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Autore: charliesstrawberry    12/03/2013    7 recensioni
«Complimenti Styles, erano mesi che stavamo cercando di venire a capo della faccenda».
«Grazie capo», borbottò Harry imbarazzato grattandosi la nuca. Certe volte però avrebbe voluto avere una vita normale, essere un tipo normale che va in una scuola normale. Non il figlio di un ex agente della C.I.A. morto inspiegabilmente a causa di una banda di pazzi armati con uno strano e perverso senso dell’umorismo.
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«Devo portarti in un posto sicuro, questi sono gli ordini. Non discutere con me!» ribatté il ragazzo lanciandole un’occhiataccia.
«No, tu non discutere con me! Ti ho chiesto di dirmi dove…» lui tirò bruscamente il freno a mano: la macchina fece una mezza piroetta su se stessa e per poco non si ribaltò, generando una nuvola di polvere dal terreno sterrato su cui stavano andando come minimo a 180 all’ora.
«Perché diavolo non vuoi capire Charlie, devo proteggerti porca puttana!» si passò una mano tra i capelli bruni fissandola di traverso «non ho mai conosciuto nessuno più esasperante di te!»
--fanfiction a quattro mani con __OffTheChain--
Genere: Azione, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Giocare col fuoco.

Il frastuono delle voci era assordante. Gli schiamazzi, le urla, i rumori agghiaccianti di oggetti che sbattevano l'uno contro l'altro, la gente che si spingeva...
Era l'inferno quello, o la mensa scolastica? Harry sbuffò, mentre avanzava con cautela in quell'enorme sala in cui il caos regnava sovrano. Si voltò da una parte, ed il suo sguardo fu catturato da un gruppo di ragazzi che per gioco si tiravano del cibo a vicenda. Il ragazzo assunse un'espressione indignata, per poi soffermarsi ad osservare un altro gruppo di persone che schiamazzava a voce alta.
Sembravano tanti animali. Starnazzavano, si gettavano il cibo addosso, si davano spintoni anche solo per salutarsi. Erano quelli i suoi coetanei? Se fosse stato un ragazzo normale, sarebbe arrivato a diventare uno di loro?
Anche volendo, si disse Harry, non sarebbe mai riuscito a sembrare come la gente che lo attorniava in quel momento. Lui era cresciuto tra i sussurri, in un luogo dove le parole avevano una valenza particolare, dove si imparava a riflettere prima di agire; dove uno sparo è uno sparo e un pugno è un pugno, dove nessuno oserebbe metterti le mani addosso "per scherzo". Aveva passato l'infanzia con persone che avevano ben più del doppio dei suoi anni, non aveva idea di come comportarsi ora, fra coetanei. Aveva presto scoperto che "quelli della sua età" erano completamente diversi da lui e questo gli dava preoccupazioni perché, più del fatto che si sentisse un pesce fuor d'acqua, in questo modo era difficile passare inosservato; e di lì al perdere la copertura il passo era breve.
Il ragazzo si guardò intorno in cerca di quella stronza biondina che avrebbe dovuto proteggere ma, malgrado la sua vista fosse impeccabile, era davvero impossibile riuscire a distinguere qualcuno in quella caotica massa di persone.
Mentre ancora si guardava intorno, confuso e spaesato, fu distratto da una mano che veniva sventolata proprio nel suo campo visivo: si accorse che era Zayn, il ragazzo che aveva conosciuto il giorno precedente. Era seduto con due suoi amici, e sembravano consumare il pranzo in tutta tranquillità. Il moro gli stava facendo segno di avvicinarsi. Anche se di malavoglia, Harry si costrinse a raggiungerli: magari loro sapevano dove si trovava Charlie, in caso contrario li avrebbe scaricati con la prima scusa che gli sarebbe venuta in mente.
«Ehi, ragazzo nuovo!», fece Zayn sorridendogli cordiale.
«Ehi», rispose Harry ricambiando quel sorriso con fare un po' tentennante. Il giorno prima il ragazzo era stato molto gentile con lui: gli aveva mostrato i luoghi più frequentati della scuola – poco importava che Harry ne conoscesse già tutta la planimetria a memoria – e l'aveva anche invitato a pranzare con lui. Ad Harry Zayn sembra simpatico ed avrebbe voluto davvero fermarsi a pranzo con lui ed i suoi amici, ma il dovere veniva sempre prima: e si dava il caso che quella simpaticona di Charlie avesse avuto delle prove extra con le cheerleaders il giorno prima, proprio durante l'ora di pranzo; per cui Harry aveva dovuto declinare l'invito di Zayn, o meglio, dargli buca.
