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Autore: Lost Tsukiko    20/03/2013    6 recensioni
"Lui non era morto per malattia, incidente, suicidio o omicidio. Soprattutto non era morto per omicidio.
Un uomo che toglie la vita ad un altro essere umano, nulla sarebbe stato più lontano dalla realtà.
Da quel dannato giorno, da quando aveva stipulato il contratto, non un solo uomo aveva potuto seriamente alzare le mani su di Lui, figuriamoci togliergli la vita."
Dimenticatevi dell'anime, di angeli assessuati, demoni che ballano il tip tap e di ragazzini sociopatici.
Questa fic si svolge dopo 10 anni dall'incontro tra Sebastian e Ciel e narra ciò che potrebbe succedere alla fine del contratto.
La traccia base è stata scritta inizialmente dalla mia amica Hitomi, io l'ho messa nero su bianco.
Ho reputato di mettere l'avvertimento OOC per scrupolo. Faccio di tutto per restare IC, ma certe situazioni diventerebbero ingestibili... quindi qualcosa di OOC c'è.
Genere: Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Urla del Corpo, Urla del Cuore

Urla del Corpo, Urla del Cuore

 



Correva nel folto del bosco.
In realtà non conosceva la meta.
Seguiva il richiamo del suo Master.

Lanciato come mai nella sua vita.
Il cuore batteva all’impazzata e i muscoli erano tesi.
Di colpo si fermò.

Vide un lago…
Quel Lago.

Appena in tempo…
Era stremato.
Troppo giovane per una trasformazione simile.
Troppo debole per mostrare il suo vero aspetto.
Come frantumi di specchio l’aura demoniaca che lo avvolgeva svanì.

La sua mente si schiarì.
La seta bianca, rossa del suo sangue, danzava col vento.
Danza che permetteva di intravedere il petto niveo.
Il sigillo era ritornato a coprire solo il pettorale sinistro.

Gli eleganti pantaloni che all’inizio di tutto gli fasciavano le gambe erano ormai stracci.
Le scarpe costose non esistevano più.

Si guardò intorno stranito.
Aveva solo un vago ricordo delle sue azioni da quando aveva parlato con Lui.

Perché era lì?
Lì non c’era nulla.
O meglio, c’era qualcosa.
Un pietra candida.
Quasi feriva gli occhi.
Sembrava normale calcare o marmo, nulla di importate.
Eppure… eppure dentro di lui sapeva che non era così.

Doveva avvicinarsi.
L’unico ostacolo era una distesa di fiori.
Passo dopo passo s’inoltrò nel roseto.

Incurante delle spine che ferivano la sua pelle avanzava.

Finalmente oltrepassò il mare fiorito.
Guardò la pietra.
La sfiorò.
Era levigata…
Troppo perfetta per essere naturale.

Sotto i polpastrelli sentì come pizzicare.
Ma solo in certi punti.
Inclinò il volto a destra.
Assottigliò lo sguardo.
Si concentrò.
Le iridi zaffiro divennero cremisi.

Quello che apparve… lo annichilì

 

 

Fu il dolore bruciante a risvegliarlo.
I graffi delle rose sembravano essere cosparsi di acido.
Fece dei passi rapidi.
Entrò in acqua.
Lavò le ferite.
Niente.

Dolore.
Bruciore.
Risaliva dai piedi alle caviglie.
Dalle caviglie ai polpacci.

“È inutile che ti bagni demone…”

Una voce bassa lo fece sussultare.

“Spargerai solo il sangue avvelenato”

Si guardò intorno rapido.

“Quelle ferite guariranno solo dopo molto dolore…
E molto tempo”

 

Scattò sulla difensiva.
Non aveva percepito nessuno avvicinarsi.
Gli occhi tornarono due pozzi di sangue.
I canini e gli artigli fecero nuovamente mostra di sé.

“Scusa gattino… non volevo spaventarti.”

Puntò una specie di ombra.
Guardò la figura ammantata di nero.
Sembrava un vecchio.
Emanava una strana aura.

Pericolo.

La sua mente venne assalita da quella sensazione.
Assottigliò lo sguardo.
La voce bassa e profonda del Vassallo si fece sentire.

“Chi sei?”

L’essere di fronte a lui ignorò la domanda.

“Non sei stanco dopo una corsa del genere Conte?
Dovresti riposare…”

Due lampi s’intravidero nella penombra del cappuccio.

Un dolore lancinante alla nuca.
Poi il buio.


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Freddo.
Ovunque.

Pietra.
Dietro e sotto di lui.

Metallo.
Alle caviglie e ai polsi.

Dolore.
La testa pulsava.
Le gambe bruciavano come il fuoco dell’inferno.

Le ciglia si alzarono.
Gli zaffiri tornarono a vedere.

Una cella.

“Buongiorno Piccolo…”

Dall’ombra vide uscire un uomo.

Sbatté gli occhi più volte.
Lo mise a fuoco.

Giovane…
Capelli scuri…
Occhi d’argento.

“Forse ci sono andato troppo pesante… in fondo sei solo  un Cucciolo”

Lo fulminò a quell’appellativo.

“Ma quanto siamo selvatici….”

L’uomo ghignò.

“Così non va bene… Vorrà dire che dovrò addomesticarti.”

Un brivido percorse la schiena dell’ex nobile.

Le parole non uscivano dalle labbra.
Il corpo non gli rispondeva.
Ma, anche se lo avesse fatto non sarebbe servito.

I polsi erano incatenati insieme.
Era ammanettato.
Le caviglie, separate, ancorate da anelli al muro.

Era in ginocchio, appoggiato alla parete della cella.

Passo dopo passo l’ex cherubino si avvicinava a Ciel.

