Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: Padmini    14/03/2013    4 recensioni
Sherlock è un bambino timido che, nonostante la sua buona volontà, non riesce a farsi nessun amico. Forse per il suo carattere introverso, forse perché si annoia con i giochi dei suoi compagni di classe, forse perché è troppo intelligente e saccente, perfino con le maestre. Forse tutte queste cose insieme.
Eppure, da qualche parte, c'è un amico che aspetta solo lui.
AU Child!Sherlock; Teen!John; Child!Moriarty
Genere: Avventura, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jim Moriarty , John Watson , Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Sono tornata dopo tanto tempo, ma penso mi perdonerete, visto che ho in cantiere almeno altri tre capitoli! Cosa altro dire? Buona lettura!

 

Mini

 

 

 

Malattia

 

 

 

Il tempo non era stato clemente quella settimana. Aveva continuato a piovere per giorni e giorni e alla fine John era stato costretto a permettere a Sherlock di uscire anche con quel tempo.

Non che a lui servisse l'autorizzazione per farlo, ma se lo avesse fatto senza il consenso del medico, probabilmente quest'ultimo gli avrebbe tenuto il muso per molto tempo e non voleva rischiare.

Quella sera pioveva più forte del solito e faceva molto freddo.

Il corpo era stato trovato da un operaio in un cantiere edile. Gli uomini di Scotland Yard avrebbero dovuto fare immediatamente un sopralluogo e cercare eventuali indizi, ma il maltempo li fermò.

Sherlock, arrabbiato e impaziente, andò a vedere da solo la scena del crimine.

Raccogliere gli indizi prima che andassero persi fu di fondamentale importanza. Molte impronte, prontamente fotografate da Sherlock, e i resti di un biglietto scritto dall'assassino, che altrimenti sarebbero andati perduti, furono fondamentali per l'arresto del colpevole.

Il caso fu chiuso nel giro di poche ore e stavolta nessuno degli yarders ebbe nulla da ridire a Sherlock. Si erano in effetti comportati in modo poco professionale e se non fosse stato per il consulente detective non avrebbero risolto il caso.

Tennero Sherlock in centrale per due ore, senza preoccuparsi del fatto che fosse bagnato fradicio. Ciò che gli premeva era avere tutte le informazioni sul caso e lui, eccitato come non mai, non aveva protestato. Aveva fatto sfoggio delle sue capacità, spiegando ogni indizio che era riuscito a trovare.

Quando finalmente tutto fu chiarito tornò a casa, prendendo altra pioggia. Quando arrivò al 221 B di Baker Street era nuovamente bagnato come un pulcino e tremava. John lo vide scendere dal taxi in tali condizioni e lo accolse con un asciugamano.

“Ora tu vai a farti un bagno caldo, va bene?” gli disse frizionandogli i capelli “Poi mi spiegherai come hai fatto a ridurti così! Non avevi un ombrello?”

“Come potevo tenere l'ombrello e cercare gli indizi, John?” domandò lui, scandalizzato “Certe volte fai delle domande proprio ...”

Non riuscì a proseguire perché fu colto da un improvviso attacco di tosse.

“ … proprio?” domandò John, divertito e intenerito da quell'interruzione.

“Lascia perdere” rispose Sherlock “Vado a farmi un bagno”

Prese l'asciugamano e si allontanò. Pochi minuti dopo John sentì lo scrosciare dell'acqua nella vasca e, dopo un po', il rumore del corpo di Sherlock che si immergeva. Avrebbe voluto raggiungerlo e fargli compagnia, ma preferì occuparsi della cena. Preparò del brodo, verdura cotta e carne e servì tutto nel tavolino vicino al caminetto, per fare in modo che Sherlock non stesse troppo al freddo.

Quando mezz'ora dopo lo sentì uscire dal bagno tirò un sospiro di sollievo. Sperò di vederlo entrare in salotto trionfante, con il suo solito sorriso e lo svolazzo della sua vestaglia rossa, ma non accadde. Era vestito sì con il pigiama e la veste da camera, ma sembrava un morto. Avanzò lentamente e si raggomitolò sulla sua poltrona di pelle, tremando come una foglia. Era rosso in viso e quando John gli sfiorò la fronte, sentì che scottava parecchio.

