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Autore: EmmaStarr    16/03/2013    7 recensioni
Ci fu un tempo, un tempo molto lontano, in cui tutti i principi della Grecia vivevano in armonia.
I rapporti con l'Asia erano sempre cordiali, e la benedizione degli dei scendeva misericordiosa su ogni città.
Ma accadde, un triste giorno, che il re Endou scomparve dalla reggia che condivideva con il re Kazemaru.
Insieme ad Endou fuggì anche il principe troiano Rococo, ed ogni Acheo fu concorde sul fatto che si trattava di un rapimento.
L'onore del più potente fra tutti i re era stato macchiato: furono radunate tutte le armate disponibili, e con l'illustre re Goenji alla guida l'armata Achea partì alla volta di Troia per combattere una guerra lunga e senza esclusione di colpi, allo scopo di riportare il principe Endou a casa.
* * *
Siete pronti per un'avventura... Epica?
Allora non lasciatevi sfuggire quest'occasione! Tra principi e prigionieri, tra città nascoste e principesse ribelli, come finirà questo scontro che sarà narrato nei secoli? Saranno i Greci o i Troiani a vincere la battaglia? Chi rimarrà ucciso sotto quelle mura, e chi invece avrà salva la vita?
Per saperlo... Leggete!
* * *
HiroMido EndoKaze KidoFudo AtsuYuuka
Genere: Avventura, Generale, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Mark/Mamoru, Shawn/Shirou, Un po' tutti, Xavier/Hiroto
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ci fu un tempo, un tempo molto lontano, in cui tutti i principi della Grecia vivevano in armonia.

I rapporti con l'Asia erano sempre cordiali, e la benedizione degli dei scendeva misericordiosa su ogni città.

Ma accadde, un triste giorno, che il re Endou scomparve dalla reggia che condivideva con il re Kazemaru.

Insieme ad Endou fuggì anche il principe troiano Rococo, ed ogni Acheo fu concorde sul fatto che si trattava di un rapimento.

L'onore del più potente fra tutti i re era stato macchiato: furono radunate tutte le armate disponibili, e con l'illustre re Goenji alla guida l'armata Achea partì alla volta di Troia per combattere una guerra lunga e senza esclusione di colpi, allo scopo di riportare il principe Endou a casa.

Ma sia un esercito che l'altro aveva ottimi combattenti: dal lato Troiano, oltre al principe Rococo erano famosi tanti dei suoi innumerevoli fratelli: Afuro Terumi, splendido guerriero dall'armatura bronzea e dallo sguardo profondo; Kiyama Hiroto, misterioso soldato dalla spada infallibile e dall'arco funesto; Nagumo e Suzuno, due dei più agguerriti combattenti, spietati ed infallibili. E infine il grande Akio Fudou, maestro di spade, lance e soprattutto arguzie.

Ma anche dal lato Acheo i valorosi non mancavano: oltre al re Kazemaru e a suo cugino Goenji, abili in ogni disciplina, con loro viaggiava l'astuto Kidou dal versatile pensiero e dall'abile ingegno; il potente Midorikawa, splendido ed abbagliante, dagli occhi penetranti; ed infine i fieri guerrieri gemelli, Atsuya e Shirou Fubuki.

Ed è proprio con loro che comincia la nostra storia...

 

* * *

 

“Ahi! Atsuya, mi fai male!” si lamentò Shirou, stringendo gli occhi.

“Piantala.” lo ammonì l'altro, sospirando e finendo di fasciare la ferita del fratello. “Ecco, così dovrebbe andare. È solo un taglio al braccio sinistro, non creerà problemi nella battaglia. Dormi, adesso.”

Shirou gemette, accasciandosi sul letto: quella guerra lo logorava. Erano anni – anni! – che quella guerra continuava. Lui non era tagliato per la mischia, per il sudore, per il sangue.

Lui era uno spirito semplice, buono: rimpiangeva con estremo dolore i pomeriggi passati sulla riva del fresco lago vicino a casa sua, vicino al suo palazzo.

Voleva solo andare a casa, non voleva combattere.

“Atsuya...” cominciò, tremando.

