Anime & Manga > Naruto
Segui la storia  |       
Autore: Tomoko_chan    13/03/2013    9 recensioni
Tokyo, inverno. Naruto si imbatte in una buffa ragazza tremendamente goffa e impacciata.
All'inizio nascono alcune incomprensioni, ma poi i due cominceranno a frequentarsi assiduamente. Lei è la ricca ereditaria degli Hyuga, ma da sempre in contrasto col padre. Lui è un cantante, un chitarrista, un ex teppista e il leader di una band.
E così, fra risate, amici folli, musica e rock'n'roll, quale sarà il destino degli Origin e della giovane Hyuga?
[NaruHina doc] [Accenni SasuSaku, InoShikaTema, KibaHanabi]
****
Eccomi qui con una fic del tutto nuova. Ho accennato che nella storia si parlerà di musica: in ogni capitolo sarà presente una Song.
Tutte le canzoni saranno dei Negrita! Più che altro per le loro bellissime poesie.
Vi consiglio di aprire questa fic nonostante non amiate il genere Rock o Pop/Rock. E' pur sempre una storia d'amore!
Tratto dal testo:
Non ringrazierò mai abbastanza chiunque lassù abbia deciso di affidarmi a te. O forse devo ringraziare qualcuno all’inferno, perché non ho ancora deciso se sei l’angelo custode o il diavolo tentatore.
ULTIMO CAPITOLO.
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Hinata/Naruto, Kiba/Hanabi, Sasuke/Sakura, Shikamaru/Ino, Shikamaru/Temari
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Gli ultimi sognatori.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Filosofia di vita.
-
Un giorno di ordinaria magia.

[Anche il Diavolo, a volte, ti viene in soccorso]



[Negrita: Un giorno di ordinaria magia]

