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Autore: Whitelily_    21/03/2013    5 recensioni
Sono un uomo degno di riprovazione?
Senza dubbio.
Sono un peccatore?
Non l’ho mai negato.
Lasciate che io vi dica che nessuno segue alla lettera le pagine di quel libro polveroso in cima ad un altare di marmo. Finiremo tutti all’inferno.
Tanto vale godersi il viaggio no?
Peccare - per usare un termine vecchio stampo - è l’unica cosa che ci rimane.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim, Moriarty, Sebastian, Moran, Sebastian, Moran
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Oh, ma guarda un po’ chi abbiamo qui. Ancora voi. Non demordete, eh? Siete proprio degli impiccioni!

Vi vedo.

Siete lì, con il vostro taccuino per appuntarvi i passaggi più salienti del gossip riguardante Sebastian Moran. Mi ricordate un po’ il tipico chiacchiericcio delle signore fuori dalla chiesa di domenica mattina, che additano le parrocchiane con sguardo di riprovazione perché la loro gonna andava di un filino sopra il ginocchio.

***

Beh, visto che siete qui, tanto vale approfittare del momento.

Oh, no, non badate a me. Sì, lo so che sono in macchina e che quando si guida bisogna soltanto guardare la strada, mani sul volante alle dieci e dieci e tutte quelle cazzatine lì. Ma francamente, chi di noi lo fa? Andiamo, lo so che vi è capitato di trovare almeno una volta davanti a voi- soprattutto quando siete di fretta- o la classica ottantenne troppo vecchia per vederci bene e guidare in modo decente, o l’indecisa, la donna al volante che non sa se svoltare a destra (ma in ogni caso non mette la freccia), oppure, il mio preferito: il damerino con un braccio fuori dal finestrino e l’altro che manda un messaggino alla ragazza (che, visto lo spessore, sicuramente starà facendo altro e quel poveretto si ritroverà con un palco di corna quasi imbarazzante).

Ad ogni modo, il mio massimo in macchina è  sempre stato fumare una sigaretta e cambiare la traccia allo stereo. Poi, però, quando ho iniziato ha scarrozzare Jim in giro ho dovuto trattenermi dal fare la prima cosa perché a lui dà fastidio l’odore del fumo quando si sta in macchina.

Ma non mi incazzerei se il mio capo non fumasse, credetemi. Il problema è che lui fuma pure, a scrocco per giunta, fregandosi le mie sigarette, tra le tante cose. E poi fa delle uscite del genere e tu fai appello alla tua infinita pazienza, chiedendo magari un prestito anche a quella di Giobbe, per evitare di premere il grilletto quando sei in sua presenza.

Sono sulla A45 e, ovviamente, piove. Sto tornando a Londra, dopo un lavoretto di poco conto per Jim. Il raffreddore me lo sono dovuto fare passare. Il massimo che ho avuto, a grandi linee, sono state quarantotto ore di stop. Quarantotto ore in cui non mi ha lasciato un attimo di tregua, ma sorvoliamo.

La strada è deserta. Tenendo conto che ho lavorato tutta la notte e sono quasi le cinque del mattino, credo sia piuttosto normale. Ho bisogno di un maledetto caffè. Mi sento a pezzi- ma, sfortunatamente, - e come al solito - non ci sono posti dove posso trovare un po’ di sana caffeina. Dovrò aspettare di rientrare a Londra.

Sospiro esasperato: l’unica cosa che posso fare è accendere lo stereo e svegliarmi con un po’ di buona musica. Sono convinto che neppure gli spogliarellisti facciano gli orari che ho io, seriamente.

Oh, ma Jim mi sentirà questa volta!

...Certo. E poi mi risponderà “Oh, Sebbie, non si può dare un orario all’omicidio.”
Io urlerò, lo manderò al diavolo, mi verserò un buono scotch e dormirò come un sasso fino al tardo pomeriggio. Ordinaria amministrazione.

Accendo lo stereo, mentre sbuffo e alzo il volume. Le casse mi rimandano un pericoloso ritmo anni Settanta e battiti concitati di mani.

Oh, no. Non alle cinque del mattino, non dopo aver lavorato tutta la notte, Cristo.

La vettura, incurante delle mie lamentele mi rimanda alcune voci maschili decisamente conosciute sul panorama internazionale. E non per commenti positivi, credete a me.

Where can you find pleasure,
search the world for treasure,
learn science, technology?
Where can you begin
to make your dreams all come true
on the land or on the sea?

Al realizzare di che canzone si tratta l’auto sbanda per pochi secondi, impreco tra i denti e cambio la traccia dello stereo come se fossi stato morso da una tarantola, riprendendo immediatamente il controllo della mia macchina.

