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Autore: LyraB    14/03/2013    1 recensioni
In un lussuoso collegio viene ritrovata morta la più brillante, carina e popolare delle ragazze. Il suo corpo ondeggia nell'aria ferma dell'auditorium dove stava provando lo spettacolo di Natale e la direttrice dell'Accademia si rifiuta di credere ad un assassino tra le sue studentesse. Ma mentre le feste si avvicinano e la città si riempie di luci, colori e carole natalizie, i poliziotti del CBI dovranno mettere da parte cenoni e regali e scontrarsi contro un ambiente che è solo all'apparenza sereno e di gran classe.
-- Seguito di "Pastelli Rossi"
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Patrick Jane, Teresa Lisbon, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Al di là del rosso dell'arcobaleno'
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Era primo pomeriggio e Teresa si godeva la quiete dell'ora che seguiva il pranzo nel suo ufficio. Grace l'aveva chiamata per avvertirla dell'arrivo del referto del medico legale e l'agente l'aveva letto con comodo, seduta alla sua scrivania.
- Che dice? - Domandò Patrick entrando nell'ufficio e lasciandosi cadere sul divano, spezzando con la sua presenza la tranquillità del momento.
- Dice che Scarlet è morta per soffocamento. - Disse Teresa, chiudendo il fascicolo e passandolo al suo consulente. - E allontana del tutto l'ipotesi del suicidio. -
- Oh, davvero? - Fu l'ironica risposta.
- Non è necessario essere sarcastici. - Sentenziò Teresa. - Non c'erano segni di colluttazione sulla scena del crimine, nè segni di lotta sul corpo di Scarlet. Mi chiedevo semplicemente come potesse una persona lasciarsi uccidere senza lottare. Dagli esami pare che nel sangue di Scarlet ci fossero dosi molto alte di un farmaco, probabilmente un sonnifero: ed ecco la risposta al mio dubbio. È un omicidio, bravo, hai vinto. Niente zuccherino però. -
Patrick sorrise divertito, ma non potè rispondere perchè Kimball aprì la porta.
- Ti cerca il capo. - Disse a Teresa.
- Cosa vuole? -
- Non so. Ma sembra piuttosto urgente. -
Finendo il caffè rimasto a raffreddarsi nella tazza in un unico sorso, Teresa si alzò per raggiungere l'ufficio del capo del CBI intimando al suo consulente di non combinare guai in sua assenza.
- Ho intenzione di schiacciare un pisolino. - Fu la risposta di Patrick, che si distese più comodo sul divano spostando il fascicolo per addormentarsi meglio.
Teresa raggiunse l'ufficio del capo chiedendosi perchè ci fosse bisogno di lei in modo così impellente, ma appena mise piede nella stanza capì però il motivo della convocazione: seduti sulle poltrone davanti alla scrivania del capo c'erano Antea Vince e un uomo stempiato sulla quarantina con la faccia da mastino.
- Lisbon, vieni. - Disse con aria accigliata il suo superiore, facendole cenno di avvicinarsi. - La signorina Vince mi stava dicendo che siete entrati di nascosto nella sua scuola. Io le ho detto che non sarebbe mai potuta capitare una cosa del genere - disse con un'occhiata di ammonimento - e che sicuramente avresti avuto una spiegazione plausibile per questo malinteso. -
Teresa aprì la bocca per rispondere, ma l'occhiata feroce della direttrice la interruppe proprio mentre iniziava a giustificarsi. Era un agente di polizia, non doveva giustificare le sue indagini a proposito di un omicidio. E soprattutto non doveva giustificarle a una donna gelida e rigida come l'acida signorina Vince.
- Stavamo indagando. Tutto qui. -
- Vede? Gliel'ho detto, sono entrati di nascosto e hanno interrogato le mie studentesse! - Sbottò la direttrice con la voce più acuta che Teresa avesse mai udito. - Chiedo... anzi, pretendo di essere presente alle prossime visite che farete alla mia scuola e a ogni colloquio che avrete con le ragazze. Per la tutela delle studentesse e del buon nome della Vince Academy. Il mio avvocato saprà rispondere a qualunque vostra obiezione. -
- La sua presenza potrebbe compromettere le indagini! - Protestò Teresa.