Kiba passeggiava per le strade di Tokyo.
La sera prima era andato in giro con Rock Lee, ad ubriacarsi e, mentre erano alticci, avevano fatto a botte. Non ricordava nemmeno perché! L’unica cosa che gli rimaneva di quella sera era un violento mal di testa.
Nel corso di quella settimana, non aveva parlato con quasi nessuno della sua band, solo con Shikamaru. E lui era di poche parole.
Sakura un giorno l’aveva chiamato, arrabbiatissima. Urlava al telefono quanto fosse stato bastardo, inveendo contro di lui. Aveva ascoltato tristemente le sue parole rabbiose, consapevole dell’immenso guaio che aveva combinato.
Ma non si dispiaceva di aver cercato di dividere Hinata e Naruto. Lui la desiderava, da anni ormai. Non c’era notte che non la sognasse, minuto che non la pensasse. Voleva diventare grande e degno di ammirazione, perciò si impegnava tanto con il basso, passione che era cominciata come semplice hobby. Voleva che lei si ricredesse, che lo ammirasse, che lo guardasse.
Desiderava i suoi bellissimi occhi bianchi e, se per sentirli su di sé doveva comportarsi in tale modo, non avrebbe esitato. Ormai era ossessionato, non capiva più se quello fosse amore.
Si pentiva solamente di averli fatti soffrire così tanto. Non pensava che le loro reazioni potessero essere così spropositate. Soprattutto non voleva che il gruppo si sciogliesse a causa sua e, se continuava di quel passo, sarebbe finita proprio in quel modo.
E non aveva nemmeno modo di chiamare Naruto: lui non aveva casa, figuriamoci se possedeva un cellulare.
Che situazione assurda! Ma sapeva bene che era colpa sua, soltanto sua.
Si avviava, quella mattina, verso casa Nara, per vedere come sistemare la situazione. D’altronde lui era un genio e uno stratega, no?
Camminava quindi da un po’, prima che la voglia di risolvere il problema gli passasse, con il violento mal di testa a palesarsi dentro le membra.
Tantissime persone sul marciapiede sfrecciavano, prese dalle più diverse occupazioni, allo stesso ritmo delle macchine. Al semaforo, una macchina era ferma, aspettando il suo turno per passare. Anche Kiba si fermò e, distrattamente, osservò lo specchietto della macchina. Gli parve di scorgere due occhi viola fissarlo, inquieti.
Pensò fosse una semplice coincidenza e non ci pensò su molto. Beata ignoranza!
Continuò per la sua strada, imperterrito, svoltò un paio di angoli e salì su un pullman.
Scese, dopo un paio di fermate, in una via che era meno trafficata ed industrializzata. Camminò con calma, finché qualcosa non lo interruppe, mettendolo in agitazione. Un rumore forte, delle lamiere di un cassonetto che si schiantavano sul marciapiede e passi veloci nella sua direzione.
Si voltò, appena in tempo per vedere una furia di ragazza, con i capelli scuri scompigliati, le guance rosse in preda all’affanno. La felpa, leggera nonostante il freddo di marzo, aperta fino a sotto il seno ad esaltarlo, si muoveva velocemente a ritmo dei polmoni pieni e vuoti. I pantaloni, stretti e scuri, concludevano in due tronchetti alti e neri. Gli occhi, cerchiati da una linea spessa di eyeliner, erano di un innaturale viola chiaro, tanto amato e conosciuto, quanto diverso da quello usuale.
-Hinata…- sussurrò flebile, Kiba.
-No.- disse lei, la voce sicura. Alzò il braccio e poi con un dito lo puntò, inquisitoria –Tu sei Kiba, vero?
L’altro annuì e si stupì nel vedere la ragazza colmare la distanza fra di loro in due falcate, arrivando a pochi centimetri da lui.
La mano si alzò nuovamente, scontrandosi in un sonoro schiaffo contro la guancia bruna del ragazzo.
Il ragazzo aprì la bocca, scioccato, e prese a massaggiarsi la parte lesa.
-Questo è per tutto quello che hai fatto a mia sorella, brutto bastardo.- si indicò col pollice –Guardami bene, talpa. Hinata è mia sorella maggiore.