“No, Shirou! Te l'ho già detto, non saremo noi i primi a disonorare questo esercito. Non ce ne andremo fino a quando non avremo espugnato questa maledettissima città!” affermò il fratello, preparando le sue cose.

“Però...” tentò ancora Shirou, ben sapendo che il suo era un vano tentativo.

“Nessun però! Shirou, tu sei il re! Tu sei il maggiore, tu fai parte del Consiglio, non io! Io sono venuto qui come tuo sottomesso, ricordi? Credi, credi che mi faccia piacere? Per otto minuti di differenza? Se fossi al tuo posto, oh, se fossi al tuo posto... Shirou, smettila.” Atsuya sembrò recuperare il controllo. “Ti prego, smettila. Sei il mio Re, ma sei anche mio fratello. Lo stesso fratello con il quale ho ucciso il mio primo orso, lo stesso fratello con cui sono cresciuto. Non lascerò che tu venga ricordato come Colui Che È Fuggito. Per favore.”

Shirou sospirò: a volte anche lui avrebbe volentieri ceduto la sua primogenitura.

“Sei un angelo, Atsuya. Non so come farei senza di te. Vorresti... Cioè, dormiresti qui?” gli offrì, misurando bene le parole.

La tenda in cui dormiva Atsuya era quella dei generali. Non brutta e sporca come quelle dei soldati semplici, ma di sicuro non bella come quella del Re.

Atsuya ghignò. “Per proteggerti dai brutti sogni, mio Re?” domandò.

“E anche dalle streghe cattive che si nascondono sotto il letto!” rispose Shirou, ridendo.

Oh, quando erano piccoli erano davvero convinti che si nascondesse una strega sotto il letto di Atsuya, così Shirou non gli permetteva di dormire da solo.

Bei tempi, senza preoccupazioni di nessun genere, senza la guerra...

“Non vi faranno del male, finché la mia spada è al mio servizio!” fece Atsuya, stando al gioco. “Dico davvero, fratello. Non permetterò che nessuno ti sfiori, perciò non aver paura.” sussurrò subito dopo, dolcemente.

 

* * *

 

“Secondo te sta bene?” domandò apprensivo un fiero principe dalla chioma turchese.

“Per l'ennesima volta, sì! Ichirouta, rilassati. Non può stare male, l'hanno preso come uno di loro. Certo, so che gli mancherai da morire, ma sono certo che sta bene.” lo tranquillizzò stancamente Goenji.

Kazemaru non poteva fare a meno di pensare al suo Mamoru, ogni secondo.

Quanti tempo era che non lo vedeva? Nove anni! Erano passati nove anni interi!

Ogni giorno lo sentiva sempre più lontano, e si aggrappava disperatamente ad ogni frammento che Endou gli aveva lasciato nel cuore.

La sua risata, il suo sorriso, il suo smagliante sorriso... Kazemaru non poteva dimenticarli, non doveva dimenticarli!

E pensare a Mamoru con un altro, rapito da un altro, magari nel letto di un altro gli gelava il sangue.

Ma poi, era davvero stato rapito?

“Shuuya, e se fosse...” attaccò, preoccupato.

“Ichirouta, smettila, adesso. Mamoru non se n'è andato di suo spontanea volontà, sono stato chiaro? Lo conoscevo, e lo conoscevi anche tu. Lui ti amava, Ichirouta, quindi smettila. Stai calmo e vai a dormire. Domani attaccheremo di nuovo, devi essere riposato.” lo congedò gentilmente il biondo comandante.

“Attacchiamo ogni giorno da anni, nel caso tu non te ne sia accorto.” borbottò Kazemaru, obbedendo però agli ordini di Goenji ed avviandosi verso la sua tenda.

 

* * *

 

E attaccarono davvero, come ogni giorno da innumerevoli lune.

Ma di questo, il nobile Ryuuji Midorikawa non si curava. Lui viveva nella battaglia, sudando sangue ogni giorno, falciando i nemici ad ogni passo.

