8.
When
they finally come to destroy the Earth
they’ll
have to go through you first
Uno dopo
l’altro gli eccezionali individui membri del Progetto Avengers fecero la loro
comparsa nella base dello S.H.I.E.L.D.: i primi furono Thor e Tony Stark, il cui
jet privato con a bordo Pepper Potts e un paio di suoi stretti collaboratori
cozzò contro il Dio del Tuono che calava dal cielo proprio sulla pista
d’atterraggio della struttura. Giunsero quindi Natasha Romanoff e Clint Barton,
insieme, e un’ora più tardi da un elicottero scese Bruce Banner. L’ultimo ad
arrivare fu Steve Rogers, in sella alla sua moto.
Jane
Foster volò letteralmente tra le braccia di Thor non appena lo vide, e i due si
abbracciarono e baciarono davanti a tutti finché Nick Fury non segnalò la
propria presenza con un secco colpo di tosse e pregò i Vendicatori di seguirlo
in sala riunioni, dove li attendevano Erik Selvig e Maria Hill. La tensione era
palpabile, e una volta che i sei si furono accomodati attorno al tavolo il
direttore prese la parola:
«Vi
ringrazio per aver risposto al nostro appello celermente e senza troppe
rimostranze.» esordì in tono asciutto e pratico, gettando un’occhiata
significativa a Stark; «Quest’oggi un cospicuo numero di esseri provenienti da
altri mondi ha lanciato un attacco combinato contro le maggiori città statunitensi, e ci
stanno pervenendo notizie di fatti simili dal Canada. Sembra si tratti di
avamposti di un esercito ben più grande, a giudicare dalle loro azioni, e a differenza del precedente scenario in cui ci siamo trovati ad agire stanno
conducendo un’invasione su scala più vasta. Per ora essa è tuttavia limitata
all’America del Nord.»
«Che
generi di alieni sono, signore?» interloquì il Capitano.
«Forse
gli stessi in cui ci siamo già imbattuti, più altri tizi simili a loro e ugualmente
brutti.» gli rispose Iron Man: «Ne ho incrociati un paio venendo qui.»
Fury
annuì: «Sì, la razza potrebbe essere la medesima. Eppure non si sono aperti
varchi dimensionali nel cielo, questa volta, e qualunque sia il modo in cui
hanno raggiunto la Terra ci risulta ancora sconosciuto. In breve, niente Tesseract.»
«Il che
dovrebbe essere un bene o un male?» domandò la spia russa.
«Un
male, più probabilmente.» mormorò Selvig: «Come dicevo al direttore Fury, il
fatto che non abbiamo rilevato portali del genere implica che chi o cosa ha
organizzato l’invasione sia potente abbastanza da utilizzare altre vie per
arrivare a noi. Molto potente.»
Nel
frattempo l’agente Hill si era spostata in un angolo, la fronte corrugata e due
dita premute sul proprio auricolare come se stesse ascoltando qualcosa con
estrema attenzione:
«Signori, devo interrompervi. Ho appena appreso novità importanti da Boston.»
annunciò infatti, e i suoi occhi grigi saettarono nervosamente da Fury a Thor.
«Si sbrighi
a riferircele, agente Hill. Il tempo stringe.» la sollecitò il primo.
Maria
esitò un istante: «Diversi invasori sono stati uccisi prima che la nostra
squadra di ricognizione giungesse in città, e non a opera dell’esercito o dei
civili. Molti testimoni hanno confermato di aver visto un’auto decappottabile di marca italiana color
verde oliva sfrecciare per le strade con a bordo due persone armate che hanno
attaccato i nemici in almeno due differenti occasioni per poi scomparire verso
le campagne. Una di esse portava in testa un elmo cornuto.»
Il Dio
del Tuono balzò in piedi senza riuscire a trattenere un sorriso di sollievo e
il resto dei presenti s’irrigidì sul posto; il direttore serrò pugni e
mascella:
«Loki è
qui?» disse in un ringhio sordo.
«Nessuno
ha parlato esplicitamente di lui, signore.» nicchiò l’agente Hill.
«Questo
però spiegherebbe la nuova ondata di invasori alieni.» intervenne Barton.
«Ma
perché ucciderli, se fosse ancora in combutta con loro?» fece notare
Banner.
«Se ben
ricordo le azioni del nostro comune amico non sempre sono sensate.» fu il
leggiadro e veritiero commento del genio miliardario playboy filantropo.