«Che fine avevi fatto ieri?», domandò quest'ultimo, mentre indicava una sedia vuota accanto a lui, che Harry si decise ad occupare.
«Ho avuto dei problemi con l'orario. Quell'idiota della segretaria mi ha tenuto per tre quarti d'ora lì dentro perché non riusciva a far funzionare la stampante», mentì spudoratamente, ma con estrema prontezza. Se volevi lavorare alla C.I.A. dovevi essere un bravo bugiardo, capace di mettere in piedi scuse credibili in meno di qualche istante.
Zayn annuì comprensivo, poi si rivolse ai due suoi amici che gli sedevano accanto. «Ragazzi, lui è Harry, il ragazzo nuovo. Viene da Manhattan», spiegò. Poi si rivolse al riccio: «Loro due sono Niall», e qui indicò il biondino dalla bocca piena e che portava un cappellino verde con visiera, «e Liam», un ragazzo dall'espressione seria ed i capelli color castano chiaro. Entrambi gli sorrisero con fare cortese.
«Piacere», fece Harry accennando un sorriso, per poi continuare a guardarsi intorno freneticamente. Dove diavolo era Charlie? Non aveva prove quel giorno, sarebbe dovuta essere in mensa.
«Ieri l'ho salvato dalle grinfie della Douglas», ridacchiò Zayn rivolto ad i suoi compagni, che sorrisero divertiti e scossero la testa, come a mostrare compassione nei confronti di quel povero ragazzo nuovo che non aveva ancora capito i meccanismi della scuola.
«Sta' tranquillo, è stronza con tutti, quella», gli assicurò Niall con una scrollata di spalle, mentre masticava qualcosa.
«Me ne sono accorto», mormorò distrattamente Harry, che nel frattempo passava nuovamente in rassegna i tavoli con lo sguardo. Improvvisamente fu catturato dalla vista di due ragazze con indosso la divisa da cheerleader e... bingo! Accanto a loro c'era Charlie, tra le braccia di un ragazzo di cui Harry riusciva a vedere solo la nuca, perché di spalle. Il riccio inarcò un sopracciglio: perché non era stato informato del fatto che Charlie avesse un ragazzo?
«È fidanzata?», domandò a Zayn, forse con un po' troppo interesse, perché quest'ultimo scoppiò a ridere.
«Non mi dire che vuoi provarci, amico!», fece con gli occhi sgranati ed un enorme sorriso di scherno in volto.
«No... no», chiarì subito lui scuotendo più volte la testa e grattandosi la nuca, «mi chiedevo piuttosto quale idiota potrebbe mai volerle stare dietro», disse e si costrinse a ridacchiare. Zayn, Liam e Niall sorrisero ed annuirono, mostrandosi d'accordo.
«Si chiama Matt Standford. E sì, è un deficente di prima categoria. Ma da questo punto di vista direi che stanno bene insieme», affermò Liam mentre Harry osservava i due, intenti a mangiarsi la faccia a vicenda.
«Se non questo è amore...», commentò con fare sarcastico ed un'espressione schifata, e gli altri risero.
«Comunque non stanno davvero insieme», puntualizzò Niall, «Cioè sì, stanno insieme, ma hanno una sorta di relazione aperta».
«Vuoi dire che stanno insieme ma entrambi possono scoparsi chi altri vogliono senza farsi problemi?», fece Harry.
Niall annuì prontamente. «Esatto. Sono più... indefinibili», spiegò, e l'altro fece un cenno d'assenso.
«Beh, che siano fidanzati, indefinibili o in una relazione aperta... a me fanno comunque schifo entrambi, anche come singoli», osservò Zayn ed Harry, dal canto suo, non poté far altro che assentire, almeno per quanto riguardava Charlie; ma era più che certo che quel Matt fosse fatto della stessa pasta.
«Lasciando perdere questo», fece Zayn di punto in bianco, «ci sarebbe una festa sabato prossimo. Anche se è a casa di quel pallone gonfiato di Standford... io, Liam e Niall ci andiamo. Sei dei nostri?», chiese.
Una festa a casa del ragazzo di Charlie? Harry si mostrò pensieroso per qualche istante. Poi decise di assumere un'aria scocciata: «Ci sarà anche quella rompipalle bionda?», chiese, mascherando alla perfezione il vero scopo di quella sua domanda.