Il ragazzo sgranò gli occhi, stralunato. Non vedeva Hanabi Hyuga da quando aveva dodici anni, e di conseguenza lei sette, età in cui venne mandata in Svizzera. Era cambiata, notevolmente, sia fisicamente che mentalmente, diventando una dispettosa ragazzina.
Assunse un’espressione inferocita e contrariata, mugolando.
-Nana malefica!- esclamò.
Lei gli diede un forte calcio sulla caviglia, facendogli perdere l’equilibrio e quindi cadere. Lui la guardò, stravaccato sul duro cemento, ancora più stupito e contrariato. In Svizzera distribuiscono forse steroidi alle bambine?
Lei gli si avvicinò nuovamente, sicura di sé, afferrandolo saldamente per il colletto della maglia.
-Cosa hai detto, piccolo bastardo?- la voce rauca e imperiosa, un’aura cattiva tutt’attorno.
-Ho detto- disse lui, noncurante –Che sei una nana malefica.
-Io sarei malefica?- cominciò a percuoterlo –O tu che hai la tendenza suicida nell’interrompere il rapporto fra mia sorella ed il baka?
-Tendenza suicida?- chiese lui, mentre continuava ad essere strattonato.
-Certo, perché stai andando incontro alla morte! Ti ammazzo!- e prese a schiaffeggiarlo –Pentiti, brutto bastardo!
-Adesso basta!- e la prese per i polsi, ribellandosi finalmente.
-Ehi, mollami!- protestò lei.
-Non ci penso proprio!- e si alzò, sempre tenendola per i polsi, per poi caricarsela in spalla.
-Non sono un sacco di patate, brutto bastardo!
Lui sbuffò e prese a camminare.
-E’ questo il rispetto che hai per le persone?
-E’ questo il rispetto che hai per le persone più anziane di te?
Quindi riprese la via per casa Nara, con la ragazza in spalla che tirava pugni contro la sua schiena salda. Camminò ancora per poco, fino a ritrovarsi davanti una costruzione un po’ anonima, una casa poco più che semplice.
Come sempre, aprì il vecchio cancello cigolante, percorse il vialetto fino ad arrivare allo zerbino e si abbassò, con ancora la ragazza sulla spalla, per prendere la chiave dalla crepa accanto alla porta.
La infilò nella serratura e sospinse la porta, entrando, per poi richiudersela alle spalle.
-Ehi, geniaccio.- disse subito, andando alla ricerca di Shikamaru.
Il fumo che proveniva dalla porta aperta del salotto gli consentì di intuire dove fosse il Nara e, a meno che non avesse dato fuoco a qualcosa, che non fosse solo.
Infatti, entrato nella stanza, vide Shikamaru e Sasuke stesi sui divani, mentre discutevano a bassa voce fumando come cappe.
Alzarono contemporaneamente lo sguardo su di lui, che li guardava a loro volta.
-Stavolta dovevi avvisare.- breve, coinciso, Shikamaru sbuffò sonoramente.
-E quella?- chiese Sasuke, osservando la ragazza posata malamente per terra.
-Chi, questa marmocchia?- fece lui.
-Yah.
-Hyuga junior.- disse, ridendo.
La ragazza storse il naso, indispettita. –Ho un nome, io.
-Non è importante.- rispose l’altro.
-Lo dici solo perché ti ho picchiato. Picchiato da una ragazza. Da una “junior”.- sorrise lei.
-Essere picchiati da te è come essere picchiati da un nano, seriamente. Non me la posso prendere con i piccoli.
-Allora non ti picchierò più, pardòn: sei piccolo di cervello, e chissà di cos’altro!
Gli altri due risero sonoramente per la battuta, il che rese la ragazza soddisfatta di sé.
-Ah, beccato, Kiba!- disse Shikamaru.
-Ti fai mancare di rispetto così da una ragazzina, Kiba?- disse l’altro.
Quello sbuffò, imbarazzato. Si abbassò al livello della ragazza, fissandola negli occhi e arricciando le labbra.
-Nana malefica.- mugugnò, con stizza.
La ragazza si infuriò e allungò uno schiaffo, facilmente evitato dal ragazzo, che le prese il polso con due dita e glielo girò dietro la schiena, senza forzare troppo per non farle seriamente del male. La ragazza si piegò, mugugnando dolorante.
La porta, quella che dava sul bagno, si aprì di scatto, mostrando un biondo stupito quanto indispettito.
-Lascia stare Hanabi, Kiba.- mugugnò –A quanto pare perseguiti tutte le Hyuga.
 
