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Autore: inibizione    11/03/2013    3 recensioni
"Scommetto che farmi da infermiere era uno dei tuoi sogni nel cassetto" ironizzo mentre lo osservo prendersi cura di me con tanta veemenza.
Lui versa l'acqua nelle tazze e le poggia sul tavolo, mentre il contenuto si tinge di un pallido color ambra.
"Ho passato giornate peggiori" dice, stringendosi nelle spalle.
"Quindi questa potrebbe rientrare in un'ipotetica top ten delle migliori?"
Louis mi guarda attentamente, come se stesse scegliendo con cura le parole, poi "Forse", mi sorride in quello che mi sembra un tono piuttosto malizioso.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Allora: ho fatto la spesa, quindi frigorifero e credenza sono pieni, ti ho lasciato dei soldi in camera tua e se hai bisogno di qualunque cosa chiamaci subito". Mi guarda e “Tesoro, sei proprio sicura di non voler venire?” ripete, mentre papà carica le ultime borse in macchina.
“Sicura. Ho promesso a Louis di andare alla partita di calcetto, sabato”.
Ma domenica è Pasqua!"
“Avanti Marlene, lasciala stare! E’ grande ormai, non puoi più pretendere che ci segua ovunque”.
E poi mi chiedono perché amo il mio papà! Gli schiocco un sonoro bacio sulla guancia e la mamma ci guarda un po’ offesa.
“Certo, fate sempre fronte comune voi due! Mai che tu sia dalla mia parte, George!”
Papà mi mette un braccio intorno alle spalle e la guarda sorridendo. 
Non fare cosi, tesoro. Sono ragazzi, si divertiranno. E poi l’ha promesso a Louis!” le fa l’occhiolino.
“Oh avanti papà!” 
“Ah, beh, se è cosi allora…” ridacchia mia madre.
“Ok, ok, adesso andatevene, su!” 
“Ciao tesoro, fai la brava” , mettono la retromarcia e “Salutaci Louis”.
Che simpatici!

L'idea era quella di poltrire sul divano tutto il pomeriggio, dato che Louis è agli allenamenti, assieme a un pacco di biscotti e un paio di serie alla tv, sepolta sotto una grossa coperta, ma quando apro gli occhi - l'orologio sulla mensola segna le dieci meno cinque - mi rendo conto di aver dormito quasi sette ore. Mi metto a sedere, con le gambe pesanti e la testa che mi scoppia. Ho la fronte bollente e la bocca secca, il termometro segna 38.8 gradi. 
Decido che non è il caso di avvisare i miei, non sia mai gli venga la strana idea di tornare indietro. Addio pace!
Ingoio una tachipirina, do un’occhiata al casino in salotto ma lascio tutto com'è, sarò sola per una settimana, posso anche rimetterlo a posto domani.


Rimbambita come sono ho dimenticato di togliere la sveglia. Il trillo mi sveglia esattamente cinquanta minuti dopo la gloriosa conquista di un sonno tranquillo, dopo una notte in bianco. La spengo e ricontrollo la temperatura, 38.4. Ok, niente scuola.
Affondo di nuovo tra le coperte e cerco di ricordare cosa stavo sognando, qualcosa di bello... ma il led del telefono lampeggia contro il muro, di nuovo. 
capisco che storia non sia la tua materia preferita,
ma arrivare in ritardo non migliorerà i tuoi rapporti
con la Miller e Napoleone. Muoviti! Lou xx

Un sorriso mi tira all’insù gli angoli della bocca, mentre digito frettolosamente una risposta. 

 
Spiacente, dovranno fare entrambi a meno
di me per oggi. Febbre!
    
: ( Come ti senti?
    
    Un po' debole, ma non sono ancora da buttare ;)
 

