Harry capita per sbaglio in casa di Piton nell'estate del quinto anno, dopo la morte di Sirius. Costretti a una convivenza forzata, i due scopriranno molte cose l'uno dell'altro.
Traduzione a opera di Starliam ed Allison91
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Prima di tutto devo chiedere scusa.
Non è stato bello essere sparita per tanto tempo, e adesso che le acque sono più calme, prometto di recuperare il tempo perso.
Mi dispiace KIA, spero che ti possa piacere questo nuovo capitolo, e spero di riuscire a mettere il prossimo al più presto. Di certo non ci metterò così tanto.
Intanto, il sequel della storia procede, spero di ottenere il permesso per tradurre anche quello, una volta che questa sarà finita.
Enjoy!
Starliam
Harry guardava il campo giù in basso, dall'alto della sua scopa, con il
vento che gli scompigliava i capelli. Vide qualcuno in basso, che lo
salutava con la mano. Senza pensarci un attimo, Harry tornò verso terra
più in fretta che potè. Di solito, riusciva a rallentare all'ultimo
momento; ma adesso stava andando troppo in fretta, e la terra si
avvicinava sempre di più.
"Umph!" Harry sbattè in terra e ruzzolò alcune volte, prima di
fermarsi, con braccia e gambe scomposte insieme alla scopa. "Ow",
esclamò sedendosi.
"E questo che cos'era?" udì una risatina dietro di sè. "Devi smetterla
di essere così goffo, figliolo, o ti romperai il collo. Già tua madre
pensa che il Quidditch sia troppo pericoloso".
Harry sentì delle forti mani che lo prendevano e lo rimettevano in
piedi. Harry si voltò, e si trovò a fissare il ridente volto di suo
padre, James. I capelli scuri dell'uomo erano scompigliati dal vento, e
Harry non potè trattenersi dal sorridere a sua volta, sapendo che anche
i suoi capelli erano così spettinati.
"Papà, cosa ci fai qui? Sei venuto a scuola nel bel mezzo del
semestre?"
"Solo a controllare che fosse tutto a posto". James pose un braccio
sulla spalla di suo figlio e se lo strinse al petto in maniera giocosa.
"Dal momento che sei mio figlio, mi aspetto che tu finisca in ogni
sorta di guai".
"Parli come Piton", ribattè Harry, per prenderlo in giro.
James gli dette un piccolo schiaffetto sul dietro della testa. "Non
insultare tuo padre!"
Harry sorrise di nuovo. Camminarono in silenzio per qualche istante,
godendosi la calda luce del sole. Harry iniziò a sentirsi intorpidito
per la caduta e si strofinò un braccio.
"Che c'è?" chiese James, preoccupato.
"Sono un po' indolenzito dall'allenamento" - Harry alzò le spalle -
"Niente di serio, sono solo un po' dolorante".
Avevano raggiunto una delle tende per gli esercizi, e James lo spinse
dentro.
"Perfetto, figliolo, siediti e fammi vedere le braccia". James aiutò
Harry a togliersi le protezioni dalle braccia.
Appena Harry si sedette James iniziò a massaggiare il braccio di suo
figlio, stirandolo dalla spalla, finchè Harry sospirò di sollievo
quando iniziò a sentire l'indolenzimento che se ne andava. Poi James
iniziò con l'altro braccio, dicendo:
"Non sono sicuro che mi piaccia il modo con cui hai preso il boccino
nell'ultima partita. Devi smetterla di lasciarti distrarre dagli altri
giocatori, e mantenere tutta l'attenzione sulla ricerca del boccino. E'
compito degli altri giocatori fare in modo che niente di colpisca.
Bella ripresa su quel tuffo, comunque. L'intera platea tratteneva il
respiro".
Harry cercò di rispondere, ma non sembrava in grado di parlare. La
tenda si stava facendo sempre più scura, e non era più seduto su una
sedia, ma stava sdraiato su una specie di materasso. James continuava a
stirargli i muscoli, muovendosi sulle caviglie e sulle ginocchia di Harry,
massaggiando e stirando. Harry stava molto bene, ma non riusciva ad
aprire gli occhi o a tentare di muoversi. In una pigra nebbia, stava
steso lì mentre James gli stendeva le gambe da una parte e gli stirava
la schiena, prima di tirargli di nuovo le braccia. Infine, James gli
sistemò addosso le coperte, e Harry si girò su un lato, sentendosi
comodo e caldo.
"Grazie papà", mormorò, prima di scivolare di nuovo nel sonno profondo.
Piton si bloccò, e guardò il ragazzo addormentato. Come lo aveva appena
chiamato? Potter di sicuro doveva essere perso in qualche patetico
sogno in cui suo padre si prendeva cura di lui.
