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Autore: heycalif0rnia    11/03/2013    13 recensioni
«Sai, ogni volta che tornavo a casa avevo paura, paura di te. A volte mi chiedevo che cosa avevo sbagliato o se avevo fatto qualcosa che non andava. Mi chiedevo se ero tuo figlia o solo un premio di carità. Non ti ricordi che ero e sono la tua bambina? Come hai potuto spingermi fuori dal mondo in quel modo? Hai mentito alla tua carne e tuo sangue e messo le mani su quelli che giuravi di amare. Ero così giovane quando il dolore è iniziato e non posso dimenticare tutto ciò. In verità, non ci riesco.».
Genere: Drammatico, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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For the love of a daughter, please father.

  “Non c’è niente di più bello di una donna in rinascita.
Non c’è niente di più bello di una donna, quando si rialza.
Dopo la caduta. Dopo la tempesta.
E ritorna più forte e bella di prima.
Con qualche cicatrice in più nel cuore, sotto la pelle…
ma con la voglia di spaccare il mondo, solo con un sorriso.”

 Demi era assorta nei suoi pensieri quando la campanella suonò. Si tolse gli occhiali neri e si sciolse la coda che portava, lasciando i suoi capelli marrone sciolti. Mise la sua borsa in spalla e si incamminò per il corridoio, dirigendosi verso la porta per uscire e dirigersi verso casa. Però la voce della sua migliore amica Clare attirò la sua attenzione.
«Demi, ti ho trovato finalmente. La lezione di storia era davvero una noia mortale.» disse quest’ultima, con un sorriso stampato sulla faccia. «Senti, domani è sabato e Harry ha organizzato un party in piscina. E indovina un po’? Siamo invitate anche noi due!» aggiunse, facendosi scappare un gridolino isterico.
A Clare piaceva Harry, forse anche un po’ troppo. Demi la continuava ad osservare, abbozzando un lieve sorriso.
«Ci andiamo vero? Ti prego, ti prego, ti prego!». Clare prese la manica del maglione di Demi, cominciando a supplicarla, ma finì con il scoprire una leggera macchia violacea. Demi abbassò subito la manica del suo maglione, fingendo di non aver visto niente.
«Oddio, che ti è successo?». Clare si fermò nel corridoio, guardando negli occhi Demi.
«Sono caduta due giorni fa e questo livido deve ancora andare via. Comunque ora devo andare a casa, ci sentiamo dopo. Ciao.» disse quest’ultima, allontanandosi dalla sua migliore amica lasciandola da sola nei corridoi della scuola.
La mora uscì a passo svelto da quell’edificio, mise le cuffiette con la musica al massimo e si incamminò verso casa.
Ora come poteva dire di no a Clare? Demi sapeva quanto era importante per lei ma non voleva andare in piscina, non poteva. Si doveva mettere il costume, mostrare il suo corpo nudo, i lividi e i tagli causati da una delle persone che amava di più al mondo. Alla fine doveva subire tutta la rabbia che lui aveva in corpo, ma era sempre suo padre. Anche se cerchi di odiarlo, non ci riuscirai mai.
Demi arrivò davanti alla porta di casa, aprendola lentamente.
Erano ben quattro anni, quattro anni che suo padre faceva del male sia a lei che a sua madre. A volte Demi si metteva a piangere in camera sentendo le urla di sua madre che chiedevano a suo padre di smettere. Ma lei non poteva fare niente, perché sennò se la sarebbe presa con lei. Entrambe non potevano fare niente, entrambe non avevano la forza di ribellarsi.
Perché non si trattava di un uomo qualsiasi: si trattava di un padre, colui che ti ha cresciuto, colui che ti ha insegnato a correre in bicicletta, colui che ti leggeva la favola prima di andare a dormire; si trattava di un marito, colui che amavi con tutto il cuore, colui che ti dava baci e abbracci, colui che ti dava conforto quando ne avevi bisogno, colui che avevi sposato e con cui avevi fatto una figlia.
Varcò la porta di casa sentendo delle urla provenire dalla cucina.
«Amore, mi servono dei soldi. Devo comprare qualcosa per sballarmi un po’.» disse Peter, suo padre.
«Sei già sballato, forse fin troppo Peter. Esci da questa casa di prego.». Mandy, la madre di Demi, abbassò lo sguardo, per evitare di guardare “suo marito” negli occhi.
«Davvero? Devo andarmene così presto? Prima mi voglio divertire un po’.» disse Peter, sfiorando con un dito la guancia di sua moglie. Lei rabbrividì al tatto, accennando una smorfia schifata. Quest’ultima inalava l’alito che puzzava di alcool con le sue narici.
«Non ti piace? Vediamo se ti piacciono di più queste maniere.». Peter tirò un destro a Mandy, che cadde a terra. Egli si mise sopra di lei, cominciando a tirarle dei pugni. La madre di Demi era ormai senza forze e sopportava tutti i maltrattamenti di suo marito. Quest’ultimo si alzò in piedi, tirando un calcio sulla pancia della moglie.
Demi era lì, affacciata sulla cucina e appoggiata allo stipite della porta, mentre lacrime le rigavano il viso alla vista di sua madre coperta di sangue ormai ovunque. Non poteva resistere.
«Peter, fermati. Peter, ti prego!» urlò, chiamandolo con il suo nome. Ormai Demi non riusciva più a chiamarlo “papà”. Egli si girò.
«Non urlare, sei solo una brutta puttana. Ne vuoi un assaggio anche tu? A quanto pare oggi sono fortunato.». Peter si fece scappare una risata, per poi tirare un pugno a Demi, che cadde a terra.
«Demi!» cerco di urlare la madre, con un filo di voce appena percettibile, cominciando a piangere alla vista di sua figlia che si dimenava per scappare dalla presa del padre, ma senza risultati. Egli si mise sopra di lei, impedendole di scappare e le mani secche e egoiste del padre la prendevano a pugni. Cercava di combatterlo e di ribellarsi ma non ci riusciva. Era senza speranza.
Demi chiuse gli occhi, forse per non vedere la faccia di suo padre e con la speranza di sentire meno dolore. Ma ad un tratto Peter cadde a terra, nel fianco dentro. La ragazza aprì piano gli occhi, vedendo la madre con il labbro rotto con in mano una bottiglia di vetro.
«Mamma, tu hai…» disse Demi, ma venne interrotta dalla madre.
«Non potevo vedere mia figlia morire sotto i miei occhi. E io…». Non finì la frase che Mandy si mise a piangere, cadendo in ginocchio e abbracciando la figlia. Demi fece lo stesso, per poi alzarsi e prendere il telefono.
 «Pronto, 911. Come posso aiutarla?». Rispose un’assistente, che si mostrò gentile.
«Venite alla St. Paul Street, per favore.» disse Demi, cominciando a singhiozzare e mettendo giù il telefono.
Poco dopo fasci di luce, provenienti dalla sirena dell’ambulanza, entrarono dalla finestra della cucina. Un paio di medici fecero irruzione in casa e vedendo la scena che si presentava, capirono già tutto.
Quella fu la prima volta che Demi era piena di speranza.
Finalmente era tutto finito.
 
