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Autore: UncleObli    18/03/2013    1 recensioni
In origine avrei voluto pubblicare questi racconti come una semplice raccolta, ma pare sia vero che è il racconto ad influenzare lo scrittore, e non viceversa. Ora questi racconti, pur avendo in comune il tema dell'inverno e ciò che porta, sono spesso legati fra loro in modi più o meno evidenti e riprendono di tanto in tanto scene e personaggi comuni. Cercherò di pubblicare un nuovo racconto ogni Martedì e Venerdì.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Ricordi di una domenica qualunque.

Dear heart, wish you were

here to warm this night...

 

Come ogni mattina vengo immancabilmente svegliato dal cinguettare degli uccelli. Vivendo vicino ad un parco probabilmente è inevitabile, ma fanno davvero un rumore assordante. Certo, come sveglia non è male, e sicuramente la maggior parte della gente è abituata a svegliarsi in modo molto più brusco, ma comunque non riesco mai a trattenere un sospiro irritato. Mi stiracchio, ancora avvolto dal piacevole tepore delle coltri e riluttante ad abbandonarle. Sento una voce che mi chiama dal piano di sotto, ma decido di ignorarla, almeno per il momento. La sveglia sul comodino segna le otto e mezza di una domenica qualunque. Resto incantato a guardare le cifre digitali dei secondi scandire con precisione il lento scorrere del tempo. Lui irrompe rumorosamente in camera da letto, una smorfia di disappunto sul volto. Sembra arrabbiato, ma so bene che sta fingendo.

 

“Allora? Non mi hai sentito, prima? Sarà almeno la terza volta che ti chiamo! Dai, alzati. Non ho mica preparato la colazione per poi vederti ancora a letto quando finalmente è pronta.”

 

Io borbotto qualcosa di incomprensibile a mezza voce. Poi biascico un “ancora cinque minuti” e mi ributto sotto le coperte, stavolta tirando il lenzuolo a coprirmi anche il capo. Lui sospira, rassegnato. Lo sento scendere le scale lentamente, pestando i piedi, probabilmente per convincermi ad alzarmi. Dopo qualche minuto mi decido finalmente ad alzarmi, mi vesto e vado in bagno a lavarmi la faccia. Poi scendo anch'io le scale e lo raggiungo in sala da pranzo. Sbigottito, vedo che ha preparato per davvero una colazione con i fiocchi. Croissant, cappuccino, pane tostato e marmellata. Lui mi guarda con espressione di superiorità, sicuro di avermi strabiliato. Con voce canzonatoria mi dice:

 

“Sorpreso? Il pane tostato si è freddato. Colpa tua che sei voluto restare a letto. E non pensare che te ne prepari uno di caldo, razza di ingrato che non sei altro.”

 

“Sicuro di stare bene?” ribatto, “Non ti avevo mai visto addirittura alzarti prima per preparare una colazione degna di questo nome...programmi per la giornata?”

 

Mi siedo al tavolo, e inizio a spalmare la marmellata sul pane tostato. Lui per il momento non dice nulla, ma un lieve sorriso gli aleggia sulle labbra. Non insisto, ma capisco che ha qualcosa in mente, e inizio ad incuriosirmi. Dopo aver divorato due fette di pane tostato passo al cappuccino, nel quale intingo anche il croissant. Finito tutto, mi rilasso, soddisfatto. Lui si alza, e con passo felpato esce dalla sala da pranzo, senza dire nulla. Io accendo la televisione, anche se privo di particolare interesse. Di recente le notizie del mondo mi sembrano prive di importanza. Non che voglia vivere separato dalla società, semplicemente mi sento in una fase positiva, in cui mi basta ciò che ho per essere felice. Ogni intromissione esterna è priva di significato, quindi scelgo di ignorarla. Dopo qualche minuto spengo anche la televisione, e mi limito a godermi la mattinata. Dalla finestra vicino al lavabo, lasciata aperta, entra una corrente d'aria fresca che muove giocosa le tende color crema della sala da pranzo. L'estate sta per cedere il passo all'autunno, ma fortunatamente oggi è una giornata ancora piuttosto mite, forse l'ultimo sussurro di un estate ormai al capolinea. Lo raggiungo in salotto. Mi stava aspettando, naturalmente. Nelle mani tiene un piccolo pacchetto goffamente incartato. Mi sorride imbarazzato, come esitante. Non posso fare a meno di ridacchiare: quell'espressione buffa gli dona molto. Consegnandomi il pacchetto mi dice, visibilmente sulle spine:

 

“Ecco, ti ho fatto un regalo, spero ti piaccia. Buon compleanno.”

 

Accetto il pacchetto, contento. Temevo se ne fosse dimenticato, ma avevo capito che mi sbagliavo già da prima, quando avevo visto che si era addirittura dato la pena di preparare la colazione, cosa che, pigro com'è, non fa mai. Lo scarto velocemente. E' un cd di Henry Mancini, quello con la mia canzone preferita, Dear Heart.

 

“Grazie...”