Il ragazzo non si era svegliato, mentre Piton gli stirava i muscoli, ed
era proprio ciò che il professore voleva. In primo luogo, non avrebbe
mai voluto toccare il figlio di James Potter; ma non poteva sopportare
l'idea di dover ascoltare, il giorno dopo, i continui lamenti del
ragazzo sul fatto che si sentiva indolenzito. Si, Potter stava
sicuramente sognando: il ragazzo non si sarebbe mai azzardato a
chiamarlo in quello spregevole modo, giusto?
Beh, con un po' di fortuna, il ragazzo il giorno dopo non se lo sarebbe
ricordato. Niente di tutto questo.
-------
Il mattino dopo Harry fu svegliato dalla luce che entrava dalla
finestra. Per alcuni istanti, sbattè le palpebre confuso, chiedendosi
dove si trovasse. Si sentiva bene, molto meglio di quanto si fosse
sentito negli ultimi tempi. I ricordi degli ultimi giorni erano
confusi, e cercò di schiarirsi le idee. Era stato molto stanco e...
E... aveva preso fuoco? Sembrava una cosa stupida, ma si ricordava di
essersi trovato in fiamme e di aver urlato contro Piton, ma lui lo
aveva aiutato comunque. Poi Harry si era sentito triste, o turbato...
non ricordava bene.
La cosa più vivida che ricordava era il sogno con suo padre. Aveva
voglia di timettersi di nuovo a dormire, per sentire di nuovo la voce
di James, per rivivere il modo in cui lo aveva abbracciato, e in cui
aveva cercato di farlo star meglio.
"Signor Potter", una vocetta lo chiamò ad altezza-pavimento.
Harry guardò giù dall'alto letto, e vide un elfo domestico che lo
fissava.
"Signor Potter" - ripetè l'elfo - "Padron Piton chiede che lei faccia
un bagno e si prepari subito a scendere per la colazione. Io sono qui
per accertarmi che obbedisca".
Harry si accigliò, ma scese dal letto. Era troppo chiedere di tornare
al suo sogno. "Digli che scenderò il prima possibile. Ma il bagno...
non mi attaccherà, vero? Perchè se è così non ho intenzione di
entrarci, e puoi dirlo a Padron Piton".
L'elfo sembrò spaventato da come Harry aveva preso l'iniziativa, ma
annuì: "No, il bagno non attaccherà assolutamente il signor Potter. Ci
entrerà, si?"
Harry entrò in bagno con cautela. Afferrò la larga spazzola per capelli
di legno e la impugnò come una mazza da cricket. Se qualcosa si fosse
appena mosso, sarebbe stato in grado di distruggerlo. Ma non c'era
nulla che sembrasse fuori posto; e Harry si voltò verso il rubinetto e
iniziò a spogliarsi, tenendo la spazzola in una mano, in caso di guai.
Una volta nella vasca, Harry tenne d'occhio la saponetta e e la
spazzola da bagno mentre prendeva la spugna. Non si mosse niente, e
finalmente potè rilassarsi nell'acqua calda. Venti minuti dopo, vestito
con ciò che aveva trovato disposto sul letto rifatto (e non attaccato
dal bagno), Harry si passò una mano fra i capelli nel tentativo di
abbassarli. Il taglio di capelli che aveva ricevuto due giorni prima li
aiutava a tenerli in ordine, ma stavano sempre schizzati all'insù.
Harry corse verso la sala da pranzo, ignorando i ritratti che gli
gridavano di non correre e di darsi una pettinata. Piton era già seduto
a tavola, e si accigliò quando vide Harry entrare.
"Signor Potter, non è permesso correre dentro casa. La prossima volta
entrerai con calma. Per favore, siediti: la tua colazione si
raffredda".
Harry fu contento di vedere che aveva davanti toast, uova, marmellata
di lamponi e una grossa scodella di porridge. Non aveva realizzato
quanto fosse affamato finchè non prese il primo boccone, e si gettò sul
cibo con gusto.
"Potter!" Piton schioccò le dita con rabbia.
Harry alzò lo sguardo e disse, masticando un boccone di uovo: "Che
c'è?"
"Nessuno ti ha insegnato le buone maniere?" - ringhiò Piton - "Non
parlare con la bocca piena! Siediti diritto, il tovagliolo in grembo,
prendi bocconi piccoli e mangia lentamente".
Harry gli dette un'occhiataccia. "Ho fame, e quando siamo a scuola non
ha mai criticato il mio modo di mangiare".
"A scuola, sei circondato da centinaia di altri studenti. Dal tavolo
dei professori non ti vedevo così bene".
