Serie TV > Due South/Due poliziotti a Chicago
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Autore: zorrorosso    15/03/2013    0 recensioni
[Due South]
Questo dovrebbe essere il seguito di "The second City Monologue" ma non e' piu' visto dal punto di vista di Lars di Second City, ma da quello dei protagonisti.
Tratta degli eventi direttamente successivi all'arresto di Boe e Nilsen che portano Ray a prendere una decisione drammatica.
E' la parte centrale di una serie di fics.
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Due South: tales from Lars'
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The Red and the Blue

PT.2



“Fraser...”
Sospira la donna facendo scivolare alcuni documenti sul tavolo, di fronte a lui.
Sono tutti provvedimenti disciplinari, come del resto, gia’ si aspettava.
Forse adesso e’ il momento di quello sguardo.
Piega la testa e fa un breve sorriso, ma ritorna subito serio non appena la donna si volta di nuovo verso di lui.
“Lo so, lei non e’ nuovo a questo genere di attivita’ extra-lavorative in collaborazione con la Polizia di Chicago, Fraser. Mi parli piu accuratamente di questo caso: come si e’ trovato ad inseguire questo criminale di nome Nilsen, ad avere a che fare con l’agente Turner?” chiede la donna con bonaria autorita’.
“Mi sono trovato ad interrogare l’agente Turner per conto della polizia di Chicago” risponde lui meccanicamente.

“Come mai le e’ stato chiesto di interrogare personalmente l’agente Turner?” domanda la donna guardandolo fisso negli occhi in un’espressione poco qualificabile.

“Nonostante fosse venuta a vivere a Chicago da libera cittadina, era sempre un’agente di polizia  protetta da immunita’ diplomatica. Non le sarebbe stato concesso rilasciare un interrogatorio specifico, riguardo il furto della sua automobile in territorio Statunitense...” risponde l’uomo.

“Pero’ ha denunciato il furto della sua auto alla polizia?” incalza lei.

“Si, del suo preciso veicolo, regolarmente registrato ed acquistato negli Stati Uniti. Non dell’uomo che l’ha rubata, ma’am” specifica lui.
Thatcher abbassa di nuovo lo sguardo per leggere gli incartamenti di fronte a lei.
Fino a quel punto il succedersi degli eventi era ancora ai limiti della normalita’.
“Chi le ha presentato l’agente Turner, OPP, per condurre l’interrogatorio?”
“Il Detective Ray Vecchio, per la Polizia di Chicago, ma’am”
“Che cosa ha scoperto, in sede di interrogatorio, Constable?”
“Nilsen era in fuga da piu’ di un anno, dopo aver ucciso il Constable Turner, Steve Turner, RCMP, ma’am”
“Turner?!” chiede la donna perplessa.
Thatcher detestava gia’ quel nome, sentito pronunciare da Fraser fin troppe volte.

“Il fratello dell’agente Turner, Alexandra Turner”
“Fraser, la signorina Turner ha chiesto volontariamente un permesso di un anno dal distretto dell’Ontario per mettersi sulle tracce di quel criminale. E’ stata ritrovata con quell’uomo al confine con gli Stati Uniti in possesso di un’arma carica, che aveva sparato di recente, senza regolare porto d’armi e senza distintivo” la donna incrocia lentamente le gambe sotto la scrivania.

“Riguardo a questo argomento, di cui io stesso sono testimone, l’agente Turner aveva un regolare porto d’armi negli Stati Uniti. La pistola aveva un solo proiettile nel caricatore e, da quello che mi e’ stato riferito, ha sparato soltanto ad un coniglio selvatico.
Nel fermare quell’uomo, ha fatto solo il suo dovere di libero cittadino, collaborando con le autorita’.” afferma difensivo, ma ricordandosi bene delle sue azioni.
Se fosse per lui, si prenderebbe subito il carico di questa ulteriore responsabilita’ e direbbe di essere stato lui ad arrestare Nilsen. Dopotutto lui era in servizio in quel momento, seppure da un’altra parte.
Purtroppo, sa anche quanto e’ importante per lei quell’arresto, quindi preferisce ancora una volta dire la verita’. Honesty is the best policy...
Anche se questo potrebbe peggiorare soltanto le cose.

“Potrebbe gentilmente ricordare in che rapporti e’ con la signorina Turner?”
Fraser apre leggermente la bocca per prendere fiato.
“In passato, abbastanza intimi. Direi” ammette lui, facendo riferimento alla loro lontana amicizia. A quelle parole, la donna sembra incendiarsi di gelosia. Incrociando il suo sguardo furioso, due occhi castani pronti a divorarlo vivo, pensa un attimo a quello che ha appena detto e si corregge quasi subito.
“Volevo dire, non cosi’ intimi... Erm... Abbiamo soltanto trascorso diverso tempo insieme. Abbiamo mangiato e dormito... Intendo... In campeggio, come giovani scout. In sacco a pelo. In due differenti sacchi a pelo. Separati. Spesso di alcuni metri tra sacco a pelo e sacco a pelo... C’erano anche altre persone con noi”.
Ben si interrompe cercando di chiarirsi ed inciampa piu’ volte sulle stesse parole.

