Serie TV > Una mamma per amica
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Autore: Kimberly Heiwa    16/03/2013    1 recensioni
Non è mai finita. Il filo in realtà non si è mai spezzato, si è allentato, ma il sentimento è ancora vivo.
Le due facce della stessa medaglia, inseparabili, compatibili tra loro, ma che non hanno mai avuto veramente tempo per loro stessi. E' passato tanto da allora, ma forse è proprio questo che li fa sempre riunire; li fa incontrare per vedere i risultati del cambiamento.
-Rory... dove sei?- sussurrò sperando che lo potesse sentire ed aspettare, come lui stava attendendo lei.
Il titolo viene dalla canzone 'Wait for me' di uno dei miei gruppi preferiti, i Theory of A Deadman.
Spero che gradiate questa storiella e che esponiate le vostre opinioni...
Buona lettura e... Enjoy! :)
Genere: Commedia, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jess Mariano, Rory Gilmore
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Just... kiss me slowly.

 

Lost, sweetest things get lost In the static far away
Painted pictures of you ; I fold Don't want to be holy then Don't want to be sold again
The way I was with you I'm short of breath, I'm sure Gone
let it wash away the best I had Gone and when I disappear
Don't expect me back, don't expect me back
(Matt Nathanson – Gone)


Se ne era andata via piangendo. Non sapeva più che fare dopo quello che era successo. Certo, doveva rimettere assieme i cocci, ma era a conoscenza che il vaso ricostruito non sarebbe mai riuscito ad eguagliare l'opera originale. Forse l'aveva persa per sempre. O forse no, era solo una percezione sbagliata. Jess non dormì quella notte; se ne stette immobile nel letto a fissare il soffitto e si trattenne per non piangere.

Sì, anche se sembra strano lui conosceva il pianto. Era forte, ma il suo cuore stava sanguinando; si sentiva terribilmente in colpa, ma nello stesso ferito dal comportamento di Rory. Aveva incubi da quando l'aveva conosciuta, dove lei scivolava via dalla sua presa e precipitava sempre più giù, verso un abisso, un buco nero che risucchia tutto ciò che gli sta intorno. Erano stati troppo orgogliosi, avevano sbagliato il primo passo; stavano inciampando insieme sui loro stessi piedi. Si era innamorato perso, ed era proprio per questo che soffriva ancora di più. Gli aveva sconvolto la vita, era così diversa dal suo tipo ideale di ragazza, ma aveva provato da subito una certa attrazione verso di lei che era indescrivibile. Gli opposti si attraggono, questo è vero; ma, tuttavia, loro erano dei finti opposti. Rory e Jess erano uguali, si completavano a vicenda, forse senza saperlo neppure; ma era così. La amava, questo era più che ovvio. Il suo cuore non aveva mai provato un'emozione simile, poiché si era soffermato all'apparenza, alla fredda e insignificante superficialità di una ragazza. Ma con Rory non era possibile. No, lei meritava di più. Lei doveva essere amata in profondità, fino all'ultimo atomo del suo corpo, fino all'ultima particella della sua anima. Non si sentiva alla sua altezza, si sentiva incapace di ottenerla.

Era inutile negare ciò che nutriva per quella donna che era stata un'impacciata ragazzina che sognava Harvard. Non gli piaceva definire Rory Gilmore come “l'amore della sua vita”, perché risuonava troppo sdolcinato, ma il significato di quegli occhi blu era proprio quello.

No, non avrebbe permesso che fuggisse di nuovo, anche a costo di fare la figura dello scemo o del pazzo: lui era pronto, ora. Era stufo della scia di rimpianti che avevano lasciato alle loro spalle, non si accontentava più dell'amaro in bocca rimastogli da tempo. Si alzò di scatto dal letto e si ripeté: “Tu devi farcela”.

 

 

Forse aveva per l'ultima volta mollato la spugna. Probabilmente tutto era andato perso.

Era stanca di provare. Dopo quello sfogo così violento pensò che potesse esserci solo la fine.

Lo amava ancora tantissimo, ma si sentiva impotente di cambiare ancora una volta le carte in tavola. Era rimasta senza idee. Non poteva finire così; era ancora tutto incompleto. Ma non sempre è possibile trovare una conclusione degna di come sia iniziata la storia.

La penna non scriveva più; forse doveva comprarne un'altra o semplicemente buttare tutto nel cestino e abbandonare a metà l'opera. Si mise a letto, nell'attesa che qualcosa si trasformasse in sua assenza.