"Eppure, stava sempre a sogghignare da lassù, e a lanciarmi occhiate
cattive", brontolò Harry.
Gli occhi di Piton si strinsero, e agitò la bacchetta verso Harry. Dal
nulla apparvero corde di velluto che si avvolsero attorno alle braccia
e alle spalle del ragazzo, legandolo allo schienale della sedia. Harry
cercò di tendersi verso il tavolo, ma le corde lo tennero stretto.
"Forse questo ti aiuterà a stare seduto dritto con la schiena",
puntualizzò Piton, mentre tornata alla sua tazza di thè.
Harry cercò di prendere la forchetta. I polpastrelli la toccavano
appena, ma non riusciva a prenderla. Piton sospirò e agitò nuovamente
la bacchetta, spingendo la sedia di Harry più vicina al tavolo. Era
difficile mangiare con le spalle legate, ma Harry riuscì a non far
cadere neanche un po' di cibo.
Una volta che ebbe finito di mangiare, Piton fece scomparire le corde,
e Harry bevve una tazza di thè in libertà.
"Ora, Potter", Piton prese un pacco di carte e guardò severamente
Harry, "gli affari".
"Affari?", ripetè Harry, confuso.
"Sì, un gufo mi ha portato questi stamattina. Sono i documenti per la
custodia temporanea che devo firmare; mi renderanno il tuo guardiano
per il resto dell'estate".
A Harry andò il thè di traverso, e iniziò a tossire. Piton roteò gli
occhi, mentre Harry si tossiva violentemente in una mano.
"Custodia? (coff) Ma (coff) perchè lei?"
"Non so che cosa pensi di sapere del mondo reale, Potter, ma immagino
che tra i tuoi parenti e la scuola, tu abbia un'idea davvero minuscola
di come funzionano le cose. Puoi pensare di essere maturo, ma non
diventerai maggiorenne per un anno ancora; e le leggi magiche
dispongono che tutti i maghi minorenni debbano vivere sotto la
supervisione di un guardiano. Hai abbandonato la casa di tua zia e tuo
zio, dunque non puoi considerarli come guardiani. Comunque, non posso
avere la tua custodia senza la tua firma. Per i maghi sopra i tredici
anni di età, la legge chiede che il ragazzo acconsenta a cambiare
tutore".
"E che ne è dell'emancipazione?" chiese Harry. "Una volta ho letto
qualcosa su dei ragazzi che possono essere considerati adulti se sono
in grado di badare a se stessi".
Piton aprì la bocca per rispondere, ma poi scosse la testa. "No,
Potter, non mi degnerò neanche di risponderti".
"Tre anni fa, ho lasciato la casa dei miei zii e sono rimasto a Diagon
Alley fino all'inizio dell'anno scolastico", protestò ancora Harry.
"Quello era un caso particolare. Il Ministero della Magia ha dovuto
fare ogni sorta di eccezioni perchè pensava che tu fossi più al sicuro
a Diagon Alley, con un prigioniero evaso fuori controllo. L'anno prima,
avevano trasferito la custodia temporanea agli Weasley. Davvero, hai
dato più lavoro al Ministro in questi cinque anni di quello che hanno
mai fatto in vita loro. D'altra parte, in entrambi i casi l'estate era
quasi finita, e adesso è appena iniziata. Hai due scelte, adesso. Puoi
firmare questo documento dando a me la custodia temporanea, oppure puoi
tornare dai tuoi zii".
Harry lo guardò sospettosamente. "Perchè lei vuole la mia custodia? Io
dò il mio consenso, e lei magari mi rinchiude da qualche parte o mi usa
come cavia per qualche esperimento. Silente che ha detto?"
"E' stato proprio lui a suggerirlo", rispose Piton calmo. "E' impegnato
con l'Ordine della Fenice, e vuole essere certo che tu sia al sicuro
finchè non inizierà la scuola".
"E stare con lei significa essere al sicuro?" ribattè Harry, facendo il
verso a Piton e al tono freddo che usava. "Perchè Silente non mi lega e
non mi consegna a Voldemort, tanto per fare prima? Perchè non portarmi
a un incontro di Mangiamorte, così che loro possano farla finita con me
senza problemi? Lui pensa che stare con lei, il diabolico Mangiamorte
trasformato in professore di Pozioni trasformato in spia, sia la scelta
migliore per me..."
Piton puntò la bacchetta a Harry. Silencio.
Harry si trovò senza più voce: la bocca era aperta, e cercava di
urlare; ma non ne usciva alcun suono.
"Ah" - Piton sorrise soddisfatto -
"Un po' di pace. Adesso Potter, ho intenzione di dirti cosa succederà
con me durante quest'estate in cui rimarrai qui. Qualche obiezione? No,
immagino di no".