«Silenzio!» gridò Fury battendo una mano sul tavolo per ristabilire l’ordine,
quindi si rivolse al guerriero biondo con rabbia malcelata: «Tuo fratello non
dovrebbe trovarsi ad Asgard, dove tu stesso lo hai ricondotto più di due mesi
fa? Oppure c’è qualcosa che dovremmo sapere e che ci hai taciuto, figlio di
Odino?»
Thor
rimase alzato e sostenne lo sguardo dell’uomo: «Come avrei potuto dirvi
alcunché, dal momento che sono appena tornato su Midgard? Loki è stato bandito
dal nostro regno e privato dei suoi poteri divini, poiché così nostro padre ha
comandato per punirlo per le sue malefatte. Lo ha esiliato tra gli umani, come
già aveva fatto con me, e per trenta giorni terreni mio fratello ha vissuto da
mortale nella città che avete appena nominato.»
«Questo giustificherebbe
il lieve picco di valori elettromagnetici che avevate registrato nei pressi di
Boston il mese scorso.» s’intromise Jane.
«Eppure
ce lo siamo fatti sfuggire.» constatò aspramente il direttore: «Poteri divini
o meno, avremmo dovuto indagare più a fondo e tenerlo d’occhio.»
La Vedova Nera si sporse verso il semidio: «Come li ha recuperati?»
«Quando
ci è giunta voce dell’attacco ai danni di Midgard ho pregato mio padre di fare
due cose. La prima era permettermi nuovamente di raggiungervi, la seconda era
restituire i poteri a Loki.» disse Thor. «Era circondato da nemici e
rischiava di soccombere. Non potevo lasciarlo morire, anche se immagino che non
condividerete la decisione.»
Sei paia
di sopracciglia si sollevarono all’unisono e i due scienziati e Maria si
schiarirono vistosamente la gola, confermando il dubbio sollevato da Dio del
Tuono.
«Dunque
tuo padre ha acconsentito, tuo fratello è rientrato nei suoi cenci e adesso
scorrazza per Boston a bordo di una spider italiana verde
uccidendo i propri ex alleati.» riassunse Stark, sarcastico; «Forse dovremmo
ringraziarti.»
«Non
potevo lasciarlo morire.» ripetè Thor con maggior durezza.
L’agente
Hill richiamò l’attenzione degli astanti: «Non è detto che Loki si trovi
ancora a Boston. Potrebbe aver lasciato la città, come i testimoni ci hanno
raccontato.»
«Allora
metta un paio di nostre squadre sulle tracce di quell’autovettura, agente. Per
ora ci limiteremo a monitorare le sue azioni per capire cos’ha in mente.»
comandò Fury.
«Ammesso
e non concesso che ci sia possibile capire cos’ha davvero in mente.» disse cupo Hawkeye, e il dottor Banner concordò
con lui.
Rogers si
agitò sulla propria sedia, forse a disagio e forse ansioso di passare
all’azione:
«Ci dica
come dobbiamo muoverci, signore.»
Nick Fury
li guardò uno a uno. Sui loro volti lesse un misto d’insofferenza e determinazione,
e intuì che nonostante la sorpresa e il ristretto lasso di tempo trascorso
dalla precedente e prima missione tutti loro erano pronti ad
agire, senza riserve e senza paura.
Non
sarebbero mai stati un gruppo semplice da gestire e avrebbero sempre presentato
dei punti deboli per carattere e legami, ma erano e rimanevano una straordinaria mezza
dozzina.
«Dovremo
spostarci di città in città per arginare ogni singolo attacco, Capitano. Avremo
aiuti e coperture dal Governo e dall’Esercito, e per quanto io li ritenga degli
inetti in questa situazione non potranno che farci comodo. Inizieremo stanotte,
da Washington.»
Natasha
Romanoff si alzò e scosse i capelli rossi: «Andiamo a prepararci.» disse.
Gli altri
la imitarono e abbandonarono la stanza a passi decisi; solo Thor si attardò una
manciata di attimi per scambiare un’ultima occhiata col direttore. Infine
baciò Jane in fronte e seguì i colleghi midgardiani verso la battaglia
imminente.
Erin e
Loki non si allontanarono da Boston alla chetichella.
L’irlandese
fece rombare il motore del Duetto e s’immise sgommando in strada, evitando
cassonetti infuocati e passanti in fuga, e attraversarono la città in piena
vista per sgominare il più alto numero di skrull e compagni che fosse loro consentito.
