe potuto essere la prima che apriva quel volume. Le pagine erano di carta assai sottile e leggera, scritte da cima a fondo, in un carattere più piccolo della media; ne saggiò il peso spostando il volume da una mano all'altra. Più di mille pagine facevano la differenza.

La rilegatura era molto graziosa; in cuoio e colorata di rosa e verde pastello, con un immagine dipinta di una ragazza bionda sulla copertina. Sicuramente Natasha.

Non le era mai andata a genio la protagonista femminile di quel romanzo, anche perché, a suo dire, veniva descritta come una ragazza immatura e poco intelligente. In effetti, a 15 anni non si può essere tanto responsabili, ma Kathrine era convinta del fatto che se si fosse trattato di lei, sicuramente avrebbe agito in modo più adeguato e corretto e che, a quei tempi, bisognava essere responsabili a 15 anni proprio perché era l'età giusta per prendere marito.

Mentre rifletteva sull'indole di Natasha, qualcuno la chiamò dall'altro lato della biblioteca.

<< Kathrine Bennet? >>

La ragazza, sentitasi chiamare, si girò di scatto e socchiuse gli occhi per mettere a fuoco la figura che le si stava avvicinando a grandi falcate.

Chi era? Non poteva essere John, ha i capelli neri. Troppo alto per essere Matt...

Illuminazione divina.

<< Ehi, Sean! Per un momento non ti avevo riconosciuto >>

Allora lassù c'è qualcuno che mi vuole bene.

<< Come stai? E' da molto che non ti vedo. >> Il ragazzo sembrava piacevolmente sorpreso e ora che le sorrideva sembrava un bambino a cui avevano appena regalato una bici nuova.

Kathrine gli sorrise di rimando:

<< Bene, grazie. Tu, piuttosto? Vedo che sei cresciuto molto >>

Sean non era un suo amico stretto, anzi, prima di partire, ci aveva parlato sì e no due volte. Frequentava con lei diversi corsi e si erano conosciuti in quel modo. Da quel che poteva ricordare Kathrine, Sean era sempre stato un ragazzo gentile, disponibile e simpatico. E non le aveva mai dato alcun fastidio.

<< In effetti. Ho preso una quindicina di centimetri dall'anno scorso. Incredibile, eh? >> Disse imbarazzato portando una mano dietro la nuca e scompigliandosi i capelli castani.

Concentrandosi sul suo aspetto fisico, Kathrine dovette riconoscere che era diventato un bel ragazzo. Due anni prima, sfiorava il metro e settanta, era un po' grassottello e aveva qualche problemino con la pelle.

Ma adesso sembrava un'altra persona; alto, decisamente più magro e con nessun ospite poco gradito sul viso.

<< Da quando sei arrivata? >>

<< Ieri sera. Ero venuta qui per cercare qualche buon libro che mi facesse compagnia >>

<< E il libro in questione è... >> disse piegandosi per leggere il titolo del volume che Kathrine teneva stretto nelle mani << Guerra e pace? >> Si fece un attimo pensieroso << Bel libro, ovviamente, un classico. Ma non è tra i miei preferiti. Diciamo che non adoro la letteratura russa in generale >> concluse aggrottando la fronte.

<< In effetti hai ragione. E' solo che ho praticamente letto tutti i libri che sono disponibili in biblioteca e quindi ho deciso di prendere quello di cui mi ricordavo di meno >>

<< E quindi quello che hai letto meno volte. Neanche tu una fan di Tolstoj? >> le chiese ironico.

Kathrine rimase sorpresa dall'affermazione del ragazzo per il fatto che Sean non era mai stato un tipo particolarmente acuto. O almeno non da quel punto di vista.

La voce uscì più flebile di quanto avesse gradito:

<< Proprio così >>

Sean si limitò a sorridere e Kathrine decretò che quello era il momento di andare.

<< Allora io torno a casa. Mi ha fatto piacere rivederti. Ci sentiamo >>

<< Ciao Kathrine >>

La ragazza si avviò a passo spedito verso l'uscita.

Quando ormai stava per varcare la soglia, sentì Sean gridare:

<< Hai cambiato numero, per caso? >> Occhiataccia da parte della signora Goope.

Kathrine scosse la testa e mimò con le labbra un “perché”.

<< Magari uno di questi giorni possiamo vederci >>

Kathrine sorrise annuendogli e uscì definitivamente dall'edificio.

Ciononostante, le urla della bibliotecaria la raggiunsero ugualmente.

<< Le sembra il luogo adatto per urlare, signor Burke? Non siamo in uno stadio! >>

Kathrine si ritrovò a ridere con gusto per la prima volta da quando era tornata.

Era così che sarebbe dovuto essere.

  
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