Se gli sguardi avessero potuto uccidere, Piton sarebbe caduto nella sua
tazza di thè, morto all'istante sotto lo sguardo furioso di Harry.
"Tu puoi considerarti adulto, ma sono qui per dirti che non accetterò
impudenze o insolenze da parte tua. Hai due scelte: rimanere qui o
tornare dai tuoi zii, e urlare non cambierà il fatto che non puoi fare
nient'altro. Sono tutto tranne che eccitato all'idea di averti come
ospite estivo, ma non mi aspetto che nessuno cerchi di venire incontro
ai miei desideri. Sei libero di leggere il contratto, se vuoi,
ma ti informo che si limita a stabilire che io sarà il tuo tutore fino
al primo di Settembre, e che sono responsabile del tuo benessere, della
tua salute fisica, del tuo stato mentale (o quello che ne è rimasto), e
di tutto ciò che possa rivelarsi necessario".
Harry cercò di parlare prima di ricordarsi che non poteva. Alzò una
mano alla gola, e Piton sospirò.
"Va bene, ma se inizi a urlare, non parlerai per il resto della
giornata. Finite Incantium.
Harry si schiarì rumorosamente la gola. "Se io firmo questo contratto,
che succederà una volta a scuola? Voglio dire, chi è che avrà la
custodia quando sarò lì?"
"Come è sempre stato, la scuola agisce in loco parentis, al
posto dei genitori, per il periodo in cui sei al suo interno. Quando
seremo al primo Settembre, questo contratto sarà scaduto e senza
valore".
Harry dette una scorsa ai documenti, ma erano quasi del tutto scritti
in gergo legale; che lui riusciva a malapena a leggere, figuriamoci a
capire. Deglutì con fatica. "Se io accetto, che succede? Come faccio a
sapere che non farà qualcosa di crudele e subdolo, come consegnarmi ai
Malfoy o rinchiudermi in un sotterraneo da qualche parte?"
"Potter, se avessi davvero voluto farti del male, lo avrei fatto cinque
anni fa; e mi sarei risparmiato tutto questo tempo passato a insegnarti
e a sopportare le tue chiacchiere sciocche. Se volessi vederti ucciso,
mi limiterei ad aprire la porta principale e ti lascerei saltellare fuori senza
problemi, indifeso e non accompagnato. Un Mangiamorte ti troverebbe in
pochi minuti, il Signore Oscuro ti ucciderebbe lentamente e
ricompenserebbe il Mangiamorte per la tua cattura; e io potrei tornare
alla mia colazione senza altre interruzioni. E' quello che vuoi?"
"No, ma lei è..." Harry si interruppe, incapace di trovare le parole
giuste.
"Probabilmente sì, ma non hai altra scelta che i tuoi zii".
"L'estate qui sarà come sono stati gli ultimi giorni?" Harry rivolse a
Piton uno sguardo indagatore.
Il professore annuì. "Sì, ma spero senza le fiamme e il dramma pieno di
lacrime. Ho stilato una tabella che dovrai seguire, ma la guarderemo
dopo che avrai firmato".
"Una tabella?" Harry era sospettoso.
"Una cosa dopo l'altra. Firmi o no? Ho del lavoro da fare". Piton gli
tese una penna.
Harry vedeva l'inchiostro sulla punta. Doveva firmare? Non voleva
tornare dai Dursley: non avrebbe mai fatto progressi con loro. Voleva
trovare quelle Giratempo o la Collana di Timord. Ma Piton come tutore?
Harry sentì una brutta sensazione allo stomaco. Chi sapeva che potere
avrebbe potuto avere Piton una volta suo tutore? Senza nessuno intorno
a fermarlo, Piton avrebbe potuto fare qualunque cosa: tutto quello che
voleva, visto che Harry era indifeso, senza bacchetta.
Comunque, se Harry avesse trovato una Giratempo o la Collana di Timord,
avrebbe cambiato la storia degli ultimi due anni. Una volta tornato
indietro, il contratto non sarebbe esistito. Avrebbe potuto andare a
vivere con Sirius da qualche parte e cancellare tutta l'estate.
Harry prese la penna e ne appoggiò la punta sul foglio. Si bloccò
all'improvviso e fissò Piton. "Ma se cerco di scappare o lei si
infuria? Non voglio..."
"Potter, firma il contratto e basta", Piton indicò con impazienza il
documento. "Potremo passare tutto il giorno a chiederci 'e se'. A meno
che non succeda niente di troppo strano o fuori dall'ordinario, sono
sicuro che all'inizio della scuola sarai vivo e vegeto".
"Quanto sicuro?" chiese Harry, ancora indeciso.
"84%", rispose Piton senza esitazione.