Gli occhi del giovane si illuminarono.
Le manette e le cavigliere si accesero.

Un urlo straziante uscì dalle nobili labbra.

“Fossi in te…”

L’uomo gli accarezzò il collo.

“Io non evocherei la mia aura…”

Gli strinse la presa sulla gola.
L’urlò cessò.
La luce sparì.

“Così va meglio… vedi… se stai buono queste catene non ti feriranno.
Sono catene speciali, sai cucciolo.
Vengono dal Regno dei Cieli e sono fatte proprio per custodire la feccia immonda come te…”

Passò una mano, una volta benedetta, su una  guancia nivea.

“N-non… T-toccarmi…”

Le parole briciavano.
Ogni sillaba era un dolore indescrivibile.

Sorrise il grigio.
Ma più che un sorriso era un ghigno.

“Dimmi cucciolo… Il tuo padrone… Ha mai giocato con te?”

Gli occhi blu cobalto sgranarono.

“S-stammi… L-lontano”

Il corpo iniziò a tremare.
Lacrime bollenti di fiele e dolore cominciarono a scorrere.

Ricordi.

La gabbia.
Le torture.
Le sevizie.
Le violenze.

L’odio più puro si leggeva in quei pozzi di cielo notturno.

“Desolato Cucciolo, ma… devo togliergli tutto…
come Lui fece con me… e Tu…
Tu sei… la sua nuova Anima.”

Niente di quello che aveva provato in passato fu paragonabile.
Urla disumane riecheggiarono tra quelle mura.
Il suo corpo, il suo Io, vennero straziati.

Chiese aiuto.

Lo chiamò con la voce.

“MY LORD!”

Lo invocò con la mente.

"MASTER!


Lo pregò di salvarlo col cuore. 

…Sebastian…

Ma non venne…
Ad ogni richiamo dalla risposta mancata un velo calava sui due cieli.
Velo dopo velo, del blu originario, non rimase che un azzurro sbiadito

Trascorsero ore.
Ore di violenze.

Poi come tutto era iniziato tutto finì.

Il Lupo aveva uno sguardo folle.
Soddisfatto si allontanò dalla sua vittima.

Ciel, o meglio, un corpo si accasciò esanime sul pavimento.

Della camicia non restava nulla.
Dei pantaloni rimase sono l’ombra.

La pelle nivea era segnata da cremisi e viola.
Il viso sporco era immobile con gli occhi spalancati e vuoti.
Delle righe pallide erano scavate sulle gote prima rosate.
Solchi delle lacrime versate.

Sembrava una bambola…
Una bambola rotta.

A quello spettacolo Coìnin rise di soddisfazione.

“Ora Cucciolo riposa…
Tra qualche ora andremo a fare visita a qualcuno di importante.”

Nessuna reazione.
Il Phantomhive restò esattamente come quella bestia angelica lo aveva lasciato.

Nella sua mente si alternavano preghiere, dolore, richiami violenze.
Continuava a rivivere ogni singolo istante.

L’unico segno di vita erano le lacrime.
Di tanto in tanto una stilla scendeva sul suo viso.

Non si rese conto delle ore che trascorsero.
A dire il vero non si rese conto di nulla.
Era ormai chiuso del suo mondo.
Niente di ciò che accadeva fuori lo toccava più.

Quando il Lupo lo prese in braccio.
Non se ne accorse.

Le catene e la porta della cella si aprirono.
Non le sentì.

Il rumore dei passi nei corridoi non giunse alle sue orecchie.
Non si rese conto di arrivare da Lui.

“Ciel!”

La Sua voce gridò.
Ma la bambola non udì nulla.

Venne gettata ai suoi piedi.
Non una reazione.

Non emise un suono.
Per troppo aveva urlato inutilmente.

Venne raccolta in un abbraccio famigliare.
Non lo riconobbe.

Occhi color rubino si specchiarono in… misere acquemarine.
Lo fissava, la bambola, ma non lo guardava.

Per la prima volta, dopo secoli il cuore nero vibrò.
Battito dopo battito si rianimò.
E urlò nel petto del Corvo.

Di quell’Angelo non sarebbe rimasta che polvere.

 

---§§§---NDA---§§§---


Salve a tutti... mi rifaccio viva ogni tanto ^^'' Chiedo venia... è un periodaccio.
Detto questo probabilmente *si nasconde* molte persone vorranno linciarmi...
Ricordatevi che ruolo Ciel, è stato un dolore personale farlo violentare fino a farlo ridurre così.

A tal proposito il capitolo sfora leggermente la "regola" delle mille parole... il fatto è che avrebbe dovuto esserci anche la violenza e quindi sarebbero stati due capitoli. Tuttavia, ho deciso di non pubblicare quella parte, in quanto avrei dovuto alzare il rating a rosso... molto profondo.
Il "cherubino", se così volete chiamarlo, non solo violenta il corpo di Ciel, ma anche il suo Io, il suo frammento di anima. Lo spezza e lo ricompone a suo piacimento. Insomma, un qualcosa di parecchio pesante...

Detto questo... beh... chedirechedirechedire

RINGRAZIO DI CUORE chi legge... e resta in silenzio (lo faccio anche io molte volte u.u)
RINGRAZIO chi ha lasciato una parola per dirmi cosa ne pensa e aiutarmi a migliorare...
RINGRAZIO chi ha inserito la storia tra le seguite e le ricordate.

Non vi chiederò recensioni... non serve. Se si vuole dire qualcosa non si può fare a meno di farlo. Per me è così. Forse non vi ho colpito a sufficienza, ma spero che vi piaccia ciò che provo a scrivere almeno un pochino ^^

Bene e ora scappo a nanna alla prossima... 

Tsuki

   
 
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