Il Dio degli Inganni lanciò magie ferali e lame create dal nulla ed Erin mise in mostra le proprie incredibili capacità di pilota.
Non ebbe il coraggio di servirsi del flauto reso arma, avendo ancora qualche
remora al riguardo, ma non ce ne fu bisogno: l’asgardiano era inarrestabile e
la sua mira infallibile, e godeva enormemente dei propri rinnovati poteri.
Quando
ebbero superato la periferia occidentale della metropoli e si furono inoltrati
a sufficienza nella zona rurale, la ragazza di Galway fermò la macchina nei
pressi di una stazione di servizio e prese a trafficare con
alcuni oggetti che teneva nel cruscotto. L’elmo, l’armatura e il manto di Loki
si dissolsero nell’aria, lasciandolo con indosso il resto degli abiti da
guerra.
«Potresti parlarmi di Thanos mentre sistemo l’autoradio?» lo pregò lei.
Lui la
accontentò. La mise al corrente, senza perdersi in dettagli, del patto che
aveva stretto col titano a proposito del Cubo Cosmico e del dominio della Terra
e di come questi gli avesse garantito grandi sofferenze qualora non avesse
rispettato l’accordo. I piani di entrambi erano falliti, quelli di Thanos per
colpa della sconfitta di Loki, e i nuovi attacchi erano l’inevitabile
conseguenza di tutto ciò: il titano voleva punirlo e riuscire laddove lui
non aveva avuto successo per dimostrare la propria forza, disse con astio il
Dio degli Inganni.
Erin
sollevò lo sguardo dall’apparecchio: «E il Cubo? Non gli interessa più?»
«Gli
interessano entrambe le cose, ed entrambe vorrà prendersi.» rispose Loki: «Manderà qui i suoi soldati e nel frattempo penserà a come impossessarsi del
Tesseract.»
«E il
Tesseract dove si trova, adesso?» chiese l’irlandese cercando di avere un
quadro generale della situazione. Con un clic
inserì la radio nel vano apposito.
L’asgardiano
fissò il vuoto: «Ad Asgard. Odino lo ha in custodia da quando io e Thor siamo
tornati con esso. Ma Asgard non è facilmente espugnabile né assediabile, e
immagino che Thanos studierà con cura una strategia vincente.»
«E
intanto i suoi conquisteranno la
Terra per lui.» concluse Erin.
«Dal tuo
tono si evince che forse agiresti nel medesimo modo.» ghignò Loki, soddisfatto
che la donna d’Irlanda si confermasse sì affine al suo animo e pensiero.
Lei fece
spallucce: «Perché no? È un buon piano. Peccato che ci si ritorca contro,
cazzo!» esclamò, e in quella girò la manopola d’accensione della Kenwood che
aveva fatto installare a caro prezzo sull’impianto originario del Duetto. Le
note di una canzone dei Rolling Stones riempirono l’abitacolo, ed Erin battè le
mani a tempo sul volante; il Dio degli Inganni emise un suono di leggero
disprezzo e poggiò il capo contro lo schienale del sedile.
«Questo aggeggio
dovrebbe tornarci utile?» s’informò.
«Per
contrastare l’invasione dovremo sapere quali città sono sotto attacco e come si
evolvono le cose, e la radio è un ottimo mezzo per ottenere informazioni in
tempo reale.» spiegò la flautista. «Inoltre abbiamo il mio computer, il mio
iPhone e le tue cazzutissime capacità divine. Dovrebbero bastarci.»
L’asgardiano
rise compiaciuto e lei abbassò il volume della musica, facendosi seria.
«Loki.»
lo chiamò poi, e nella sua voce vi fu un tremito appena accennato che indusse
l’interpellato a voltarsi nella sua direzione: «Perché vuoi restare qui?
Perché non tornare subito ad Asgard e bloccare Thanos? Potresti avere il Cubo
per te soltanto, se lo volessi.»
Si
guardarono negli occhi, e il Dio degli Inganni ebbe la netta impressione che
nella mente di Erin Anwar – e finanche nel suo cuore – si agitassero due idee
differenti, una che le suggeriva di proporgli scenari allettanti e l’altra che
la turbava con l’ipotesi di perderlo.
Optò
allora per la risposta più semplice e vicina alla verità:
«Midgard
doveva essere mia e mia sarà, e non lascerò che Thanos si prenda gioco di me. Asgard
e il Cubo possono attendere.»