“Intendevo dire... Che motivazioni l’hanno spinta a collaborare con lei in questa faccenda?” chiede la donna piu’ chiaramente, visibilmente irritata da quella risposta.
“L’agente Turner era un amico d’infanzia. Non potevo certo permettermi di perdere anche questo, di agente Turner, ma’am”.
Thatcher, confusa, si alza in piedi e tira un lunghissimo sospiro.
Lo guarda negli occhi con le labbra tese.
Notando la situazione critica, Fraser tenta l’impossibile: piega la testa da un lato e la guarda in modo presumibimente suadente.
Forse il successo non e’ immediato, ma la donna sembra leggermente sciogliersi e sorridere a quella mossa. Tuttavia si atteggia irremovibile.
“La trovo molto attraente oggi. Il rosso le dona...” dice l’uomo, nel tentativo di persuaderla ancora di piu’.
Lei arrossisce, sorride e scuote la testa.
“Possiamo sempre fare qualche cosa per il suo provvedimento disciplinare, Constable.” afferma la donna, senza congedarlo.

L’ ispettore Thatcher si alza dalla scrivania e si avvia di nuovo alla porta, chiedendo anche ad Alexandra di entrare. Lei accenna un saluto militare e si accomoda in una sedia poco distante da quella di Fraser, abbassa lo sguardo, quasi a non voler incontrare gli occhi castani della donna, dal trucco scuro sulla pelle bianca, ora in piedi vicino alla scrivania di fronte al suo collega.
“Alexandra Danielle Turner, della Polizia Provinciale dell’Ontario. Sembrerebbe che laggiu’ fate le cose un po’ a modo vostro” la donna le rivolge un’occhiata tagliente.
“Veramente, ma’am, voleva dire lassu’... La Provincia dell’Ontario si trova a Nord rispetto a Chicago.” suggerisce istintivamente il Mountie, guardando la Thatcher rivolgersi ad Al con arroganza.
Alexandra alza le sopracciglia e si guarda un attimo le unghie. Con aria abbastanza indifferente.
Controlla Fraser azzittirsi di fronte allo sguardo geloso ed elettrizzato dell’ufficiale di fronte a loro.

“Ho gia’ chiesto a Fraser quali motivazioni l’hanno spinta ad arrestare un omicida senza distintivo e con un’arma illecita, signorina Turner. Vuole aggiungere qualcos’altro o dare una sua versione dei fatti, prima di riferirle che cos’e’ stato stabilito per il momento?” dice Thatcher ad Alexandra, dalle sopracciglia aggrottate e le mani unite.
“Ho arrestato quel criminale da libera cittadina. Non ho utilizzato armi da fuoco per farlo. Il fatto che ne fossi in possesso, era solo perche’ detengo un’arma da fuoco regolare negli Stati Uniti”.
Le sue parole si seccano nella bocca asciutta. Nient’altro da dichiarare.

“Bene, Fraser. A questo punto lei puo’ andare. Io e la signorina Turner abbiamo ancora alcune parole da dirci.” dichiara l’ispettore, mostrandogli la porta.
Fraser saluta le due donne e reindossa il cappello uscendo.
Rimane di fronte a quell’ufficio alcuni minuti e riesce ad origliare solo la voce della donna vestita di rosso ferma e nervosa, mentre sembrava quasi non trovare risposta dalla parte di Alexandra.
Nota la sua sagoma alzarsi dalla sedia ed un lungo silenzio, seguito da un veloce bisbiglio, percorre le due donne dietro la porta chiusa.
Ben decide di aspettare davanti all’ufficio, l’uscita di Al e di chiedere ulteriori chiarimenti. Dopotutto il suo ufficio e’ solo a pochi passi.
***
Ray corre veloce sul tappeto di lana del Consolato, fa una leggera deviazione verso l’ufficio di Benny, ma e’ vuoto. Quindi corre dritto verso l’ufficio principale della Thatcher.
Lo sguardo soddisfatto e dei larghissimi vestiti sgargianti dai colori misti ed indefinibili.
“Ray?” chiede Ben perplesso nel vederlo.
“Hey Benny! Il tuo capo ha un minuto?” si appresta correndo alla maniglia della porta senza bussare, riesce a girarla prima che il Mountie lo fermi.
“No, Ray! In questo momento e’ impegnata!” dice con voce preoccupata, forse troppo perche’ lo sia per se stesso.

“Ah...” Ray si ritrae dalla porta, aggrotta le sopracciglia.
Raddrizza la schiena.
Attende spiegazioni da Ben per qualche attimo, ma queste non arrivano.
“Tutto a posto Benny?!” chiede sospetto, notando nel compagno qualche cosa di strano.
“Riguarda...” Ben si interrompe e Ray non lo lascia continuare.

