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Autore: Summoner Luna    17/03/2013    0 recensioni
E' il solito lavoro per l'investigatore privato Seifer Almasy, fino a quando una bomba bionda entra nel suo ufficio con una richiesta di aiutare suo fratello, che si è innamorato dell'intoccabile Rinoa Heartilly e si è messo in grossi guai con suo padre: il Boss della Banda Caraway. AU, per la challenge Where I Belong.
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quistis Trepe, Rinoa Heartilly, Seifer Almasy, Squall Leonheart
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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AIN'T NO SUNSHINE
scritta da Summoner Luna, tradotta da Alessia Heartilly
III. Deviazione

Pub Maverick's, 4 e 5 aprile. L'anno scorso.

"Signorina Heartilly, adesso è il momento buono per darmi quell'informazione promessa nella lettera."

Posso a malapena distinguergli la bocca dal naso, ma so che l'uomo davanti a me sta per perdere la pazienza, e non lo biasimo nemmeno un po'.

Aspiro ancora dalla sigaretta che ho in mano, e ringrazio le stelle che sia buio e che lui non possa vedere quanto odio farlo. Ma ho qualcosa da provare, qui, e non ho paura di lavorare con quello che ho.

"Tra quanto si aspettano che ritorni?" chiedo, e faccio sembrare la mia domanda un ordine.

Non riesco a vederlo in viso, ma posso percepire che socchiude gli occhi per l'irritazione. So che è l'uomo giusto per il lavoro, lo so e basta. Non c'è nulla della sua reputazione che mi dica il contrario. Ma eccomi qui, da sola con lui al buio, e per quanto ne sa lui, del tutto al comando, e cerco di non tremare di paura.

"Sono qui finché ti servono i miei servizi," dice soltanto, e colpisce qualcosa in me che io seppellirei all'istante. Gli soffio ancora un po' di fumo in faccia e spero che distragga lui quanto distrae me.

"Signor Leonhart, immagino che tu sappia chi sono?"

Lui tace. "Sì."

"Beh, ci evita un bel po' di problemi. Siediti. Ho molto da dire."

Spengo la sigaretta e mi lascio cadere sull'ultimo gradino della scala che porta al bar. C'è un movimento, e riesco a vedere il fantasma del viso di Leonhart che si lascia cadere a terra. Immagino, ecco il Garden. Ordini che si siedano, e si siedono. So che c'è una sedia qui da qualche parte, ma lui non chiede, e io so solo che se provo a cercarla farò cadere qualcosa o cadrò io stessa, e tutta questa faccenda sarà per niente.

Lui aspetta. Il Garden di certo è qualcosa di particolare.

Di sopra sento la band della serata iniziare la prima canzone, e poi il tum tum dei piedi di chi balla. Dappertutto a Deling la gente si sta divertendo, ed eccomi qui, con tutta la città ai miei ordini, nascosta in una cantina con un uomo che preferirebbe essere altrove. Penso alle prime volte che ho sentito il suo nome, dopo che qualcuno degli uomini di papà non è tornato da un lavoro.

"Il Garden?"

"Combinazione fratello-sorella, per quel che ho sentito. La dama ti affascina e suo fratello ti mette al tappeto prima che tu te ne accorga."

"Hai un nome?"

"Solo lui. Leonhart. Quei ragazzi non hanno avuto una minima possibilità."

Nulla nella sua voce tradisce il killer di cui i tirapiedi di papà hanno paura, ma immagino che sia semplicemente parte del Garden. Saranno tutto quello che tu vuoi che siano, ed ecco perché papà li tiene vivi.

E per me va benissimo.

"In questo caso sarò molto diretta con te, signor Leonhart. Mi conosci. Ma anche io ho sentito parlare di te, e conosco la tua reputazione. Hai sconfitto più di uno dei ragazzi di mio padre, e potrei aver bisogno che tu ne sconfigga altri. Ho vissuto in quel mondo per tutta la mia vita, ed era ora che me ne andassi. Ho cercato di andarmene da sola, e papà lo scopre, mi riporta indietro, e si assicura che chiunque sia stato sorpreso ad aiutarmi se la veda con i coltelli. Quello che mi serve da te è il tuo aiuto a scomparire. Uccidimi se devi, basta che io ne esca. Non è una vita a cui intendo tornare, una volta che ne sono uscita."