 
Demi entrò nel bar, cercando lo sguardo di Peter tra i tavoli. Erano passati ben cinque anni da quando Demi aveva chiamato la polizia e si era ribellata.
Cinque anni da quando Peter era stato arrestato per violenza domestica.
Cinque anni che Peter era entrato in una clinica anti-droga e per il controllo della rabbia.
Cinque anni da quando Demi aveva visto per l’ultima volta suo “padre”.
Ella lo vide, mentre lui cercava di farsi vedere con un cenno della mano. Era… diverso. Aveva un accenno di barba e non aveva più le occhiaie, segno che aveva smesso di bere alcolici e di fare uso di stupefacenti.
«Santo cielo Demi, quanto sei cresciuta.» disse lui, salutandola e porgendole la mano. Demi era abbastanza tintinnante, ma alla fine la strinse.
«Ho già ordinato due cappuccini, arriveranno a momenti.». Peter cominciò a torturarsi le mani, non sapendo cosa dire. «Allora, come vanno gli studi?»
«Bene, ora frequento il Liceo Scientifico e sto studiando per diventare medico. È difficile ma è una soddisfazione continua.» disse Demi, facendosi scappare un sorriso.
«Fantastico! Sono contento che tu sia felice. E Mandy, come sta?»
«La mamma? Bene, non è potuta venire perché aveva un altro impegno.». Demi tossì, cercando di cambiare argomento.
«Sai Demi, sono uscito dalla clinica circa 4 mesi fa e ora mi sento bene. Possiamo vederci più spesso e magari… ricominciare da capo?».
Quell’affermazione immobilizzò Demi, che abbassò lo sguardo.
Fece un lungo respiro e cominciò a parlare. Sapeva benissimo che non era un argomento facile.
«Sai, ogni volta che tornavo a casa avevo paura, paura di te.
A volte mi chiedevo che cosa avevo sbagliato o se avevo fatto qualcosa che non andava.
Mi chiedevo se ero tuo figlia o solo un premio di carità. Non ti ricordi che ero e sono la tua bambina?Come hai potuto spingermi fuori dal mondo in quel modo? Hai mentito alla tua carne e tuo sangue e messo le mani su quelli che giuravi di amare. Ero così giovane quando il dolore è iniziato e non posso dimenticare tutto ciò. In verità, non ci riesco.».
Demi aveva gli occhi lucidi, mentre guardava suo padre torturare le sue mani per il nervosismo.
«Mi dispiace Demi, scusa. E porgi le mie scuse anche a Mandy, anche se ora non è qui. Non riuscirò mai a perdonarmi per quello che ho fatto. Io ti voglio bene, te l’ho sempre voluto.». Peter abbassò lo sguardo, per poi cominciare a piangere.
Demi fece un respiro profondo, per poi continuare a parlare.
«Sono cinque anni che non ci vediamo e per la prima volta ti ho visto determinato a cambiare, ma solo perché io e la mamma ci siamo alzate e ci siamo ribellate. Non puoi recuperare quello che non abbiamo mai avuto, non puoi. Sono stata manipolata tante, forse troppe volte e un tuo “Ti voglio bene” suona e suonerà per sempre come una bugia. Non finirò per odiarti, ma non ti vorrò mai bene come facevo un tempo.» disse Demi, con le lacrime che le rigavano il viso, finendo per alzarsi e per uscire dal bar.
Aveva capito con la sua esperienza che si può perdonare, ma non si può dimenticare.
 