 

“Di nulla. Quella canzone ti piace un sacco, no? La ascolti sempre sull' Ipod. A me fa proprio schifo però. Troppo mielosa. Comunque ho pensato che ti avrebbe fatto piacere avere il cd. Non sai che faticaccia ho fatto per trovarlo, l'ho cercato praticamente ovunque! Alla fine l'ho preso in quel negozio di dischi usati in centro, perché era l'unico che poteva procurarmelo in tempo utile...”

 

Io rido.

 

“Avresti anche potuto ordinarlo su Internet, eh. Non mi sembra difficile.”

 

“Sai che sono negato per quella roba, non prendermi in giro!”

 

Mi piace da morire quando fa quell'espressione imbronciata, come un bambino. Lo ringrazio del regalo scompigliandogli la zazzera bionda. Lui sorride, ancora con quell'espressione che tanto amo. Poi lo abbraccio con affetto. Sa come rendermi felice, come sempre. Non credo che per testimoniare affetto o amore servano grandi cose, regali costosi o gesti plateali. Francamente, detesto le persone che ostentano il proprio interesse. Mi ha sempre dato la sensazione di essere una truffa, innocua, beninteso, ma truffa cionondimeno. Per questo motivo apprezzo ancora di più i suoi piccoli gesti e i suoi regali imbarazzati. Perché sono veri, sinceri.

 

“Allora? Che facciamo oggi?”

 

“Ehi, è il tuo compleanno, mica il mio. Una volta tanto potresti anche scegliere tu, sai.”

 

“Guarda che scelgo sempre io. Comunque potremmo andare a guardare un film, o magari fare un giro al mare. Anche in questa stagione non è niente male.”

 

Lui sembra entusiasta alla prospettiva di andare al mare. Si illumina subito e annuisce vivacemente. Prepariamo in fretta un minimo di cibarie per il pranzo, dei panini e un insalata di riso, e poi partiamo. Come al solito guido io. Guidare mi piace. Lui invece lo detesta, o almeno così dice. Secondo me invece è solo che adora farsi scarrozzare. In ogni caso non mi secca affatto, è un accordo che funziona. Accendo la radio quando devo immettermi in autostrada, diretto verso ovest. Il viaggio non è lungo, ma nemmeno si può dire che il mare sia a due passi da casa nostra. Sulla stazione dove di solito resto sintonizzato danno un vecchio pezzo di David Bowie, Letter to Hermione. Canticchio il motivo a bassa voce, come mormorando. Improvvisamente lui cambia stazione.

 

“Che guastafeste. Una volta tanto che danno un brano che mi piace...”

 

“Guarda che è una lagna. E' il tuo compleanno, cerchiamo di essere un tantinello più allegri, ti va? Pensi che si possa ancora fare il bagno?”

 

Io lo guardo allibito.

 

“Ma sei matto? Siamo in settembre inoltrato, è ovvio che non si può più fare il bagno in questa stagione. E poi, con il vento che c'è, penso che il mare sia parecchio mosso. Ma scusa, tu ti sei portato il costume da bagno?”

 

“Beh no. Ma non ho ancora rinunciato all'ultimo sprazzo d'estate, sai. E comunque se l'acqua non è troppo fredda io lo faccio lo stesso.”

 

Scuoto la testa, incredulo. Quando ci si mette sa proprio essere cocciuto. Il viaggio prosegue tranquillo, e parliamo del più e del meno: di dove andremo in vacanza quest'anno, dell'ultimo film di Sorrentino, This must be the place, che abbiamo guardato ieri in DVD e che ci ha un po' delusi...cose così, senza importanza. Dopo circa mezz'ora di viaggio esco dall'autostrada e mi immetto in una strada provinciale piuttosto malridotta. Abbasso il finestrino sinistro e respiro a pieni polmoni l'aria fresca che già odora di salsedine. E' un odore agrodolce, che mi ricorda l'infanzia, quando ogni estate io e lui andavamo al mare insieme con i miei genitori o i suoi. Effettivamente non è cambiato molto da allora. Dopo un'altra decina di minuti finalmente arriviamo a destinazione, un piccolo paese sulla costa. In alta stagione è sempre pieno di vita, e le sue piccole stradine sono piene zeppe di turisti, tanto che a volte è persino difficile camminare senza urtare qualcuno. Oggi invece tutto sembra spento e grigio, i negozi per turisti hanno già chiuso i battenti e la maggior parte dei residenti estivi è tornata in città dove trascorrerà l'inverno. Ci dirigiamo vero la spiaggia scherzando allegramente. Anche lì non c'è anima viva. Mettiamo gli asciugamani sulla sabbia e ci sdraiamo al sole.

 

“Qui si sta proprio bene”, commenta lui soddisfatto. “Mi sa che adesso mi metto a dormire.”

 

“E tu passeresti il mio compleanno a dormire? Che ne so, potremmo giocare a carte, passeggiare in riva al mare o magari fare il bagno, visto che il mare mi sembra più calmo e caldo del previsto.”

 

Lui sorride, contento. Velocemente si alza in piedi, si spoglia e ridendo mi dice:

 

“Te l'avevo detto che poi ti veniva voglia di fare il bagno. Che diamine di gita al mare sarebbe, senza? Dai forza, ho proprio voglia di fare una nuotata!”

