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Autore: Unsub    16/03/2013    2 recensioni
Qualcuno è un amico, qualcuno è un nemico, qualcuno è qui per aiutare, qualcuno è qui per fare del male. Decisioni difficile da prendere, fiducia mal riposta o meno, niente è quello che sembra e tutti hanno un secondo fine. Le regole a volte vanno infrante, ma cosa succede quando non conosci le regole del gioco?
La mia prima fanfiction, riveduta e corretta. Della storia originale rimane la trama e qualche spezzone, per il resto sono stati introdotti nuovi capitoli e le situazioni sono state approfondite. Ormai non mi soddisfaceva più come era all'inizio e ho deciso di riscriverla. Ringrazio Ronnie89 che mi fa da beta: sei sempre una grande! Enjoy!
Genere: Generale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sarah Collins '
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capitolo 1 Ottobre 2007

Una strada di Quantico, Virginia

Morgan, Reid e Garcia stavano tornando a casa dopo una serata trascorsa tutti insieme in un ristorante indiano. Mentre percorrevano la strada a bordo del SUV di Derek, Reid si lasciò scappare un’esclamazione soffocata, guardando le luci accese in uno degli appartamenti di un palazzo con la facciata di mattoni rossi.
-    Cosa c’è, pretty boy? – chiese Morgan non distogliendo gli occhi dalla strada – Sembra che tu abbia visto un fantasma.
-    L’hanno affittato. – disse il giovane dottore, mentre girava la testa continuando a fissare quelle finestre.
-    Cosa hanno affittato? – si intromise Garcia dal sedile del passeggero.
-    Il vecchio appartamento di Gideon. – rispose Reid con stupore.
-    Il proprietario sarà stato stufo di tenerlo chiuso. – tagliò corto Derek.
-    Gideon è il proprietario e credevo che non volesse che ci andasse a vivere nessuno.
Rimasero tutti e tre in silenzio per il resto del tragitto, ricordando che quella casa era stata teatro di un efferato delitto e per questo il loro collega non vi era più entrato. Dopo che aveva abbandonato l’unità, una ditta specializzata aveva imballato il contenuto dell’appartamento sotto la supervisione di Stephen, il figlio di Jason, e avevano messo il tutto in un magazzino.