Era forte, fiero, spaventoso ed invulnerabile: nessuno mai osava sfidarlo di persona, nessuno l'aveva nemmeno mai ferito. La sua vita era quella, passata uccidendo nemici come fossero insetti, godendo della mischia, del caldo appiccicoso, delle grida di guerra di nemici e compagni.

Era il più potente guerriero dell'esercito Acheo, e lo sapeva alla perfezione.

Splendente, nel suo carro luminoso, più simile a un dio che a un uomo, seminava la morte e la distruzione.

Ma improvvisamente, qualcosa lo colpì alla spalla destra, causandogli un forte dolore.

Non era preparato, stava lottando contro un altro nemico Troiano, forse un principe, e l'aveva appena abbattuto quando si sentì sbalzare fuori dal carro.

L'impatto con la terra calda e intrisa di sangue gli fece male in ogni parte del corpo, ma non perse il controllo: gli serviva la spada, la sua spada.

Ma quella era stata sbalzata via lontano, troppo lontano... Si voltò per guardare negli occhi colui che l'aveva battuto slealmente, colpendolo alle spalle, ma rimase a bocca aperta.

Mai, mai, mai nella sua vita aveva visto degli occhi così. Erano chiari, grigio-azzurri, e spiccavano sulla pelle bianchissima del guerriero che aveva di fronte.

Dall'elmo argenteo spuntavano vari ciuffi rosso fuoco, ed il primo, stupido pensiero che ebbe Midorekawa fu che, se proprio doveva morire, valeva la pena di farlo uccisi da qualcuno di simile.

La spada dell'avversario sibilò alta sopra la testa di Ryuuji, ma questi non staccò lo sguardo dai freddi occhi del soldato Troiano.

Era un pensiero sciocco, ma voleva morire guardandoli.

La spada del guerriero dagli occhi freddi però non scese: esitò un lungo istante, come se ci fosse un filo invisibile che la teneva sospesa, senza farla cadere. Dopodiché, con un gesto brusco, la infilò nel fodero e corse via.

Midorikawa rimase a fissare il vuoto per un momento: cos'era successo? Com'era possibile, l'avversario l'aveva... Risparmiato?

Il pensiero ferì il suo orgoglio peggio di una lama, ma stranamente era semplice evitarlo, semplice non rodersi il fegato pensando di essere ancora vivo per pura pietà.

Era per via di quegli occhi, capì con sconcerto Ryuuji risalendo sul suo carro.

Certo che era strano.

 

* * *

 

“Non ce la faccio. Io non ce la faccio. Voglio uscire. Voglio uscire!” gridava Endou, passeggiando avanti e indietro per la sua stanza.

Era una stanza bellissima, degna di un re. Le tende di broccato, il letto a baldacchino, i mobili del legno più pregiato...

Ma Endou sembrava non vederli. Era chiuso lì da così tanto tempo, ormai...

Insomma, non chiuso nella stanza. Poteva uscire, girare per il palazzo, se voleva.

Ma a lui non bastava, non sarebbe mai bastato. Lui voleva uscire dalla città, porre fine a quella guerra atroce, durante la quale ogni giorno lui rischiava la vita.

Che tornasse a casa, al sicuro! Endou non riusciva a tollerare quel silenzio, quella mancanza di risate e di spensieratezza che la guerra portava con sé.

Ricordava i pomeriggi a cavallo, in giro per il regno, per i boschi, insieme.

Li ricordava, ma il ricordo non bastava. Lui voleva viverli.

Spalancò la porta con un gesto brusco, intenzionato a fare una passeggiata per il castello, ma appena fu fuori rimpianse amaramente la solitudine della sua stanza: sempre meglio che la compagnia del borioso ed arrogante principe Rococo.

“Mamoru! Ci siamo decisi ad uscire, eh? Vieni, ho una sorpresa per te.” affermò, prendendolo per il braccio e trascinandolo verso le sue stanze.

“Ehi! Stringi troppo!” sbottò Endou, offeso.

“Che caratterino, eh?” rise Rococo, senza allentare la stretta. “Su, vieni e basta. Eccoci.” affermò poi, e spalancò la porta della sua stanza. All'interno stavano cinque ragazze intorno alla loro età, in lacrime e in catene.