 

Where there is the desire there is gonna be flame?

Where there is the flame someone's bund to get burned?

But just because it burns doesn't mean you gonna die

You gotta get up and try.

(P!nk-Try)

- Rory? Ci sei?

- Mm? Sì, sì.

Lizzie la guardò, un po' scettica.

- Che c'è?! - le chiese, infastidita.

- Oh niente... diciamo che un'ameba sarebbe più socievole di te, ma niente di particolare, per carità! - disse, ironica.

Rory sbuffò come una bambina capricciosa.

- Mi vuoi dire che cos'hai o devo rimanere nel mistero per il resto dei miei giorni?

- La seconda! - esclamò scherzosa.

- Seriamente, dai. Che è successo?

- Nulla... - disse, svogliata. - Non ne voglio parlare.

- Come vuoi... ma sappi che se vuoi picchiare qualcuno puoi contare su di me.

- Cosa? Proprio tu?! - la prese in giro, scoppiando in una fragorosa risata.

Lizzie tirò fuori la lingua e strizzò gli occhi, come per farle una specie di verso.

- Torniamo a lavoro, che è meglio! - concluse, riprendendo in mano i fogli con gli appunti.

La collega permise ancora per un po' al suo sorriso di rimanere sulla sua faccia.

 

- Ciao, Jess!

Si girò, non riconoscendo la voce che lo aveva appena salutato.

Davanti a lui c'era Amanda e gli sembrò che ci stesse provando.

Strabuzzò gli occhi, tra lo stufo e l'imbarazzato.

- Ciao, Amanda!

- Aspetta, ti volevo dire una cosa! - lo fermò prima che si rintanasse nel suo ufficio.

Jess si arrestò sulla soglia, giusto per sentirsi più al sicuro.

- Ti va di uscire con me stasera? - chiese, tutto d'un fiato – Non è un appuntamento, è solo un invito innocente... mi stai molto simpatico e, insomma, mi piacerebbe stare con te! Non in quel senso, insomma, cerco di farti capire che...

- Amanda, - la zittì, sorridendole – ho capito.

Sorrise, imbambolata davanti al suo attraente capo di cui si era appena innamorata.

Jess le sorrise per tranquillizzarla e dopodiché chiuse la porta, sbarrando gli occhi.

- Mamma mia... non ce la farò mai. - pensò a voce alta.

Intanto Amanda stava urlando di gioia aldilà della porta lignea.

 

- Ehi, Joanna!

- Mi dica, signorina! - esclamò, avvicinandosi.

- Credo di essermi già dimenticata la mia tabella oraria... potresti rinfrescarmi la memoria?

Joanna la guardò con finta aria di rimprovero. - Dunque, dunque... - esordì, simulando di sfogliare un indice – sono le quattro e quindi devi recarti per un'ora da Jess!

A quel nome il sorriso sul volto di Rory si piegò in un'espressione seria.

- Okay, vado – le disse, con aria di sottomissione.

Joanna la guardò perplessa e poi riprese a trafficare tra gli scaffali.

La porta si aprì e fece il suo ingresso una donna alta, dai capelli nocciola lisci raccolti in crocchia, occhi grandi e grigi, snella, tacchi rumorosi e di marca, rossetto rosso fiammante, denti bianchi e dritti da far invidia anche ad una pubblicità di dentifrici.

Era appena entrata Mary Jane Nash, giornalista al “New York Times” e acida peggio di una soluzione di limone e aceto.

- Joanna Hookman, quale piacere rincontrarti! - disse, più falsa di un gioiello tarocco.

Riconobbe quella voce e si girò subito.

Mary Jane la guardava compiaciuta.

- Mary Jane Nash, qual buon vento ti porta qui?!

- Non saprei... - disse, scrollando le spalle – volevo passare a trovarti e ad umiliarti un po'.

- Vedo che sei sempre stronza uguale, carissima! - esclamò, fingendo come aveva fatto prima lei.

- E tu sei sempre la stessa volgare! - ribatté, fingendosi offesa.

Joanna la fissò con odio allo stato puro.

- Che cosa ci fai qui?

- Oh, niente! Ho saputo che avete assunto una certa... come si chiamava già? Dory, Mory o qualcosa che finisce per -ory....

- Rory, caso mai. - la corresse Joanna, abbastanza infastidita.

