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Autore: Cherrie_2709    18/03/2013    2 recensioni
-Madre...Padre...ho una richiesta da fare-
"Oddio no" pensò Flora
Federico si inchinò ai suoi piedi -Flora, amore mio...-
La tensione nella stanza era palpabile.
-...vuoi sposarmi?-
Silenzio. Silenzio totale. La ragazza stava ascoltando il suo cuore. Sapeva cosa le stava dicendo, ma aveva paura di dar voce ai suoi sentimenti. Prese un bel respiro e si preparò a rispondere. Ma qualcun'altro lo fece per lei.
-NO!- gridò Ezio, senza pensarci due volte.
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ezio Auditore, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Bene, bene, bene. Mi scuso, però dai, almeno non ci ho messo un mese u.u A parte gli scherzi, mi sono dimenticata di dirvi, la scorsa volta, che io sto trattando Caterina Sforza già come reggente di Forlì assieme al marito, anche se in realtà lo diventò in seguito. Ho dovuto apportare questa modifica all'historia, perdonatemi. Comunque ecco qui il nuovo capitolo :) E da non dimenticare Flora's Secret su facebook ^^

Il mattino seguente, la ragazza fu svegliata da un gallo che cantava. Lo sentì più e più volte prima di aprire gli occhi. Era rimasta a dormire sul divano, per non far scomodare nessuno dal proprio giaciglio, e la finestra della stanza dava direttamente sul pollaio. La prima cosa che vide risvegliandosi fu Simona, che lavava alcune ciotole e piatti: lei, Gabriele ed Emanuele dovevano aver già fatto colazione. Sul tavolo di legno, attorno a cui erano seduta la sera prima, stavano ancora delle stoviglie. Sul piatto delle uova sode fumanti.
-Buongiorno, giovane Flora. Spero che per colazione vi piacciano latte di capra e uova sode-
-Oh- la ragazza osservò per un po’ la tavola, pensando che forse stava approfittando un po’ troppo di quella famiglia –Io…certo, certo che mi piacciono, ma non era necessario che li preparaste, ho con me del cibo-
-No, no, no. Siete nostra ospite e come tale mangerete il cibo che decidiamo di offrirvi- disse come una madre apprensiva –Sedetevi e mangiate-
Lentamente Flora si alzò e si stropicciò un po’ gli occhi. Doveva ammettere che le uova avevano davvero un aspetto invitante, addirittura da sembrare finte. La maniera in cui aveva vissuto, sin dalla morte dei suoi genitori, le aveva insegnato ad apprezzare il cibo e così, anche se nei due anni alla villa era stata abituata al meglio, quella colazione le sembrò un vero dono. Una volta sedutasi, ingurgitò velocemente il latte e, creando diverse briciole, fece lo stesso con le uova.
-Mamma mia- esclamò Simona –Facevate la fame prima di venire qui?-
-A dire il vero no, per niente. E’ solo che questo cibo è davvero gustoso-
-Aspettate a dirlo, non avete ancora assaggiato la porchetta che cucino per pranzo-
Il pranzo. Non voleva risultare maleducata, ma non poteva più rimanere. Rischiava di tardare ed era certa che la Sforza non lo avrebbe accettato. Inoltre si era già trattenuta troppo.
-Simona, vi ringrazio davvero di cuore, ma purtroppo non posso rimanere. Devo raggiungere Forlì il prima possibile-
La donna la guardò torva per un po’, poi chiuse gli occhi ed emise un leggero sospiro, come di sconfitta.
-E va bene. Ma almeno aspettate il ritorno di mio marito e mio suocero. Sarebbero davvero dispiaciuti se non potessero salutarvi-
Ed era altrettanto. Emanuele l’aveva fatta entrare senza chiedere nulla. Non gli era importato della sua identità e non aveva preteso nulla in cambio. Aveva solo fatto un’opera a fin di bene per una persona a lui completamente sconosciuta. Non poteva non salutarli.
 
In ogni caso i due uomini non tornarono molto tardi. Avevano portato a casa un maiale davvero grande, quello con cui Simona avrebbe fatto la porchetta. Dovevano averlo ucciso piuttosto lontano da casa, perché non si erano sentite le grida dello sfortunato animale. Gabriele provò in ogni modo a convincerla perché restasse, quantomeno a mangiare, ma non ci fu verso. Flora aveva un compito e non poteva tardare.
-Gabriele, casa vostra è stato un vero rifugio per me. Non so come avrei fatto a sopportare la pioggia di questa notte, altrimenti. Se riuscirò a compiere la mia missione sarà solo merito vostro e della vostra famiglia-
-La causa degli assassini e in un certo senso la mia causa. Se posso fare qualcosa, non mi tiro indietro-
Arrivò dunque il tempo di rimettersi in cammino. Sulla porta della casa, a salutarla, c’era anche il piccolo Federico. La madre lo teneva in braccio e agitava la sua piccola manina. Flora si commosse leggermente, ma era già lontana perché le lacrime potessero essere notate. Dopo altri piccoli passi, non si voltò più indietro.
 
