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Autore: xxX Tristas Veritatis Xxx    11/03/2013    0 recensioni
Io. Due lettere per una domanda che assilla milioni di persone nel mondo: "Io chi sono?". E tante sono le domande e i quesiti sui quali da secoli l'uomo riflette. Ed è questo ciò di cui parlo, i dubbi esistenziali. So benissimo che adesso, leggendo ciò che ho scritto, sarete un po' scettici, ma andate oltre ciò che pensate e soffermatevi solo su ciò che ho scritto. Voi non sapete chi sono e quanti anni ho, ma vi basti sapere che mi sta a cuore che voi leggiate ciò che ho scritto e spero che ciò vi porti a riflettere. Sono un ragazzo a cui piace scrivere e uso la scrittura per raccontarmi.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prefazione
Se devo essere sincero, inizialmente non avevo assolutamente l’intenzione di raccogliere tutte le mie riflessioni, i miei appunti, il frutto di serate estive insonni passate a guardare il cielo e a domandarmi se la mia vita avesse uno scopo, in quello che si potrebbe coraggiosamente definire un libro. Perché questo non può essere chiamato “libro”, in quanto, a mio parere, il libro dovrebbe essere una forma di intrattenimento che proietta il lettore in un mondo diverso, e non una raccolta di pensieri messi alla rinfusa. Tuttavia, credo che, se presa con le dovute pinze, la mia opera potrebbe (o almeno spero che lo faccia) suscitare in voi domande e, perché no?, farvi riflettere. Introduco allora la raccolta con uno dei miei pensieri scelti, uno che possa fare anche da monito per coloro che in questo momento stanno leggendo la prima pagina e si domandano, dubbiosi, di che possa mai parlare un libro (che, come ho già detto, libro non è) che inizia in tale modo.

“Se dovessimo suddividere il mondo in categorie, le mie sarebbero tre, giacché nel mondo esistono tre tipi di uomini: quelli che pensano, quelli che non pensano e quelli che pensano troppo. Non è affatto motivo di vanto per me ammettere di appartenere alla terza categoria di persone, poiché essere un pensatore equivale spesso all’incappare nell’altrui giudizio. La nostra condizione, infatti, può essere apprezzata o ripudiata a seconda del tipo di persona che ci troviamo davanti; noi eravamo i filosofi nell’antica Grecia, i pazzi nel Medioevo,la normalità nell’Illuminismo e gli emarginati del ‘900, siamo stati amati e odiati, accolti e cacciati, e tutto questo ha segnato le generazioni, che hanno tramandato il loro sapere alle successive, in un continuo accrescimento della cultura di “quelli che pensano troppo”. La mentalità del filosofo può essere  fredda e distaccata dal resto del mondo, oppure romantica e strettamente legata alla condizione umana , ma una cosa è certa: come il mondo ha bisogno di qualcuno che si fermi a riflettere nel trambusto della vita quotidiana, anche il pensatore necessita di un mondo che lo stia a sentire, poiché a cosa serve il sapere se non v’è nessuno al quale interessi?”   

Ora che vi siete fatti un’idea di quello che troverete qui, credo di dovervi delle spiegazioni.
Anzitutto vi sarete chiesti per quale motivo un adolescente, tra l’altro appartenente ad una generazione giudicata svogliata e priva di mentalità proprie, dovrebbe porsi problemi più grandi di lui invece di uscire a divertirsi con gli amici. Qui, con grande rammarico, devo abbattere la tradizionale credenza, divenuta quasi uno stereotipo, dell’adolescenza vista unicamente come periodo di gioia e spensieratezza. Mi dispiace dirlo, cari lettori, ma non è così, e qui si spiega anche un altro dei motivi per cui ho deciso di raccogliere i miei pensieri: troppo in fretta,infatti, gli adulti dimenticano che l’adolescenza non è solo divertimento, ma anche fonte delle prime grandi domande sulla vita derivanti dai primi veri problemi.
Altra domanda che immagino vi starete ponendo ora è: “ma cosa ne può sapere un ragazzino dei veri problemi della vita?”, e allora io vi rispondo con un’altra domanda “Esiste forse qualcuno che possa dire se i problemi della vita sono grandi o piccoli?”; come molte altre cosa nell’umana esistenza, anche le difficoltà che affrontiamo sono soggette spesso alla valutazione degli altri, e ciò che per alcuni sembra impossibile per altri potrebbe non esserlo.
Ultimo dubbio che magari non vi sarete neanche posti (preferisco sempre specificare onde evitare incomprensioni) riguarda il motivo per il quale uso un linguaggio “arcaico”, diciamo, anche se io privilegio il termine “poetico”. Nulla di più semplice: amo usare una scrittura complessa non solo perché la trovo più musicale e molto elegante, ma anche perché a mio parere l’uso di termini complessi favorisca l’attenzione in primis, e forse anche la comprensione. Concludo dicendo che probabilmente tra di voi ci sarà qualche scettico che prenderà poco sul serio le riflessioni di un ragazzo, ed è proprio a loro che faccio questa domanda: non iniziò forse  Leopardi, sommo poeta, a menzionar li problemi de la vita quand’era poco più che fanciullo?
  
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