Il silenzio è la sua risposta, e nonostante lo conosca da poco tempo, non ne sono sorpresa. Lui non fa domande, ma porta a termine il lavoro, ed è tutto quello che mi serve.

"Mi stai chiedendo di fare un piano, o di aiutarti con uno che hai già?" chiede infine.

"Ha importanza?"

"No. No, credo di no."

"Bene."

So che ci stiamo fissando, e continuo a guardarlo fino a quando sono abbastanza sicura che abbia distolto gli occhi per primo.

E poi inizio a parlare. Gli dico di papà e dei discorsi che sento in casa sua. La gente che va e viene, che papà chiama sempre "vecchi amici". Come mi ha insegnato a far bruciare la polvere da sparo prima che riuscissi a camminare con i tacchi. Come sparisca per settimane appena prima che qualcuno tiri le cuoia e poi ritorni come se non fosse successo nulla.

Parlo di me, e di cosa faccio per tirare avanti. E poi parlo della mamma, e dei giorni ormai lontani. Le storie che mi raccontava, e la vita che so che avrei potuto avere.

Non gli parlo di come penso che sia morta la mamma. Non ancora.

Ad un certo punto della notte la musica di sopra si ferma, e i passi sul soffitto tacciono. La luce sotto la porta infine si spegne, e si accende quella blu della cantina.

Ci vediamo l'un l'altra per la prima volta, anche se non c'è molto da vedere in questa spettrale luce blu.

Mi aspettavo che fosse bello, di certo. L'aspetto, dopo tutto, va in una certa direzione verso un lavoro completato. Ma non mi aspettavo che fosse così bello, o così giovane - insomma, ha la mia età!

Ha ancora l'uniforme nonostante l'ora, e ascolta la mia storia senza battere ciglio. Persino seduto per terra, tiene la schiena dritta come un fuso, e l'unica maniera in cui capisco che sa che la luce è accesa sono i suoi occhi che guardano il mio vestito per intero.

Quindi, mi alzo - e mi prendo davvero tutto il tempo per lasciargli vedere tutto il corpo, mi stiracchio e sbadiglio.

"Sono stanca, signor Leonhart," dico. Inizio a guardarmi intorno nella cantina come se gli stessi dando il permesso di fare lo stesso e vedere i cuscini nell'angolo in cui so che si trovano già. "Non è sicuro per me andare a casa a piedi a quest'ora. Vorrei dormire un'ora o due. Ti dispiace fare la guardia?"

Lui vede i cuscini e si avvicina, a labbra strette, e con gli occhi nascosti nelle ombre.

Per favore, voglio piacerti, penso. Non sono così ingenua - so cosa pensano di me gli uomini di questa città. Ma so che cosa si dice di Leonhart, e non posso evitare di preoccuparmi che forse sia troppo dedito al suo lavoro.

"Sicura che questo posto sia sicuro?" chiede, esaminando la cantina. Tutto quello che riesco a vedere sono scansie di bottiglie di whiskey e una scrivania nell'angolo piena di documenti di contabilità, e mi chiedo perché pensi che non lo sia.

"Svegliami tra due ore," gli dico, e mi sistemo sui cuscini. Sono sollevata che non cerchi di unirsi a me, e sorpresa di scoprirmi un po' delusa. Ma sono venuta da lui per potermi allontanare da mio padre.

E questo è tutto.

Giusto?

*~*~*~*~*

Pub Maverick's, 29 marzo. Oggi.

Il Maverick's è dall'altra parte della città rispetto al mio ufficio. Non parto troppo presto, dato che lui non fa mai nulla per pranzo, sempre che si preoccupi di aprire. La cartellina è un peso nella mia valigetta, e i soldi bruciano nella mia tasca.