Non era molto confortante, ma Harry pensò che fosse il massimo che
poteva ottenere. Guardò in fondo al contratto. C'erano due righe.
Sulla prima c'era scritto Severus Augustus Piton. Prendendo un
profondo respiro, Harry scrisse Harry James Potter sulla seconda
riga.
Piton toccò i documenti con la bacchetta, e i fogli scomparvero.
"Non dovevano esserci i testimoni?" Azzardò Harry, che ricordava di
aver visto un film babbano che conteneva alcuni aspetti legali.
"No, entrambe le firme hanno la magia al loro interno". Piton prese un
altro foglio sul tavolo.
"Quindi è fatta?" chiese Harry piano. "Sono bloccato per il resto
dell'estate qui con lei. Che succede se esco dalla porta e lascio la
proprietà?"
"Che vengo a riprenderti e ti riporto indietro tenendoti per i
capelli", rispose distrattamente Piton, mentre guardava il nuovo
foglio.
"No, volevo dire dal punto di vista magico".
"Niente, almeno finchè non metterò le barriere intorno alla casa e ai
giardini".
"E a quel punto che cosa succederà?" insistè Harry.
"Potter, smettila di fare tante domande. Perchè, come... sei peggio di
un bambino".
Harry sbuffò e si appoggiò con la schiena alla sedia, incrociando le
braccia. Un terribile pensiero gli attraversò la mente: adesso che
Piton era il suo tutore poteva costringere Harry a obbedire a quello
che gli diceva con la magia. Poteva semplicemente dire "Comportati
bene" e Harry non avrebbe potuto comportarsi male. Come la versione di
Cenerentola che Harry aveva letto anni prima, in cui la ragazza doveva
obbedire a tutto ciò che le veniva detto.
Piton sospirò. "Qualunque cosa tu pensi, ti assicuro che così male come
te lo immagini. Ora, guarda questo foglio".
Harry guardò deliberatamente da un'altra parte per qualche secondo,
giusto per accertarsi se avesse ancora una volontà propria. Non
successe niente: si sentiva come al solito, così dette un'occhiata al
foglio e lesse 7:00 Sveglia, bagno, vestirsi, rimettere in ordine -
8:00 Colazione - 8:30 Passeggiata...
"Che razza di tabella è?" chiese Harry. "Vuole che studi e legga e vada
a letto alle dieci tutti i giorni? E' estate!"
"Sono perfettamente cosciente della stagione in cui ci troviamo",
iniziò calmo Piton, ma Harry lo interruppe.
"No, non sono d'accordo. Devo seguire una tabella tutto l'anno quando
sono a scuola".
"Tabella che riesci a infrangere numerose volte".
"Agisco in base al suono della campanella per nove mesi" - insistè
Harry - "Vai in classe, vai a mangiare, vai a letto, vai in punizione.
Non seguirò questa scheda."
"Potter, quest'argomento non è oggetto di dibattito".
"So già che cosa succederà" - sbottò Harry - "Io non sarò in grado di
seguire alla perfezione quella tabella, e lei mi prenderà in giro tutta
l'estate, dicendo che non sono in grado di obbedire alle regole proprio
come mio padre, e che non riesce a credere di avere a che fare con uno
studente tanto disprezzabile. Quindi dico di no adesso".
Harry rimase seduto, a braccia incrociate, in collera. Non avrebbe
permesso a Piton di spadroneggiarlo per tutta l'estate, per poi tornare
a scuola e doverlo sopportare anche lì.
Gli occhi di Severus brillavano minacciosi. "Potter" - disse
severamente - "mi hai urlato contro tutta la mattina, e ne ho
abbastanza del tuo comportamento. Prenditi un periodo di riflessione, e
vai in piedi in quell'angolo finchè non ti sarai calmato".
Harry impallidì mentre fissava Piton a bocca aperta. Il professore non
diceva sul serio.
"Ora, Potter!" Ordinò Piton. "Metti il naso in quell'angolo finchè non
ti dirò di tornare. Vai, non farmelo dire di nuovo, o ti porterai
dietro un sedere in fiamme".
Furioso, Harry spinse indietro la sedia e si alzò. Camminò
rumorosamente verso un angolo della stanza e vi si mise in piedi,
ribollendo di rabbia e borbottando: "Brutto, malvagio..."
"Non parlare mentre sei confinato nell'angolo", ordinò Piton. "Non ho
intenzione di avere a che fare con crisi di ribellione adolescenziale
per tutta l'estate. Quindi, per settembre avrai imparato a
controllarti, dovesse essere l'ultima cosa che faccio. Ora stai lì per
un po' e pensa a come controllarti".
