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Autore: Summoner Luna    13/09/2012    0 recensioni
E' il solito lavoro per l'investigatore privato Seifer Almasy, fino a quando una bomba bionda entra nel suo ufficio con una richiesta di aiutare suo fratello, che si è innamorato dell'intoccabile Rinoa Heartilly e si è messo in grossi guai con suo padre: il Boss della Banda Caraway. AU, per la challenge Where I Belong.
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quistis Trepe, Rinoa Heartilly, Seifer Almasy, Squall Leonheart
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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AIN'T NO SUNSHINE
scritta da Summoner Luna, tradotta da Alessia Heartilly
II. La lettera

Il Garden, 4 aprile. Venerdì. L'anno scorso.

"Un altro per lei, signore."

Una nuova recluta sta nervosamente alla porta, e io le faccio di entrare, allungando una mano per prendere la busta che mi ha portato.

"Mi dispiace, signore. So che è tardi." La recluta sembra sinceramente dispiaciuta, e io scrollo le spalle, tenendo la cartellina e aspettando che se ne vada. Le ci vuole un secondo più di quanto mi piacerebbe perché capisca, e quando esce sembra imbarazzata. Scuoto la testa e mi chiedo perché così tanta gente qui vuole la conversazione insieme al lavoro.

Guardo la cartellina e mi acciglio, e considero l'idea di aspettare domani per aprirla. È tardi, comunque. Ma poi penso al viso di mia sorella quando l'ho congedata in fretta prima, e immagino che il lavoro sia una buona distrazione. Oltre a questo ho anche la sensazione molesta che qualsiasi cosa abbia in mano potrebbe non avere modo di aspettare.

Dentro la busta c'è una lettera, e prova che il mio istinto è corretto.

Signor Leonhart,
ho scelto te perché dicono che tu sia il migliore. Mi trovo in un guaio, e ho bisogno dell'assistenza della tua organizzazione, o più precisamente, di te. Temo di non poterti dare dettagli qui, ma voglio incontrarti subito. Ho già pagato il Garden, e posso darti altro quando ci incontreremo. Sarò al molo appena dopo la dieci, ma non potrò fermarmi a lungo. Vieni da solo e sii discreto. Ti spiegherò tutto di persona.
"Il tempo è la distanza più lunga tra due posti."
-R.H
.

L'orologio segna le nove e quarantasette, e ci sono quindici minuti di corsa fino al molo se non miro ad evitare attenzione. Piego la lettera e me la metto nella tasca del cappotto, dirigendomi alla porta.

*~*~*~*~*

Arrivo cinque minuti dopo le dieci ed esamino la zona, frustrato che questa cliente non mi abbia dato un solo dettaglio fisico da cercare. Sto per arrendermi, quando vedo una figura magra avvolta in un lungo cappotto sparire nelle ombre, e so che è il mio segnale.

Vado avanti. La donna allunga il passo come se sapesse che è seguita. Parlo non appena lei svolta in una viuzza.

"Il tempo è la distanza più lunga tra due posti."

La donna non si ferma, ma rallenta abbastanza da permettermi di raggiungerla. "Hai avuto la mia lettera," dice, e continua a camminare.

Annuisco, irritato dal fatto che non mi lasci vedere il suo viso. Si ferma infine accanto a un vecchio cassonetto e giuro che scivola nel muro. La fisso, confuso, e in pochi secondi una mano mi avvolge la caviglia nel buio e mi tira sotto la strada.

Quindi. Una porta trappola.

"Signor Leonhart?" Ha la voce affrettata, e con la luce delle stelle dentro. Mi pulisco l'uniforme e sistemo un'espressione neutrale, nonostante il buio del... dell'ovunque siamo.

"Chi sei?"

"Una persona nei guai."

C'è una sottile striscia di luce che arriva da qualche parte al di sopra delle nostre teste; immagino sia una porta in cima alle scale. Noto con fuggevole sollievo le tenui forme della stanza, che diventano riconoscibili man mano che gli occhi si abituano. Lei è a circa un metro di distanza di fronte a me, e il suo viso riluce come quello di un fantasma.

"Che tipo di guai?"

"Il tipo che ti fa ammazzare." C'è paura reale nelle sue parole, e io rilasso la mano che ho posato sull'acciaio nascosto sotto la mia giacca sin da quando mi ha tirato nella cantina.

"Dove siamo?"

"È un bar. È di un vecchio amico, ed è meglio non dire il suo nome. Ho bisogno di sapere se posso fidarmi di te."

Fidarsi di me? Penso, valutando i contro. Questa tizia mi manda una lettera chiedendomi di incontrarla con a malapena il tempo sufficiente per arrivare, e poi mi tira in una cantina e non mi dice dove sono. La mia fiducia in lei non sembra essere il problema.

"Signorina, di qualsiasi cosa hai bisogno, se hai fatto accordi con la mia organizzazione, la mia integrità non sarà un problema."

Lei ride, e sembra una campanella. Raddrizzo le spalle, assumendo una facciata di irritazione davanti al fascino.

"Sapevo che eri l'uomo per questo lavoro."

Un fiammifero si accende nel buio e lei lo tiene davanti a sé mentre si accende una sigaretta, e mi dà una visuale chiare del suo viso. Occhi neri riflettono la fiamma, e sorride un sorriso che brucia con altrettanta luminosità. Ho affrontato alcune delle cose peggiori che questa città ha da offrire, ma questa signora mi fa quasi indebolire le ginocchia, e non solo per il suo aspetto.