Ci vollero un altro giorno di cammino, una nottata passata in un granaio abbandonato e qualche altra ora in movimento perché arrivasse finalmente alle mura di Forlì. Tutt’intorno il terreno era pieno d’acqua. Pozzanghere e piccoli laghetti sommergevano parecchie parti della campagna, tra le quali anche le case. Tutta quell’acqua rendeva il paesaggio davvero molto triste. Quasi tutti quelli che non erano impegnati nell’allevamento o nella coltivazione di ortaggi si occupavano di togliere l’acqua dalle case con quello che potevano: secchi, ciotole, pentole e quant’altro. La giovane avrebbe voluto fare qualcosa per loro, ma doveva assolutamente presentarsi a palazzo. Perfino all’interno delle mura, circondate da un enorme fossato, la vita sembrava spenta. Per le strade non c’era molta gente e le poche persone che giravano qua e la mancavano totalmente d’animo. Le uniche voci udibili erano quelle dei banditori, nemmeno i mercanti gridavano, non tentavano di vendere a chiunque la loro merce. Flora non si azzardò a correre: in mezzo a quel silenzio le avrebbero lanciato chissà quali offese e affibbiato chissà quali nomi, inoltre l’avrebbero presa per pazza.
Essendo stata invitata dalla Contessa di Forlì in persona, decise di entrare tranquillamente dal portone principale: non si sarebbe mai aspettata di ritrovarsi le spade delle guardie a pochi centimetri di distanza. Posò su di loro uno sguardo torvo e, leggermente infastidita, ma comunque con una certa calma, si spiegò.
-Sono stata invitata ufficialmente-
-Messer Riario non ci ha informati di alcun ospite-
-Perché lei è mia ospite-
Una voce femminile, acuta e molto decisa, accompagnata da un forte rumore di tacchi, provenne proprio in quel momento dall’interno del palazzo. La ragazza a cui apparteneva era molto snella, vestita di color porpora e con dei bellissimi capelli color biondo rame, raccolti in modo da lasciare libere solo due ciocche sul viso. La carnagione chiarissima e gli occhi azzurri come il cielo le conferivano, assieme alla corporatura quasi perfetta, una bellezza particolare. Flora non era sicura.
-Caterina Sforza?-
-In carne ed ossa. Voi dovete essere Madonna Tanucci-
L’assassina, ancora confusa dall’età della Contessa, che non doveva essere superiore ai quindici anni, fece un inchino alla maschile. Una ragazzina più giovane di lei poteva davvero aiutarla?
-Prego, seguitemi-
Le guardie tornarono al loro posto senza provare nemmeno a replicare. Caterina si muoveva davvero svelta all’interno del castello e continuava a guardarsi attorno, come se non dovessero essere viste da nessuno. Flora immaginò che Girolamo Riario, suo marito, non sapesse nulla e non dovesse venirlo a sapere. La giovane Signora di Forlì si calmò solo quando raggiunsero quella che doveva essere la sua stanza da letto. Una miriade di donne, sicuramente le sue serve, si inchinò al suo arrivo, ma lei si limitò a cacciarle fuori con severità.
-Qui non saremo disturbate- disse per prima cosa –Quando il vostro uomo è venuto qui e ha menzionato l’omicidio di vostra madre, avrei voluto subito informarlo, ma mio marito doveva restarne all’oscuro-
L’assassina si rese conto che Caterina sembrava molto più una donna di quanto il suo aspetto non desse a vedere. Lei alla sua età era molto più innocente e meno sicura di sé.
-Dunque sapete chi l’ha uccisa?-
-Non esattamente-
-Come sarebbe?-
-So chi ne è al corrente. Sapete, Flora, nella posizione in cui mi trovo riesco a recepire informazioni anche quando non vorrei. La gente, soprattutto quella a palazzo, parla molto-
-Ho bisogno che mi diate un nome- insistette Flora.
La Contessa rise leggermente. Non era un sorriso di gioia, era uno di quei sorrisi leggermente mescolati alla tristezza.
-Ebbene?-
-Il vostro bersaglio è Girolamo, mio marito-
Subito la ragazza sbarrò gli occhi e lasciò che la sua bocca si socchiudesse leggermente.
-State forse scherzando?-
-Assolutamente no, non potrei mai. Mio marito è molto amico di diversi templari, ma non ha idea che io stia dalla vostra parte. Così, molto spesso, quando mi trovo a letto con lui, mi racconta cose che dovrebbe tenere per se. Ho già sventato qualche piano a questo modo. Purtroppo sta volta non ha voluto dirmi il nome del sicario. Ho come l’impressione che inizi a trovarmi noiosa-
-E…io cosa dovrei fare?-
L’organizzatrice, la mente, era sicuramente Caterina.
-Se potete, vi chiedo di non ucciderlo. Vicino alle mura est della città c’è una locanda, in cui si reca spesso. Se sta sera mi rifiuterò di fare l’amore con lui, uscirà di certo a bere qualcosa. Dovrete fingervi locandiera e in questo vi aiuterà il proprietario, che è un caro amico. Non nego che Girolamo potrebbe volervi per se; sotto quelle vesti così mascoline credo nascondiate un fisico piuttosto attraente. In ogni caso, non potrete tirarvi indietro, perché accontentarlo, almeno un po’, sarà necessario per apprendere ciò che vi serve-
La vera difficoltà dell’essere assassina, constatò Flora quel giorno, non stava tanto nel trovare il coraggio di uccidere, quanto nel riuscire a comportarsi come ciò che non si era. Mai avrebbe potuto tradire Ezio, ma sapeva anche che quello non era un vero tradimento. Pregò perché lui non si trovasse in simili situazioni: era molto più debole nei confronti della carne e lo sapeva.
Lei comunque non si tirò indietro un secondo, pronta a fare qualsiasi cosa per la defunta madre.
-Portatemi dunque dal locandiere-
  
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