- Sì, esatto. Che nome è Rory? Ma neanche per un cane sarebbe adatto! - disse con disprezzo la Nash, mentre si alzava e seguiva Joanna.

- Prova a dire qualcosa su di lei e puoi dire addio a quella dentatura perfetta, intesi? - la minacciò.

- Okay, okay! Stai calma, gangster!

- Hai qualcosa da dire, figlia di papà? - esclamò, stizzita e prendendo a guardarla torva.

Nash fece una smorfia.

- Cosa vuoi da Rory?

- Tenere un colloquio con lei.

Joanna lasciò precipitare la scatola che teneva in braccio. - Tu cosa?!

- Perché, non posso?

- Dio, ma i cazzi tuoi non te li fai mai?! - urlò, esasperata.

- Modera i termini, gangster! Sei peggio di uno scaricatore di porto! - esclamò, schifata.

Joanna si trattenne da non prenderla per i capelli.

- Tornando a noi, in teoria dovevo colloquiare con lei un mese fa circa, ma è arrivata in ritardo e ho lasciato stare... ma ora mi hanno interessato le recensioni con il titolare di questo scempio di libreria, un certo...

- Jess, Mary, Jess! E che cavolo, impara questi nomi! - esclamò, stufa.

- Comunque sia, mi ha colpita. Vorrei conoscerla, tutto qui.

- Ma anche no! Perché dovresti? Per rovinarci, non è così?

- Forse. - disse, maliziosa.

- Quanto sei str...

- E basta, gangster! Abbiamo capito che sei del Bronx, ma adesso basta! - la zittì, schernendola con cattiveria.

Joanna la guardò indignata. Sembrava un toro pronto a caricare talmente era furiosa.

 

 

- Ciao – esordì, entrando nel loro ufficio.

Jess sollevò lo sguardo e gli sembrò strano averla accanto dopo il putiferio che era successo qualche giorno prima.

Rory si sedette vicino a lui, ma allontanò di qualche centimetro la sedia dalla sua.

Prese un pacco di fogli e ne passò un po' anche alla sua collaboratrice.

- Grazie – gli disse, cominciando a leggere qualche riga.

Si immersero nella lettura, ma non insieme. Il silenzio era fastidioso ma lo lasciarono sovrano.

- Rory, - incominciò Jess, rompendo l'incomunicabilità – mi dispiace per l'altro ieri. Non era mia intenzione litigare.

Rory tacque, facendo finta di leggere ancora.

- Mi potresti ascoltare, per favore? - le chiese, calmo.

Posò i fogli sulla scrivania e, con fatica, girò la testa.

- Mi dispiace, sul serio.

Rory aprì la bocca per ribattere, ma qualcuno bussò alla porta e interruppe il loro flebile dialogo.

- Avanti – disse Jess, rauco.

- Buongiorno! Mi chiamo Mary Jane Nash e sono del “New York Times”. Cercavo la signorina Rory Gilmore.

- Salve, signorina Nash. - disse Rory, dirigendosi verso la donna appena entrata.

- Volevo tenere un colloquio con lei, siccome mi ha stupito la sua capacità di scrittura. Va bene se lo facessimo adesso?

- Qui? - le chiese, un po' dubbiosa.

Mary Jane annuì e sfoderò il suo ipnotico sorriso.

- Okay... Jess, potresti uscire, per favore? - gli chiese, non riuscendo a guardarlo in faccia.

Lui annuì, rassegnato. Uscì dall'ufficio, mentre faceva gli scongiuri che Rory non si trasferisse.

 

Passarono quindici minuti e finalmente la porta si aprì, permettendo l'uscita di una sorridente Rory e una soddisfatta Mary Jane.

- Bene, allora la aspettiamo domani alle otto! È stato un vero piacere! - esclamò, stringendole la mano.

- A domani!

Jess la guardò, sorpreso e leggermente deluso. Rory lo ignorò; si sentiva già in colpa.

- Hai accettato?

- Sì – gli confermò, dandogli le spalle.

Istintivamente la bloccò per un braccio e la costrinse a girarsi.

Rory incrociò finalmente il suo sguardo triste.

Sbatté le palpebre e allentò la presa. Forse era tutto andato perso.

 

- Tu cosa?!

- Non lo so, Lizzie! Ma mi hanno accettata!

- Oh. Quindi lavorerai lì d'ora in avanti?

- Sì! Sono al settimo cielo! - esclamò, felicissima.