***
 
-Non c’era bisogno, Naruto, davvero.
-Ti stava facendo male!
Hanabi e Naruto sostavano nella cucina, al riparo da sguardi indiscreti. Più che altro, Sasuke lo aveva mandato via con la ragazza, per poter “rimproverare” indisturbato Kiba, sostenuto da Shikamaru.
Parlavano quindi, preparando qualcosa da mangiare.
-Ma perché lo hai picchiato?- disse lei, con tono di rimprovero.
-Perché se lo merita, ‘ttebayò!- rispose lui, stizzito.
-Guarda che non sei ancora mio cognato e, anche se tu lo fossi, non ti permetterei di intrometterti così.- disse, arricciando il naso.
-I bei gesti non vengono più apprezzati…- asserì ironico, scompigliandosi i capelli con una mano.
La ragazza sbuffò, mentre l’altro rise.
-Lo dovresti pestare a sangue per quello che ha fatto a te e Hinata.- disse lei, secca.
Lui fece un gesto con la mano: non ne voleva più sapere niente.
Si rabbuiò, poggiando la schiena contro il bancone della cucina, affranto. Hanabi lo vide con gli occhi vacui, angustiati e lontani.
Allora gli si avvicinò, spinta da un impeto che accomunava lei e la sorella maggiore. Altruista, cercò di richiamare la sua attenzione, ma lui rimaneva distratto.
Si ritrovò allora vicinissima a lui e fu costretta a sollevargli il mento con le dita. Finalmente, lui la guardò negli occhi.
-Potessi avere i suoi di occhi a guardarmi…- disse triste.
-Naruto. Non ti stai arrendendo, vero?-  chiese, decisa.
-No. Sono solo stufo di non averla con me.
-Non ti preoccupare.- lo rassicurò lei –Ti aiuterò io. Molto presto.
-E come?
Un rumore, piuttosto forte, li fece sobbalzare entrambi; la voce di Sasuke che urlava “Se la ami dovresti lasciarla libera, stupido stolker!”. Si voltarono immediatamente ed insieme raggiunsero il salotto. Quello che videro? Un Sasuke abbastanza incavolato che teneva Kiba per il bavero, dopo averlo sbattuto violentemente ad un mobile e Shikamaru piuttosto scocciato, più per il vaso caduto nell’impatto che per lo scontro fra i due, che gli pareva scontato.
-Che cavolo succede?- esordì Naruto.
Sasuke, appena si accorse del biondo, liberò Kiba non molto gentilmente. L’altro sbuffò, sistemandosi la maglia.
-Oggi le prendi da tutti, eh?- disse Hanabi, ridendo.
Il ragazzo grugnì e le schioccò un’occhiata indispettita, ma venne nuovamente spintonato, stavolta in avanti, da Sasuke.
-Subito.- disse solo, perentorio.
Kiba sbuffò, voltando lo sguardo e cerando le parole giuste da dire. Shikamaru e Sasuke gli avevano fatto una bella sgridata. Le loro parole erano rimaste impresse a fuoco nella sua mente. Si era reso conto, grazie a loro due, del danno che aveva fatto, nonostante continuasse a difendersi fino all’ultimo. Naruto… era depresso, non scriveva quasi più, non rideva più. Hinata… lavorava e, quando tornava a casa, non mangiava e andava quasi subito a dormire. La lontananza di quei due provocava a loro un dolore immenso, che né le parole gentili dei propri cari o amici né qualunque altra fonte di sollievo in natura avrebbe potuto alleviare.
Si sentiva obbligato in quel momento, anche per il bene del gruppo, a chiedere scusa.
Naruto lo guardava, stralunato poiché non capiva cosa stesse succedendo.
Strinse i pugni.
-Scusa- farfugliò, sottovoce.
-Parla decentemente!- urlò Sasuke.
-Basta, Sas’kè. Ho capito.- intervenne il biondo.
-Ma sembra un bambino!- protestò l’altro.
-Non serve più che si scusi. Basta che capisca.
Kiba alzò gli occhi verso di lui e lo osservò. Sul viso non aveva più un’espressione contrariata, ma solo la pallida ombra del dolore, malcelata da un sorriso pacato di nuova serenità.
-Ho capito, davvero.- disse, la voce roca.
-Non capirai mai pienamente finché non ti innamorerai come mi sono innamorato io, finché non subirai lo stesso torto.
Il moro cercò di passare oltre al fatto che Naruto avesse appena svilito la potenza del suo amore con un sorriso in volto e cercò, profondamente, di capire quelle parole, di carpirne tutta la sofferenza dell’esperienza appena vissuta.
Si stupì poi, nel vedere la mano forte e bruna del ragazzo tesa versa di lui. Lui la strinse, suggellando la pace con quel gesto formale.
Tutti i presenti sorrisero, finalmente c’era una tregua, finalmente erano tornati un gruppo. Presero più o meno tutti a fumare, a rincorrersi, a giocare, a divertirsi.
Naruto, guardando Kiba seduto accanto ad Hanabi sul divano di casa Nara, i loro reciproci dispetti, le loro reciproche attenzioni, prese a guardare tutto con occhi nuovi, notando ogni minima cosa, in parte libero da una sofferenza. Guardava ed amava, pensava, si ispirava.
Sembra che tutto sia tornato a posto, pensò il biondo. Come quando ci incontravamo per caso e cominciavamo a cazzeggiare. Tutto perfetto, ogni giorno così, tutti insieme a divertirci. Magia, abituale, una dose ogni giorno… E sembra che sia tutto merito di quel diavolo di Hanabi!
-Naruto?- urlò Hanabi, per sovrastare il casino provocato dagli altri.
-Hm?- fece lui, interrotto nel corso dei suoi pensieri.
-Vuoi ancora Hinata tutta per te?
-Assolutamente sì!- disse, guizzando.
-Allora, ho un’altra condizione per il mio aiuto.
Quello sospirò, snervato –Cosa ancora?- chiese.
-Scrivi una canzone. Qui, ora.
Naruto si guardò intorno, cercando carta e penna. Seccato, si rivolse nuovamente ad Hanabi.
-Dammi quel coso che usi per gli occhi.- disse, riferendosi all’eyeliner.
Lei lo prese dalla borsa e glielo diede, incuriosita.
Naruto si alzò ed andò nella piccola cantina dove Shikamaru si allenava e che ogni tanto veniva allestita a sala prove.
Scrisse sul muro, con l’eyeliner che andò irrimediabilmente rovinato, il testo di una canzone che gli veniva dal profondo.
Sasuke gli si avvicinò, si complimentò per il testo e sorridendo gli propose una melodia leggera, semplice.
Allora i ragazzi cominciarono a suonare e cantare, Naruto cantava la parte principale e Kiba intonava le strofe in inglese, la musica che diffondeva il verbo della gioia.
E Hanabi ballava, felice e persa nella canzone.
 