Harry non voleva fare nient'altro che tornare di corsa al tavolo e dare
un pugno sul naso di Piton. Respirando a denti stretti, Harry strinse
le mani a pugno, fissando con rabbia il legno marrone del muro. Non
avrebbe potuto sopportare tutto questo per le prossime sette settimane.
Sette settimane? Davvero così tanto? Erano quarantanove giorni,
quarantanove giorni bloccato con Piton e quella dannata tabella. Il
professore l'avrebbe pagata.
Venti minuti più tardi, Harry era annoiato come mai lo era stato in
vita sua. Si sentiva le gambe stanche a forza di stare in piedi senza
muoversi. Morto di noia: suonava bene. Harry cercava con tutte le sue
forze di rimanere arrabbiato con Piton, ma il tempo passato a
Snapdragon Manor sembrava aver lavato via il suo odio per lui. Harry
non sentiva più una rabbia incontrollabile verso il professore di
Pozioni. Invece, Piton lo aveva fatto sentire un bambino capriccioso
che aveva bisogno di essere controllato e accudito, del quale non ci si
poteva fidare a lasciarlo solo. Il fatto che Harry al momento fosse
confinato in un angolo non lo aiutava a sentirsi meglio. Era pronto per
tornare al tavolo e dimostrare a Piton che poteva comportarsi da
adulto.
Sentiva che Piton prendeva una seconda tazza di thè. Uno degli elfi
domestici venne a sparecchiare il tavolo.
"Padron Piton, sono venuta a riordinare la tavola". Harry sentì la
vocetta dell'elfa. "Lei e il signor Potter avete finito?"
"Sì, prendi i piatti, ma lascia il servizio per il thè", ordinò Piton.
"Il signor Potter ha bisogno di qualcosa?" chiese timidamente l'elfa.
"Il signor Potter rimarrà nell'angolo finchè non imparerà a comportarsi
come si deve", rispose Piton. "E conoscendo il nostro giovane ospite,
Passerà lì un sacco di tempo".
Piton sogghignò quando vide Harry quasi pestare i piedi. "Sì, Nabby,
penso che sia una buona idea incidere il nome del signor Potter su
quell'angolo, in modo che sappia che è il suo posto quando si comporta
male".
"No, non lo è!" Insistè Harry, sempre con la faccia rivolta al muro. Si
aspettava che Piton gli ordinasse di calmarsi o dicesse a Nabby di
iniziare a incidere, perchè Potter avrebbe vissuto in quell'angolo per
le prossime sette settimane. Invece, tutto quello che Piton disse fu:
"Sei pronto a comportarti come si conviene alla tua età, o hai bisogno
di un altro po' di tempo lì?"
Harry si voltò e tornò a tavola. "Mi comporterò come si conviene alla
mia età, anche se non voglio seguire una tabella".
"Farai bene ad occuparti dei tuoi studi. Il sesto anno è piuttosto
difficile, e non c'è motivo per cui tu non possa iniziarlo
già preparato".
"Ma Hermione..."
"La signorina Granger ha del talento a ricordarsi i libri, ma non c'è
ragione che ti impedisca di imparare altrettanto. Mentre lei leggeva o
studiava di notte, sono convinto che tu eri in giro a fare sciocchezze
con il signor Weasley o un altro dei tuoi amici sempliciotti. Non vedo
perchè tu non possa tornare a scuola preparato come la signorina
Granger. Forse allora sarai capace di rispondere a qualche domanda, in
classe; invece di fingere di essere invisibile".
Piton aveva ragione, ma Harry preferiva stare a sedere tenendo il
broncio, piuttosto che ammettere che il Professore di Pozioni sapesse
di cosa parlava.
"Per quanto riguarda i pasti e l'ora di andare a letto, ti aspetti
davvero di crescere e diventare più alto finchè scarti il cibo sano, ti riempi di
zucchero, e non ti riposi mai? Ti ho visto sbadigliare in classe
diverse volte nell'anno passato, e una volta ti sei quasi addormentato.
Ho ragione?"
"Beh, a volte non riesco a dormire la notte" - mormorò Harry - "E
mangio quando ho fame, e tutti a scuola mangiano dolci senza che i
professori li rimproverino".
"Chi dice che non rimprovero gli altri studenti quando mangiano troppi
dolci?" chiese Piton, alzando un sopracciglio. "Se dipendesse da me,
non ci sarebbero neanche gite a Hogsmeade. E senza troppi zuccheri, ti
adatterai presto a dormire a un'ora ragionevole e ad alzarti presto.
