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Autore: hangover    12/03/2013    1 recensioni
[...] "E tu cosa mi dai in cambio se scendo?" Chiese Harry con un pizzico di malizia nello sguardo.
"Ehm...un bacio?"
"Uno non mi basta. Ne voglio almeno mille."
"Mille? Ma mille baci una persona non puó darli neppure se passasse tutta la vita a non fare altro!"
"Iniziamo da ora. Chi ti dice che non avrai tutta la vita per darmi i restanti 999?"
Contenuti Larry e Ziam con accenni Zouis. Se il genere non vi piace, state alla larga.
Genere: Erotico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Louis:
Stavo con il naso in aria, a fissare il cielo che nel pomeriggio era diventato più terso. Ero seduto sul prato di casa mia, meticolosamente curato da mia madre, insieme ad Harry e guardavamo le nuvole, cercando di capirne le forme.
Avevamo lasciato casa di Liam qualche ora fa e siccome il mio ragazzo (Gesù, ancora non ci credevo) era solo, lo convinsi a venire da me, per trascorrere qualche ora in più insieme. Approfittai anche del fatto che non c’erano né mia madre, né mio padre e né quello stronzo di mio fratello per poter stare con lui. Beh, a dire il vero sarei dovuto essere  nella mia stanza, con un libro di scienze aperto a studiare. Ma per Harry avrei sacrificato molto volentieri svariate ore di studio.
“A te quella cosa sembra, Lou?” mi chiese all’improvviso lui, indicandomi con il dito un punto in cielo. Girai il capo cercando di trovare una forma razionale alla nuvola sopra le nostre teste. “Ehm…non saprei…credo una…uhm, palla.” Boccheggiai. Scoppiò in una risata, dovuta alla mia scarsissima fantasia.
“Una palla? Potevi metterci un po’ più di impegno!” esclamò senza staccare gli occhi dal cielo.
“Avanti, vediamo cosa ci vedi tu allora!” feci io, fingendomi offeso e mettendo su il falso broncio.
“Io ci vedo un cuore” affermò con aria sognante. A quel punto fu il mio turno per ridacchiare, perché quella nuvola sembrava davvero tutto tranne che un cuore. Smisi di ridere e gli domandai, guardandolo: “Un cuore? Forse vedi un cuore perché ti stai innamorando, Hazza?”
Ridacchiò e aggiunse: “E se ti dicessi che è davvero così?”
Ebbi un tuffo al cuore e le mie viscere presero a contrarsi inspiegabilmente. Era come se ci fosse una mano invisibile che mi avesse compresso i polmoni e che non permetteva all’ossigeno di fluirmi nel corpo correttamente. Credetti per un momento di essere sull’orlo di una crisi di pianto. Harry Styles stava appena ammettendo che si stava innamorando. Mio Dio, mio Dio, mio Dio. Strappai dei fili d’erba per trattenermi dall’urlare; feci un profondo respiro. Presi a ridere istericamente. Non potevo dargli l’impressione che avevo davvero creduto a quelle parola: molto probabilmente stava semplicemente scherzando.
“Non ci credo” gli feci con le lacrime agli occhi, un po’ per la gioia e un po’ per la bruciante delusione che mi sarebbe presa se solo avessi compreso che ciò che mi aveva appena riferito fosse una bugia. “non puoi amare una persona dopo che la conosci da meno di un mese” continuai con la voce spezzata e tremante.
“E questo chi te lo dice, Lou? Ci sono quelli che si innamorano dopo un secondo ed io non posso innamorarmi dopo due settimane?” disse sorridendo.
Mi stava uccidendo. Sentivo che stavo perdendo almeno mille battiti del mio cuore ad ogni sillaba che pronunciava. Stavo morendo. La mia testa era un’affollarsi di pensieri, di parole, di rumori: nonostante tutto, la avvertivo leggerissima sul mio collo.
Era come se mi trovassi davanti a un bivio, nel buio più totale della confusione. Perché proprio a me?.