Niall scoppiò a ridere. «Proprio non la reggi, eh?». Harry si strinse nelle spalle.
«Sì, ci sarà purtroppo», fece a quel punto Liam. Perfetto, pensò il ragazzo.
«Va beh, non importa. Sarò felice di venirci con voi», si affrettò a dire per sviare l'argomento, da un lato ancora incredulo per il fatto che qualche ragazzo normale lo avesse davvero appena invitato ad una festa. Scrollò subito via quel pensiero: lui era in missione, stava lavorando. E si dava il caso che avesse appena trovato un alibi perfetto per sorvegliare Charlie sabato sera, non un modo per farsi degli amici.
«Comunque amico, sul serio, non ci fare caso. La Douglas sarà una stronza di prima categoria e tutto quello che vuoi, ma se stai lontano dal suo tappeto rosso lei non ti dà fastidio», lo rassicurò Zayn sollevando le spalle. «Basta ignorarla. E lei ignora te».
Harry annuì, prima di sospirare impercettibilmente. Ignorarla. Fosse stato così facile.

Al suono dell'ultima campanella, tutti gli studenti schizzavano fuori dall'edificio scolastico come se fosse appena stata scagliata una bomba puzzolente all'interno, o si fosse scatenata un'epidemia di peste. Ciò provocava un orribile ingorgo alla porta principale, e che impiegava almeno cinque minuti buoni per sciogliersi del tutto. Harry aveva deciso che, tra tutte le cose orribili del liceo, l'uscita era di gran lunga la peggiore. Si sentiva soffocare, tra gente che spintonava e tirava, e doveva fare appello ad una forza sovraumana per poter reprimere l'istinto di prendere la pistola che teneva nella tasca nascosta della sua felpa e sparare in aria, giusto per far allontanare tutti quelli intorno a lui in un batter d'occhio. Non era claustrofobico o altro, ma semplicemente non sopportava la folla che si accalcava. Il giorno precedente aveva rischiato di stendere al suolo un povero quindicenne che, cadendo perché spinto da qualcun altro dietro, si era appoggiato al suo braccio.
Fosse stato per Harry, avrebbe aspettato all'interno della scuola che le acque si calmassero, per poi uscire più tardi in tutta tranquillità: ma non era certo lui a decidere delle sue azioni, bensì Charlie, la quale, non si sapeva come, all'uscita diventava capo di quella mandria di bisonti, riuscendo così ad uscire per prima, totalmente illesa. Vero era anche che ogni dove lei passasse si apriva una sorta di varco di persone, cosa che Harry trovava estremamente ridicola.
Quando finalmente riuscì a liberarsi da quel labirinto di gente, raggiunse un albero e vi si appoggiò casualmente al tronco con la schiena e la pianta di un piede, mentre incrociava le braccia al petto con disinvoltura. Normalmente avrebbe raggiunto la sua macchina subito, ma stavolta rimase a fissare da lontano Charlie che amoreggiava pubblicamente con il suo Matt.
Non voleva fare lo stalker né tanto meno provava piacere nel vedere quei due slinguazzarsi, ma sapeva che era proprio Charlie a voler parlare con lui.
«Avresti dovuto vederlo, Caroline! Mi ha fatto il dito medio. A me! Capito? A me!», aveva gridato al telefono Charlie seduta sul suo letto, la sera prima.
Harry, dal canto suo, appostato di nascosto sul balcone della camera di lei, non aveva alcuna intenzione di origliare le sue conversazioni private; ma era stata lei ad aver urlato, e a quel punto Harry non poteva ignorarlo.
«Che razza di deficente! Ma ti rendi conto?», la voce della ragazza si era arrestata per qualche istante, mentre Harry si era trovato costretto a coprirsi la bocca con una mano, per via delle risate che rischiavano di farlo scoprire. «No, ma lui non ha capito con chi ha a che fare, evidentemente», e qui aveva ridacchiato, sadica. «Se continua così gli rovinerò la vita. Non mi ci vuole proprio nulla a farlo espellere, sai? Mi basta fare una chiacchieratina con mio padre». Il suo tono altezzoso, e terribilmente... cattivo, aveva creato un'espressione di disgusto sul volto di Harry. Davvero quella piccola principessa presuntuosa sarebbe stata capace di fare una cosa del genere ad una persona?