Non intendo spenderli però, se non devo. Non ancora. I soldi con legami così stretti semplicemente non si spendono allo stesso modo.

"Almasy!"

Il Maverick's è gestito da un gatto di nome Kinneas, il cui accento è forte quanto la sua birra. Vengo qui sin da prima del mio congedo, ed è la mia fonte preferita sia di informazioni che di ubriachezza, e mi ha visto in entrambe le occasioni parecchie volte.

"Kinneas." Mi siedo e lui mi mette davanti un bicchiere che luccica di rosso ancora prima che abbia finito di sedermi. "Sei un brav'uomo."

"Il migliore." Si toglie il cappello e si prepara un bicchiere come il mio. Facciamo un brindisi e beviamo.

"Quindi immagino che tu non sia venuto qui solo per una pinta?" Dà un colpetto all'orologio dietro di lui, ed è a malapena passato mezzogiorno.

"È stata una lunga giornata, Kinneas."

"Bevute a qualsiasi ora, Almasy. Ma vedere il tuo muso così presto? Ci sono guai in vista."

Mi guardo intorno nel pub vuoto, e colgo l'occasione finché ce l'ho. "Un giorno verrò qui per una bevuta tra amici e nient'altro, e tu non saprai cos'è successo," gli dico.

"Eggià. E io condividerò quella bevuta e brinderò a molte altre a venire." Kinneas sorride e io faccio una smorfia.

"Aprile. Lo scorso anno," gli dico, e la sua espressione si fa più scura. "So che tieni in quella cantina più cose che me quando ho bevuto una pinta di troppo, e so della porta segreta. Allora, che c'è sotto?"

I suoi occhi si spostano come i miei hanno fatto poco fa, e si sporge in avanti. "Niente porta segreta, amico, e sai perché."

Fino a questa mattina, lo sapevo. Qualche mese fa, i piedipiatti hanno cominciato a cercare in ogni via che trovavano posti in cui potevano nascondersi tipo poco piacevoli. Ho sempre saputo che c'era un qualche motivo dietro, solo non avevo mai immaginato che fosse un uomo del Garden e una gonnella con la luce delle stelle nella voce.

"Ah sì?" dico, e bevo un altro sorso, e accendo una sigaretta. "Sembra che circa un anno fa tu avessi ospiti frequenti, qui."

Kinneas si guarda ancora intorno nel bar, prima di andare infine alla porta e chiuderla.

"In cosa stai ficcando il naso, Almasy? Voci come quelle vedono presto uomini morti."

Tolgo dalla tasca parte dei soldi della signorina Trepe, e li metto sul bancone. Kinneas spalanca gli occhi e gli allungo una delle banconote. "Ho una gonnella bionda che pensa che sia molto importante che io sappia qualcosa su quello che tenevi nel bar."

Kinneas guarda la banconota e poi la lascia cadere di nuovo sul bancone. "Non ti permetterò di pagarmi per farti ammazzare."

"Allora dimmelo gratis." Kinneas cederà. Fa sempre questi giochetti, e io vinco sempre. Dice che mi fa un favore, e forse è così. Ma so che gli piace avere informazioni tanto quanto gli piace scodellarle.

Mette un altro bicchiere sul bancone e ha gli occhi che luccicano. È tutto un gioco per lui.

"Lo scorso aprile, dici?"

Annuisco, vuoto il primo bicchiere, e lo spingo verso di lui.

"Mi ricordo in effetti di una ragazza che conoscevo che mi chiedeva se potevo tenerle aperto per una volta."

"Ricordi molto di questa ragazza?"

"Una bella pupetta letale."

"Letale, eh?"

Kinneas mi fa l'occhiolino e grugnisco.

"Ti ha detto il perché?"

"Non ho l'abitudine di chiedere motivi, Almasy. Una bella ragazza dice che le serve aiuto, io aiuto." Guarda intensamente le banconote che sono ancora sul bancone e sorride.

"Altro su questa ragazza che dovrei sapere? Ha avuto compagnia mentre era qui sotto?"