“Ne puoi scegliere una.” lo informò Rococo, certo di avergli offerto qualcosa di molto gradito.

Ma non lo sapeva, lui, che Endou e Kazemaru cercavano di avere meno schiavi possibile, cucinando addirittura da soli?

Ed era così divertente... No, Endou ricacciò indietro quel pensiero per concentrarsi sulle ragazze che aveva davanti. Chissà cosa sarebbe successo a quelle che non venivano scelte... Non credeva che le avrebbero rimesse in libertà.

Erano tutte molto carine, ma ad Endou non interessavano certo in quel senso.

Si soffermò su una moretta dai lunghi capelli lilla, lisci, e dagli occhi chiari velati di lacrime. Non poteva essere...

“Fuyuka! Oh mamma, dimmi che non sei tu!” esclamò, teso.

“Ma che... Tu, tu...” mormorò lei, socchiudendo gli occhi.

“Ah, vi conoscete! Vuoi questa?” chiese Rococo, sorridendo malizioso.

Ora sarebbe stato convinto di avergli fatto un regalo, certo. Un regalo, rapendo una delle sue migliori amiche d'infanzia!

“Sì, lei va benissimo.” decretò in fretta.

“Sarà nella tua stanza appena la prepareranno a dovere.” affermò Rococo, strizzandogli l'occhio.

Endou rispose con uno sbuffo: perché doveva essere preparata? Non andava bene così?

 

* * *

La battaglia continuava, impetuosa e crudele.

Shirou non ne poteva più, aspettava solo il tramonto. Con il tramonto la battaglia sarebbe terminata, e lui sarebbe sceso dal carro polveroso e lordo di sangue, si sarebbe tolto quell'armatura opprimente e intrisa di sudore e sarebbe andato nella sua tenda, sdraiato sul letto, inerme.

Certo, sarebbe stato male, molto male, pensando alla sua casa. Ma ci sarebbe stato Atsuya, con lui.

Atsuya era il figlio guerriero che ogni genitore desiderava, Shirou lo sapeva benissimo.

Atsuya sarebbe dovuto diventare re, suo padre non mancava di dirlo alla moglie quando pensava che Shirou non sentisse.

Shirou non se la prendeva poi tanto, in fondo capiva bene: Atsuya era... Bé, era lui.

Era coraggioso, sprezzante del pericolo, era un valoroso soldato.

Ma c'era di più: Atsuya era il suo rifugio, senza Atsuya non sarebbe stato nulla: era lui che lo consolava, lui che lo supportava. Atsuya non avrebbe mai fatto nulla per scacciarlo dal trono, nonostante aveva confessato di desiderarlo.

Desiderava essere re come lui desiderava essere un esploratore: un sogno da bambini, irrealizzabile.

E andava bene così per tutti e due.

Improvvisamente, mentre Shirou spronava i cavalli del suo carro per andare più vicino a suo fratello – nella mischia si erano separati parecchio – una voce lo fermò.

“Il famoso Shirou Fubuki. Ho sentito parlare di te, Grande re. Dicono che tu e tuo fratello siate degli ottimi guerrieri, desideravo da anni battermi con voi.” sogghignò un ragazzo dai capelli albini e dagli occhi freddi.

“Suzuno.” sussurrò Shirou con astio. Chi non conosceva quello spietato principe troiano?
Era noto per la sua spavalderia e per la sua arroganza.

“Sarà un piacere ucciderti.” sussurrò deliziato l'albino, e scesero entrambi dai carri, pronti per il corpo a corpo.

Shirou detestava quel genere di cose, non le sopportava proprio: il lento movimento delle armi, l'odore acre del sangue, uccidere o essere uccisi...

Ma era il momento di spingere tutti i pensieri fuori da sé, come gli aveva insegnato Atsuya. Combattere significava affidarsi ai sensi, non ai pensieri. Più simili a bestie che a uomini, quella era la verità.

E il combattimento iniziò.

Suzuno era veloce, molto veloce, ma anche Shirou non era un principiante: il fatto che ripudiasse la guerra non significava che non fosse stato addestrato da uno dei migliori maestri spadaccini della Grecia.