“Sherlock … hai la febbre!” disse preoccupato e gli passò il piatto con la minestra “Ora siediti composto e mangia, ti farà bene”

“Non ho fame” rispose lui debolmente, ma fece come gli era stato ordinato, mentre John andava a prendere il termometro.

Riuscì a finire tutta la minestra e a mangiare qualche boccone di carne e verdura, interrompendosi spesso per tossire. Quando John gli misurò la temperatura risultò molto alta, oltre i 38 ° C.

“Sherlock … l'hai pagata per l'ultima uscita” disse John rimettendo via il termometro e prendendo lo stetoscopio “Solleva la maglietta, avanti”

“Non ho nulla...” cercò di difendersi lui “Davvero ...”

“Chi è il dottore, tra di noi?” gli ricordò John severo “Ora obbedisci, avanti”

Sherlock sospirò, si sfilò la veste da camera e sollevò la maglietta sulla schiena per permettere a John di auscultargli i polmoni. Non fu necessario chiedergli di tossire, perché non faceva altro da quando era uscito dal bagno.

“Hai preso una bella influenza” disse John riponendo lo stetoscopio nella sua borsa “Ora vai subito a dormire. Ti porterò qualcosa per far abbassare la febbre e uno sciroppo per la tosse”

Sherlock si rivestì e andò in camera, camminando debolmente, sotto lo sguardo preoccupato di John, che sperava ardentemente che si trattasse di semplice influenza.

 

 

I giorni seguenti Sherlock peggiorò. Tossiva continuamente e John fu costretto a iniettargli della morfina per farlo dormire. La tosse e la febbre non accennavano a diminuire, anzi sembravano peggiorare di ora in ora.

Per fortuna non arrivarono né chiamate da Scotland Yard ne clienti al loro appartamento e di ciò John fu grato perché Sherlock, pur stando a riposo, non riusciva a dormire bene a causa della febbre e della tosse e non accennava a migliorare.

Una mattina, improvvisamente, due settimane dopo, si alzò dal letto con un colorito promettente sul viso. Andò a raggomitolarsi vicino al fuoco e bevve a piccoli sorsi il tè che John gli aveva preparato. La febbre era scesa di qualche linea e anche la tosse sembrava calata.

“Ottimo!” disse John “Ancora qualche giorno a letto e passerà tutto!”

Sherlock sorrise debolmente tra un colpo di tosse e l'altro, ma in quel momento gli arrivò un SMS da parte di Lestrade. Lo aspettava in centrale per un nuovo caso. Stava per rispondere di sì, ma John gli prese il cellulare dalle mani, lesse il messaggio ricevuto, la risposta, e di venne rosso per la rabbia.

“Non se ne parla nemmeno!” ruggì “Stai ancora male. Stai migliorando, è vero, ma se uscissi ora sarebbe peggio! SHERLOCK!”

Il detective non l'aveva minimamente ascoltato. Era corso in camera sua, si era vestito in fretta e furia ed era uscito. John era furente, ma lo seguì ugualmente. Non sapeva cosa poteva succedere se si fosse sentito male per strada. Lo raggiunse giusto in tempo, prima che salisse sul taxi.

“Mi spieghi perché non puoi stare a casa? Se la caveranno anche senza di te!”

“Sì, certo ...” disse tossendo “Hai letto cosa mi ha scritto Lestrade? Un caso simile non posso perderlo … e quegli stupidi non capirebbero mai ...”

Tossì più forte e rinunciò a finire la frase.

“Stai male, devi renderti conto che anche il tuo corpo ha dei limiti! Non puoi farti del male così!”

Sherlock non rispose, tormentato da attacchi di tosse sempre più ravvicinati.

“Ecco! Hai visto?” gli domandò John mentre scendevano dal taxi ed entravano a Scotland Yard “Stai peggiorando!”

Sherlock fece qualche passo più lungo per distanziarlo, poi si girò e lo guardò con rabbia.

“Stai zitto! Per piacere stai zitto! Sei stressante!”

Restò ad osservarlo con intenzione per qualche istante, poi entrò in centrale, seguito dall'amico che sospirava amaramente.

 

 

Quando entrarono trovarono subito Lestrade e Donovan ad attenderli.

“Era ora, Geniaccio. Ti sei fatto vedere! Ci hai degnato della tua ...”

Non riuscì a finire la frase perché Lestrade si parò davanti a lei. Aveva notato il pallore inusuale di Sherlock.

“Sherlock … ti senti bene?”