Questo è quello che succede a lasciare a Jim lo stereo, che imposta addirittura sulla riproduzione casuale. Ma porca puttana, non posso imbattermi nei Village People alle cinque del mattino che cantano come idioti “In the navy”. Non dopo aver passato la notte ad uccidere un americano ex-marine che non ne voleva sapere di uscirsene allo scoperto. E soprattutto perché vengo investito da vagonate di immagini di questi uomini oltremodo imbarazzanti vestiti chi da poliziotto e chi da non so più che cosa.

JIM!

Fregandomene altamente dell’ora - tanto lo so che è sveglio - sfrutto il mio auricolare e premo il piccolo tasto, con l’ennesimo sospiro, e parte così la chiamata al mio adorato superiore.

“Non voglio sapere cosa ci fanno i Village People nella mia macchina. So solo che non avrei voluto trovarli.”sbotto, assolutamente piatto e vagamente incazzato.
Buongiorno anche a te, Sebbie.” replica, con il suo solito tono cantilenante che mi rende più nervoso di quanto non dovrebbe.

No, non era un buongiorno. Non con uomini inguardabili dagli strani pantaloni attillati che muovevano ritmicamente il bacino nella mia testa.

Impreco ancora una volta.

***

Credo di aver ciarlato per troppo tempo su cose di poco conto e, probabilmente, anche assolutamente inutili.
Beh, in mia difesa risponderò che ci sono persone che scrivono libri peggiori. Soprattutto perché i romanzetti d’appendice non sono ancora morti. E nessuno ci può far nulla. Nemmeno un buon fucile, ve lo assicuro. Non c’è M82 o R93 che tenga.

Dopo essermi concesso il mio meritato riposo e aver concesso a Jim una punizione esemplare - anche e soprattutto per i Village People- credo che possiamo finalmente ritornare al nostro delirante discorso (o dovrei dire mio?) sui sette peccati capitali.

Ho scritto solo il primo e già sono stanco. Non fraintendetemi: è sempre stato così, fin da quando ero bambino. Iniziavo a collezionare qualcosa e poi ci perdevo interesse. Cominciavo ad andare da qualche parte, oppure a fare qualche sport in particolare e poi mollavo tutto. Io sono uno che si stanca subito, sapete. Basta considerare anche soltanto il fatto che sono riuscito a sopportare il mondo della guerra per soli cinque anni e poi hanno iniziato a girarmi i coglioni.

Posso essere così volgare?
Certo che posso, tanto chi mi legge.

Se ci fosse Jim probabilmente storcerebbe il naso e mi chiamerebbe rozzo, rude, maleducato, materiale, uomo privo di classe o un mix delle cose citate, che è molto più tipico. È stupefacente come il caro Consulting Criminal trovi sempre un modo molto posh di insultarti. Ne rimango stupito ogni volta. Ti guarda, quasi con aria di superiorità - ma che dico quasi! ne ha da vendere -, sbatte le ciglia e comincia ad insultarti senza che tu te ne renda conto. E quando tu glielo fai gentilmente notare, lui semplicemente risponde che un elenco di aggettivi negativi corrisponde soltanto ad una descrizione, seppur negativa. Se poi lo prendi come un insulto è un problema tuo. Che tipo che è!
Ti prende per il culo, continuamente... e non lo ammette neanche. Quando viene colto in fallo si schiera sulla difensiva, dicendo che ti sta soltanto descrivendo. Esticazzi.

***

Avarizia: Scarsa disponibilità a spendere o donare quello che si possiede.

Beh, tutti abbiamo avuto il braccino corto, chi più, chi meno. Ma, stranamente, il denaro non è la prima cosa che mi viene in mente leggendo queste dieci parole.
Sorrido come un idiota, sistemandomi meglio sul divano.

***

“Sebastian?”

La voce giunge lontana, dal piano superiore.
Quando Jim si scomoda a chiamarti a voce e non a mandarti un sms quando avete una rampa di scale bella lunga di distanza, è sempre per qualcosa di importante (considerando poi che molte volte il suddetto sms è capace di mandartelo quando siete nella stessa stanza.
Nello stesso letto).

E tu sbuffi, perché giustamente ti eri appena seduto sul divano e avevi appena tirato il collo ad una buona bottiglia di un rosso francese del 1958.
Te ne versi lo stesso un bicchiere e lo raggiungi sopra, con calma, perché ti piace da morire farlo incazzare.

“’Bastian!”

Urla di nuovo e questa volta non puoi fare a meno di muovere il culo su per le scale se non vuoi essere decorato con uno dei suoi coltelli da collezione.