Schiva, attacca, abbassati, colpisci. Tutto sembrava la ripetizione meccanica di quei movimenti, che danno la nausea, che uccidono dentro.

“Non mi avrai!” gridò Suzuno.

Ma da dove veniva tutta quella voglia di urlare, dove lo prendeva il fiato?

Shirou aveva appena la forza per ripetere quei movimenti così tante volte ripetuti insieme ad Atsuya: schiva, attacca, abbassati, colpisci.

Ma, dopo quelle che parvero ore, qualcosa andò storto.

Combattevano da un periodo di tempo immemorabile, Shirou era sfinito, esausto: faticava persino a reggersi in piedi, quando successe. Suzuno, con un'abile mossa della spada, riuscì a disarmarlo.

La lancia, Shirou l'aveva persa molto tempo prima, e così anche Suzuno. Quindi ora il Re Acheo si trovava solo e disarmato davanti all'avversario, che sorrise malignamente.

“Atsuya... Perdonami...” sussurrò Shirou a mezza voce, quasi un rantolo.

Era la fine, e lui lo sapeva.

“C'è voluto un po' più del previsto, oh Grande re.” disse Suzuno, gettandolo a terra con un colpo di spada diretto al fianco di Shirou. “Ma ne è valsa la pena. Muori!”

 

* * *

 

Kidou Yuuto non era un re famoso, potente, con migliaia di sudditi al suo servizio.

Lui era il Re di una piccola isola all'estremo occidente della Grecia, un'isola di pescatori. Per quanto riguardava la forza, Kidou non eccelleva quanto Midorekawa, né aveva il coraggio di Kazemaru.

Il punto forte di Kidou era un altro: l'intelletto.

Lui era famoso per le sue trovate, per le sue idee, per le sue parole.

Non era raro che riuscisse a sedare una lite che sarebbe sfociata in un'uccisione con un discorso appassionato, né che meditasse arguti tranelli ai danni di coloro che gli avevano reso un torto.

In quel momento, infatti, non si trovava nella mischia come tutti gli altri, no.

Ormai erano anni che assediavano la città di Troia, e ancora quella sembrava splendere di luce e gloria, senza che un solo abitante patisse la fame.

Com'era possibile?

Kidou era arrivato alla sola soluzione plausibile: Troia aveva ancora alleati.

Gli Achei credevano di averli sterminati tutti nei primi anni: ogni città nel raggio di innumerevoli stadi era stata rasa al suolo.

Eppure, qualcuno doveva esserci ancora.

Così il re aveva intrapreso una missione solitaria e segreta nell'entroterra, alla ricerca del luogo da cui i Troiani potevano ricevere rifornimenti.

Viaggiava già da una giornata intera, e stava per rientrare, quando si accorse di un golfo naturale. Stava galoppando lungo la costa, e una volta oltrepassata la collina che gli si parava dinnanzi notò che nel centro del golfo, ben riparata da ogni lato, c'era una città. Com'era possibile che fosse scampata alla loro distruzione? Si avvicinò, circospetto, nascondendo le armi nella bisaccia del cavallo per fingersi un forestiero, ed entrò dalle pesanti porte della città.

La sua bocca si spalancò dalla sorpresa, alla vista di quello splendore: cittadini correvano avanti e indietro per le strade, portando cibarie e varia mercanzia. Dai camini il fumo usciva a fiotti, e niente faceva presumere la guerra che si stava svolgendo a pochi stadi di distanza.

Kidou, circospetto, entrò nel Tempio più vicino per omaggiare la dea Atena, a lui cara.

Non appena fu entrato, però, una voce gli fece gelare il sangue nelle vene.

“Mi chiedevo quando saresti arrivato, Kidou Yuuto.” disse una voce sprezzante.

Dietro di lui le porte si chiusero con un tonfo sordo, e una figura emerse dall'ombra.

“Fudou. Dovevo immaginarlo.” si maledisse l'Acheo, fissandolo con odio.

 

* * *

 

Atsuya... Perdonami...”

Atsuya stava combattendo poco lontano da lì, nella mischia, nel sudore.