Ma non le
disse che probabilmente non avrebbe potuto farvi ritorno neppure volendo,
poiché niente lasciava intendere che Odino avesse revocato la sua messa al
bando, nonostante gli avesse restituito i poteri. Per sfuggire all’esilio
avrebbe dovuto compiere qualcosa che fosse grandioso e degno del Padre degli
Dei, qualcosa che lo facesse apparire cambiato in meglio.
«Se la
conquisterai col mio aiuto mi concederai di governarla assieme a te?» lo
provocò Erin con uno dei suoi sorrisi arroganti dipinto sul bel viso.
Loki le
catturò le labbra con le proprie in un bacio veloce e sogghignò di nuovo:
«Non lo
escludo.»
L’irlandese
scoppiò a ridere e afferrandolo per il risvolto del pastrano lo tirò a sé per
baciarlo a sua volta, intensamente. Quindi riaccese i motori e rientrò in
carreggiata.
Nella
settimana che seguì tanto i Vendicatori quanto il duo diedero del filo da
torcere agli avamposti di Thanos, da una parte all’altra dell’America del Nord,
e se lo S.H.I.E.L.D. seguì a distanza gli spostamenti di Loki ed Erin senza
intervenire, dato che non intralciavano le azioni degli Avengers, i due
prestarono orecchio alle notizie diffuse dai media per conoscere i movimenti
degli altri. Stettero bene attenti a non incrociarsi, o magari fu soltanto una
coincidenza se in quei sette giorni scelsero sempre città diverse in cui
combattere gli invasori.
Nick Fury
avrebbe voluto scoprire perché diavolo il fratello del Dio del Tuono pareva
stare dalla loro parte, se realmente ci stava e chi era la persona che gli si
accompagnava, ma in quel frangente mettere in sicurezza i civili era la
priorità assoluta. Thor invece avrebbe voluto raggiungere Loki direttamente per
parlargli, e com’era ovvio non gli fu permesso.
Intanto
gli attacchi proliferavano, e presto il raggio d’azione dei soldati alieni si
estese all’intero continente americano, dall’Alaska all’Argentina, e il numero
di nemici che giungeva sulla Terra aumentò: erano skrull, chitauri e kree, tre
razze appartenenti allo stesso ceppo genetico, e Tony Stark definì i secondi
“gli avanzi dell’altra volta”, riferendosi al magistrale colpo di testata
nucleare che aveva personalmente lanciato contro la loro nave madre.
Sembrava
che lo scopo di quegli assedi mirati fosse fiaccare le difese terrestri in
vista di un attacco più vasto e definitivo, e sia lo S.H.I.E.L.D. che la N.A.S.A. controllarono il
cosmo attorno al pianeta con satelliti e sonde spaziali per capire quale fosse
il punto d’origine dell’invasione e se vi fossero flotte in attesa oltre
l’atmosfera: non trovarono niente, e d’altronde il temuto attacco definitivo
non aveva ancora avuto luogo. Il punto d’origine e le sedicenti flotte, se ve
n’erano, rimanevano ben celati anche alle sofisticate apparecchiature
S.H.I.E.L.D.
Nel
frattempo Erin e Loki macinavano miglia di strada a bordo del Duetto verde e badavano
di non incappare in interviste o telecamere che avrebbero attratto troppo
l’attenzione dei ridicoli combattenti midgardiani, come il Dio degli Inganni
soleva chiamare i Vendicatori. L’irlandese era di opposto avviso e fece
presente al compagno che farsi un po’ di pubblicità era un ottimo metodo per
conquistare le folle che avrebbero seguito con passione le loro gesta. Lui però
non volle sentir ragioni ed Erin lasciò correre.
In fondo
l’adrenalina della lotta e del viaggiare sulle highways americane col vento tra
i capelli insieme a un ingannatore divino di cui era l’amante e la complice era
sufficiente, pensava sempre mentre guidava, occhiali da sole inforcati sul
naso, finestrini e capote abbassati e cursore della Kenwood puntato su Virgin
Radio nonostante le sprezzanti proteste di Loki. Ed era fantastico non doversi
crucciare circa i soldi per carburante, cibo e pernottamenti, poiché le arti
magiche dell’asgardiano permettevano la moltiplicazione di banconote di
qualunque taglio.
Lui si
affidava alle capacità diplomatiche della donna d’Irlanda e alla sua natura
umana che tanto tornava utile nell’interazione con altri mortali, specialmente
adesso che erano spaventati e all’erta per colpa degli stolti invasori.