Potrebbe anche aiutare il tuo malumore. Per quanto riguarda la tabella,
ne metterò una copia nella tua stanza e una in biblioteca. Ti aiuterà a
memorizzarla, rendendoti più facile seguirla. A pranzo parleremo più
approfonditamente delle conseguenze della disobbedienza, e poi potrai
iniziare il compito che ti ho assegnato l'altro giorno. Adesso, vedo
che sono quasi le nove, e dovresti essere fuori a camminare. Muoviti!"
In qualche modo, Harry si trovò avvolto nel mantello verde e spedito in
giardino prima che potesse obiettare.
"Cammina lungo il sentiero", disse Piton, indicando il camminamento di
ghiaia. "Compie un giro intorno alla casa. Anche se cammini lentamente,
tornerai qui in tempo per studiare, alle dieci e mezza. Rimani sul
sentiero di ghiaia".
Piton tornò dentro e sbattè la porta. Harry rimase a fissare sbalordito
la porta chiusa. Tre giorni in casa di Piton, ed era stato sculacciato
due volte, aveva preso fuoco, si era trovato con un nuovo tutore, era
stato messo sotto una rigida tabella giornaliera, ed era rimasto in
piedi in un angolo per mezz'ora. E adesso doveva ancora scrivere quello
stupido compito. Incredibile.
Nonostante tutti i suoi commenti sarcastici sul fatto di essere
scocciato dagli studenti e da Harry in particolare, Piton era una
persona molto alla mano. Harry era certo che Piton gli si sarebbe
avvicinato in maniera personale, senza lasciarsi sfuggire nulla. Questo
preoccupava e tranquillizzava Harry al tempo stesso: il pensiero che
qualcuno poteva essere buono e cattivo, pronto a distribuire in ogni
momento regole e sarcasmo, senza mai lasciare a Harry dubbi su come il
suo comportamento era visto da Piton e su come il professore aveva in
programma di occuparsene.
A circa un centinaio di piedi più avanti nel giardino, un sentiero
scuro si dipartiva da quello di ghiaia e continuava nella foresta,
girando a destra mentre il sentiero di ghiaia conduceva a sinistra.
Harry si voltò indietro a fissare la casa, e poi di nuovo a osservare i
due sentieri. Per girare intorno alla casa, avrebbe dovuto seguire
quello più scuro. D'altra parte, il sentiero di ghiaia terminava
davanti a una mangiatoia per uccelli. Forse se Piton fosse uscito
qualche volta dal suo laboratorio di Pozioni, sarebbe stato in grado di
orientarsi anche nella sua proprietà, pensò Harry malignamente mentre
si incamminava lungo il sentiero scuro. Harry sogghignò al pensiero di
Piton che si aggirava perso e senza direzione nella sua stessa
proprietà, chiedendosi come tornare a casa. Poi si rabbuiò,
mentre il suo pensiero tornava alla conversazione avuta al tavolo della
colazione.
Si sentiva le farfalle nello stomaco mentre camminava, oltrepassando il
giardino ordinato per continuare nella foresta. Come si sarebbe sentito
alla fine dell'estate, se avesse seguito la tabella di Piton?
Sicuro? Pronto a partecipare alle lezioni come faceva Hermione? Poteva
immaginare la faccia della sua amica, mentre alzava la mano per primo
per rispondere a una domanda e guadagnava punti per Grifondoro perchè
aveva risposto bene. Quando lei si sarebbe voltata a guardarlo stupita,
lui avrebbe detto: "Che c'è? Oh, sì, ho studiato un po' quest'estate,
non molto, sai". E Ron avrebbe ghignato, perchè finalmente qualcuno
sapeva di più sui libri di Hermione.
E cosa avrebbe pensato Ron, di Piton come tutore? Harry poteva
immaginare l'espressione piena di orrore e disgusto di Ron, e poi di
opprimente pietà. "Poveraccio", avrebbe scosso la testa Ron, "sembra
che facciano di tutto per farti impazzire. Tutta l'estate con
quell'idiota unto di Piton? Silente vuole che tu abbia un crollo
nervoso?"
Avrebbe dovuto scrivere a Ron. Sicuramente a Piton non importava che
Harry si scambiasse lettere con i suoi amici, finchè non progettava di
scappare. Avrebbe dovuto chiedergli il permesso, ma riusciva a
immaginare la risposta di Piton: "Vuoi scrivere ai tuoi amici? Pensi
davvero che siano capaci di leggere le tue lettere e di risponderti? Mi
deludi".
Però, Piton glielo avrebbe lasciato fare, giusto? Non avrebbe lasciato
che Harry trascorresse tutta l'estate senza parlare con i suoi amici. I
Dursley lo avrebbero fatto, ma Piton non era malvagio come loro: aveva
aiutato Harry con la storia del maleficio, i Dursley lo avrebbero solo
chiuso in camera. Forse, se glielo avesse chiesto con educazione e
rispetto. Le parole del professore erano sempre acide, ma probabilmente
sarebbe stato d'accordo, anche se riluttante in qualche modo.
