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Autore: Avah    17/03/2013    1 recensioni
Los Angeles, 2000. Una tranquilla famiglia che vive nella grande metropoli americana viene improvvisamente distrutta dal dolore quando un'esplosione porta via con sé una persona fin troppo cara. Le speranze si dissolvono con il passare degli anni, le illusioni sono sempre più frequenti, i miraggi sempre più lontani. Ma sarà veramente così, o c'è sotto qualcosa di più?
Genere: Angst, Drammatico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le lacrime ormai non servono più

È sempre difficile quando si perde una persona cara. Puoi cercare di darti delle spiegazioni, dicendoti “ehi, adesso è là che ti guarda, sta bene”, ma poi capisci che in fondo non ci credi nemmeno tu. E so quel che dico: nella mia vita me ne sono capitate tante, ma in fondo non riesci mai ad abituartici. Alla fine non ti rimane che una strada: andare avanti.

-Ragazzi non siete proprio capaci di stare almeno un paio di giorni senza provocare dei disastri, vero?-.
La donna, con la valigetta di metallo in una mano, passò sotto il nastro giallo con le lettere nere, senza smettere di sorridere.
-Stavolta è colpa loro- disse l’uomo più anziano del gruppo, indicando con un gesto l’altra donna e un altro uomo.
-Davvero?- rise la donna -Madison, non me lo sarei mai aspettato da te!-.
-Ehi, non incolpare me adesso!- si difese l’altra -C’era Ben al volante, io stavo sul lato del passeggero!-.
-Ma certo, adesso è colpa mia!- intervenne l’uomo -Quand’è che smetterò di essere l’ultimo arrivato?-.
-Ok ok, ho capito. Non mettetevi a litigare adesso- la donna cercò di calmarli -Adesso cerchiamo di mettere in ordine questo casino, va bene?-.
-D’accordo- fecero gli altri tre in coro.
-Ma si può sapere che fine ha fatto Mark?- chiese poi la donna, guardandosi intorno.
-Guarda che sono qui- l’uomo chiamato in causa venne fuori, affacciandosi da dietro un’auto -E’ un pezzo che ti sto aspettando-.
-Scusami se ho due bambini di cui devo occuparmi- ribatté lei, raggiungendolo -Non è certamente colpa mia se tu sei ancora scapolo-.
-Ma che simpatica che sei- sbuffò lui -Cerca piuttosto di darti da fare in questo macello-.
-Agli ordini capo!- scherzò lei, mettendosi sull’attenti -Ma ricordati che quando me ne andrò per un paio di giorni in vacanza dovrai cavartela da solo-.
-E quando pensavi di dirmelo?-.
-Non ti riscaldare Mark! È ancora tutto un’ipotesi-.
-Vedi di avvertirmi prima che te ne vai, chiaro?-.
-Ma certo- sbuffò -E comunque non ti accorgerai nemmeno che non ci sono. Sarà tutto normale-.


Già, sarebbe stato tutto normale, la solita routine. Se solo quel dannato giorno non fosse successo quel casino.
Se solo quel dannato giorno fosse andato tutto diversamente.
Se solo quel dannato giorno, a distanza di poche ore da quelle parole, lei non fosse sparita, all’improvviso.
In parte si sentivano tutti responsabili per quello che era accaduto; avrebbero dovuto insistere, fare in modo che lei non intervenisse, che quel bastardo non potesse farle del male. Invece no, erano stati degli idioti, si erano lasciati trasportare dalla fiducia che riponevano in lei, sicuri che non le sarebbe successo niente, che si sarebbe difesa. E invece si sbagliavano, e pure tanto.
Se quel giorno le avessero impedito di agire di testa sua, se fossero arrivati prima, se quella dannata sparatoria non ci fosse stata. Se quel giorno non ci fosse mai stato…
Se, se, se. Erano tutti e soli se. Solo probabilità, possibilità che non sarebbero mai più successe.
La verità era che non si poteva porvi un rimedio, le cose erano andate così. Non si poteva tornare indietro nel tempo, impedire che succedesse tutto, che lei morisse. Il destino aveva deciso così, e loro non potevano farci niente per cambiare quello che era successo. Ormai non rimaneva altro che accettare la realtà, per quanto fosse dura e dolorosa, anche se - forse - solo il tempo sarebbe riuscito a cicatrizzare quelle ferite.