"Sono affari suoi. Dice che le serve un posto, io le do un posto e non mi preoccupo di controllare."

"Non sei d'aiuto."

Lui ride.

"Ho poco tempo, Kinneas. Qualsiasi compagnia abbia avuto potrebbe restare impiccato da un momento all'altro. Ora, mi aiuti o no?"

La sua risata muore in fretta e mi guarda seriamente per la prima volta. "No."

"Sì. Ora dimmi dove trovare questa tipa."

Kinneas scrolla le spalle e sembra quasi che gli dispiaccia davvero. "Non posso aiutarti in questo. I piedipiatti hanno iniziato a girar per cantine, e non la vedo da allora. E se hanno preso quel ragazzo, sarà a terra."

"Tutto lì?"

"Le piace ballare. Viene sempre qui a ballare finché mi dice che le serve il mio aiuto."

"Ballare non è esattamente discreto."

"E il teatro. È tutto quello che ho."

Ricordo le parole nella sua lettera. "Il tempo è la distanza più lunga tra due posti." Qualcosa mi sembra familiare, e mi viene in mente che è di uno spettacolo teatrale.

"Era ora che mi dicessi qualcosa di utile." Finisco la birra e lascio una mancia che è il doppio del prezzo delle bevute. Kinneas annuisce e mi accompagna alla porta.

"Non voglio rivederti qui presto, Almasy. Ti stai facendo coinvolgere da cose più grandi di noi, ed è meglio tenerle fuori dal pub."

"Grazie della birra, Kinneas." Gli metto una mano sulla spalla, e poi me ne vado senza guardarmi indietro. Ha messo la sua vita in pericolo per me già abbastanza, non sarò io a mettergli Caraway alle calcagna.

Faccio il giro lungo per tornare, mi fermo da I Vecchi Guardiani, e sono felice di vedere che stasera c'è la prima di una spettacolo che sembra proprio per la signorina Heartilly. Compro due biglietti, e spero che alla signorina Trepe piaccia il teatro.

*~*~*~*~*

Il Garden, 2 maggio. L'anno scorso.

È passato quasi un mese da quando ho incontrato la signorina Heartilly, e non l'ho più sentita da allora. Non posso dire di non essere stato preoccupato - per lei, e per me. Per quanto ne so c'è una sola strada per lasciare i Caraway, e parlare di andarsene è un buon modo per trovare quell'unica strada.

So che è ancora viva, o almeno così ho sentito. Ma se il suo paparino ha scoperto che parla con il Garden, non so dire dove potrebbe tenerla, o chi potrebbe mettere alle calcagna di chi si offre di aiutare la sua principessa nella fuga.

Quindi non posso dire di non essere preoccupato. Mi piacerebbe dire di essere sollevato. Elle di sicuro era contenta di vedermi quando sono tornato a casa quel giorno, ed è stata felice di vedermi passare là più tempo in generale. Non ho detto a lei o a Quistis del lavoro Caraway, e non intendo farlo. Potrei dire che adorerei non sentirla mai più.

Ma poi penso a come sembravano spaventati i suoi occhi quando si è accesa la luce, e a come la ragazza coricata là a dormire non era la principessa di Caraway, ma una persona nei guai che non aveva chiesto ciò che le era stato dato.

La verità è che ho pensato a come aiutarla, anche se non la sento da un mese. Il tempo che ha è limitato, e se sopravviveremo entrambi a questo non la lascerò pensare a tutto da sola.

Allora, che cosa so dei Caraway?

So che non amano il Garden più di quanto noi amiamo loro, ma ci lasciano stare perché hanno bisogno di noi. Io e Quistis siamo stati ingaggiati da loro più di una volta per lavori da fare fuori città, e non è il tipo di lavoro che voglio prendere se non sono obbligato. L'unica cosa buona è che non sanno chi è a fare il lavoro, finché è fatto bene.

So che da quando hanno preso il potere in questa città nessuno ha mai sentito di qualcuno che li ha lasciati. E la ragazza? Uomini sono morti solo per averle parlato. Ha detto "uccidimi se devi", e potrebbe non essere troppo lontano da quello che dobbiamo fare.