Interno dell’appartamento di Jason Gideon

Erin Strauss era ferma in piedi vicino agli scatoloni aperti e guardava di sottecchi la giovane donna che continuava a mettere a posto dei libri negli scaffali desolatamente vuoti, come il resto dell’appartamento. Si girò verso la camera da letto, ritinteggiata di recente visto l’odore di vernice che ancora aleggiava nell’aria, dove una rete singola con relativo materasso erano tutto il mobilio presente. Il salotto non era messo meglio: oltre la libreria che occupava tutta una parete, che era stata fatta fare su misura dal precedente inquilino, c’era solo il divano dall’aria malconcia.
Se si fosse messa ad indagare, avrebbe scoperto sicuramente che i pensili dell’angolo cottura contenevano solo ragnatele, sempre che la nuova occupante non avesse già provveduto a fare le pulizie.
-    Hai portato solo questi libri? – chiese, sbirciando dentro l’ennesimo scatolone.
-    Certo che no. Ho anche i miei vestiti. – la giovane donna mora si girò solo per prendere altri libri da sistemare – Acquisterò mobilio e suppellettili, ma per il momento va bene così. Non so neanche quanto mi fermerò.
Sistemò i volumi alla svelta e si voltò finalmente a fronteggiare la sua ospite inattesa. Due occhi verdi fissavano la caposezione, ma erano vuoti come se la ragazza non provasse il minimo sentimento.
-    Non ho fretta di sistemarmi. Potresti decidere di rispedirmi al mittente fra un paio di settimane o appena avrò concluso il lavoro per cui mi hai chiamata. – fece qualche passo avanti e afferrò un'altra scatola – Sempre che decida di aiutarti e fare quello che mi hai chiesto. Non mi hai ancora detto cosa me ne verrebbe.
La Strauss con una mano diede un paio di colpi ad uno dei cuscini del divano, poi si mise a sedere incrociando le gambe. Sorrise sorniona, mentre la sua interlocutrice riprendeva a sistemare le sue cose.
-    Sapevo che avresti tirato fuori l’argomento. – poggiò le mani sul ginocchio, mentre assumeva un tono freddo e distaccato – Cosa vorresti in cambio?
-    Beh, vediamo di ricapitolare. – la ragazza si avvicinò al piano di lavoro dell’angolo cottura, prese una busta di carta e ne tirò fuori una bottiglia di whisky – Tieni questa mentre cerco due bicchieri.
Erin Strauss afferrò la bottiglia, constatando che aveva in mano un liquore pregiato e particolarmente costoso. Sogghignò, la ragazza aveva gusti raffinati che richiedevano un buono stipendio. Aprì la bottiglia e versò due generose dosi del liquido ambrato nei bicchieri che la più giovane teneva in mano.
-    Poggia pura la bottiglia per terra. – riprese la padrona di casa, mentre le offriva il bicchiere prima di mettersi a sedere dalla parte opposta del divano – Allora: tu vuoi che io rovini la carriera di un tuo sottoposto, che raccolga informazioni in grado di farlo sollevare dal suo incarico e che ti serva su un piatto d’argento la possibilità di liberarti di tutte le teste calde della squadra. Ho dimenticato qualcosa?
-    Sì, hai dimenticato che voglio che siano tutte accuse VERE. – bevve un sorso ed assaporò il liquido dal gusto deciso – Non voglio che mi possa scoppiare in mano una bomba, tipo informazioni false o accuse che non possono essere provate.
-    Potrebbe non essere possibile. Se fosse pulito?
-    Di questo non mi preoccupo: quelle persone contravvengono continuamente agli ordini, sono teste calde che prendono sottogamba il protocollo e che infrangono le regole.
-    Quindi sarà un gioco da ragazzi. – assentì la ragazza reclinando la testa e osservando il pavimento – Mi hai scomodata per una bazzecola del genere?
-    Non è così facile dimostrarlo: si coprono le spalle a vicenda.
La ragazza parve meditare sull’ultima asserzione della Strauss, si piegò in avanti e un ciuffo rosso le coprì la visuale della caposezione, che sembrava essere sui carboni ardenti mentre attendeva una risposta. La donna più grande si spazientì e sbatté un pugno chiuso sul bracciolo.
-    Se non sei interessata, non ti sprecare a finire di sballare le tue cose. – era rossa in volto e respirava affannosamente – Sarah, per me puoi prendere il primo volo e tornatene da dove sei venuta. Non ho ancora firmato l’ordine di trasferimento.
-    Collins. – rispose decisa la ragazza.
-    Scusami? – Erin aggrottò le sopracciglia.
-    Comincia ad esercitarti a chiamarmi agente speciale Collins. – si alzò dal divano, si avvicinò alla finestra e si mise ad osservare la strada deserta illuminata dai lampioni – Non devi far capire che siamo in confidenza: se mangiano la foglia sarà impossibile indurli ad aprirsi con me.
-    Quindi accetti? – la caposezione si sentiva la vittoria in tasca.
-    Non mi hai ancora detto quale sarà il mio tornaconto.
-    Beh, dopo che saremo riuscite a sollevare quell’uomo dal suo incarico, rimarrà vacante un posto come caposquadra.