Come
Fury, anche Loki si domandava quando Thanos si sarebbe mostrato, scatenando un
attacco degno di questo nome, e di notte si spingeva sovente nei meandri degli
universi con la mente per cercarlo e raccogliere indizi sui suoi oscuri
disegni. Ma come per lo S.H.I.E.L.D. e la N.A.S.A. egli restava celato alla sua vista, per
quanto questa fosse acuta.
Attrversando
il paese più o meno da costa a costa, l’asgardiano e l’irlandese giunsero alle
porte di San Francisco. La metropoli californiana non era ancora stata
liberata, e alte colonne di fumo s’innalzavano nel cielo abbacinante sotto il
caldo sole di mezzogiorno; la maggior parte degli abitanti doveva essere già
fuggita nelle campagne, a giudicare dall’assenza di auto in uscita dalla città,
e le sirene e gli spari che si udivano in lontananza indicavano che v’erano
scontri in atto. Erin e Loki ne seguirono il suono, spingendosi fino alla zona
più elevata di San Francisco per avere una visuale completa, e qui scesero di
macchina per osservare la distesa di palazzi e strade che si stendeva ai loro
piedi sino all’oceano. La guerriglia pareva concentrarsi nei pressi della
costa, nel centro della città.
L’elmo,
il manto e l’armatura fecero la loro comparsa sulla figura eretta del Dio degli
Inganni, e la ragazza di Galway tirò fuori dalla custodia il flauto magico.
«Mezzogiorno di fuoco.» citò lei. «Andiamo in auto?»
«Almeno
fino al campo di battaglia. Pare che arrivare a bordo di un veicolo ordinario
sortisca sempre un vantaggioso effetto sorpresa.» rispose lui: «Metti in
moto, donna d’Irlanda.»
Saltarono
di nuovo a bordo del Duetto ed Erin lo mandò a rotta di collo giù per le ripide
discese di San Francisco, passando accanto a case distrutte e sbaragliando
postazioni di guardia nemiche atte a sorvegliare i civili rimasti bloccati
nella metropoli – civili che allora uscirono allo scoperto e seguirono correndo
la vettura verde, gridando frasi d’incoraggiamento all’indirizzo dei due. Erin
ammiccò e Loki scrollò le spalle.
In un
baleno furono nella zona dello scontro e arrivarono proprio dietro alle linee
che i soldati di Thanos avevano schierato per fronteggiare poliziotti e
marines. Uscirono di nuovo dall’auto e l’irlandese diede un paio di secchi
colpi di clacson che riecheggiarono tra i grattacieli come squilli di tromba. Skrull
e chitauri presenti si voltarono e nel vedere i due indietreggiarono
d’istinto, più per lo stupore che per lo spavento, e il Dio degli Inganni
lanciò il primo incantesimo sogghignando. Mentre questo esplodeva tra le file
nemiche, uccidendo una decina di invasori, Erin scattò in avanti e col flauto
disegnò un arco argenteo nell’aria, colpendo con violenza gli alieni più
vicini; poi incrociò una delle loro lunghe lance e prese
a combattere corpo a corpo col proprietario di essa, e Loki avanzò, possente e
temibile, seguitando a lanciare magie ferali.
Nell’accorgersi
della venuta di alleati insperati i militari midgardiani riacquistarono
convinzione e caricarono gli avversari a fucili spianati, facendo sì che questi
si trovassero stretti in una morsa cui non poterono sottrarsi: da una parte
avevano le pallottole degli umani, dall’altra l’arma indistruttibile
dell’irlandese e l’incantatore asgardiano.
Lo
scontro si risolse in fretta e i soldati di Thanos ne uscirono sconfitti, e i
loro superstiti fuggirono verso il mare. Loki afferrò per un braccio il
comandante dei poliziotti:
«Altri
dei vostri stanno ancora combattendo, mortale?» lo interpellò imperiosamente.
«Sissignore, abbiamo squadre impegnate sul Golden Gate.» rispose l’uomo
fissando con occhi sgranati le lucenti corna ricurve dell’elmo del Dio degli
Inganni.
«E
immagino che il Golden Gate di cui parli si trovi nella direzione in cui sono
scappati gli skrull sopravvissuti.»
L’altro
annuì, desideroso di scappare a sua volta: «È il ponte sull’oceano. Avete ancora
bisogno di noi, signore?» balbettò scioccamente.