“Se hai fatto come ti ho detto, non ti preoccupare! Non conosco praticamente nessuna donna che non abbia un debole per te, si sara’ sicuramente sciolta al primo sguardo ed ora...”
“Si, Ray.” riesce soltanto a rispondere.
“Ecco vedi com’e’ facile per te? Ed io che devo mettermi a comprare regali costosi, spedire fiori, dire frasi suadenti, conoscere gente, stare sempre attento... Almeno tu hai questa scusa della divisa, la voce suadente e dello sguardo e in due minuti puoi sempre ottenere tutto cio’ che... Mi devi spiegare come fai. Un caribu’, due leggende inuit e si risolve tutto a tarallucci e vino, per te...” sbotta Ray con ampi gesti ed una sorta di invidia bonaria.

La porta si apre quasi all’improvviso, facendolo sobbalzare e distogliere da quella discussione che Ben ascoltava in silenzio..
“Ray?!” Alexandra indietreggia di un passo. Ha lo sguardo turbato, la voce leggermente strozzata ed una piccola lacrima sulle ciglia che si affretta subito a nascondere in un sorriso grazioso, alla sua vista.
L’uomo risponde a quel sorriso contento, con una veloce abbraccio, nel rivederla di nuovo nella sua citta’.
“Stamattina non manca proprio nessuno! Abbiamo sia l’idrante che l’assistente di volo!” esclama ai due entrando nell’ufficio.
“Al!” dice Ray scostando di nuovo la porta “aspettami nell’ufficio di Ben! Ho alcune domande anche per te...” aggiunge con confidenza.
“Agli ordini, Ray...” dice lei alla porta chiusa, con tono rassegnato, senza essere ascoltata.
Alexandra sbuffa ed alza gli occhi al soffitto, stufa di tutte quelle domande, si volta e si dirige verso l’ufficio, senza quasi notare Ben, di fronte a lei.
“Vuoi parlare di quello che e’ successo con l’ispettore  Thatcher, Al?” chiede Ben, incamminandosi nel corridoio.
Al lo guarda sospetta, poi si volta nuovamente verso la porta dell’ufficio da dove e’ appena uscita.
“Preferirei non dirlo...”

Tra i due corre un lungo silenzio.
Seduti l’uno di fronte all’altra, Ben la squadra nella speranza di trovare su di lei le risposte che non le ha dato verbalmente.
“Perche’ non mi parli dell’Ontario... come sta Fenton?” Fraser rompe il silenzio, osservando ogni sua singola reazione.
Prova forse un leggero senso di colpa per quel fermo emesso qualche settimana prima.
Di solito, e’ a questo punto in cui, tutte le donne in presenza di lui, hanno gia’ incominciato un discorso fiume e spiegato in dettaglio i loro problemi e le loro frustrazioni.
Di solito, anche con troppo dettaglio.
Alexandra alza le spalle.
“Ti ricordi ancora di Fenton?” sorride guardando nel vuoto un ricordo lontano.
“Ah... credo che sia piu’ Fenton a ricordarsi di me. I carapaci hanno una buona memoria ed uno sviluppo celebrale piu’ avanzato rispetto agli esseri umani, verso i quattordici o quindici anni...” risponde lui.
“Fenton sta bene. Vive nel terrario, mangia insalata, e quando fa caldo lo porto fuori”
la voce di lei e’ monotona.
Alexandra si interrompe di nuovo e tra i due cade ancora silenzio.
“Fenton dev’essere proprio un buon amico, dunque...” Fraser cerca di essere convincente, e’ facile per lui lasciare che le persone si aprano con facilita’.
“Un amico, e’ qualcuno che non si ferma finche’ non ti trova e ti riporta a casa...” dice Al con un sospiro, guardando verso la porta, presumibimente spazientita dalla sua presenza e con il desiderio di andare via.
La sua postura e’ corretta, il suo sguardo inespressivo, nessun tipo di problema anatomico o scheletrico, a parte una leggera asimmetria nell’occhio destro, piu’ grande del sinistro, del tutto impercettibile, che, da quel che ricorda, ha sempre avuto dalla nascita.
Nulla che faccia trasparire i sospetti suscitati da quella lacrima veloce sulla porta dell’ufficio della Thatcher.
Se non un difetto oculare, nella lacrimazione.

Se Ray fosse li’, forse potrebbe usare il suo sesto senso, il suo “hunch”, il suo naso, per capire cosa c’e’ che non va.
Sicuramente non ne avra’ ancora per molto. Pensa veloce il Mountie.
Chissa’ quale motivo lo spinge a rivolgersi al Consolato.
***

“Beh questo e’ il suo visto, e questa la sua autorizzazione. Credo che questo sia tutto” sbuffa la Referente Consolare firmando le ultime carte che Ray teneva ordinate in una cartellina di cartone giallognola e fissando la porta.
Per quanto non fosse un tipo ordinato o metodico, quel tipo di documenti erano sempre in ordine sulla scrivania di Ray.

“Quindi buon viaggio, detective” continua la Thatcher, alzandosi e stringendogli la mano.
Ray la saluta veloce e corre verso l’ufficio di Benny.
  
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