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Autore: caith_rikku    01/10/2007    1 recensioni
Piccolo squarcio di un pomeriggio assolato, visto dagli occhi di una piccola gattina, Regina dei suoi campi.

La fanfic partecipa al torneo indetto da free. Il tema da sviluppare era "vitalità"
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*** Questa è la fic con cui ho partecipato al primo turno del torneo di drabble e oneshot originali indetto da free.
La fic è stata votata come 9.5 (grazie infinitamente freee *-*) ed ha passato il turno (anche perchè la miasfidante ha avuto problemi e non si è presentata).
Ringrazio free per aver indetto questo stupendo concorso *_*
Ed anche l'amore mio, a cui non è piaciuta :P***









La Regina Grande Una Pannocchia.








Grande quanto una pannocchia matura, micia dal pelo perlaceo che si scompigliava al vento, dalle orecchie troppo grandi che si muovevano ad ogni minimo suono.
Gli occhi, spalancati, estasiati, su quel mondo verde brillante che conosceva già, che aveva già fatto suo. Ma quel giorno era diverso.
Quel giorno, due degli umani che si prendevano cura di lei passeggiavano per quel sentierello polveroso tra i campi, che lei aveva sempre percorso da sola, ed ogni tanto, vedendola soffermarsi su qualcosa, la chiamavano, aspettandola.
E lei era così gioiosa, così piena di vita, così euforica a quella nuova esperienza!
Le si vedevano le zampine fremere eccitate, aderire completamente al terreno, saggiarne con i polpastrelli la conformazione.
Ora come non mai era abbagliata dal verde luminoso, dalle spighe di grano di un dorato accecante che le rendevano difficile il passaggio, da ogni indisturbato insetto che si muoveva.
Si sentiva libera, sopraffatta dai diversi profumi della campagna, così forti che le pizzicavano il naso roseo.

Correva, più selvaggia di come non si fosse mai sentita, senza stare ferma un attimo, amando il sibilo dell’aria che le smuoveva il pelo.
Correva ingrossando la coda, appiattendo appena le orecchie, mostrandosi aggressiva ed invincibile, invulnerabile.
Correva sentendosi la regina indiscussa di quel luogo, la Regina grande una Pannocchia.

A mento alto, si fermò sotto una cariola piena d’erba appena tagliata, spavalda, mostrando, al bambino che l’aveva appena vista, che lei non aveva paura.
Ma appena lui si protese per toccarla, lei era già fuggita via, riprendendo la sua corsa.
Inafferrabile come l’acqua, senza aver la minima intenzione di essere presa.
Non voleva che la sua corsa venisse interrotta.
Non voleva che qualcuno cercasse di tenerla ferma, di reprimere quell’euforia che continuava a farla muovere, che le teneva gli occhi spalancati.

Un rumore strano rallentò la sua corsa: un uomo anziano, davanti al suo percorso, stava inspiegabilmente muovendo le zolle di terra con un arnese appuntito.
Lei si fermò, incuriosita ma sconvolta: come osava smuovere la terra dei suoi campi senza il suo permesso?
Distante, si sentì chiamare, e decise che per quel giorno il vecchio poteva continuare il suo inutile lavoro.

Riprese a correre, sempre più forte, fino a superare i due umani che continuavano a passeggiare.
Tagliò loro la strada con l’aria arrogante che possono permettersi solo i sovrani, con la coda ritta. Corse nella direzione opposta, arrischiandosi ad allontanarsi, piena di sé nonostante la sete ormai imminente.
Girando la testa, sempre all’erta su ciò che la circondava, notò il movimento di una cavalletta, e venne assorbita dal suo saltellare.
Le corse incontro e la saggiò con la zampa.
La cavalletta, indispettita, saltò di nuovo.
La micia socchiuse gli occhi, intrepida cacciatrice, tastando meglio il terreno con le zampe anteriori. Ferma, studiò la cavalletta con impazienza. Poi alzò la coda e mosse appena il fondoschiena.
Saltò sulla cavalletta, veloce e scattante, con entrambe le zampine avanti.
L’aveva presa!
Gonfia d’orgoglio, la prese in bocca, stringendola appena con i canini affilati.
Scosse appena il muso, per gioco, per dimostrare chi era che comandava lì, di chi aver davvero paura. Poi la lasciò andare.
Certo, aveva un’ala in meno e sembrava molto più acciaccata di prima, ma lei era convinta che sarebbe vissuta benissimo lo stesso.
Le Regine devono saper anche essere magnanime con i propri sudditi.

Stanca di quel minuscolo passatempo, si voltò, con l’intenzione di correre di nuovo verso i due umani.
Si bloccò, senza veder nessuno all’orizzonte. Per un attimo, spaesata, si guardò nervosamente attorno, ma non c’era nessuno in vista.
L’erba sembrava così alta, adesso.
Era più alta di lei, ed ogni fiore sembrava soltanto tentare di annebbiare il suo olfatto.
Tese appena le orecchie, mentre il frinire dei grilli diventava talmente forte da assordarla.
Volevano vendicarsi per ciò che aveva fatto alla cavalletta?
Volevano spodestarla?
Miagolò forte, una, due, tre volte.
Fece qualche passo incerto, miagolando di nuovo.
Dov’erano finiti?
Li aveva catturati qualcuno?
Miagolò di nuovo.
Poi qualcuno la chiamò forte.
E continuò a chiamarla, e più la chiamava, più quella voce si faceva forte, fino a che due sagome conosciute non apparvero nella sua visuale.
Lei miagolò di nuovo, infuriata.
L’avevano lasciata sola!
Ancora stizzita, concesse di farsi prendere tra le braccia.

La Regina grande una Pannocchia si leccò con fare nobile la zampina, soddisfatta, ascoltando i due umani che, mentre la portavano verso la sua casa, la sua reggia, parlavano per dilettarla durante il tragitto.




  
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