 

Siamo anime schizzate, Nel deserto all’improvviso.
C’è un cartello che ci avvisa: Benvenuti in Paradiso.
E tu che graffi sottopelle, come polvere di stelle, sempre più!
Take me down to L.A.
Mentre sanguina la vita, tra le palme e i sushi bar,
Ricopriamo le ferite col cerone delle star.
È una notte da star male, in questo immenso Luna Park!
Take me down to L.A.
E nel cielo gli angeli fanno surf.
È la nostra Hollywood e tutto può succedere,
nella notte di un giorno di ordinaria magia!
Giorni di un’estate indiana, respirando queste strade.
Labrea, downtown e colline che versano sound.
Tra lampeggianti e le sirene, ed il vento nelle vene.
Take me down to L.A.
Ballare liberi ed urlare a un mondo che non sogna più.
Un altro brindisi al veleno,
Luna chicana di città con mille teschi tatuati
ed il tuo rimmel da rockstar.
E nel cielo gli angeli fanno surf.
È la nostra Hollywood e tutto può succedere,
nella notte di un giorno di ordinaria magia!

 
 
Bevvero, si buttarono sui divani, disordinarono tutto, cantarono, strimpellarono.
Ma Kiba se ne stava ancora lì, seduto sulla scomodissima sedia della cantina, un sorriso strano e gli occhi lontani.
-Smettila di deprimerti e balla con me, cretino.
E allora Kiba pensò che non c’era angelo più bello di quello che aveva davanti: ribelle, selvatico, con le corna e le ali rosse, gli occhi viola e bianchi esaltati.

"Il più bell'angelo di Dio divenne il Diavolo"











Ciao gente! Che dire! Sono in orario perfetto.
Purtroppo sto passando un periodo piuttosto brutto e mi sono un pò bloccata... quindi niente anticipazioni,
anche se il capitolo è già più che iniziato.
Riguardo a questo, beh, che dire. Hanabi-Cupido-Diavolo è in gioco, gente!
Manesca xD Mi piace così, ok?
La canzone? Un pò è riferito al momento, alla ritrovata pace e tranquillita, a quella magia che c'era fra di loro.
Un pò è dedicata agli angeli, a coloro che ci stanno sempre vicino, ma che sono un pò diversi dagli angeli normali,
sono ribelli, surfano appunto, quindi è dedicata a... Hanabi. E a Kiba. Perchè mi è venuta di far nascere una nuova coppia.
You like? Comunque, seriamente, lasciatemi un pò di recensioni che così mi riprendo da sto malumore, ja!
Please ç.ç 

PS: Grazie ad
Arcx che ha notato i sottotitoli. Love you. <3
   
 
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Tomoko_chan