-Non credergli Louis. Vuole usare questa scenata dell’innamoramento per portarti al letto- sentivo la vocina così orrendamente persistente nella mia testa ripetermi queste parole, così orribile, ma probabilmente vere. Io non volevo stare a sentire la mia coscienza: l’avevo fatto per troppe volte ed era giunto il momento di cambiare.
Voleva portarmi solo al letto? E allora? Ci sarei stato, avremmo fatto sesso e tanti saluti.
-Non fare l’idiota superficiale. Sappiamo entrambi che tu ci tieni a lui e ne moriresti se ti usasse e basta-. Cazzo, questa volta la mia coscienza aveva ragione. Dovevo smetterla di fingere che non mi interessava. Lui stava diventando la mia linfa vitale ed immaginarmi solo un giorno senza vedere anche per un istante il suo sorriso mi faceva stare orrendamente male.
Certo, se avesse solo voluto portarmi al letto non mi avrebbe chiesto di stare con lui. Che senso aveva? Doveva aspettare un mio momento di debolezza ed il gioco era fatto. ed ecco che tra l’aggrovigliarsi dei miei pensieri qualche nodo si stava districando.
L’ottimismo si faceva strada tra il buio del mio cervello come i raggi del sole spezzavano le nuvole in cielo. Forse il suo non era proprio amore, però si ci avvicinava molto. Ma a me andava più che bene: mi bastava semplicemente sapere che lui era mio e che era riuscito a dire quelle parole. Non l’aveva mai fatto con nessuno, ne ero più che certo. E questo era abbastanza per farmi sentire inspiegabilmente felice.
 
Harry:
Sapevo benissimo quello che avevo appena detto a Louis. Non mi ero mai sentito così prima d’ora. Era come se mi fossi liberato di una zavorra e ne avevo subito presa un’altra ancora più pesante. Gliel’avevo detto ed ora dovevo dimostrarglielo.
Sinceramente, non sapevo se essermi cacciato in uno dei miei soliti casini oppure se avevo fatto la cosa giusta. A dire il vero in quel periodo non sapevo molte, moltissime cose. Non sapevo cosa dire a Louis per convincerlo che quello che sentivo per lui non era solo attrazione sessuale, ad esempio. Non sapevo nemmeno se quella terribile sensazione che mi attanagliava lo stomaco potesse definirsi amore.
Improvvisamente il mio cervello mi riportò indietro nel tempo. Mi venne in mente una scena della mia infanzia: avevo più o meno nove anni e tutti i miei amichetti avevano una fidanzatina. Io no, sia perchè trovavo tutte le mie coetanee smorfiose e insopportabili e sia perchè, in fondo, il sesso femminile non mi interessava già da allora.
Il giorno di S.Valentino tutti i miei compagni di scuola avevano ricevuto un cartoncino a forma di cuore. Tutti tranne me. Tornai a casa scoraggiato, con la cartella senza un bigliettino dentro e con il viso imbronciato. Mia madre notò subito che c'era qualcosa che non andava e mi chiese accarezzandomi il viso:
"Cos'hai Harreh?"
"Oggi tutti i miei compagni hanno ricevuto una letterina di S.valentino tranne me!"
"Povero piccolo!" disse lei con un sorriso intenerito dalla mia voce acuta e infantile.
"Mamma, vuoi diventare la mia fidanzata?" le chiesi come colpito da un improvviso lampo di genio. Ridacchiò e mi scompigliò i capelli.
"Amore, ma io non posso essere la tua fidanzata!"
"Perchè? Non ti piaccio nemmeno un po'?"
"No, Harry. Io ti amo con tutta me stessa"
"E cosa aspetti a scrivermi un biglietto per S.valentino allora?"
"Vedi, esistono due tipi di amore: uno fortissimo e l'altro meno. Il primo è quello che provo io per te; ti amo così tanto che non mi basterebbe un solo biglietto di S. Valentino per esprimerlo.” Mi spiegò lei, accarezzandomi il visino attento a cogliere ogni parola del suo discorso.
“E allora ne compriamo cento! Cento ti bastano, ma’?” chiesi gesticolando entusiasta.
