L’arrivo
«Londra.
Non ci posso credere. Finalmente siamo a Londra!»
pensai appena arrivata all’aeroporto.
Come promesso Serena ed io avevamo raggiunto Giulia appena finita la
maturità.
Giulia aveva un anno in più di noi ed era a Londra da circa
un mese. Era
riuscita a trovare un lavoro sia per lei sia per noi, in un locale
vicino
quella che sarebbe stata casa nostra. O almeno così ci aveva
detto l’ultima
volta che l’avevamo sentita, con gli esami non avevo avuto
molto contatto con
il mondo esterno.
«Marti!
Sere!»
ci salutò la nostra amica correndoci incontro.
Era alta, slanciata e semplicemente bellissima. Bellissima, con gli
occhi verdi
che le illuminavano il viso dai lineamenti fini e delicati. Notai che
alla fine
si era decisa a fare dei leggeri colpi di sole sui lunghi capelli
mossi. E il
suo sorriso. Mi ero dimenticata della bellezza del suo sorriso, sincero
come
pochi, con le labbra carnose che incorniciavano i denti dritti e
bianchi.
Lasciammo cadere le valigie e le borse per abbracciare Giulia.
«Oddio!
Ci sei mancata tantissimo!»
esclamai mentre ci dondolavamo tutte e tre
abbracciate in mezzo alla folla divertita e intenerita dalla scena.
«Anche
voi! Non sapete che dramma, la
casa era sempre così vuota»
«Beh,
ora pregherai perché si svuoti!»
sorrise
Serena.
Ci staccammo e raccogliemmo le valigie. Ero al settimo cielo, il cuore
mi
batteva all’impazzata e non riuscivo a stare ferma.
«Pronte
per vedere la nostra umile
dimora?»
ci chiese Giulia fermando un
taxi.
Ancor a non si era abituata alla guida inglese, quindi preferiva usare
mezzi
pubblici e taxi.
«Allora,
com’è Londra?»
chiesi dopo essermi seduta dietro l’autista.
«Bellissima,
e se non siete troppo
stanche vi faccio vedere un po’ ciò che abbiamo
vicino casa»
«Li
hai visti?»
chiese Serena senza riuscire a contenere la curiosità. Gli
occhi azzurri le brillavano alla sola idea.
«Come,
non avete letto i messaggi su
Skype?»
ci chiese sgranando gli occhi.
Cominciai a boccheggiare. Li aveva visti. Così, per strada,
in un giorno
qualunque, belli come sempre.
«No.
Non ci credo»
esclamò la bionda con la voce più
acuta del solito.
«Infatti
non li ho visti!»
rispose scoppiando in una fragorosa risata.
«Che
merda che sei! Mi hai fatto morire!»
dissi dandole una leggera spinta con la
spalla.
Il taxista ci osservava dallo specchietto retrovisore. Non capiva una
parola di
quello che stavamo dicendo.
Gli sorrisi e mi scusai in inglese «Siamo
italiane»
gli feci capire.
Non ero un asso nelle lingue straniere, ma negli ultimi due anni ero
migliorata
moltissimo e il mio “martinglese”, una via d mezzo
tra l’italiano e l’inglese
caratterizzato da parole molto originali, assomigliava sempre
più alla lingua
straniera vera e propria.
Lui annuì e tornò a guardare la strada.
Cercammo di farci raccontare qualcosa in più da Giulia, ma
lei ci spiegò poco o
niente continuando a ripetere: «Lo
scoprirete presto!»
L’avrei volentieri uccisa, ma decisi di lasciarla in vita
solo per dividere
l’affitto.
«È
disumano che tu non ci voglia dire
niente!»
sbuffò Serena all’ennesimo “lo
scoprirete presto”.
Arrivammo davanti ad un enorme palazzo e il taxista fermò
l’auto avvisandoci
dell’arrivo.
«Ed
ecco la nostra reggia!»
ci disse Giulia sorridendo ironica.