Il comandante però non le diede ascolto, replicando:
- Verrete informata di ogni sviluppo, miss Vince. E l'agente Lisbon si premurerà personalmente di convocarla in caso ci siano degli interrogatori. -
- Lo spero bene. - Disse Antea Vince, mettendosi più comoda sulla sedia e sorridendo con aria vittoriosa al tizio con la faccia da mastino. - E preferirei che quel fastidioso consulente non sia presente agli interrogatori. -
- Il signor Jane è un consulente del CBI e per lo svolgimento delle indagini abbiamo bisogno del suo aiuto. Con tutto il rispetto, miss, penso che dovremmo essere noi a decidere come questa cosa va portata avanti, non lei. - Esclamò Teresa.
- Ho detto solo preferirei. - Sibilò la donna.
Poi si alzò, alta ed elegante nel suo completo grigio, e si congedò dal comandante con un gesto del capo, senza aspettare un minimo cenno di assenso da parte del poliziotto. Fece un cenno al suo avvocato e i due uscirono dall'ufficio salutando con un gelido "arrivederci".
- Non posso credere che l'abbia lasciata vincere! - Esclamò Teresa non appena la donna si fu chiusa la porta alle spalle.
- Avevo le mani legate! Il suo avvocato è il più temuto della California e la Vince ha dalla sua parte mezza dozzina di famiglie influenti, alcune addirittura amiche del procuratore. Vuo davvero metterti contro tutta la gente che conta della bay area solo per non fare qualche concessione? -
- Quella donna è... è prepotente, e tirannica, e... è impossibile! - Esclamò Teresa.
- Saprai fare il tuo mestiere anche con lei tra i piedi. Non per niente riesci a lavorare con Jane. - Rispose sardonico il capo, lasciandosi andare ad un sorrisetto.
Teresa sospirò, rendendosi conto che non c'era proprio modo di riportare le cose a funzionare nel senso giusto.
- Hai novità? - Disse il comandante, desideroso di cambiare argomento.
- Un nome. Ma a questo punto interrogare un sospettato significa richiamare la direttrice e chiederle di presenziare. -
- Va', allora. Forse non è ancora andata via e ti puoi risparmiare una telefonata. - Rispose il capo, abbassando lo sguardo sui rapporti che doveva firmare.
Siccome il suo superiore non sembrava avere intenzione di alzare gli occhi dai suoi fogli, Teresa si concesse un'occhiataccia liberatrice prima di uscire dall'ufficio per inseguire la signorina Vince; la incontrò nell'atrio che aspettava l'ascensore.
- Miss Vince. - Chiamò. - Dobbiamo interrogare una sua studentessa in merito ai rapporti che aveva con Scarlet. -
- E chi sarebbe? -
- Elizabeth Nardi. - Disse Teresa.
La direttrice si irrigidì impercettibilmente, ma cercò di rispondere senza dimostrare la sua irritazione. Gli occhi acuti dell'agente, però, non si fecero sfuggire quell'involontario moto di fastidio e lo memorizzarono.
- La accompagnerò qui domani mattina. - Fu la fredda risposta. - Buon pomeriggio. -
La donna e il suo avvocato sparirono nell'ascensore e Patrick comparve alle spalle di Teresa con una tazza di tè in mano e l'aria di chi si era appena svegliato.
- Tipino fastidioso, eh? -
- Peggio. Pretende di essere presente a ogni interrogatorio che faremo. -
- Basta non farle sapere che lo faremo. -
Teresa gli lanciò un'occhiata di rimprovero a cui Patrick rispose con un sorriso:
- Quello che non sa, non la ferisce, no? -
- Domattina interroghiamo Elizabeth. Voglio che tu sia presente. -
- Oh. E come mai? - Disse Patrick, un po' sorpreso: di solito Teresa si adoperava per tenerlo ben lontano dagli interrogatori, soprattutto quando si trattava di ragazzini.
- Perchè la direttrice non ti sopporta. - Rispose semplicemente Teresa, allontanandosi.