Ricordo che lei scosse il capo con un sorriso e poi aggiunse: “Non bastano nemmeno cento. E nemmeno mille. È un qualcosa di inspiegabile il mio amore per te. Non si può scrivere.”
“E allora se non lo puoi scrivere come fai a dimostrarlo il giorno di S. Valentino?” domandai, nella mia ingenuità da ragazzino che ancora della vita non conosceva nulla.
“Vedi, io non ho bisogno di mostrartelo solo a S. Valentino. Io te lo dimostro ogni giorno, prendendomi cura di te, abbracciandoti forte prima di andare a scuola e proteggendoti quando hai paura. Quando troverai qualcuno che lo farà al posto mio, vuol dire che quella persona ti ama più della sua stessa vita.”
“E l’altro tipo di amore?”
“Vedi, quello è il tipo di amore che provano i tuoi compagni per le altre bambine. Possono regalare loro tutti i biglietti che vogliono, ma non sanno che l’amore, quello vero, non ha bisogno né di feste e né di biglietti.” Concluse abbracciandomi forte.
Il ricordo si interruppe di botto, riportandomi al presente e a quello che avevo appena detto a Louis.
Non mi rispose. Stava guardando un punto imprecisato davanti a lui: non sapeva cosa e dire ed anche se rimaneva in silenzio, sapevo della confusione che era appena entrata nella sua testa.
“Lou, io ti attraggo?” gli feci di botto. Mi guardò accigliato, non capendo cosa volessi dire.
“Certo che mi attrai” rispose sorridendo e accarezzandomi la guancia con le mani fredde.
“Solo fisicamente?”
“No, non proprio. Adoro anche il tuo carattere… ma perché queste domande? Hai qulache dubbio su di me?” mi fece senza smettere di sorridere e di starmi vicino.
“E se ti chiedessi di scrivere cosa senti per me in un solo foglio di carta ci riusciresti?”
“Oh…” boccheggiò aggrottando la fronte “no, credo di no.”
“E se io te ne dessi più di uno?”
“Hazza, ma cosa stai dicendo?” esclamò con un sorriso sghembo, come se mi stesse assecondando.
“Pensa a non rispondermi con altre domande. Allora?”
“Non ci riuscirei nemmeno. Non credo che comunque potrei esprimere quello che sento per te su uno stupido foglio di carta!” fece lui alzando leggermente il tono di voce già di per sé acuto e gesticolando.
Rimasi scioccato. Era come se quella conversazione avvenuta tanti anni fa si stesse ripentendo. Louis mi aveva appena detto le stesse identiche cose che mia madre mi aveva riferito. Si, mi convinsi che anche lui stava salendo sulla mia stessa barca. Come in perfetta simbiosi, entrambi provavamo le stesse cose l’uno per l’altro.
“Louis, benvenuto nel club” gli dissi poggiandogli una mano sulla spalla. I suoi occhi azzurri non smettevano di fissarmi in modo interrogativo: stava sicuramente pensando che fossi diventato matto all’improvviso.
“Harreh, ma cosa stai dicendo? Quale club?”
“Il club di quelli che sono sulla buona strada per innamorarsi”
“E tu che ne sai?” ribattè distogliendo lo sguardo e diventando leggermente rosso sulle guancie.
“Lo so e basta. Vuoi forse dire che non è così?” gli chiesi con un sorrisino malizioso.
Scrollò le spalle e prese a guardarsi nervosamente le mani. Non rispose, ma compresi dal suo sguardo imbarazzato e dal rossore divenuto sempre più intenso sui suoi zigomi che non aveva nessuna tesi da opporre alla mia. Decisi di allentare un po’ la tensione accarezzandogli delicatamente le guancia, leggermente ruvida per la barba che faceva capolino sulla pelle candida. Si voltò a guardarmi con un sorriso e mi baciò a stampo sulle labbra. Sospirò e poi ammise: “ E’ così, Harry. Odio doverlo ammettere, ma hai ragione”.
Mi sentii sollevato quando capii che anche lui sentiva lo stesso. Lo baciai con più trasporto. Le nostre lingue si toccavano impazienti e le mani cercavano un contatto con il collo dell’altro. In quel momento stavo da Dio. Ma come tutti gli attimi più belli, deve esserci sempre qualcosa che li rovina.