«Mi
sarebbe andato bene anche uno
scantinato!».
Presi la mia valigia ed entrai
nel portone. C’era solo una rampa di scale, nessun ascensore
in vista.
«Oh
Marti, sali pure! L’ultimo piano, la
porta sulla sinistra»
«Ultimo
piano?!»
chiedemmo io e Serena in coro.
Giulia scoppiò in una fragorosa risata, prese le nostre due
borse e ci sorpassò
facendoci strada.
Tre piani, due rampe di scale per ogni piano. Niente ascensore. Sarebbe
stata
dura, molto dura.
«Beh,
potremmo perdere l’abitudine di
andare a correre..»
«Con
tutto quello che smaltiamo con
queste maledette scale!»
concluse Serena.
La nostra amica rise: «Mi
mancava il
vostro completarvi le frasi!»
Sorrisi e diedi una pacca affettuosa sul sedere della mia migliore
amica. Ci
conoscevamo da talmente tanto tempo ed eravamo talmente tanto affiatate
da
diventare quasi telepatiche. Pensavamo la stessa cosa nello stesso
momento, ci
guardavamo anche per un secondo e capivamo senza aprire bocca quello
che
l’altra doveva dire, cominciavamo a cantare la stessa canzone
nello stesso
momento. Era la cosa più bella che la vita potesse darmi.
Arrivate all’ultimo piano lasciai cadere di nuovo le valigie
e aspettai,
sedendomi su un gradino, che Giulia aprisse la porta.
«È
stato orribile!»
piagnucolò Serena sedendosi affianco a me.
«Ma
voi due non dovreste essere delle
atlete?»
ci chiese Giulia aprendo
finalmente la porta di casa.
Scattai in piedi. Ero esaltata all’ennesima potenza e avevo
un sorriso che
partiva da un orecchio e arrivava all’atro.
“Casa nostra. A Londra! È un sogno.”
pensai guardando oltre la porta.
L’appartamento era abbastanza grande, due camere da letto, un
salottino, un
bagno e la cucina.
Serena si era già appropriata della camera da letto lasciata
libera da Giulia,
così mi toccava dormire sul divano-letto in salotto.
«E
io i vestiti dove li metto?»
chiesi posando la valigia vicino a quello che
potevo definire letto.
«Se
vuoi ti lascio un po’ del mio
armadio!»
mi disse Serena prendendomi in
giro.
«Simpatica.
Davvero simpatica!»
le mostrai sorridendo il dito medio.
«Avete
davvero poca fiducia nelle mie
capacità organizzative! Ho trovato la casa?»
Serena ed io annuimmo.
«Ho
trovato il lavoro per tutte e tre?»
ci chiese ancora. Annuimmo di nuovo.
«Lunedì
arriva l’armadio da mettere lì!»
disse sorridendo fiera ed indicando la parete
spoglia.
«Sei
il mio nuovo idolo!»
le dissi facendo girare il mio braccio
attorno alla sua vita.
Ci aiutò a sistemare un po’ la roba e dopo
un’oretta decidemmo di andare a fare
il giro del quartiere.
«Vi
spiace se prima mi faccio una doccia?»
«Sì,
anch’io dovrei farla..»
annuì Serena.
Giulia annuì e andò seguita dall’altra.
Presi l’intimo pulito e l’accappatoio ed entrai nel
bagno buttandomi sotto la
doccia. Mi lavai i capelli, mettendo anche il balsamo.
Avevo dei capelli strani, lunghi fin sotto il seno, castani con i
riflessi
naturali ramati e mossi, più o meno. Non avevano una forma
definita, erano tra
il liscio e il mosso. Li avevo sempre odiati anche se stranamente molte
persone
li trovavano “magnifici”.
Rimasi qualche minuto ferma sotto il getto d’acqua, gli occhi
chiusi e la testa
appoggiata al muro rilassandomi il più possibile.