Elizabeth Nardi era una sedicenne minuta, con lunghi capelli bruni raccolti in due trecce e occhi azzurri luccicanti dall'espressione fiera e spaventata insieme. Seduta sulla sediolina di plastica della sala interrogatori sembrava ancora più piccola, soprattutto se confrontata con la direttrice seduta al suo fianco, rigida e impettita nel suo completo rosa salmone.
Teresa entrò e si sedette di fronte alla ragazza, sorridendole timidamente per cercare di metterla a suo agio. Gli occhi azzurri di Elizabeth però erano sfuggenti, si posavano sul piano del tavolo, sulla donna seduta al suo fianco e poi sul fascicolo che Teresa teneva tra le mani senza mai fermarsi per più di un battito di ciglia. Patrick entrò un minuto dopo la donna, fermandosi alle sue spalle e ignorando senza sforzo l'occhiata feroce che miss Vince gli stava dedicando.
- Sono l'agente Lisbon, Elizabeth. Vorrei farti qualche domanda su Scarlet Fontaine. -
Elizabeth annuì, stringendo le labbra in una smorfia di timore e lanciando uno sguardo alla direttrice seduta accanto a lei.
- Dì quello che sai, cara. - Intervenne la direttrice con un gelido sorriso.
- Non... Non eravamo molto amiche. - Disse Elizabeth, fissando le proprie mani intrecciate in grembo. - Io ero... invidiosa. Molto invidiosa. Lei era sempre la protagonista dello spettacolo, io mai. -
- Vi conoscete da molti anni? -
- Da quando ho iniziato l'Accademia, dieci anni fa. Lei studiava già lì. -
- Hai in mente qualcuno che poteva fare del male a Scarlet? -
- No. La amavano tutti. Nessuno poteva farle del male. -
- E cosa mi dici di Trisha ed Hailey? Loro ti stanno simpatiche? - Continuò Teresa.
- No. Io sto per conto mio. -
- Non hai amiche? -
- Voglio diventare una ballerina, non un'ape regina. Non mi interessa avere... - Ebbe un attimo di esitazione e poi continuò. - Non mi interessa avere degli amici. Mi basta essere brava nella danza. -
- Non ti viene in mente nessuno che potesse avercela con Scarlet? -
- Nessuno. Le volevano tutti bene. -
Con un sospiro Teresa chiuse il suo taccuino, rendendosi conto che non avrebbe avuto molto da scrivere. Si voltò verso Patrick, sperando che almeno lui avesse colto qualcosa di interessante da quell'inutile interrogatorio, ma l'uomo fissava la ragazzina bruna davanti a sè con gli occhi socchiusi e l'espressione indecifrabile, appoggiato al vetro a specchio della sala degli interrogatori, le ombre che si allungavano sul suo viso e rendevano ancora più incomprensibile la natura dei suoi pensieri.
Incoraggiata dal silenzio che regnava nella stanza, Antea Vince si alzò in piedi, invitando la ragazza a fare lo stesso.
- Se non avete altre domande, Elizabeth ha perso già diverse ore di lezione, stamattina. -
- Non abbiamo ancora finito. - Tentò Teresa.
- Non mi sembra che abbiate altro da chiederle. - Sentenziò la direttrice.
- Certo, potete andare. - Intervenne Patrick, uscendo dall'ombra e avvicinandosi al tavolo - Ti spiace se vado anche io, Lisbon? Ho delle cose da fare. -
Il consulente lanciò uno sguardo intenso all'agente e poi, senza aspettare la risposta del suo capo, uscì dalla sala interrogatori sparendo lungo il corridoio.
- Andiamo anche noi. - Ribadì la direttrice, posando una mano sulla spalla della sua studentessa.
Elizabeth aprì la porta della stanza e uscì nel corridoio, seguita a poca distanza dalla direttrice e dalla poliziotta. Nell'istante in cui Teresa si chiuse la porta alle spalle, però, il suo istinto prese il sopravvento e l'agente parlò prima ancora di rendersene conto.
- Miss Vince, permette una parola? - Domandò all'improvviso.
La direttrice si girò guardandola con ferocia e afferrò la spalla di Elizabeth per impedirle di allontanarsi.
- Va' pure, Elizabeth. Puoi aspettare la signorina Vince agli ascensori. - Disse Teresa.
- Preferirei di no. - Disse la direttrice.