-    Sono troppo giovane, la sai bene anche tu. – si girò a guardare la donna con occhi inespressivi – Non è fattibile, almeno per il momento. Potresti darmi qualcos’altro.
-    So cosa vuoi e non se ne parla. – Erin si alzò indispettita, decisa a lasciare l’appartamento – Risolverò la cosa in altro modo.
-    Voglio che questo trasferimento sia definitivo. – disse Collins, alzando leggermente il tono della voce.
Strauss si voltò sconcertata a guardarla. Non era quella la richiesta che si aspettava dalla giovane agente che aveva davanti. Scrollò le spalle: non era mai riuscita a capirla e dubitava di riuscire ad inquadrarla nel futuro prossimo.
-    D’accordo, affare fatto. – concesse tornando sui suoi passi con aria soddisfatta – Ora che abbiamo finito di discutere di affari, posso farti una domanda personale?
Sarah si limitò a fissarla con quegli occhi vuoti e spenti.
-    Perché questo appartamento?
-    Non capisco di cosa tu stia parlando. – mormorò, indifferente.
-    Questa era la casa di Jason Gideon, il tuo istruttore in accademia.
-    Mera coincidenza. – rispose posando il bicchiere nel lavandino – Si sta facendo tardi; è meglio che lei vada, caposezione Strauss. Ci vediamo lunedì in ufficio.
La Strauss non credette a una mera coincidenza neanche per un momento, ma sapeva che la ragazza non le avrebbe mai detto il perché di quella scelta. Decise di soprassedere, accontentandosi di averla portata dalla sua parte nella crociata contro Hotchner.
-    Buonanotte, Sa… agente speciale Collins. – dicendo così recuperò borsa e giacca e uscì lasciando la ragazza sola nella sua nuova casa.
Appena sentì la porta scattare, Sarah si girò ad osservare l’ambiente spoglio e si concesse un sorriso diabolico. Si leccò le labbra, gustando ancora per un attimo il sapore del whisky immaginando il momento in cui avrebbe potuto brindare alla realizzazione della sua vendetta.
In quel momento il cellulare prese a squillare, la ragazza assunse di nuovo l’aria apatica che era il suo tratto caratteristico ed afferrò l’apparecchio, soffermandosi sul messaggio di numero privato che era apparso sul monitor. L’espressione tornò a farsi luciferina, quel contatto lo avevano solo due persone, una delle quali era appena uscita.
-    Pronto? – assunse un tono dolce e titubante.
-    Sarah, sono io. – la voce calda e avvolgente dell’uomo le risuonò nelle orecchie – So che sei di nuovo a Washington.
-    Sì. – rispose laconica senza aggiungere altro.
-    Chi ha firmato l’ordine di trasferimento?
-    Il caposezione Strauss provvederà lunedì mattina, è lei che mi ha convocato. – il tono ora era quello di un’ingenua ragazzina – Per te è un problema?
-    Cosa vuole in cambio? Quella donna non fa mai niente senza un secondo fine. – ci fu un momento di silenzio, ma Sarah non aveva intenzione di rispondere alla domanda – Vuole Aaron Hotchner e la squadra, vero?
-    Anche se fosse? Che differenza vuoi che faccia? Non è una cosa che ti riguardi, non più.
-    Sono brave persone, Sarah, non meritano questo trattamento. – un sospiro accompagnò la supplica del suo interlocutore.
-    Non credo di aver capito bene… - si stava divertendo a torturarlo.
-    Ti sto supplicando di non far loro del male.
-    Perché dovrei fargli del male? Non capisco proprio di cosa tu stia parlando.
-    D’accordo allora. – di nuovo un sospiro – Puoi proteggerli dalla Strauss, anche se non sai cosa abbia in mente? Puoi farlo per me?
-    Vedrò cosa posso fare. – il tono ora era sarcastico – Vuoi che protegga qualcuno in particolare?
Silenzio dall’altra parte, mentre lei tratteneva il respiro, sperando che lui le dicesse che doveva proteggere prima di tutto se stessa. Inviò una muta richiesta all’uomo che le aveva telefonato, sperando che per una volta si comportasse come lei si aspettava. Lo sentì prendere fiato ed il cuore le mancò un colpo.
-    Reid, il dottor Spencer Reid. – disse la voce dall’altro capo del telefono.
-    D’accordo. – ingoiò ancora una volta la delusione per lo scarso interesse che lui mostrava nei suoi riguardi, poi sorrise decidendo di prendersi una piccola rivincita e torturandolo un po’ – Spero non ti dispiaccia che abbia ritinteggiato: sai, gli spruzzi di sangue non si intonavano con i miei mobili.
-    Dove sei esattamente? – l’uomo parve stupito ed incredulo.
-    Nel tuo vecchio appartamento, dove Sarah Jacobs è stata uccisa. – sorrise cattiva – Scusami, forse ho urtato la tua sensibilità.
-    Non è possibile, come hai fatto a…
-    Dimentichi la procura che hai fatto a Stephen per vendere quest’appartamento. Certo lui non poteva sapere chi io fossi quando abbiamo firmato l’atto. – si permise di gongolare all’idea del tormento di lui nel saperla in quella casa – Buonanotte Jason, sogni d’oro.