Non essendo re non disponeva di un carro per lottare, ma non se ne curava: nel corpo a corpo eccelleva, alzandosi fiero sopra i nemici.

Ma in quel momento sentì chiare nella mente quelle due parole, come se Shirou gliele stesse sussurrando all'orecchio: il suo re, il suo amato fratello, il suo prezioso gemello, era in pericolo!

Con un grido sovrumano, abbatté il nemico che aveva davanti a sé e corse indietro, lasciandosi guidare dall'istinto, da quella forza misteriosa che gli aveva riportato le parole di suo fratello, pensando terrorizzato: “Ho promesso! Non gli deve succedere niente!”

Corse indietro schivando avversari, frecce e lance, finché non lo vide: Shirou, a terra, e accanto a lui il principe Suzuno, la spada sollevata.

Ma era ancora troppo lontano, troppo... Era questione di secondi, di istanti...

“No!” gridò forte, scagliando la sua lancia verso l'avversario.

Bastò a distrarlo, bastò a disorientarlo. Fu un attimo, ed Atsuya conficcò con odio la spada nel petto del soldato, levandogli dalla faccia quell'espressione arrogante. Per sempre.

Fu come se la battaglia intorno a loro si fosse fermata, ogni rumore si fosse interrotto.

Shirou non osava credere a quello che era successo: un miracolo, forse.

Atsuya, lui era ancora più sconvolto: il sangue denso e scuro gli colava dalle mani, gli era schizzato sull'armatura. La sua spada ne era intrisa fino all'elsa.

Voltò di scatto lo sguardo verso suo fratello, per assicurarsi che stesse bene, e sbiancò: il fianco di Shirou, là dove Suzuno l'aveva colpito per spingerlo a terra, era rosso di sangue.

“Presto.” disse secco, prendendolo in braccio e posandolo sul carro. “Andiamo alla tenda. Ora.”

 

* * *

Angolo dell'autrice:

*arriva nascondendosi dietro una corazza* Ok, non so da dove mi sia uscito. È solo che ce l'ho in mente da una vita, e mi sembrava che fosse ora di pubblicarlo...
Intanto, mettete via quei pomodori. Ho la corazza ù.ù
Poi... Insomma, non potevo non far fare una bella figura al mio Atsuya <3 <3
Peròòòò, non credete che Shirou sia una pappamolla. Se esiste come termine. Perché Shirou è abile praticamente come Atsuya, solo che è più uno spirito pacifico, ecco.
Ed era stanco. E stressato. E anche ferito al braccio sinistro, ricordate? ù.ù Quindi, così si spiega tutto.
Poooi, per quanto riguarda Rococo, perdonatemi, non lo sopporto a tal punto che non gli farò fare niente che no navrebbe fatto  Paride. E chiunque ha letto l'Iliade sa che Paride è un fottuto ****. Perciò amen ^^
Ma non seguirò alla lettera il poema, figuriamoci! Inizialmente avevo fatto Midorikawa ispirandomi ad Achille, ma non ho nessun Patroclo... E poi non voglio che muoia ç0ç
Invece Kidou è un po' più ispirato ad Ulisse, il mio preferito di tutta l'Iliade ^^
E no, Endou non è Elena. Un po' di rispetto per il mio Endou. È il migliore lì, perché non ammazza nessuno, non vuole la morte di nessuno, e non è scappato da Kazemaru. È stato rapito, c'è differenza.
Mica come Elena che era andata a spassarsela da sola con il suo Paride <_<
Un'ultima cosa, poi giuro che la smetto. Gli dei. Vi dico già da ora che qui non ci saranno, a parte che "le offerte ad Apollo" o "il tempio di Atena". Perché non mi piace che si mettano in mezzo loro tra le questioni degli uomini. Ciascuno è responsabile delle cose che combina, io credo.
Ecco, ho fatto.
L'ultimissima cosa: per favore, se avete voglia me lo lasciate un commento piccino piccino? *___*
Grazie a chiunque leggerà, recensirà, preferirà e tutte quelle cose che finiscono con rà.
Un bacione, vostra
Emma ^^

  
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