All’ora di pranzo passo per la cucina, ma mi rendo conto che non ho davvero fame e vado a fare una doccia bollente. Metto una tuta larga e pesante e torno a seppellirmi tra il divano e il plaid scozzese, finchè non bussano alla porta. Faccio appello a tutta la mia forza di volontà e vado ad aprire, trovandomi di fronte ad un Louis Tomlinson sorridente con il suo zaino sulle spalle e un sacchetto di carta in mano.
“Hey!” 
“Lou…”
“Brava Lola, ti ricordi ancora come mi chiamo. La febbre non ti ha ancora rincretinito del tutto”
 ed entra, mentre io rimango imbambolata con una mano sulla maniglia, ricordando solo ora di aver sognato proprio lui questa notte.
“Questa è meglio se la chiudiamo, eh?”, chiude la porta al posto mio, poi poggia la labbra sulla mia fronte.
“mmm… mi sa che è proprio alta. Ci sarà da divertirsi anche questa volta” ridacchia.
“E dai, Lou. Non è divertente registrare i miei deliri febbricitanti e ricattarmi per i compiti di geografia!"
“Si che lo è! L’ultima volta vedevi i Simpsons in giro per casa!” e scoppia in una sonora risata.
Ah-ah. Ma l’ultima volta tu non avevi una partita di calcetto molto importante, quindi non puoi stare qui a ridere dei miei deliri stavolta".
Gli afferro un braccio e lo spingo verso la porta. Lui alza un sopracciglio, tra il sarcastico e il perplesso.
“Dai Lou, ci tieni tanto a questa partita non puo-”
“Ma tu non stai bene e non puoi stare da sola. Quindi se proprio devi rimanere a casa con la febbre, ci rimarremo insieme”
 dice soddisfatto del suo ragionamento. Si mette comodo sul divano, poggia lo zaino a terra e come al solito si toglie le scarpe, ignorando la mia espressione contrariata.  
"Guarda che se non vieni qui prenderai freddo e inoltre io potrei mangiare tutti i muffin del signor Eink" e siccome sa che quei dolci sono il mio punto debole, sorride compiaciuto quando mi butto con poca grazia sul divano accanto a lui strappandogli di mano la busta di carta, sotto il suo sguardo divertito. L’odore è delizioso, ma risveglia in me un’ondata di nausea e gli restituisco la busta. 
“Ok, forse non è una buona idea” ammetto.
“Oh andiamo, non dirmi che hai ripreso la fissazione della dieta senza dolci!"
“Lou, tutte le diete prevedono il non mangiare dolci. E comunque no, ho solo la nausea.”
“Hai mangiato qualcosa, prima?” 
Poggia la busta sul tavolino e io scuoto la testa.
“Non puoi non mangiare, devi mettere qualcosa nello stomaco se vuoi prendere qualche medicinale”
“Ti stai laureando in medicina e non mi hai detto niente?” lo prendo in giro, mentre mi tiro di nuovo la coperta addosso, rabbrividendo.
“Stupida” borbotta. Tira la coperta anche sulle sue gambe, si fa più vicino e passa un braccio attorno alle mie spalle, sistemando con la mano libera la coperta fino al mento di entrambi. Cerco di obiettare anche se sto maledettamente bene cosi.
“Lola, ho detto di no. Non fare storie”.
Cosi mi rassegno e appoggio la testa al suo petto. Sento la temperatura del mio viso alzarsi in maniera spaventosa, come da un paio di mesi a questa parte. E' la febbre, mi convinco.


Mi addormento, ancora. Mi sveglio rannicchiata contro il bracciolo del divano, mentre Louis, seduto a terra, fa i suoi compiti.
“Hai l’orologio nello stomaco! Ti svegli solo per mangiare” dice, senza togliere lo sguardo dal quaderno. Finisce la sua equazione e si alza. 
“Coraggio moribonda, è ora di mettere qualcosa nello stomaco.”
Arrostiamo due fette di petto di pollo e divoriamo due muffin. Prendo la tachipirina, chiamo i miei senza fare accenni alla febbre e poi io e Lou ci mettiamo a giocare alla PlayStation. Nel mezzo di una missione estremamente importate, però, sento il mio stomaco protestare, fino a costringermi ad abbandonare il mio compagno, condannandolo a morte certa, e correre in bagno. Mentre la mia cena finisce giù nel discarico, Louis mi raggiunge e mi tiene i capelli con una mano e mi stringe il braccio con l'altra. Posso sotterrarmi per la vergogna?
“Lou, va' di la, sto bene". Loui mi ignora bellamente, mi fa compagnia mentre mi lavo i denti e poi mette su l'acqua per il the. 
"Scommetto che farmi da infermiere era uno dei tuoi sogni nel cassetto" ironizzo mentre lo osservo prendersi cura di me con tanta veemenza.
Lui versa l'acqua nelle tazze e le poggia sul tavolo, mentre il contenuto si tinge di un pallido color ambra. 
"Ho passato giornate peggiori" dice, stringendosi nelle spalle. 
"Quindi questa potrebbe rientrare in un'ipotetica top ten delle migliori?"
Louis mi guarda attentamente, come se stesse scegliendo con cura le parole, poi "Forse", mi sorride in quello che mi sembra un tono piuttosto malizioso. 