In risposta Sherlock tossì.

“Sono qui, no?” disse poi, riemergendo da un attacco di tosse particolarmente forte “Cosa succede?”

A quel punto John si arrabbiò sul serio.

“Non dovresti essere qui! Sei malato, Sherlock! Non puoi girare per Londra come se nulla fosse!”

Lestrade annuì.

“John ha ragione. Ce la caveremo anche senza di te, Sherlock. Puoi andare a casa a riposare”

Gli posò una mano sulla spalla e gli fece l'occhiolino, ma lui si ribellò, guardandolo con occhi spiritati e febbricitanti.

“No! Sto bene! Come ve lo devo dire? Sto beniss ...”

Un violento colpo di tosse lo interruppe, seguito da altri.

“Vi ho detto che sto bene. Ho solo un po' di tosse, tutto qui!”

Si sistemò meglio la sciarpa e si schiarì la voce.

“Diceva, Lestrade? Cosa è successo?”

Lestrade guardò John stupito e quest'ultimo scosse la testa.

“Per due settimane hai avuto la febbre alta e solo oggi sei un po' migliorato … non vorrai fare un passo avanti e due indietro, vero? Hai sentito cos'ha detto Greg, se la caveranno anche senza di te!” lo prese per un braccio e tirò “La tua tosse sta peggiorando, perciò smettila di fare il bambino capriccioso e vieni a casa!”

Parlò con voce autoritaria, ma Sherlock si divincolò dalla presa.

Sembrava che stesse per ribattere, invece proruppe in un violento attacco di tosse. Si girò e si piegò in due, tramortito da tutta quella violenza che lo scuoteva. Si appoggiò con tutto il peso del corpo ad una scrivania mentre con la mano libera si copriva la bocca, i colpi di tosse sempre più violenti e dolorosi. Gli sembrava che i polmoni stessero prendendo fuoco.

John gli andò accanto e gli carezzò la schiena, più preoccupato che mai.

“Sherlock … hai visto? Devi starmi a sentire … tu ...”

La voce gli morì in gola quando vide la mano dell'amico macchiata di sangue. Sherlock tossì ancora e un altro spruzzo di vermiglio andò a macchiargli la mano candida.

“Sherlock! Cosa ...” In quel momento capì.

Era stato cieco, non aveva voluto vedere o, meglio, ricordare. Aveva cresciuto Sherlock, sapeva che era cagionevole di salute e che quello che l'aveva colpito non era una semplice influenza ma qualcosa di ben più grave, e lui doveva saperlo.

“Sherlock … perché non mi hai detto niente, brutto stupido!” lo rimproverò John, reprimendo le lacrime “Perché …?”

Lo afferrò per le spalle e lo scosse forte, come se potesse fargli uscire la risposta.

Sally si avvicinò a John.

“Sappiamo tutti che è un idiota per certe cose” lo rassicurò lei “Ma è davvero così grave?” domandò poi, guardando preoccupata il detective che, nel frattempo, non aveva smesso di tossire.

“Pensavo fosse influenza!” esclamò John, disperato “Speravo fosse solo influenza! Dobbiamo portarlo immediatamente in ospedale!” ruggì.

Sherlock, con un incredibile forza di volontà, si rialzò e prese un fazzoletto dall'interno della giacca per pulirsi dal sangue.

“È solo un po' di tosse” disse lui, guardandolo con rabbia “Mi passerà!”

La sua voce era gracchiante e ruvida, sembrava che avesse mangiato carta vetrata. Si sistemò meglio la sciarpa e fissò Lestrade.

“Dunque? Vuole dirmi cosa è successo? Non ho ancora imparato a leggere nel pensiero!”

Lestrade sospirò e guardò le carte che teneva sopra la scrivania con la coda dell'occhio. Sherlock sembrava abbastanza in forma, ma la crisi di tosse e il sangue che aveva visto sulla sua mano lo avevano spaventato e anche Sally sembrava preoccupata.

“Sherlock … le disse sorridendo incoraggiate “Non è un caso così complesso, davvero ...”

Esitò un attimo, vedendo lo sguardo incredulo di Sherlock, si schiarì la voce e proseguì.

“ ...Volevo dire che non è un caso per il quale tu debba muoverti più di tanto. Più che altro si tratta di confrontare alcuni vecchi documenti, controllare alcuni conti … niente di che … potresti farlo anche a casa, se volessi ...”