Un’auto scura annunciò il suo arrivo con un sonore rombo di motore e si parcheggiò sul giardino frontale della casa di Louis. Quest’ultimo si staccò velocemente, scattando in piedi con altrettanta rapidità.
“Porca puttana!” esclamò cominciando ad agitarsi “i miei genitori. Presto scappiamo di sopra!” disse poi porgendomi la mano per aiutarmi ad alzarmi. Gliela presi e in un attimo fui di fronte a lui.
“Dai, voglio salutare tua madre!” gli feci con tono lamentoso, senza seguirlo. Mi guardò sconvolto, come se avessi appena detto la più tremenda oscenità del secolo.
“Tu non la conosci e fidati che è meglio per te. Adesso andiamo nella mia camera e possibilmente senza farci vedere da quella pazzoide!”
Ci stavamo per avviare quando una voce femminile ci fece fermare all’improvviso.
“Lou con chi stai parlando?” cantilenò una donna che intuii fosse la madre di Louis. Notai che davanti a me il mio ragazzo sbuffò e si passò una mano sulla fronte.
“Nessuno, mamma!” rispose alzando la voce. Mi fece cenno di sbrigarmi a seguirlo verso la porta sul retro. Ma era troppo tardi: una donna dagli occhi chiari e l’espressione un po’ trafelata apparve davanti a noi. Diede un bacio sulle guancie di un rassegnato Louis e poi disse al figlio: “Oh, tesoro, non mi presenti il tuo nuovo amichetto?” notando che al fianco di Louis c’ero anche io.
“Lui è Harry. È venuto qui per studiare. E infatti stavamo proprio andando a ripetere. Vero, Harry?” mi fece lui rivolgendomi un’occhiata eloquente. Annuii prima di baciare la mano alla signora Tomlinson e di dirle con educazione: “Piacere mio, signora.”
Notai che arrossì leggermente e trillò con un sorriso: “Che ragazzo educato! Louis, perché non gli chiedi se vuole cenare con noi stasera?” fece poi rivolgendosi al figlio che si era rabbuiato. Mio Dio! Che donna! Non mi conosceva nemmeno e già mi invitava a cenare con loro? Inutile, anche se gay, con le donne sapevo proprio farci.
“Harry ha molto da fare dopo. Non può proprio rimanere” le rispose Louis, cercando per l’ennesima volta di sgattaiolare con me nella sua stanza.
“Posso rimandare tranquillamente Lou. Grazie signora, accetto volentieri” risposi con un sorriso cortese. Louis alzò gli occhi al cielo, perso del tutto nella disperazione.
“Ottimo! Preparo subito una cena per questi due ometti tutti speciali! Andate a studiare ragazzi, vi chiamerò quando sarà tutto pronto!” esclamò mentre se ne andava tutta contenta in cucina.
Finalmente andammo nella camera di Louis, abbastanza ordinata per appartenere ad un adolescente. Si chiuse la porta alle spalle, sbattendola forte.
“Come cazzo ti è venuto in mente di rimanere qui a cena?” esordì sgranando gli occhi.
“Rilassati, Loueh! L’ho fatto per stare con te…” dissi io abbassando il tono di voce. Mi avvicinai a lui passandomi oscenamente la lingua sul labbro inferiore. Lo vidi premersi contro la porta e di guardarmi con un sorriso. Presi a leccargli il collo, piano, ascoltando i suoi respiri diventare sempre più affannosi.
“Sei squallido, Styles… cerchi di farti perdonare con questo!” disse lui toccandomi i capelli.
“Oh, non preoccuparti. Tra un poco mi farò perdonare con altro…” gli sussurrai maliziosamente. Lo sentii ridacchiare mentre infilava una mano sotto la mia maglietta. Le nostre labbra presero a toccarsi con veemenza, finchè non gli ordinai: “chiudi a chiave.” Lo volevo. Volevo possederlo, farlo mio nel modo più sporco che si potesse immaginare. Mi faceva impazzire il modo in cui mi toccava e mi baciava: avevo resistito fin troppo e dovevo fare qualcosa per placare i miei istinti.