 

Senza aspettarmi corre verso il mare e si tuffa in acqua. Rabbrividisco. Mi spoglio anch'io e mi assicuro di piegare sia i miei vestiti che i suoi in modo che il vento non li porti via. Visto che non abbiamo né costume né biancheria di ricambio sarebbe piuttosto imbarazzante dover andare nudi in paese per comprare dei nuovi vestiti. Per una sorta di pudore controllo che non ci sia nessuno nei paraggi, prima di andare verso la riva. Tasto con il piede la temperatura dell'acqua. E' abbastanza fredda, ma niente di insopportabile. Entro cautamente in acqua, un poco alla volta, fino ad immergermi completamente. Ho la pelle d'oca, ma so che una volta iniziato a nuotare mi abituerò presto. Lo cerco con gli occhi, e lo vedo nuotare con vigore un po' più avanti. Con calma lo raggiungo. L'acqua mi arriva allo sterno

 

“Freddo? Io invece sto benissimo” dice, battendo io denti.

 

“Ma se stai tremando come una foglia! Bella giornata o no l'acqua non è più così calda come qualche settimana fa, c'è poco da fare. Beh, almeno ci siamo tolti la voglia. Dai, facciamo una nuotata al largo.”

 

Lui annuisce e insieme nuotiamo a stile qualche decina di metri dalla costa. Lui è sempre stato bravo a nuotare, mentre io sono abbastanza negato. Se alle medie non mi avesse insegnato lui a galleggiare probabilmente avrei ancora adesso il terrore dell'acqua. Di comune accordo ritorniamo presto a riva, e cerchiamo di asciugarci sugli asciugamani. Mi rimetto in fretta e furia almeno la biancheria intima. Stiamo insieme ormai da qualche anno, ma nonostante tutto provo ancora una certa vergogna a restare nudo di fronte a lui. Notando il mio imbarazzo, e senza la minima intenzione di coprirsi a sua volta, ridacchia piano.

“Guarda che non c'è nessuno qui, non serve che tu sia così imbarazzato. Mica ti vergognerai di restare senza vestiti con me vicino? Non mi sembrava fosse un problema, ieri sera...” sussurra lui, malizioso.

 

Io arrossisco.

 

“Scemo...”

 

Scoppiamo entrambi a ridere. Restiamo distesi a prendere il sole per un po', ciascuno perso nei propri pensieri. Verso mezzogiorno mangiamo i pochi viveri che ci siamo portati, più che altro per fare uno spuntino. Il cielo si è annuvolato e inizia a soffiare una brezza insidiosa che ci costringe a rivestirci. Le nubi ad oriente sembrano quasi promettere pioggia, e mi indispettisco al pensiero che solo qualche ora prima il sole splendeva alto nel cielo senza nemmeno un ombra ad occultare i suoi tiepidi raggi. Circa alle tre del pomeriggio decidiamo di tornare a casa. Durante il viaggio di ritorno praticamente non spiccichiamo parola, cosa per noi rarissima. Però sento che fra di noi aleggia un'atmosfera distesa, carica di significato. La musica in sottofondo non fa che acuire questa sensazione piacevole. Arriviamo a casa inaspettatamente provati: anche senza fare nulla il mare stanca, distende i nervi e aiuta ad eliminare lo stress di tutti i giorni. A turno andiamo a fare la doccia, poi ci buttiamo a letto e guardiamo un film che avevamo noleggiato il giorno prima. Lui sembra particolarmente stanco, tanto che a metà film si accoccola al mio fianco e si addormenta poggiandomi la testa sul petto. Per un po' lo guardo dormire, e gli accarezzo delicatamente la schiena, avendo però cura di non svegliarlo. Sbadiglio, e improvvisamente il sonno mi assale, inaspettato. Il sole morente di una domenica qualunque sembra benedire con il suo abbraccio discreto il nostro sonno, e per questo mi addormento profondamente, coccolato dal suo respiro.


And dear heart, I want you to know

I'll leave your arms never more...

---



Nota dell'autore:

Salve a tutti! Immagino sareste rimasti sorpresi nel constatare il cambio di rotta che ho dato a questa storia con l'introduzione di questo capitolo. Probabilmente avevate già capito che i due ragazzi del primo capitolo, gli stessi di questo capitolo, beninteso, stavano insieme. Però ho voluto chiarire questo particolare, perchè credo fosse importante risolvere almeno questo punto. Per il resto il ritardo della pubblicazione è dovuto più che altro alla mancanza di ispirazione e soprattutto all'imbarazzo dovuto alla pubblicazione di questo importante capitolo. Non ero sicuro fosse la scelta migliore, ma adesso mi sono deciso. Spero vogliate seguirmi ancora in questo percorso, magari facendomi sapere cosa ne pensate. Dal momento che questo capitolo è in sostanza il prequel dell'intera serie di racconti ho ritenuto interessante ambientarlo sul finire dell'estate, molto più consona al clima del racconto in questione. Grazie e alla prossima!

UncleObli

  
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