Lizzie si incupì.

- Che hai?

Fece spallucce, come una bambina infelice. - Non frequenterai più il giornale, tutto qui.

- Lizzie, ma noi resteremo insieme! Non ti devi preoccupare!

- Sì, certo, come no. La tipica frase fatta! Scommettiamo che tra un mese non te ne fregherà più un tubo di me? - esclamò, un po' arrabbiata.

- Lizzie...

- Io non sono invidiosa, anzi, sono felice per te! Ma le nostre strade si separano, sappilo.

- Se tu non lo vuoi no!

- Avanti, Rory! Non fare l'ingenua! Sarai famosa, avrai il lavoro dei tuoi sogni e tutto il resto sparirà! È un dato di fatto! - le spiegò, con gli occhi lucidi.

- No, non è quello che cerco! Lizzie, io ti voglio bene, un lavoro non ci può separare!

- Io credo proprio di sì. Quelli del Times sono strafottenti e montati, ecco cosa sono! Benvenuta nel loro mondo, bambina! - le disse, sarcastica.

- Lizzie, non credo che tu...

- Io lo so come sono là dentro, Rory! Ci ho lavorato anche io un po' di anni fa! Ero diventata tutto lavoro e niente vita privata, tra colleghi facevamo a gara, eravamo tutti falsi tra noi, i licenziamenti cadevano dal cielo ed era tutto così... perfetto apparentemente ma è tutto finto, Rory! Prego, vai pure! Ma sappi che non ne uscirai più fuori! - esclamò, esasperata.

- Io non sarò così!

Lizzie scosse la testa. - Credimi, è così. E ora devo andare, c'è Adam che mi sta aspettando.

Rory rimase lì, ferma davanti al portone della palazzina colorata di rosso.

 

 

Love, I'm aching to believe
Give me something real enough
Give me somewhere to fall from 'cause in the dark I can't find my feet
Built my world on promises Colorless and cold
I'm short of breath, I'm sure Gone
(Matt Nathanson - Gone)

 

Si trascinò a fatica fino al suo appartamento, quasi sul punto di piangere. Ogni suo passo sembrava sbagliato agli occhi degli altri e tutto le appariva così pesante da sostenere, come se venisse pressa ogni giorno di più. Chiuse la porta con un movimento lento del polso, permise il tentennare delle chiavi nella toppa e, con passi corti e tardi arrivò dinanzi al divano, lasciandosi cadere a peso morto. Tutti le si erano messi contro: Lizzie, Jess e Joanna.

Afferrò la coperta sulla spalliera e se la mise a mo' di scialle. I suoi occhi erano spenti e tristi; i muscoli facciali si contrassero in un'espressione di dolore e una piccola e leggera lacrima prese a rigarle la gota sinistra in totale silenzio. Avrebbe voluto affossarsi dentro a quel divano giallo, dove tempo prima aveva dormito Jess; forse sarebbe riuscita a percepire il suo odore sul materasso e a trattenerlo ancora con sé.

Squillò il cellulare e lesse sul display il nome di sua madre.

- Pronto.

- Va tutto bene? Hai la voce di una che è appena stata ad un funerale...

- No, no... - la rassicurò, mentre tirava su col naso – è tutto a posto.

- Sei sicura? Insomma, me lo diresti, vero?

- Ovvio...

- Allora ti prego, illuminami a riguardo. Sono tua madre e, anche se hai ventiquattro anni ho il diritto di sapere il motivo del tuo umore sotto i piedi.

- Il “Times” mi ha accettata ma... - si fermò, indecisa se metterla al corrente della sua collaborazione alla “Truncheon Books”.

- Ma? - le chiese, dopo una pausa.

Il respiro si fece più breve e come un fiume in piena le lacrime salate le lavarono il viso di porcellana. - Ma niente... - cercò di nascondere, a fatica.

- Rory, per favore! Non è piacevole sentirti così.

- Mi sono tutti contro – le disse, mentre un pianto represso da tempo cominciava a sfogarsi pian piano.

- Io no; io sarò sempre dalla tua parte! - la rincuorò, tentata da non fiondarsi immediatamente a New York purché Rory riacquistasse il suo sorriso.

- Grazie...

- Se stai così male c'è di mezzo qualcuno di molto importante, non è così?

- Lizzie e poi... un'altra persona.

- Chi è questa persona?