Mi fa l'occhiolino mentre soffia sul fiammifero, e disegna sentieri nell'aria con la sigaretta.

"Chiamami signorina Heartilly," dice, con quel sorriso ancora nella voce.

Trovo la sua mano nel buio e la stringo, e guardo la sigaretta farsi più luminosa mentre lei aspira. Il fumo si muove intorno al mio viso e nel mio naso, ma mantengo un contegno.

Heartilly. Può cambiare cognome, ma quel viso è il più desiderato e il più temuto di tutte le tizie di Deling City. Persino al Garden ho sentito pettegolezzi, i sussurri che lei voleva tirarsene fuori, e ho guardato con disinteresse le discussioni che nascevano su chi sarebbe stato il suo cavaliere bianco.

La principessa di un capobanda.

"Heartilly," ripeto infine, e le lascio la mano. "Adesso è il momento buono per darmi quell'informazione promessa nella lettera."

*~*~*~*~*

Il Garden, 5 aprile. Sabato.

Il sole sorgerà presto, e ho fretta di arrivare in ufficio prima che qualcuno mi veda. Presto Quistis sarà qui e vorrà sapere perché non sono tornato a casa ieri sera, e il fatto di aver passato la notte in ufficio è più credibile se nessuno mi vede entrare.

Ce la faccio senza problemi e chiudo la porta, e vado dritto alla caffettiera vicino alla finestra. Senza il sole di fronte, mi vedo riflesso nel vetro, e socchiudo gli occhi guardando l'uomo con un'ombra da cinque di mattina e capelli in disordine che mi fissa a sua volta. Primo giorno di questo caso, e questa ragazza già non rende le cose facili.

Ho chiesto informazioni, e, oh, me le ha date. Deve aver parlato per quasi quattro ore prima di dire finalmente che voleva dormire, e mi ha chiesto di restare nella cantina con lei e di svegliarla prima dell'alba.

Il cielo si fa azzurro e qualcuno bussa alla porta. Mi prendo il mio tempo di vuotarmi una tazza di caffè, sapendo già chi è.

"Lunga notte?" Quistis non aspetta che io risponda prima di scivolare nella stanza, e inizia a cercare tra i documenti sulla mia scrivania.

"Non sono-"

"-Affari tuoi. Sì, lo so. Tranne per il fatto che ogni volta che non torni a casa, sono io quella che deve restare sveglia con Elle per convincerla che non ci sei rimasto secco, ancora."

"Sei stata tu ad incoraggiarmi ad accettare questa promozione. Hey - ti dispiace?" Non contenta dei fogli sulla scrivania, è venuta verso di me e ha cominciato a cercarmi nelle tasche. Faccio un passo indietro, e le porgo il caffè come distrazione.

"Grazie," dice, e il suo viso si rilassa dopo averne bevuto un sorso. Sembra stanca, e io sono preso dal senso di colpa.

"Come sta?"

"Va' a chiederglielo tu stesso. Non la vedi da tre giorni." Siamo tornati al litigio di ieri, e sono troppo stanco per discutere.

"Bene. Passerò oggi."

"Mi dirai cosa ti ha trattenuto tutta la notte?"

"No," dico.

"Di sicuro vorrei che mi dicessi un giorno che si tratta di una donna, così potremmo smetterla tutti di preoccuparci."

Non mi preoccupo di rispondere e lei inizia a ridere. "Certo, conoscendoti, non saresti felice di una gonna, a meno che lei ti causi più problemi del tuo lavoro."

Si è avvicinata troppo al punto, e rifletto sul bar che la signorina Heartilly mi ha promesso essere sicuro. Nulla del suo caso mi fa sentire al sicuro, e ho pensato più di una volta da quando l'ho vista in faccia che sta lavorando per il suo vecchio, dopo tutto, e che questo non è altro che Caraway che spera di levarmi dal Garden. Ho sconfitto più di uno dei suoi uomini, e tregua o non tregua, so che sono una spina da cui sarebbe ben felice di essere libero.

"Sei venuta qui solo per controllarmi?"

"Mi assicuro solo che tu sia ancora vivo, fratellino."

"Beh, adesso lo sai. Tornerò a casa più tardi."

Non sembra che lei mi creda, e non posso dire di biasimarla. Non è che non voglia vedere Elle. Semplicemente non sopporto il modo in cui mi guarda da quando mi sono trasferito di sopra. Odio vederla così preoccupata.

Quistis lancia un'altra dura occhiata alla mia scrivania mentre se ne va, e una volta che la porta si chiude, tolgo la lettera della signorina Heartilly dal cappotto e la leggo di nuovo. Poi mi siedo, e inizio a scrivere tutto quello che mi ha detto.

*~*~*~*~*

Centro di Deling, 29 aprile. Mercoledì. Oggi.

Poso il primo blocco di appunti nella cartellina della signorina Trepe e mi verso un'altra tazza di caffè. Non molto finora, ma il faldone è spesso, e almeno ho qualche nome.

E un posto.

Conosco il bar in cui l'ha portato la Heartilly, e conosco il tipo che lo gestisce. Mi sono nascosto io stesso in quella cantina più di una volta, e lei dice che il tipo è un suo amico. Controllo l'orologio. Aprirà tra un'ora, e sento il bisogno di una pinta.

Torno ai fogli e aspetto fino a quando posso andare.

*****
Nota dell'autrice: la frase usata come parola d'ordine è di Tennessee Williams, tratta da The Glass Menagerie.

   
 
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