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Autore: Sar_    12/03/2013    7 recensioni
C'è una ragazza, alla Beacon Hills High School, che non è mai stata notata. Ma lei c'era. C'era sempre. In disparte, vivendo la sua vita, ma c'era. E se qualcuno si accorgesse di lei? Se quel ragazzo si voltasse e la guardasse, per la prima volta, dopo tutte le sue preghiere? Se qualcuno nell'ombra approfittasse di tutto questo per trarlo a suo vantaggio? E se ci fosse qualcosa, ancora più a fondo nell'oscurità, in un regno di terrore e buio, che stesse tornando in superficie? Sta per scoppiare una guerra, e a ognuno dei tre schieramenti servono soldati.
......
Questa storia mi è venuta così, di getto, mentre spulciavo tra le fan fiction su teen wolf. Diciamo che è una mia versione della serie e delle origini dei lupetti. Può essere anche presa come una 'Bibbia' del soprannaturale.
Buona lettura!
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Emma's Chronicles'
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Chapter thirteen: Malaikat.

 

Canzone consigliata:
Ed Sheeran / Little bird




6 ottobre 1028.
Inghilterra.

 

Ero al centro di una piazza. Mi sembrava quasi di essere dentro una bolla. I suoni mi arrivavano alle orecchie come ovattati. Ero in braccio a qualcuno, ero piccola e mi sentivo vulnerabile. Ero una bambina. Avevo cinque anni. Come lo sapevo? Lo sapevo e basta.
La persona a cui ero in braccio, una donna, urlava. Chiamava aiuto. Ma aiuto da parte di chi? Tutti ci guardavano con disprezzo, e io volevo proteggerla, perché... perché...
Sbattei contro un muro mentale. Quell'informazione non mi arrivava.
Che vestiti strani che indossavano, quelle persone. Che colori spenti, che aspetto... antico. Sembravano venire dall'epoca medievale.
D'un tratto la bolla scoppiò, e le mie orecchie furono ferite dai forti rumori.
Me le tappai con le manine.
Urla.
Accuse.

«Amante di Satana! Figlia degli inferi!» urlava un uomo con una pala in mano, e fece per avvicinarsi. Era vecchio. Mi faceva paura. Mi strinsi tra le braccia della donna, stringendo con la manina un lembo della sua veste e affondandoci il viso. Profumava di buono. L'atmosfera cambiò, sentii il suo battito cardiaco accelerare.
Alzai lo sguardo.
Un uomo si era frapposto tra noi e lui.
Il contadino indietreggiò di un passo, travolto dalla codardia, rimescolandosi alla folla.
Aggredire una donna e una bambina andava bene, ma affrontare faccia a faccia un uomo con dignità no?

Qualcosa li spaventò a morte.
Me ne accorsi perché saltarono indietro tutti simultaneamente, come scottati.
Non capivo perché.
Poi il mio sguardo si posò sull'uomo che ci aveva protette.
Due enormi, splendide ali bianche e piumate gli erano comparse sulla schiena, squarciando la camicia logora che lo copriva. Erano talmente candide che guardarle faceva male agli occhi.
Erano bellissime.
Venni posata a terra e trascinata all'indietro, tirata per la manina.
Ero in quel corpo, ma non potevo comandare i movimenti né i pensieri...
Era frustrante.
Vidi le mie braccia allungarsi verso la donna, protestando, volevo (o meglio il mio corpo voleva) essere ripresa in braccio.
Ma lei scuoteva la testa, e piangeva, piangeva disperatamente.

«Malaikat! Vai con tuo padre, tesoro. Vai con tuo padre!»

Padre?
Avevo freddo, tanto freddo.

«Malaikat! Obbedisci, per una volta! Corri da tuo padre!» e io lo feci. Corsi verso l'uomo. Lui mi prese in braccio al volo e guardò la donna. Mi stringeva forte contro il suo petto caldo, bollente.

«Ti amo, Margareth! Ti amo!» sentii un forte spostamento d'aria, e venni sbalzata in alto.

Vidi la donna, la folla e la piazza allontanarsi sempre di più.
La gente urlava.
Quando ormai erano piccoli puntini scuri al centro del gruppo di case, li vidi mentre la circondavano, e poi non la vidi più.
Sentii qualcosa che mi punzecchiava la schiena, all'altezza delle scapole, facendomi male.
Il petto dell'uomo era scosso dai singhiozzi.
Le lacrime vorticavano nel vento.

Malaikat!”

Di chi era quella voce? Cosa significava?

Malaikat!”

 

Quando mi svegliai, il cuscino era bagnato fradicio.
Mi strofinai via le lacrime con il dorso della mano.
Tirai su con il naso e mi guardai attorno.
Ero a casa di Stiles, giusto.

Scivolai giù dal letto, barcollante e confusa da quel sogno così strano e vivido.
Aprii la porta, e un profumo delizioso di pancakes mi fece brontolare la pancia.
Spostai i capelli dietro le spalle e scesi le scale.

Padre e figlio erano già a tavola.
Lo sceriffo era in piedi davanti ai fornelli, il ragazzo apparecchiava il tavolo con piatti e posate.

 

«Buongiorno, principessa!» esclamò Stiles, sorridente e fischiettante.

 

Quel semplice saluto mi fece avvampare le guance di rosso.

 

«Buongiorno!» risposi, andandomi a sedere a tavola.

 

Gli altri due mi imitarono, posando sul tavolo ogni tipo di sciroppo e condimento possibile per quella colazione.
Quando lo sceriffo stappò il contenitore del cioccolato, il figlio gli lanciò un'occhiataccia,

 

«Papà.» lo ammonì, strappandoglielo di mano e piazzandogli davanti il barattolo del miele, più sano.