Rory trattenne il fiato, nel tentativo di sopprimere l'urlo proveniente da dentro che gridava il nome dell'unica persona che potesse cambiare tutto nella sua vita: Jess.

Lorelai non pensò a lui, ma dopo quel silenzio rimaneva solo una possibilità. Chiuse gli occhi, incerta se farle la solita ramanzina o lasciare cadere lì la questione. In quel momento scelse il silenzio.

Rory si era bloccata.

- È lui, non è così? - le domandò, per avere una conferma.

La figlia lasciò che un «» uscisse assieme all'aria che prima era rimasta intrappolata all'altezza del diaframma.

Lorelai trascurò la solfa che era solita farle: era inutile. Prima o poi sapeva che si sarebbero rivisti, come succedeva ogni volta. Era inevitabile.

Tasted, tasted Love so sweet,
All that of it is lost on me.
Bought and sold like property Sugar on my tongue.
Kept falling over, Kept looking backward.
Went broke believing, That the simple should be hard.
(Matt Nathanson – All we are)

 

Si stava preparando per uscire con Amanda e gli parve tutto alquanto strano: camicia bianca, cravatta nera, giacca e pantaloni coordinati. Si diede uno sguardo allo specchio e risultava troppo elegante. Ma dove credeva di andare? Neppure per Rory si era mai vestito così al primo appuntamento. Amanda non gli piaceva particolarmente; era una bella ragazza, ma non era nulla di speciale, solo una donna come tante. Si guardò, tra lo schifato e l'ansioso. “Bah, vada come deve andare” pensò.

Amanda lo stava già aspettando al tavolo del suo ristorante preferito.

- Ciao! Come sei elegante! - lo lodò subito, con una punta di malizia.

Jess si limitò a ribattere con un sorriso poco convinto.

 

Le aveva offerto un lavoro, diamine! E ora stava buttando tutto all'aria. Si sentì un'emerita stupida. Dormire era servito a qualcosa, alla fine: si era decisa, dopo essersi scervellata inutilmente. Poteva andare tutto meglio se solo fossero riusciti a parlarsi. Doveva andare da lui e dirgli tutto. Sì, che era innamorata, che non voleva neanche lei litigare, che lui era importante, era sempre stato il suo punto di riferimento, che avrebbe potuto continuare a lavorare alla libreria, che insieme ce l'avrebbero fatta. Sorrise quasi commossa, colpita da tutte quelle emozioni amalgamate insieme. Doveva subito correre da lui.

 

- Quindi hai sempre amato leggere!

- Sì, è sempre stata una delle mie più grandi passioni...

Amanda non faceva altro che sorridere, coinvolgendo alla fine anche Jess, il quale era rimasto ancora un po' freddo nel parlarle.

- Io non mi reputo una lettrice patita, ma i libri mi piacciono!

- Dipende dai gusti – le disse con scioltezza, asciugandosi con il tovagliolo l'angolo della bocca.

 

Aveva preso a diluviare e lei era già per strada, senza ombrello. Non aveva fatto caso al tempo, concentrata dalle mille parole che avrebbe voluto e dovuto dirgli. Non sapeva dove si potesse trovare e così provò tutti i luoghi possibili. Il primo di questi fu la libreria. Ma era chiusa e nessuno rispondeva. Dunque si diresse verso l'appartamento vicino a Washington Square Park. Niente; probabilmente era uscito. Ma dove? Camminò per un po', infreddolita e fradicia, cercandolo in tutti gli angoli possibili, nei taxi, nelle caffetterie.

 

- Pago io – disse, tirando fuori il portafoglio rosso.

Le mise una mano sul braccio come per bloccarla e consegnò dei contanti alla cassa.

- Pago io, lasciami questo onore! - le spiegò dolcemente, come se fossero stati sposati.

Amanda gli sorrise un po' inebetita, perdendosi negli occhi scuri e impenetrabili.

Una volta fuori le venne d'istinto prenderlo sotto braccio per ripararsi dal freddo raggelante. Jess osservò quel gesto impulsivo stupito, e reagì mettendole un braccio attorno alle spalle. Aprì l'ombrello nero e cercò di riparare entrambi. Amanda tremava un po' per il gelo e un po' per la forte emozione che percorreva con una scossa la sua spina dorsale.

 

Cominciò a battere i denti e a strofinarsi le mani bagnate sulle maniche come per riscaldarsi, ma non servì a molto. Lo aveva cercato dappertutto, invano. E se fosse stato un segno del fato che volesse farle capire che era sbagliato? Tutto poteva essere, a questo punto. Affondò in una pozzanghera ben nascosta e si lavò completamente.