Dopo essermi sciacquata e asciugata per bene mi misi l’intimo
e andai in sala
in mutande e reggiseno.
Erano entrambe sdraiate sul mio letto, con il portatile davanti.
«Sei
molto sexy con il turbante!»
mi prese in giro Giulia indicando
l’asciugamano che avvolgeva i mie capelli.
«Grazie
mille!»
le risposi io ridendo.
Serena andò in bagno a lavarsi, io guardai fuori dalla
finestra per decidere
cosa mettere. C’era il sole ma notai che i rami degli alberi
si muovevano
quindi decisi di indossare dei pantaloni beige, una canotta nera e un
cardigan
abbinato ai pantaloni.
Dopo essermi vestita mi sdraiai affianco alla mia amica e accesi il mio
computer portatile, regalo dei miei genitori per il diploma.
Entrai nel mio profilo facebook. Quattro persone avevano pubblicato
qualcosa
sulla mia bacheca.
Mia sorella maggiore una nostra foto di quando eravamo piccole, a casa
dei
nostri nonni materni, con una dedica decisamente lunga per i suoi
standard.
“Cara Marti,
non sono mai stata una persona particolarmente dolce nei tuoi
confronti, ma sei
partita da due ore e già mi manchi.
È vero che tra università e lavoro alla fine non
ci vedevamo più di tanto ma il
sapere che quando tornerò a casa tu non ci sarai e che per
cinque lunghi mesi
non ti vedrò, non potrò litigare con te, non
potrò rubarti i vestiti (visto che
ti sei presa tutto quello che mi piaceva!), mi fa venire male al cuore.
Non posso non pensare a quando eravamo piccole, della volta in cui eri
andata
via una settimana con la parrocchia e io mi rifiutavo di parlare al
telefono
con te perché mi avevi abbandonata ed ero arrabbiata, offesa
e tremendamente
cocciuta.
Quando tornasti a casa non litigammo per tutta la settimana, un record!
Ricordo anche della nostra più grande litigata.. quando ho
pensato di averti
davvero persa per sempre. Ricordo che tornata a casa da lavoro tutte le
foto in
cui c’eri tu erano strappate, ti eri tolta da ognuna di esse
e mi avevi scritto
che tu per me non esistevi più.
Non mi avevi più rivolto parola, fino a poco tempo fa.
Un venerdì, mentre stavamo andando a una partita, ricordo
che diluviava e i
tergicristalli non andavano, e noi dovevamo pulire il vetro con i
fazzolettini
di carta e il braccio fuori dal finestrino. Scoppiammo a ridere dopo
circa due
secondi e arrivammo alla partita come se non avessimo mai litigato.
Dopo la
partita uscimmo con la squadra e tornate a casa venni a dormire nel tuo
letto.
Ringrazio il cielo di aver fatto pace con te prima della tua partenza.
Oddio sembra tu sia morta!
Ti voglio bene sorellina, già manca la tua presenza in casa.
Un abraccio da tutta la famiglia
Ps: ho già comprato il biglietto per venire a trovarti!”
Mi
asciugai una lacrima che mi stava colando sulla
guancia. Non sapevo cosa risponderle, era di una tenerezza che non
avevo mai
ricevuto da parte sua.
Mi concentrai e cominciai a scrivere:
“Cara sorellona,
anche voi mi mancate tanto, soprattutto la tua testolina calda e le
nostre
litigate.
Sono finita a dormire su un divano-letto, ma non dirlo a mamma e
papà che poi
si preoccupano!
Mi dispiace di aver strappato le foto, ma quella volta avevi davvero
esagerato,
ne sei consapevole vero?
Ora scappo che devo fare un giro del quartiere. Lunedì
comincio a lavorare e
non vedo l’ora!
Vi voglio un mondo di bene, soprattutto a te!
Ps: Non vedo l’ora!
Pps: Fatti skype, sfigata!
Ppps: Grazie per il vestito grigio! Lo adoro!”