Mi obbedì: fece girare la chiave e poi riprese a baciarmi. Sentivo le sue dita fredde trafficarmi sull’addome e la cosa mi eccitava non poco. In mezzo le gambe c’era la mia erezione che pregava di uscire, di essere toccata, di avere piacere. E a quanto sembrava nemmeno la sua era da meno: mi bastò sfiorarla con il palmo della mano per capire che Louis era dannatamente eccitato quanto me.
Mugugnò e poi articolò: “Seguimi” con il tono di voce basso e fottutamente sexy. Mi prese per mano e mi trascinò in corrispondenza del suo letto. Fece in modo che io fossi steso e si venne a mettere proprio sopra di me. Mi era diventato talmente duro che temevo potesse uscire fuori dai pantaloni. Continuò a baciarmi, facendo dei mugolii che sembravano più dei lamenti. Mi alzò la maglietta e prese a baciarmi i lembi di pelle attorno l’ombelico. Dopo, cominciò a mordicchiarmi l’addome per salire verso il petto. Fui io a privarmi della maglietta per permettergli di svolgere il suo “lavoro” nel migliore dei modi. Continuava imperterrito a stuzzicarmi con quei bacetti che non mi bastavano più: volevo provare il lacerante piacere dell’orgasmo. E doveva darmelo lui. Gli portai una delle due mani che usava per sostenersi sulla mia erezione, ancora coperta dalla stoffa del jeans. Notò la mia impazienza e mi fece: “Piano, Hazza. Non c’è fretta” mentre frizionava lentamente il mio membro pericolosamente eretto intrappolato nei pantaloni, diventati così maledettamente stretti. Ah, io fretta ne avevo, eccome!
Lo baciò e lo leccò sempre senza toglierlo dall’indumento. Sentivo il suo tocco fastidiosamente leggere, filtrato dalla stoffa pesante. Ero certo che da lì a pochi minuti sarei impazzito se non avesse fatto qualcosa. Ancora, le sue dita affusolate facevano su e giù sull’addome nudo e sulle gambe ancora ben vestite.
Finalmente, decise di sbottonare il pantalone e di abbassare piano la cerniera. Sospirai, sollevato dal fatto che il mio “amico” non doveva più starsene stretto e dolorante. Lo accarezzò, questa volta con più decisione. Bene, stava andando davvero bene.
Louis sembrava sul punto di liberarmi definitivamente anche dei boxer, quando sua madre, maledizione a lei, trillò dal piano di sotto: “Ragazzi! La cena è quasi pronta!”
Porca puttana. Proprio mentre la cosa iniziava a farsi più interessante.
“Però, ha fatto in fretta!” commentai io mettendomi in piedi e cercando la maglietta di cui Louis mi aveva privato.
Sogghignò e mi rispose: “In realtà credo che abbia scongelato qualche avanzo di chissà quale Natale. Se dovranno portarti in ospedale per fare la lavanda gastrica sappi che è stata mia madre!”. Risi e dopo che ci fummo ricomposti, gli diedi un bacio veloce e casto sulle labbra.
“Promettimi che dopo continuerai” gli sussurrai alludendo al seguito della serata.
“Puoi scommetterci, Hazza.”
 
 
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Ma ciao bellezze <3
Ho solo due brevi appunticini da fare:
1: Il flashback di Harry mi è venuto in mente dopo che ho letto su Twitter che Niall a 12 anni ha chiesto alla madre di diventare la sua ragazza. Scusate la poca originalità, ma l’idea di adattarla ad Hazza mi piaceva troppo! Spero che sia piaciuta anche a voi!
2: Scusatemi eventuali errori, ma non ho avuto tempo per rileggerla D:
Ah, e chiedo perdono anche alle tre ragazze che mi hanno recensito lo scorso capitolo, dato che non ho trovato due secondi per risponderle. Scusate, gioie!
Spero di non avervi deluse!
Baci ___hangover
  
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