- Perfetto! - esclamò, stizzita.

Aveva una fame tremenda, ma la accatastò per continuare la sua ricerca.

Sentiva qualcosa che la spingeva a tornare a Washington Square Park e seguì il suo istinto.

 

- Dove andiamo, adesso? - gli chiese, aggrappata al suo braccio.

Jess scrollò le spalle. - Dove vuoi.

- Che ne dici se andassimo a bere qualcosa?

- Mi sembra una buona idea! - esclamò, attento a non centrare una pozza d'acqua. - Conosco un buon posto.

Amanda si affidò completamente a lui, felice come una bambina alla prima gita fuori porta.

 

Arrivò alla piazza e si fermò accanto ad una panchina segnata da tante firme di coppie che avevano deciso di inciderci i propri nomi. Scorse due figure giungere dal lato opposto, strette strette sotto l'ombrello; parevano una coppia sposata. Mise a fuoco meglio e riconobbe l'uomo: Jess. Il cuore prese a pompare più sangue, la pressione si alzò. Amanda era la donna. Si sentì crollare dalle ginocchia. Rimase immobile, intenta a seguire i successivi atti che avrebbero compiuto.

 

Amanda lo pregò di fermarsi sotto un lampione a cui era appeso una specie di vischio. Lo fece girare in modo che la guardasse negli occhi, in punta dei piedi si avvicinò al suo viso, chiuse gli occhi e piano toccò le sue labbra.

 

Le mancò il fiato. Il suo corpo prese ad oscillare per ogni minimo alito di vento; la sua fragile forza si era rotta. Si sentì morire. Chiuse gli occhi e li riaprì a fatica. Le lacrime scendevano sul viso bagnato, confondendosi con le gocce di pioggia, tanto da risultare impercepibili. Forse cominciò a singhiozzare disperata, con il viso pallido, zuppa e infreddolita.

 

Jess staccò dopo poco le labbra da quel legame così affrettato e imprevisto. Era troppo presto, era troppo insensato.

- Perché? - riuscì solo a dire.

Amanda lo guardò stupita, come per fargli capire che la risposta era più che scontata.

Prese le distanze subito, anche per cancellare le tracce del rossetto rosso rimastogli un po' appiccicato. Avrebbe voluto dirle che lui non ricambiava, ma gli sembrò crudo e diretto tanto da farle male. Amanda sgranò gli occhi quando capì cosa intendeva con quel distacco.

 

Era andata a cercarlo e ora lo aveva trovato. Sì, ma in compagnia. Non riuscì a rimanere un secondo di più e tornò indietro, piangendo e singhiozzando.

 

- Scusami, Amanda... devo... d-devo andarmene – borbottò, lasciandole l'ombrello per ripararsi.

Lei non ebbe il tempo di ribattere e rimase piantata lì, sotto la pioggia.

 

Un secondo ed era già tutto inzuppato d'acqua. Le gocce scivolavano sul viso e sul collo, lavandolo dall'odore del pungente profumo di Amanda. Accelerò il passo e si trovò davanti a Rory, con un'aria sconvolta.

 

- Rory? - le chiese, fermandola.

Si girò, con gli occhi rossi e gonfi.

- Che è successo? Perché sei qui?

- Questo dovrei domandartelo io! - gli disse, piangendo più violentemente – Ero venuta a cercarti per dirti che ho commesso un errore ad accettare la richiesta del “New York Times”, perché non voglio andarmene dalla libreria dato che significherebbe stare lontana da te... ma ho visto che mi hai già rimpiazzata! Quindi scusa tanto, fai come se non fosse successo niente! - concluse, riprendendo la camminata.

- Aspetta! - le urlò con tutta la voce che aveva, facendo attenzione a non bere troppa pioggia. Rory si fermò, tirandosi i capelli all'indietro per vedere meglio.

- Io... io non sto con Amanda. Non potrei mai, lo sai! Perché io... - si fermò, pesando con cura le parole – io ti amo.

Glielo aveva detto di nuovo. Era sincero; lui non lo avrebbe mai detto, eppure lo aveva fatto per ben due volte. Cosa poteva fare ora? Quelle tre semplici parole racchiudevano il significato più importante del mondo, ciò che ci spinge a vivere : l'amore.