«Tuo padre può solo ringraziarmi per quello che sto facendo, dolcezza», le aveva risposto sottovoce Harry tra sé e sé, mentre osservava il profilo di lei agitare le braccia e sbraitare al cellulare, dalla fessura che la tenda della sua stanza creava.
«Oh, non m'importa. Domani gli andrò a parlare alla fine della scuola. Devo solo fargli capire contro chi si è messo e chi è che comanda. Lo rimetterò in riga».
Rimettermi in riga?, aveva pensato Harry, schifato. Era lei a non aver capito contro chi si era messa perché, se lui conosceva praticamente ogni minimo dettaglio della sua quotidianità, dal suo numero di scarpe ai cereali che mangiava a colazione, lei non aveva la più pallida idea di chi fosse lui e del ruolo che stesse svolgendo nella sua vita adesso.
Il flashback ed i pensieri di Harry furono interrotti dallo squillo del cellulare, che vibrava impaziente nella sua tasca. Quando vide il numero impresso sullo schermo sospirò leggermente e roteò gli occhi al cielo. Poi rispose alla chiamata e portò il cellulare all'orecchio.
«Non hai niente di meglio da fare che chiamarmi mentre sono in servizio eh, Tomlinson?», fece il riccio fingendosi scocciato, eppure un lieve sorriso divertito era apparso sul suo volto, dando vita a due fossette da bambino sulle guance.
L'interlocutore rispose con la sua solita risata cristallina. «Che posso fare se sei sempre in servizio?», ed effettivamente aveva ragione. Negli ultimi due mesi aveva dovuto risolvere ben quattro faccende, ed i giorni in cui era stato a Manhattan non potevano essere più di una decina. Lui ed il suo migliore amico Louis non si vedevano da un'eternità.
Harry sospirò. «Quindi tu non stai lavorando?», domandò.
Louis, dall'altra parte della cornetta, fece uno schiocco con la lingua. «Sono tornato l'altro ieri da Milano, ho due settimane di riposo prima di quel convegno di cui ti avevo parlato, in Sud Africa. Tutto inutile: tu non ci sei e mia madre sta cercando dei dati top secret su non so quale uomo di stato a Tokyo. Mi ritrovo a passare le mie vacanze in centrale, ad addestrare marmocchi al posto di Bill. E' frustrante, capisci?»
Harry ridacchiò. «Dovresti cominciare a cercarti una ragazza, amico», scherzò.
«Certo... Con il lavoro che faccio, non durerebbe neanche due giorni».
Il riccio sospirò: lui lo sapeva bene.
Anche la madre di Louis era un'agente della C.I.A. e, oltre a lei ed Harry, Louis non aveva poi così tante persone con cui passare il suo tempo, al di fuori della centrale di lavoro. Ma era così un po' per tutti: Harry, per esempio, non aveva amici fuorché Louis e pochi altri ragazzi più o meno grandi, agenti al distretto di New York. Le relazioni, poi, erano la cosa più difficile. Come fai a stare con una ragazza quando sei due giorni a casa e due mesi in giro per il mondo, per di più in missioni suicide? Non era così facile neanche la comunicazione a volte, e spesso ad Harry capitava che non sentisse sua madre per settimane. Era tutto troppo imprevedibile per riuscire a mantenere i rapporti con le persone. Figuriamoci poi con chi non poteva venire a conoscenza del loro lavoro! Perché, ovviamente, solo le rispettive famiglie potevano saperlo, e basta.
«Piuttosto, come va scolaretto?», riprese a parlare Louis, con voce intrisa di puro sarcasmo.
Harry strabuzzò gli occhi. «Chi te l'ha detto?», sbuffò scocciato, roteando gli occhi al cielo.
«Bill», fece l'altro prima di scoppiare a ridere. «Sei finito in un liceo, che sfigato!», continuò tra una risata e l'altra.
«Ah. Ah. Ah. Hai finito di sfottere? Vai ad insegnare ai bimbi di dodici anni come si tiene in mano una calibro 6, mentre io proteggo una ragazza vittima di minacce di rapimento».
«E che fai, la inviti al ballo?», Louis riprese a ridere più forte, sembrava fin troppo divertito da tutto ciò.
«Idiota», fece Harry. «Magari fosse così facile! Mi è capitata una stronzetta che si crede la reginetta della scuola. Patetico», commentò, mentre osservava Charlie ed il suo ragazzo che finalmente si congedavano con un ultimo, lungo e disgustoso bacio.