Ci stringiamo nella piazza e mezza del mio letto, tra le sue battute squallide e i miei commenti sarcastici sui suoi compagni di squadra. Mi fa il solletico e ridiamo mantenendoci la pancia, poi rimaniamo in silenzio a guardare le ombre degli alberi che il lampione sul terrazzo proietta sulle ante dell'armadio. Louis si addormenta prima di me, con la bocca socchiusa e un ciuffo di capelli davanti gli occhi. Glielo scosto e osservo il suo viso nella penombra, fino a cadere in un sonno profondo popolato da occhi azzurri e strane magliette a righe. 
Quando mi sveglio, Louis è ancora qui, steso al mio fianco, con gli occhi chiusi. Resto più immobile che posso, anche se mi annoio quasi subito e comincio a disegnare cerchi immaginari sul suo torace piatto. La mia mano vibra sotto la sua risata. 
“Mi fai il solletico cosi”
 Le sue iridi blu mi sorridono, ancora piene di sonno. 
“Grazie per essere rimasto”
“Lo avevo detto che sarebbe stato divertente” sghignazza, stropicciandosi gli occhi. 
“Ah?” sono perplessa. Da quando vomitare e dormire tutto il giorno sono da considerarsi attività ludiche?
“Lola, dai davvero i numeri quando hai la febbre alta. Deve esserti salita a un milione stanotte. Non facevi altro che agitarti e ripetere Lou, di' ai miei figli che gli voglio bene. Anzi no, facciamo un  figlio e poi digli che gli voglio bene.”
Sento il viso andare a fuoco, diventando dello stresso rosso acceso del piumone, mentre lui non la smette di ridere.
"Non è divertente, smettila!" gli dico, spostando le coperte. Vado in cucina e prendo due tazze, i muffin di ieri e faccio il caffè. 
Louis mi raggiunge, prende le tazze sfiorandomi la mano e le poggia sulle tovagliette, sul tavolo. 
“Hai ragione, scusa”, ma dal tono so che sta ancora sorridendo. 
Si poggia al mobile con la schiena, accanto a me. Aspettiamo il fischio della macchinetta, in silenzio, ognuno perso nei suoi pensieri.
“Se avessimo davvero un figlio come lo chiameresti?” domanda all'improvviso. 
“Ah menomale che sono io quella che delira” lo prendo in giro, anche se in realtà sono scioccata.
“Come potremmo chiamarlo?”, si tiene il mento con una mano, lo sguardo concentrato. "Arthur? Tommo jr?"
Vorrei continuare a guardarlo perplessa, per fargli capire quanto assurda sia questa continuazione, ma dopo cinque secondi sto già ridendo. 
"Oddio, no! Ti prego, povero bimbo!"
"E allora come?"
insiste, l'espressione... seria? 
“Non lo so" mi guardo le mani, incapace di ricambiare il suo sguardo, all'improvviso troppo pesante. "Ma dovrebbe avere i tuoi occhi”, mormoro senza rendermene conto. Accidenti, l'ho detto davvero?
Si volta completamente verso di me, sorridendo come se gli avessi appena detto che ha vinto la lotteria. 
“Perché?”
“Come perché, Louis? Li hai visti? Sono due pezzi di cielo!", tanto ormai!
Allunga una mano e mi sfiora la guancia. Louis...? 
“mmm… d’accordo, ma deve la tua pelle”, passa il pollice sul naso e sulla bocca.
“E i tuoi capelli”, deglutisco. 
“Solo se ha le tue labbra” soffia sulla mia bocca. Mi guarda come per chiedere il permesso, annuisco automaticamente e poggia le sue labbra sulle mie. Le mie mani raggiungono i suoi capelli e le sue braccia scivolano sulla mia schiena. E restiamo cosi, appoggiati ai mobili della cucina, finchè non rimango senza fiato.
“Vacci piano, Tomlinson. Sono ancora convalescente”
Ci mettiamo seduti a fare colazione, con le gambe che si toccano sotto il tavolo, mordendo i dolci e le labbra per reprimere dei sorrisi idioti. 
“Hey, ma allora questo figlio?” salta su all'improvviso e io scoppio a ridere. 
"Una cosa alla volta, Lou"



   
 
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