Guardò Lestrade, che le sorrise, incitandola ad andare avanti.

“Possiamo farti controllare questi ...” andò alla scrivania e prese un plico e glielo porse.

Sherlock lo osservò a lungo e sorrise. Era proprio ciò di cui aveva bisogno. Si trattava di alcuni resoconti di autopsie effettuate diversi anni prima. Allargò il sorriso, sfogliando i documenti.

“Molto bene” disse con voce ruvida “Non mi sembra di aver bisogno di andare al Barts... a casa ho già tutto quello di cui ho bisogno e ...”

“Non se ne parla, Sherlock!” lo sgridò John, cercando di prendergli le carte dalle mani“Tu devi andare subito al Barts, sai benissimo che è urgente! Stai troppo male e voi” aggiunse guardando male Donovan e Lestrade “Non incoraggiatelo. Ha bisogno di essere ricoverato in ospedale, immediatamente!”

Sherlock si divincolò dalla presa dell'amico e si girò su sé stesso.

“Idiozie!” gracchiò, impallidendo per l'ira “Lestrade, le farò sapere presto qualcosa. Arrivederci!”

Era veramente arrabbiato. John sapeva che era la malattia a parlare e sospirò, pensando che, con un po' di fortuna, sarebbe riuscito a curare Sherlock anche al 221 B, ma era ugualmente in ansia.

Sherlock era già uscito a grandi passi dalla stanza e John si stava avviando, quando sentirono il detective tossire ancora più forte rispetto a prima e un tonfo.

Si precipitarono fuori e lo videro riverso sul pavimento. Le labbra erano macchiate di nuovo sangue, tremava e tossiva sommessamente.

John gli si avvicinò piano e gli sentì il polso. Era svenuto.

“È molto debole, dobbiamo portarlo subito all'ospedale!” disse, respirando affannosamente per l'ansia e la preoccupazione.

Sally, al suo fianco, era paralizzata dal terrore e fu Lestrade ad aiutarlo a sollevarlo.

“Cosa succede, John? Non è influenza? Anche prima ha tossito sangue … cos'ha?”

John si morse un labbro mentre, telefono in mano, aspettava che il pronto soccorso rispondesse “Polmonite”

 

 

L'ambulanza arrivò dieci minuti dopo. Sherlock, che nel frattempo aveva ripreso conoscenza, aveva smesso di lottare contro le cure di John ed era diventato estremamente docile.

“Mi dispiace, John ...” disse con un debole sussurro “Mi dispiace ...”

John gli posò un dito sulle labbra.

“Zitto” lo sgridò “Sei troppo debole e stupido per parlare”

Sherlock rise debolmente e chiuse gli occhi e si concentrò sul respiro, che era stentato e interrotto da colpi di tosse.

Quando fu portato via dai paramedici, John insistette ed ottenne per salire con lui. Salutò Lestrade e Donovan velocemente, assicurandogli che li avrebbe tenuti informati.

Lo portarono in una stanza singola, ma John rifiutò l'aiuto dei medici. Volle occuparsi lui di Sherlock e ci riuscì. Il medico lo conosceva e decise che era la cosa migliore e lo lasciò fare. John si fece aiutare dalle infermiere per somministrargli le prime medicine, lo aiutò a infilare il pigiama e gli inserì la flebo.

Quelle poche ore lo avevano spossato, così Sherlock si lasciò andare alla stanchezza e, dopo qualche minuto, si addormentò profondamente.

John era disperato. Avrebbe dovuto capirlo prima, ma non aveva voluto. Non aveva ancora recuperato tutti i ricordi del suo passato. Un qualche meccanismo nel suo cervello lo aveva protetto da quelli brutti. Tra questi c'erano le malattie di Sherlock.

Non era la prima volta che si ammalava di polmonite e John lo aveva spesso assistito durante la malattia. Erano stati momenti di estremo terrore per lui perché aveva paura di poterlo perdere, ma dopo l'amnesia aveva rimosso quei ricordi e non era ancora riuscito a farli riemergere.

In quel momento lo travolsero come un caterpillar. Si raggomitolo sulla poltrona nella stanza d'ospedale di Sherlock, mandò un SMS a Sarah per spiegarle la situazione e sperò di potersi rilassare, sperando che tutto andasse bene e che Sherlock guarisse.

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Padmini