Ma no, prima le Giratempo. Harry aveva dei piani prioritari, che non
includevano studiare tutta l'estate e scrivere agli amici. Diventava
sempre più difficile concentrarsi in quella che era la sua intenzione
iniziale. Piton doveva aver messo qualcosa nel suo cibo.
Il sentiero sembrava andare avanti per sempre, dopo una curva ne
seguiva subito un'altra. Dopo un po' Harry si chiese se doveva tornare
indietro o se era più rapido continuare ad avanzare. Dopo aver
raggiunto la cima di una collina e aver notato che il sentiro la
scendeva, per poi salire su un'altra collina ancora, Harry ci rinunciò
e si sedette sotto un albero. Appoggiò la schiena al tronco e le mani
sulle ginocchia piegate. Era ancora stanco dal trauma dei giorni
precedenti. Perchè Piton gli aveva fatto fare una camminata così lunga
quando ancora non era guarito completamente? Non doveva immaginarsi,
Piton, che si sentiva ancora stanco? O forse sperava che Harry sarebbe
collassato mentre camminava?
Harry quasi sbuffò, nel fare questi pensieri. Si stava forse chiedendo
perchè Piton non si affannasse intorno al delicato stato di salute del
suo pupillo? Lo stesso professore che si divertiva nel vedere Harry
soffire e agitarsi in classe, felice di vederlo sbucciare qualcosa di
viscido e disgustoso per ore? Ma era stato bello quando, il giorno
prima, Piton si era comportato in modo preoccupato, ma sicuro che
avrebbe aiutato Harry. E la sensazione della mano dell'uomo sulla sua
fronte, e mentre gli sentiva le pulsazioni - toccava Harry e non
arretrava in preda al disgusto. Non erano molte le persone che volevano
contatti fisici con lui, come se fosse stato pericolosamente contagioso
o sul punto di esplodere. Anche Madama Chips faceva le sue visite in
fretta e con minor contatto fisico possibile.
All'ombra dell'albero, Harry chiuse gli occhi e cercò di ricordare il
suo sogno. Gli piaceva il modo in cui James gli aveva messo il braccio
sulle spalle, tirandoselo contro in maniera rude, certo che Harry
potesse sopportare un po' di rudezza. Alcuni padri erano molto fisici
con i propri figli: abbracci, lotte, leggeri pugni sulle spalle, gli
scompigliavano i capelli o gli facevano il solletico finchè i figli
chiedevano pietà. Harry aveva visto questi genitori con i propri figli:
li abbracciavano, li coccolavano quando piangevano, ridevano, parlavano
di sciocchezzuole, gli compravano dolci, e minacciavano di punirli se
non si comportavano bene.
Lui non avrebbe avuto niente del genere, pensò Harry, aprendo gli occhi
e strappando distrattamente un filo d'erba. Non avrebbe mai avuto una
madre che gli sistemava le coperte la sera o un padre che lo rimproverava per il suo
comportamento o si complimentava con lui per i suoi voti.
Harry aveva sperato che crescendo non gli sarebbe importato di essere
un orfano - che non gli sarebbe importato di essere solo, perchè gli
adulti dovevano essere in grado di stare in piedi da soli senza bisogno
di aiuto. Da una parte si sentiva stupido e infantile per il desiderio
di avere dei genitori: molti ragazzi della sua età volevano
allontanarsi dalle famiglie e vivere da soli. Di solito, Harry si
convinceva che stava meglio senza genitori che lo coccolavano e si
occupavano di lui, considerato che non gli piaceva quando erano i
professori a farlo. Ma sapeva che ora più che mai, voleva una famiglia.
Invece aveva dei freddi zii e un irascibile professore di Pozioni come
tutore temporaneo.
Un ramoscello si spezzò, e Harry alzò gli occhi. Il suo cuore iniziò a
battere all'impazzata mentre vedeva l'irascibile professore di Pozioni
marciare su per la collina, la sua veste nera che svolazzava
minacciosa. L'espressione sul suo volto rendeva sicura una sola cosa:
Piton non era per nulla contento del suo pupillo.
Harry si alzò in piedi. Doveva correre incontro a Piton o aspettare che
arrivasse da lui? Andare o rimanere, andare o rimanere? Harry fece un
mezzo passo avanti e poi cambiò idea. Non c'era ragione di andare
incontro alla furia.
Mentre Piton si avvicinava, Harry vide che il mago aveva una copia
della tabella in una mano, e la bacchetta stretta nell'altra. Non
prometteva bene, proprio per niente.