Quattro giorni dopo, Accademia F.B.I., Quantico, Virginia

Morgan, Prentiss e Reid uscirono dall’ascensore, incontrando Garcia ferma nell’atrio che osservava l’openspace da dietro la porta a vetri. Visto che l’informatica non li aveva notati, Morgan le poggiò una mano sulla spalla, facendola trasalire.
-    Morgan! – esclamò appena voltata – Mi hai spaventata.
-    Ehi, bambolina, cosa osserviamo con tanto interesse? – chiese Derek guardando al di là delle vetrate a sua volta.
-    Beh, ecco… - Penelope puntò lo sguardo su Hotch, che restava immobile davanti alle scale del corridoio sopraelevato con un foglio in mano, osservando la scrivania di fronte a quella di Morgan.
-    Ma cosa è successo a Hotch? – chiese Spencer, notando a sua volta la scena.
-    Credo abbia ricevuto l’ordine di trasferimento del nuovo agente. – rispose laconica l’informatica.
-    Un nuovo agente? – Prentiss era perplessa – Non ne ha fatto parola in questi due giorni in Texas.*
-    Credo che lo abbia scoperto solo oggi. – Penelope sembrava agitata – Avrei dovuto dirvelo quando ci siamo sentiti, ma non pensavo che la Strauss non avesse avvertito Hotch.
-    Vuoi dire che hai già conosciuto il nuovo agente? – Morgan la interrogava continuando a guardare Hotch, che in quel momento era stato raggiunto da Rossi.
-    Non direi “conosciuto”. – Garcia si guardò in giro con aria furtiva – L’ho vista uscire dall’ufficio del caposezione e poi sistemarsi nella scrivania davanti alla tua. Non ci siamo rivolte la parola, quella ragazza mi spaventa.
-    Perché? – Reid la guardò incuriosito.
-    Non saprei dirvelo, credo sia quello sguardo vuoto. Se non sapessi che non è possibile, direi quasi che sia… non so qual è il termine tecnico. – sospirò cercando di spiegarsi meglio – Sembra quasi che non si renda conto delle persone che le sono intorno, ha quello sguardo fisso e vuoto come se non ti vedesse. E’… è bizzarra.
-    Sembra sindrome da stress post traumatico. – intervenne Emily.
-    Non si chiama più così ora si dice episodio…
-    Sì, Reid, lo sappiamo. – lo interruppe subito Morgan – Direi di andare, non scopriremo molto di più restando qui fuori. Comunque, bambolina, come si chiama e dove ha lavorato finora.
-    Oh, bel maschione, questo è ancora più strano. – Garcia scuoteva la testa incredula – Non mi è arrivato il suo dossier, né cartaceo né informatico. Non sono sicura neanche di quale sia il suo nome.
Reid, Morgan e Prentiss si guardarono allibiti. Derek si mosse per primo, seguito dagli altri tre, e si diresse deciso alla propria scrivania. Hotch e Rossi, notando la squadra arrivare, entrarono nell’ufficio del primo e chiusero la porta.
-    Che diamine sta succedendo? – chiese Emily.
-    Non lo so. – rispose Reid.
-    Lo sappiamo che non lo sai. – sbuffò Morgan – Era una domanda retorica.
Il giovane dottore fece una smorfia e si mise a sedere, continuando a guardare la porta dell’ufficio del caposquadra. Rimasero tutti in silenzio, attendendo che Hotch e Rossi uscissero per dare loro qualche informazione sulla nuova arrivata. L’attesa fu interrotta da JJ, che si avvicinò alle scrivanie e diede il buongiorno a tutti.
-    Sai qualcosa di questa storia? – tagliò corto Derek.
-    Garcia me ne stava parlando quando sono arrivata questa mattina, ma siamo state interrotte. – scrollò le spalle – La Strauss mi ha convocata nel suo ufficio: quando sono arrivata la segretaria non mi ha lasciato passare, consegnandomi la lettera di trasferimento da dare a Hotch.