 

L'uomo borbottò qualcosa in protesta, ma finì per accettare lo scambio.
Io mi accontentai dello sciroppo d'acero, versandone una piccola dose sulla deliziosa e morbida colazione.
Il mio stomaco brontolò di nuovo.

Cominciammo a mangiare, sorridenti, lanciandoci ogni tanto tutti e tre delle occhiate lievemente imbarazzate.

 

«Allora... oggi è domenica. Niente scuola. Che programmi avete?» chiese lo sceriffo, dopo aver deglutito un bel boccone di pancakes.

 

Guardai Stiles.

 

«Oh, tra qualche ora verrà qua Scott a prenderci, poi... faremo un giro, forse al bowling.»

 

Bowling?

 

Aveva la benché minima idea di quanto potessi essere pericolosa con una palla da bowling in mano?
Sia per me che per la gente attorno?

Notando che mi ero fermata con la forchetta a mezz'aria, Stiles mi guardò.

Dal suo sguardo capii che non saremmo affatto andati al bowling.

E io avevo in mente una destinazione precisa, a cui avrei dato la priorità assoluta.

 

Neir.

 

 

 

 

 

 

 


Io, Stiles e Scott camminavamo sul marciapiede, parlando a mezza voce.
Io ero in mezzo, Stiles dalla parte delle case e Scott con un fianco rivolto alla strada.
La formazione aveva il preciso obiettivo di proteggermi.

Ma proteggermi da cosa? Da chi?
Di chi mi potevo fidare?

 

«Allora... cosa gli chiederai, appena arriveremo a casa sua?» chiese Scott, alla mia destra, con le mani nelle tasche della giacca.

 

Io mi strinsi nelle spalle.

 

«Oh, non so, qualcosa tipo... “Hey, hai presente quando mi hai salvato la pelle dai licantropi e ti sono spuntate delle ali sulla schiena? Mi spiegheresti come diavolo è potuto succedere, visto che questi due non lo sanno?”» ironizzai, gesticolando.

 

Scott sbuffò.

Non avevo ancora raccontato a nessuno del mio sogno, visto che non mi sembrava particolarmente importante.
In fondo, poteva essere soltanto un insieme di immagini confuse elaborate dalla mia mente dopo lo shock.
Immagini viste poche ore prima inserite a caso in un contesto immaginario.
Tipo le ali.

Rabbrividii.

 

«Che casa è?» chiese ancora Scott, guardandosi attorno.

Io mi fermai.
 

«Beh, non lo so. So solo che abita in una di queste case.» ammisi.

 

Scott aggrottò la fronte.

 

«Dicci il suo cognome, almeno, così lo cerchiamo sulla targhetta...» si fermò, vedendo la mia espressione.

 

«Ok, allora come cavolo lo troviamo? Suoniamo a tutte le porte e chiediamo di un ragazzo-uccello?» esclamò, visibilmente preso in cotropiede.

 

Si aspettava che avessi un piano.
Una minima pianificazione di ciò che avrei fatto e detto una volta oltrepassata la soglia di casa Stilinski.
Ma non ero mai stata proprio un asso nel progettare.

 

«Non ti mettere a ululare, adesso. Troveremo una soluzione.» lo schernii, dandogli una spintarella con i fianchi.

 

Lui rimbalzò un po' un là, sorpreso, poi sorrise e scosse la testa.

 

«Guida tu, allora.» e con un gesto ampio della mano a indicare il quartiere un mezzo inchino mi sbolognò la responsabilità della riuscita o del fallimento della “spedizione”.

 

Stiles era stranamente pensieroso.
Incrociai il suo sguardo e, in una domanda muta, gli chiesi cosa gli prendesse.

Lui fece di no con la testa, ficcò le mani nelle tasche dei jeans e riprese a camminare.

Guardò la casa dall'altra parte della strada, scrutando le finestre, aggrottò la fronte e parlò.

 

«Per caso, il tuo amichetto non sa cos'è una maglietta e si allena in palestra?»

 

Lo guardai come se stesse delirando.

Poi seguii il suo sguardo.

Una finestra al piano di sopra aveva le tendine spalancate, e Neir si vedeva anche da là, a petto nudo, fermo a pochi passi dalla finestra, voltato di profilo.

Arrossii, imbarazzata da quella vista, e marciai fino alla casa.



My little bird!

Ok, eccomi qua, puntuale come sempre u.u
Vi è piaciuto il capitolo? In teoria, la seconda parte (quella separata dallo spazio) doveva essere l'inizio del prossimo capitolo, ma hodeciso di allungare un po' questo e accorciare l'altro, così sono lunghi uguali :)
In questi giorni sono completamente fuori uso: domani escono le date di Taylor Swift del Red Tour! Non sto più nella pelle, da Swiftie che sono <3 (so che non c'entra niente, ma dovevo condividerlo con voi meraviglie, lol)
In più, oggi ho incrociato per i corridoi il ragazzo che mi piace, quindi sono ancora più felice *O*
Ma avete visto? 78 RECENSIONI! Wow, io vi adoro. Non avete idea di come m'illuminate ogni volta **
Nel prossimo capitolo ci saranno degli sviluppi che daranno il via a "una serie di sfortunati eventi", quindi... restate con noi! *sigletta*
Sì, ce l'ho su con questa "sigletta". Devo ricoverarmi, lo so.
Grazie per aver letto, siete djskfhsd.
Un bacione,
Sara <3

p.s. Vi siete intrippate ancora di più sulla parola "Malaikat"? HAHAHAHAHAHA i know, sono cattifa ewe
Saprete tutto, abbiate pazienza... *risata malvagia*

  
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