Nell'ultimo mese non ho trovato molto che non sappia già su di loro. Ma c'è una storia con sua madre, qualcosa che Caraway non vuole che si scopra. E ho la sensazione che sia la nostra leva. Ho cercato di scoprire di più per me stesso, ma qualsiasi cosa sia successa con la madre è un segreto che i Caraway non divulgano, quindi per adesso me ne starò semplicemente ad aspettare, e spero che giri voce se succede qualcosa alla ragazza.

Sto per uscire dall'ufficio a fine giornata per incontrare Elle per cena, quando una messaggera mi incontra in corridoio fuori dalla porta con un unico biglietto. Non ho bisogno di leggerlo per sapere di chi è.

"Grazie," le dico, e rientro dalla porta che stavo per chiudere.

Sotto il cielo nero di mezzanotte.

L'appunto è su carta semplice, scritto a mano e senza firma. Cielo nero di mezzanotte?

La luna nuova. Le piacciono davvero gli indovinelli. Beh, almeno questo deve voler dire che è al sicuro.

Brucio l'appunto prima di lasciare l'ufficio, e mi viene in mente che la luna nuova è stanotte.

*~*~*~*~*

I Vecchi Guardiani, 29 marzo. Oggi.

"Non avrei mai pensato che il teatro fosse da te, signor Almasy," dice la signorina Trepe quando le comunico dove andiamo. "Come sapevi dove trovarmi?" aggiunge, con un sorriso negli occhi che non si abbina del tutto all'ordine nella sua voce.

Ha un cappotto scarlatto che le arriva alle caviglie, con i riccioli biondi che le danzano sul collo in maniera molto affascinante.

"Sapere come trovare le persone fa parte del mio lavoro, se hai notato," rispondo, e le offro il braccio mentre camminiamo sul marciapiede. Lei sta a cinque isolati da I Vecchi Guardiani, in un edificio che riconosco a vista, e c'è una nota nell'aria che è quasi abbastanza calda da ricordare che la primavera è in arrivo.

"Ti sto pagando per un lavoro, signor Almasy, non per piacere. Immagino ci sia un motivo per questo piccolo diversivo?"

"Mi sono ritrovato con un po' di soldi extra. Sembra che una notte in città possa fare bene a entrambi." Sollevo un sopracciglio e sorrido, e lei socchiude gli occhi. "So come fare il mio lavoro, signorina Trepe. Ora, un po' di fiducia potrebbe portarti lontano."

"Bene," ribatte lei. "Allora, cosa mi stai portando a vedere?"

"Qualcosa su un tram." Sono un po' più interessato a chi sarà tra il pubblico rispetto a chi sarà sul palco. "Vuoi dirmi un po' di più sul perché vivi dove vivi?"

"Non proprio." Il suo tono è la fine della conversazione, ma io non cedo.

"Non ti sto chiedendo di soddisfare la mia curiosità, signorina Trepe. Ma mi hai già fatto ficcare il caso in un paio di cosette che potrebbero farmi ammazzare, e ora scopro che vivi in un posto con Loire che praticamente sta seduto sul tetto. Hai legami con quella famiglia, devo sapere quali sono."

"È una domanda a cui sarà meglio rispondere un'altra volta, signor Almasy." Ci stiamo avvicinando al teatro e la folla inizia ad aumentare, ed è solo per questo motivo che lascio perdere.

Non è il nome che era una volta, ma l'eredità di Laguna Loire è ancora abbastanza forte da lasciare i suoi edifici forti e orgogliosi in questa città. Una volta era il più grande magnate del giornalismo che Deling avesse mai visto, fino a quando gli hanno sparato in pieno giorno per ragioni che nessuno ha mai chiarito. Tutta la città sa che è stato Caraway, ma è il perché il vero mistero. Di sicuro ha reso il suo nome una fortuna per le vendite degli arretrati, dato che chiunque sapesse leggere ha iniziato a compare i suoi giornali per vedere che storia doveva aver raccontato per essere ammazzato così.