«Louis, ti devo lasciare», dichiarò Harry, prima che quello potesse rispondere.
«Ciao amico, ci sentiamo», fece il ragazzo dall'altra parte della cornetta, e simultaneamente riattaccarono la chiamata.
In quello stesso istante, una volta sollevato lo sguardo di nuovo, Harry vide Charlie camminare nella sua direzione, con fare altezzoso e superbo. Si arrestò a circa un metro da lui, fissandolo in tralice, come se si aspettasse che fosse lui il primo a parlare. Come se si aspettasse delle scuse.
Harry non disse nulla: sostenne il suo sguardo con atteggiamento di sfida, ed aspettò.
«Harry Styles», pronunciò lei quasi solennemente, probabilmente aspettandosi una reazione sorpresa di fronte al fatto che conosceva il suo cognome. Harry sorrise con fare beffardo di fronte alla sua sicurezza.
«Dimmi», rispose comunque, rivolgendole un falsissimo sorriso a trentadue denti.
«Ti va di fare lo spiritoso?», lo sfidò lei, inarcando un sopracciglio. Ridacchiò con fare isterico, in un modo che ad Harry apparve fin troppo inquietante. «Forse non hai ancora capito come funzionano le cose in questa scuola».
Harry incrociò le braccia al petto sostenendo il suo sguardo. «Illuminami», fece con arroganza.
«Non ti conviene avermi come nemico, sai? Primo, nessuno si mette contro di me. Secondo, chi si mette contro di me fa una brutta fine».
«Terzo, non me ne frega un cazzo», concluse Harry con un sorrisino stronzo.
La ragazza lo fulminò con lo sguardo. «Tu lo sai chi sono io?», lo provocò.
«Charlotte Douglas», fece lui, e avrebbe potuto aggiungere tante di quelle cose che sapeva sul suo conto da farle venire i brividi; gli dispiaceva non poter parlare.
«Sono la figlia di Robert Douglas. Mio padre finanzia questo posto. Hai sentito ieri, no? La scuola è mia. Mia, hai capito?».
Harry rispose con una sonora risata di scherno che non fece altro che far imbestialire ancor di più la ragazza.
«Posso farti espellere da scuola quando voglio, ricordalo. Portami rispetto», gracchiò ancora Charlie.
Harry sbuffò sonoramente. «Mi dispiace, ma io non porto rispetto alle oche vanitose». Il ragazzo in quel momento avrebbe giurato di vedere del fumo fuoriuscire dalle orecchie e dal naso della bionda.
«Non ti hanno insegnato che non si gioca con il fuoco, Styles?».
Quest'ultimo le rivolse un verso di scherno. «Fidati, me l'hanno insegnato eccome», fece in un terribile tono di sfida. «C'è altro o posso andare, Miss Stronzetta 2013?».
Charlie lo fulminò e strinse i denti. «Vedrai, Harry Styles. Vedrai cosa ti aspetta». E detto questo la biondina fece dietro front, per poi dirigersi verso la sua automobile.
Il riccio la osservò allontanarsi, prima di prendere la sua Audi R8, pronto a seguirla nuovamente. Tra tutte le ragazze del mondo da poter proteggere, doveva capitargli proprio una principessina convinta? Harry sospirò. Ora lo sapeva per certo: se non avessero provveduto quelli del The Game, avrebbe pensato lui stesso a far fuori Charlie Douglas.
 

*capitolo scritto da Carla. 


~Note. 
Salve gente! Per prima cosa: grazie a tutti coloro che seguono/preferiscono/recensiscono e via dicendo, siete davvero carinissimi! <3 Come seconda cosa, abbiamo visto che nessuno di voi si aspettava una protagonista femminile con un carattere del genere! ahaha :D Di questo siamo contente, perché eravamo certe che la nostra Charlie vi avrebbe stupiti. E forse adesso anche voi la odierete almeno quanto la odia Harry ma è fisiologico, presto vedremo come si svilupperanno le cose.
Il prossimo capitolo è parecchio interessante, vi avvertiamo. Speriamo di mantenere questa velocità di aggiornamento - un capitolo alla settimana, dovrebbe andare bene! Voi continuate a recensire e a farci sapere che ne pensate (:  
Questi sono i nostri account twitter:
 
@charliebelieves (Carla) e @camseyes (Anna).

Un bacio - Carla&Anna.

   
 
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