Perché era successo a lei? Perché aveva dovuto sopportare quei dieci anni di lontananza e dolore?
Era stata allontanata a forza, contro la sua volontà, in un momento che era impotente e non poteva impedire che succedesse. Era stata presa in giro, ingannata da una persona che credeva affidabile e che sembrava volerle bene. Le aveva dato una nuova identità, una nuova vita, sperando che non si accorgesse mai di quello che era successo in passato, ma si era sbagliato. Aveva pensato che, magari, tenendole nascosta la verità, sarebbe riuscito a portarla via con sé, senza destare troppi sospetti, ma non aveva dato peso all’unica cosa che era davvero importante.
Aveva rinchiuso quella scatola in un vecchio armadio ormai in disuso, convinto che niente l’avrebbe spinta ad andare a curiosare là dentro, ma si era sbagliato: in cerca di qualcosa che non ricordava nemmeno cosa fosse, aveva trovato proprio ciò che doveva rimanere nascosto.

-Alex dobbiamo parlare- esordì lei, entrando nella stanza senza bussare.
-Scusa tesoro, ma sono occupato- disse, senza nemmeno alzare lo sguardo verso di lei.
Lei tenne a freno la lingua, per non dare in escandescenze, poi si mosse verso di lui e sbatté con forza la scatola di plastica nera, mettendogliela proprio sotto al naso.
Lui spostò lo sguardo da lei alla scatola, e viceversa, capendo che la sua messinscena era stata scoperta.
-Ci lasci da soli, per favore- sospirò, rivolgendosi all’uomo presente nella stanza, che con un gesto della testa uscì.
Lei aspettò di sentire la porta richiudersi alle sue spalle, prima di iniziare a chiedere delle spiegazioni.
-Allora?- disse semplicemente, aspettando che fosse lui a svuotare il sacco.
-Posso spiegarti tutto- disse lui, con tono accondiscende -Dammi solo un secondo-.
-Ho tutto il tempo che vuoi- rispose, con voce velenosa -D’altronde, cosa sono dieci anni di bugie rispetto a un minuto di verità?-.
-Senti, avevo intenzione di dirti tutto- si alzò e cercò di avvicinarsi, ma lei si ritrasse -Davvero-.
-E quando? Quando ormai era tutto finito, quando non c’era più niente da fare? Oppure quando avrei ripreso la memoria? O ancora quando sarei stata talmente lontana da non poter più tornare indietro?-.
L’uomo non rispose; si sentiva terribilmente in colpa e i rimorsi lo stavano divorando dall’interno.
-Mi hai mentito Alex, per dieci anni- continuò lei -Mi hai preso in giro per tutto questo tempo, magari senza domandarti se stessi bene o meno. Non hai pensato a quanto dolore hai provocato alle persone da cui mi hai allontanato?-.
-Ascoltami- l’uomo ruppe il suo silenzio -Quando ti ho ritrovata eri svenuta in mezzo a un bosco, come potevo lasciarti lì? Non ce l’avrei mai fatta-.
-Ma forse qualcuno mi avrebbe trovata, mi avrebbe fatto tornare dalla mia famiglia!-.
-O forse non avrebbe fatto niente di tutto ciò. Chi può saperlo, forse avrebbero abusato di te e ti avrebbero lasciata lì in balia delle bestie feroci. Preferivi questo a qualche bugia innocente?-.
-Qualche bugia innocente?!- ripeté lei, stralunata -Dieci anni di menzogne ti sembrano qualche bugia innocente?!-.
-Se sono servite a salvarti, a fare in modo che per un po’ tu stessi bene, allora sì-.
  
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