All'improvviso qualcosa sui soldi che la signorina Trepe può gettare in giro ha molto più senso, e lei mi zittisce con uno sguardo ancora prima che io apra la bocca, come se sapesse cosa ho appena capito.

Abbiamo posti in un palchetto, e prendo il cappotto della signorina Trepe e quasi lo mollo a terra quando vedo quello che ha addosso sotto. Un vestito rosso lungo quanto il cappotto, con uno scollo che le disegna una V sul petto. I capelli sfiorano le spalle nude, e cerco di distrarmi con il suo cappotto, sistemandolo sulla sedia dietro di lei. Si è assicurata che chiunque degno di nota presti attenzione a lei e non a me, e non ho nemmeno dovuto chiedere.

"Quindi, intendi guardare questo spettacolo stasera?" chiede, sedendosi e guardando il pubblico.

"Guarderò quello che mi serve."

Le luci si attenuano e si alza il sipario, e non potrei dire di cosa tratta lo spettacolo. È quasi l'intervallo quando finalmente la trovo, seduta appena a sinistra dal centro, seconda fila mezzanino. Bei posti, ma probabilmente non quello a cui è abituata una ragazza con i suoi standard. È con un uomo che non conosco, spalle larghe e biondo con un brutto tatuaggio sulla faccia che vedo persino al buio.

Le luci si accendono e li indico alla signorina Trepe.

"Lei sa chi sei?" le chiedo.

La signorina Trepe li sta guardando con un'espressione che non so decifrare. Per un secondo, penso che potrebbe correre là e vendicarsi della situazione di suo fratello lì, nel mezzo dei 'Guardiani'. Poi sembra sollevata, e poi sembra che stia per piangere.

Donne.

"Beh?"

"L'ho incontrata una volta. E non è passato molto tempo."

"Bene."

Mi alzo e tiro la signorina Trepe in piedi, così che quasi mi casca addosso, e premo le labbra con forza contro le sue.

Sa di cannella, e io quasi dimentico che non è per piacere, finché sento qualcuno boccheggiare da un palco vicino ed è quasi abbastanza forte per l'effetto che volevo.

La signorina Trepe si ritrae e le faccio l'occhiolino, e faccio un cenno con la testa verso il mezzanino. Infatti, abbiamo catturato l'attenzione di più di uno spettatore, inclusa la signorina Heartilly stessa.

A loro credito, nessuna delle due donne dà a vedere di conoscere l'altra. La signorina Trepe si scusa e vedo la signorina Heartilly fare lo stesso, e sono tornate entrambe prima che si alzi il sipario.

"Se è venuta a cercarmi, non mi ha trovata," dice la signorina Trepe sedendosi, e noto con interesse che ha ancora le guance rosse.

"Ma ti ha vista," dico. Continuo a guardarli per il resto dello spettacolo, e noto con soddisfazione che lei dice qualcosa all'uomo con lei, qualcosa che sembra metterlo sulle spine.

Non mi preoccupo di cercarli quando lo spettacolo è finito.

A due isolati da casa sua, la signorina Trepe rallenta.

"Non è il mio vero fratello," dice. "Non di sangue, comunque. Ma lui e io siamo stati al Garden insieme fin da piccoli, e il vecchio mi ha accolta dopo che i miei genitori sono stati uccisi. È entrato al Garden con il cognome di sua madre per non attirare l'attenzione, ma anni fa lo avresti chiamato Loire. E adesso che lo sai, apprezzerei che non ne parlassi più."

"Non una parola, signorina Trepe."

Siamo alla sua porta ormai, e le bacio la mano e la faccio entrare. Lei non sembra affatto felice di quello che mi ha appena detto, e io non sono affatto felice di quello che ho appena sentito.

Quindi Leonhart non è solo un uomo del Garden, ma è l'unico figlio di Loire. Caraway ha preso un pesce grosso stavolta, e tirarlo fuori è appena diventato ancora più difficile.

   
 
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