In Italia, in media, ogni due o tre giorni un uomo uccide una donna:
una compagna, una figlia, un’amante, una sorella, una ex.
Magari in famiglia, perché non è che la famiglia sia sempre,
per forza, quel luogo magico in cui tutto è amore.
La uccide perché la considera una sua proprietà,
perché non concepisce che una donna appartenga a se stessa
e sia libera di vivere come vuole lei e persino di innamorarsi di un altro.
E noi che siamo ingenue spesso scambiamo tutto per amore,
ma l’amore con la violenza e le botte non c’entrano un tubo.
L’amore con gli schiaffi e i pugni c’entra come la libertà con la prigione. […]
Un uomo che ci mena non ci ama: mettiamocelo in testa, salviamolo nell’hard disk.
Vogliamo credere che ci ami?
Bene. Allora ci ama male. Non è questo l’amore.
Un uomo che ci picchia è uno stronzo, sempre.
E dobbiamo capirlo subito, al primo schiaffo.
 Perché tanto arriverà anche un secondo e poi un terzo e un quarto.
L’amore rende felici e riempie il cuore, non rompe le costole, non lascia lividi sulla faccia.
Pensiamo mica di avere sette vite come i gatti?
No, ne abbiamo una sola.
Non buttiamola via.

— Luciana Littizzetto





























writer's corner:

spero vi sia piaciuta la mia os, fatemi sapere con una recensione.
tratta un argomento delicato ma volevo provarci.
ho messo il dirscorso della letizzetto perchè mi ha colpito molto,
forse è stato proprio quello a spingermi a scrivere.

devo dire che mi ha ispirato. :)
poi amo il banner, cioè sjdfidjfnfdg
vi aspetto c:
un bacio, Chiara

 

   
 
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