-    Sei diventata il nuovo portalettere? – ironizzò Morgan.
-    Come agente di collegamento devo essere informata degli agenti in forza all’Unità. – tagliò corto.
-    Io, invece, dovrei tenere aggiornati i vostri file. – saltò su Garcia – Eppure nessuno si è degnato di farmi avere il dossier della nuova venuta, né di comunicarmi il suo nome.
-    Credo che il caposezione in persona stia per fare le presentazioni. – rispose Jennifer voltando la testa verso il corridoio interno.
Effettivamente la Strauss stava arrivando, affiancata da una ragazza dall’aspetto giovane e dall’improbabile capigliatura. Tra i capelli neri, tagliati cortissimi, spiccava un lungo ciuffo rosso che arrivava fino alla spalla della strana ragazza. Indossava un paio di jeans sdruciti e una camicia nera, mentre ai piedi calzava un paio di stivali da motociclista. La cosa ancora più strana era il fatto che la Strauss non sembrasse dare importanza alla cosa, nonostante le numerose rimostranze fatte fino a quel momento a Hotch per l’abbigliamento di Garcia, che la caposezione trovava troppo sgargiante e poco professionale.
Erin si limitò a guardarli con aria di sufficienza prima di cominciare a salire le scale, mentre la ragazza dagli inespressivi occhi verdi si fermò a guardare una persona in particolare.
-    Agente Prentiss. – disse facendo un cenno di saluto con la testa.
-    Agente Collins. – rispose stupita la prima, corrugando le sopracciglia.
Come le due donne sparirono dietro la porta dell’ufficio di Hotch, tutti furono addosso a Emily.
-    Ma allora la conosci! – esclamò Morgan spostando lo sguardo da lei alla porta chiusa.
-    Non direi che la conosco, ci siamo incrociate all’Interpol. – Prentiss si mise a sedere puntando lo sguardo sul ripiano della scrivania – Io fui trasferita in un’altra sezione due mesi dopo il suo arrivo, ci siamo sempre limitate ai saluti di rito e quindi non so che tipo sia.
-    Faceva parte di un’altra squadra? – chiese JJ avvicinandosi all’amica.
-    A Lione funziona in modo diverso. Non ci sono squadre, gli agenti lavorano da soli ai casi affiancando le forze dell’ordine che hanno interpellato la sezione di Criminologia. Il fatto che ognuno abbia il proprio ufficio non facilita la socializzazione. – spiegò brevemente Emily.
-    Un’altra persona che non condivide, proprio come Rossi; ci mancava. Dal tuo sguardo deduco che ci sia dell’altro. Cos’è che non vuoi dirci? – Derek la scrutò insistente.
-    Niente, stupidi pettegolezzi senza fondamento. – tagliò corto la donna – Sai, si fanno un sacco di chiacchiere sui tipi riservati come Collins.
-    Sarà. – concesse l’uomo.
Aveva notato lo sguardo preoccupato che Prentiss aveva rivolto a Reid, come se non volesse parlare in presenza del giovane genio dell’unità. Decise di continuare ad interrogarla in un secondo momento, quando fossero stati soli.

Continua…

* Riferimento all’episodio 06x3 “Mi hai visto?”


Nota dell'autore: l'aggiornamento della storia sarà settimanale da ora in poi. Spero che la nuova stesura vi piaccia.
Un grazie particolare a Ronnie89 che mi beta: grazie per la disponibilità e l'infinita pazienza nei confronti delle mie nevrosi XD

   
 
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