- Credo che sia meglio parlare in privato. - Disse Teresa, sostenendo lo sguardo della donna e cercando di rispondervi con altrettanta determinazione.
La battaglia tra le due donne ebbe la durata di qualche istante, quando all'improvviso la signorina Vince decise di cedere.
- Vai. Ma non prendere l'ascensore senza di me. -
Obbediente, Elizabeth salutò con un cenno del capo e poi si allontanò verso l'atrio.
Nel momento in cui Teresa rimase sola con Antea Vince, si rese conto di aver dato retta al suo istinto senza però curarsi troppo della giustificazione che avrebbe dovuto rendere alla direttrice. Aprì la bocca per parlare, cercando qualcosa di diplomatico per intrattenere la donna, ma la sua mente riuscì a dare forma ad un solo pensiero:
- Credo che lei stia tentando di ostacolare le indagini. - Disse
"E tanti saluti alla diplomazia", pensò mentre vedeva il viso della donna farsi di pietra.
- Io invece credo che lei stia tentando di disturbare la quiete della nostra Accademia senza nessun motivo. Scarlet è morta, il che è terribile, ma tra le mie studentesse non ci sono colpevoli. -
- Vuole dirmi che la sicurezza della vostra tanto stimata scuola è così debole da permettere a un esterno di entrare e uccidere una ragazza? -
- Non intendevo questo. Intendevo che dovete guardare altrove, cercare altrove. Non tra le mie ragazze. Sono figlie di famiglie rispettate e stimate. -
- L'essere ricche e influenti non le rende innocenti. -
- E l'essere povera non rende lei obiettiva: mi rendo conto dell'invidia che prova per queste ragazze, che possono dedicarsi a cose belle e femminili, invece di doversi vestire come un uomo e avere a che fare con sangue, omicidi e stupratori. - Disse Antea Vince. Abbozzò un sorriso colmo di pietà artefatta e poi continuò. - Mi creda, comprendo il suo malanimo. Sto solo cercando di proteggere le mie studentesse dagli effetti della frustrazione di una donna che non è riuscita a rendere la sua vita un'opera d'arte. -
Le parole della direttrice, gettate ai suoi piedi con rabbia, disprezzo ed evidente senso di superiorità, avevano colpito Teresa in quell'angolo della sua mente che non amava frequentare. Le mezze verità del suo discorso alimentarono la rabbia dell'agente come benzina sul fuoco e Teresa strinse i pugni, cercando di dominare l'ira nascosta nella voce.
- Non le permetto di parlarmi in questo modo, miss Vince. - Disse, scandendo ogni parola.
- Tutto ok, capo? - domandò Grace, avvicinandosi con l'aria di chi non era del tutto sicura di voler entrare nel merito della discussione che si stava svolgendo davanti a lei.
- Certamente. Io e l'agente Lisbon stavamo solo scambiando qualche parola. - Disse la direttrice, sorridendole amabilmente - Se ha bisogno di altro sapete dove trovarmi. -
E senza nemmeno salutare si allontanò lungo il corridoio con la testa alta e il consueto passo svelto.
Teresa la guardò allontanarsi sperando intensamente di trovare qualcosa - anche sciocca e insignificante - per poter dimostrare che quella donna era tutto fuorchè innocente.
Con un lungo sospiro per calmare i nervi, si voltò verso Grace.
- Mi cercavi? - Le domandò, facendole cenno di seguirla nel suo ufficio.
- Sì, capo. Abbiamo avuto la risposta delle analisi nel sangue di Scarlet: aveva dosi elevate di benzodiazepine, livelli quasi letali che devono averla ridotta raticamente in coma. - Dalla voce della ragazza traspariva la sua pietà per la infelice sorte della giovane ballerina.
Teresa si appoggiò alla sua scrivania e scorse il foglio che Grace le tendeva dicendo:
- Manda Cho e Rigsby a fare un sopralluogo all'Accademia per controllare se esite un armadietto dei medicinali, un'infermeria o una cosa del genere. Le ragazze al collegio non possono gestire soldi, quindi chi ha preso i sonniferi deve esserseli procurati tra quelle mura. -
- D'accordo. - Disse Grace, allontanandosi.
   
 
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