Loki lo
guardò con condiscendenza e lo lasciò andare: «Non abbiamo mai avuto bisogno
di voi, ma i tuoi colleghi avranno sicuramente bisogno di noi.» sentenziò.
Quindi
tornò da Erin, che si era messa a chiacchierare amichevolmente con un drappello
di marines, e platealmente le cinse i fianchi per tirarla via di lì; gli uomini
li guardarono andare verso il Duetto con una punta di delusione, e lei volle
sapere cosa aveva detto il poliziotto. L’asgardiano la mise al corrente sulla
battaglia in corso al Golden Gate e subito la ragazza di Galway fece sgommare
gli pneumatici sui detriti che ricoprivano l’asfalto per raggiungere il ponte.
Durante il tragitto notò che nel cielo sopra la città erano comparsi un paio di
grossi velivoli dall’aspetto governativo, e pensò che fossero arrivati dei
rinforzi.
La
gigantesca struttura metallica del viadotto era presidiata da ambo i lati
d’accesso da due nutriti squadroni di kree, impegnati a respingere i corpi speciali dell’esercito, e i rumori della lotta
aleggiavano sullo scintillìo delle acque sottostanti.
Di nuovo,
la comparsa di Loki ed Erin ebbe il potere di distrarre i soldati di Thanos e
di procurare un leggero vantaggio d’azione ai militari americani. Quando i
due si lanciarono nella mischia lo scontro si fece infuocato, e molti tra
invasori e difensori caddero morti o finirono in mare. Tuttavia con l’aiuto del
Dio degli Inganni e dell’irlandese gli umani riuscirono a conquistare metà del
ponte, ed esultando volarono a dare manforte ai compagni che ancora
combattevano per la metà rimanente. L’aria era satura di grida e fumo.
Ma mentre
Erin seguiva i midgardiani, Loki si bloccò: aveva udito suoni e voci familiari,
e nella foschia creata dagli spari e dalle esplosioni riconobbe, oltre le linee
nemiche, la forma di un grande martello e una corpulenta sagoma verdastra.
Stringendo i pugni con malcelato fastidio attese che la battaglia si placasse,
sebbene già sapesse cosa avrebbe visto, e per non perdere prematuramente la
pazienza si concentrò sulla figura sinuosa della donna d’Irlanda
che come una furia maldestra colpiva gli avversari, dipingendo scie lucenti intorno a sé.
Infine
gli umani ebbero la meglio ed Erin corse da Loki ammaccata e sorridente, e soldati e poliziotti si prodigarono in lodi e ringraziamenti diretti
tanto ai due quanto all’altro gruppo di persone presente sul Golden Gate, quello
che aveva liberato l’altra metà.
E come il
fumo si diradò il Dio degli Inganni si ritrovò a fissare l’inconfondibile e
colorita mezza dozzina dei Vendicatori, e Iron Man, l’Hulk, Capitan America,
Hawkeye e la Vedova Nera fissarono lui a bocca aperta. Thor lasciò cadere a terra Mjölnir e gli si fece
incontro sorridente tuonando: «Finalmente, fratello!», e Loki non mosse un
muscolo.
Erin
scoppiò in una risata incredula: «Non è possibile.» esclamò.
> Note a piè di
pagina
Se c’è una cosa che ho sempre trovato improbabile nei film d’azione/fantascienza
sono gli attacchi nemici concentrati in una sola
città americana a scelta tra NY, Los Angeles e al massimo Washington: così mi
son voluta togliere lo sfizio di dipingere uno scenario post-apocalittico
con attacchi ben distribuiti in tutti gli Stati Uniti e con resistenze civili e
militari asserragliate tra case e bidoni come nei migliori film del genere.
Erin e Loki intanto sono on the road
come due novelli Bonnie & Clyde, e com’era inevitabile che fosse si sono imbattuti nei sei casi umani (?) più straordinari dei Nove Regni…
Il luuuuunghissimo titolo del capitolo è nuovamente tratto da Invincible degli Ok Go, che se non si
fosse ancora capito mi garba da morire. Come musica d’accompagnamento
suggerisco invece caldamente Too old to
die young di Brother Dege, tratta direttamente dalla CLAMOROSA colonna
sonora di Django Unchained.
Ah, in questi mesi ho prodotto (e produco tuttora) una quantità non
indifferente di disegni e grafiche sulla pericolosa accoppiata Erin-Loki. Se vi
incuriosiscono ditemelo e troverò il modo di mostrarveli :)
Ossequi asgardiani e alla prossima!