Cerchiamo tutti almeno una volta quel sentimento per sentirci completi, proprio come gli atomi. Noi siamo materia, e come tale cerchiamo la stabilità.

Rory e Jess erano dei funamboli, in perenne equilibrio nel vuoto, ma ora lui le aveva teso un braccio per aggrapparsi e la prossima mossa toccava a lei.

Il suo viso si rilassò e il peso che prima l'aveva schiacciata si alleviò pian piano.

Ci mise un po' a rispondere, ma Jess rimase lì, dinanzi a lei, pronto per conoscere la sua risposta una volta per tutte.

- Ti amo anch'io, Mariano...

Jess le sorrise e la tensione fu spazzata via in parte da quel sorriso e in parte dalla pioggia ancora più fitta. Si fecero più vicini, proteggendosi a vicenda dal gelo di quell'acqua.

Continuavano a sorridere, felici di trovarsi lì, assieme. Le cinse i fianchi, lei il collo.

Si guardarono ancora un attimo negli occhi e poi eliminarono la distanza presente facendosi ancora più vicini, sfiorando l'uno il naso dell'altra e infine le bocche, frementi di riassaporare le labbra dall'odore unico e inconfondibile. Si baciarono, mescolandosi all'acqua che scivolava sui loro visi, che si metteva in mezzo ai loro profili, mentre discioglieva quel bacio tanto aspettato.

Le mani scorrevano sulla schiena e sulle spalle per stringere i due corpi ancora di più, come a formarne uno solo, fondendo le loro anime.

Si staccarono e, fronte contro fronte, mano nella mano, si guardarono negli occhi, sorridendo come al loro primo bacio. Era dolce il sapore quella volta, un dolce particolare.

E rimasero così per un po', in quel luogo che li aveva uniti fin dalla prima volta.

A dirla tutta nessuno dei due poteva dirsi sicuro di cosa sarebbe successo in seguito; ma quando sarebbe mai venuto il momento di separarsi, forse non sarebbero scappati, ma si sarebbero baciati lentamente, per assaporare appieno quel momento solo loro, speciale e inconfondibile.

Well, I'm not sure what this is gonna be,
But with my eyes closed all I see
Is the skyline, through the window,
The moon above you and the streets below.
Hold my breath as you're moving in,
Taste your lips and feel your skin.
When the time comes, baby don't run, just kiss me slowly.

(Parachute – Kiss me slowly)

 

Sorrideva felice; lo aveva trovato. Si erano aspettati a vicenda, e ora eccoli lì, sotto la pioggia a baciarsi. Erano riusciti a saltare l'ultimo ostacolo di quel primo percorso così tortuoso e infinito; ma ce l'avevano fatta. L'attesa li aveva motivati davvero molto, poiché li aveva spinti a non arrendersi, ma ad attendere con pazienza che l'altro arrivasse.

And you wait for me
Ever so patiently
Yeah, you're everything I've ever dreamed of having and
It's everything I need from you
just knowing that you wait for me
(Theory Of A Deadman – Wait for me)

 

La prese per mano e la condusse chissà dove, sotto il cielo newyorchese che lacrimava dalla gioia. Probabile che quella notte abbiano deciso di consumare il loro amore, ma nessuno lo sa. La cosa certa è che ora era l'inizio di un nuovo capitolo del romanzo che stavano scrivendo da tempo. L'epilogo era ancora lontano e non dava preoccupazioni. Decisero di vivere per intero anche i piccoli momenti di quella serata, nonostante il cielo fosse brutto e promettesse male, perché insieme erano forti e ce l'avrebbero fatta in ogni caso. 




NOTA DELL'AUTRICE:  :3 Taa-daan! Sono tornata, dopo un'attesa davvero INSOSTENIBILE. 
Fremevo dalla voglia di pubblicare questo 10° capitolo da più di una settimana! Sembra finito, ma non lo è ancora del tutto... :)
Spero vivamente che vi piaccia e che sia riuscita a trasmettervi le medesime emozioni che ho provato scrivendolo...
Che dite, rilascerete  qualche recensioncina per farmi sapere? Grazie, ne sarei felice. E' sempre un piacere venire a conoscenza dei vostri pensieri!
Ringrazio chiunque sia passato/a di qui, chi ha messo "Wait for me" nei preferiti, nelle seguite e chi ha lasciato tante belle recensioni! 
Mi avete aperto il cuore! :') 
A presto, 
Alix Green :)

   
 
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