Sorrisi, glielo avevo rubato e infilato in fondo alla valigia in modo
tale che
non se ne accorgesse.
Carolina aveva pubblicato una foto mia e sue della festa dei diciotto
anni di
Denise.
“Mi mancherai un sacco. Ti voglio
bene
tatona <3”
Misi
mi piace e commentai: “Anche tu mi
mancherai tantissimo, ma spero verrai a trovarmi! Ti voglio
un bene immenso. <3”
Delia aveva pubblicato una foto di noi due la prima volta che andai a
dormire
da lei. Era davvero una delle foto più imbarazzanti che
potesse scegliere,
oltre quella in cui mangiavo un enorme pezzo di lasagna.
Risi ricordando il mio orribile pigiama a cuori.
“Ma dovevi proprio partire?!
Già mi
manchi.. Ti voglio benissimo sfigata! <3”
“Sempre la più tenera! Vuol
dire che verrai a trovarmi
con Caro! Ti voglio bene Coop <3”
Le avevo affibbiato quel soprannome alla festa dei suoi diciassette
anni
perché, per pettinatura e vestito, assomigliava tantissimo a
Misha Barton.
«Ma
quanto ci mette la Sere a farsi una
doccia?»
«Oh,
abituatici! È lenta come un bradipo
quando si deve preparare! -, le dissi sorridendo.
«Ottimo!»
Tornai a concentrarmi sullo schermo del computer.
Claudia aveva pubblicato una foto mia, sua e della Marti risalente alla
scorsa
estate, una delle poche volte che eravamo andate in piscina.
“Ci manchi tantissimo, davvero un
sacco.
Il fantastico trio è diventato ora un duo! (capisci
l’allusione al Re Leone
vero?). Comunque ti vogliamo un mondo di bene e non vediamo
l’ora del tuo
ritorno! <3”
Sorrisi per l collegamento ai cartoni animati, a me piacevano talmente
tanto
che le avevo obbligate a guardarli e a farglieli adorare.
“Come potrei non notare
un’allusione del
genere?! Mi mancate moltissimo anche voi, e spero riusciate a venirmi a
trovare
senza dover aspettare cinque mesi per vederci di nuovo. Vi voglio
davvero bene
ragazze. <3”
Serena uscì finalmente dal bagno.
«Ce
l’hai fatta!»
esclamò Giulia chiudendo il portatile.
I capelli biondi e ricci le ricadevano voluminosi sulle spalle, dandole
un’aria
sbarazzina. Gli occhi color del ghiaccio risaltavano ancora di
più grazie al
sottile filo di matita nera. Le labbra si aprivano in un dolce sorriso
e le gota
erano rosate, probabilmente per un po’ di phard.
Indossava dei pantaloni blu, una canotta bianca e una giacca del colore
dei
pantaloni, che risaltavano i suoi punti di forza, la curva del seno
abbondante
e la pancia piatta. In quel momento era all’apice della sua
bellezza, una
bellezza tra il classico e il selvaggio, una bellezza particolare e
unica.
Le fece una linguaccia prendendo la borsa.
«Bene,
ora che la nostra miss è pronta
possiamo andare!»
dissi sorridendo.
Chiusi il computer mettendolo in standby e balzai in piedi infilandomi
la mie
solite scarpe basse.
Ero euforica.
YEEEP
Salve
bella gente!
E’ abbastanza difficile scrivere uno spazio
autrice…non
so nemmeno da dove cominciare!
Alloooooora..siamo due persone (ma dai, non mi
dire?)..
È una storia scritta a quattro mani, ma il genio
del male è Martina (Martis) tutta una sua idea!
Quindi, se esistono dei complimenti sono tutti per
lei c:
Se invece esistono delle critiche..se le becca lei
lo stesso!
Questo è il primo capitolo, è proprio
l’inizio,
quindi fateci sapere come vi sembra c:
Ciaaaaaaaaao banane<3
martis & giuls