“Che hai da urlare come un ossesso?!” gli replichi, sbuffando ancora una volta. “Sto arrivando. Sono appena tornato, che diamine, me li darai cinque fottuti minuti?”
“È mezz’ora che ti chiamo.”
“Sono due volte contate, Jim.”
“Concedimi una figura retorica per esprimere tutta la mia esasperazione.” ti risponde piatto, allentandosi la cravatta.
Tu non gli rispondi, altrimenti finiresti inevitabilmente per picchiarlo e ritieni che è meglio di no. Con i suoi costosissimi vestiti addosso non ti perdonerebbe la minima macchia di sangue. Decidi allora di prendere un sorso del tuo rosso e ingoiare avidamente.
“Allora?” gli domandi, rigirandoti il calice tra le dita.
“Ottima scelta. Senti che profumo. Hai aperto la bottiglia di Chateau Latour del ’58?”

Tu lo guardi perplesso, perché nella sua cantina ci sono una miriade di bottiglie di vino e ti domandi come diamine abbia fatto a riconoscere di quali di esse si tratti soltanto da un’occhiata e dal profumo.

“Per quanto le tue doti da sommelier siano impressionanti... che c’è?” gli chiedi ancora una volta, attento che non perda l’argomento centrale della conversazione, perché non vedi l’ora di riposarti dopo una giornata passata a spezzarti la schiena per lui. Intanto ti gusti un altro sorso di vino.
Lui ti lancia uno sguardo talmente affilato che retrocedi involontariamente di un passo.
“Scusa.”gli concedi, alzando una mano in segno di resa, addolcendo il tono. E lui addolcisce anche la lama che il suo sguardo possiede, sbattendo le palpebre un paio di volte e annuendo, grave.

“Lo sai che ho stima di te, Sebastian.”
“Sì.”
“E non mi sembra di mancarti di rispetto in alcun modo.”
“Beh, qui io avrei--” e ti fulmina ancora una volta e ti limiti a scuotere la testa e a scusarti di nuovo.
Lui si alza in piedi, lasciando cadere la cravatta sulla poltrona e si avvicina a te, riuscendo ad inebriarti ancor più del vino che tieni tra le dita. Ti prende la mano libera e te la stringe, facendoti male, e tu sai che ne è consapevole e che lo sta facendo di proposito. Ti lasci andare soltanto ad una smorfia e lui si dichiara soddisfatto, allentando la presa:
“Odio quando mi interrompi.”
“Scusa.”
E sembra quasi che quel giorno tu non sia capace di dire altro.
Lui si avvicina ancora di più ed infila le testa nell’incavo del tuo collo e tu puoi sentire il suo respiro solleticarti la pelle e il suo profumo farti girare la testa.
Ti spinge verso la sua libreria, poggia la lingua sul tuo collo e per poco non ti fai scappare il bicchiere di mano. Lui decide di sottrartelo e tu non opponi nemmeno poi tanta resistenza perché non vedi l’ora di vedere quelle labbra invitanti carpire quel liquido intenso. Lo ingoia in un sorso e poggia il bicchiere sulla sua scrivania.
Tu non puoi fare a meno di osservargli insistentemente le labbra, che ora appaiono deliziosamente scarlatte. Lui te lo concede. Sa che cosa vuoi e te lo permette, anche se soltanto per un bacio fugace. Un bacio sufficiente soltanto a portargli via quella goccia che altrimenti avrebbe percorso inevitabilmente il suo mento e poi il suo collo, lungo e sinuoso.

“Davvero un ottima annata.” gli commenti, e lui ti sorride.

“Ti hanno visto parlare con Andrés Cano Cruz.” ti sussurra, lasciando che un suo dito ti percorra il petto e indugi su di esso. È quasi un’accusa, la sua. E tu lo sai benissimo che lo è.

Tu lo guardi interrogativo, iniziando probabilmente a capire il motivo per cui ti abbia convocato.
“Sì. Ci siamo visti un paio di volte. Si è messo in contatto con me dopo la missione ad Oviedo. È di nuovo a Londra?” gli chiedi, facendo finta di niente e lui trattiene a stento una risata.
“Come se tu non lo sapessi. Certo che è a Londra. E lo hai visto un’ora fa.” mormora, avvicinandosi più a te e stringendo un braccio intorno alla tua vita. “Non provare a mentirmi, potresti non sopravvivere ai prossimi due minuti di conversazione.”
“Va bene. Mi ha invitato ad andare a bere qualcosa.”
“Oh. E come mai uno degli uomini più ricchi in Spagna vuole bere qualcosa con te?” ti domanda, con voce dolce, ma, quando si tratta di Jim, dietro il suo miele è inevitabile che si nasconda del fiele.

“Perché io sono bellissimo.” ammetti e lui ride, scuotendo la testa.
“Ritenta.”
“Ma è la verità.”
“Per quanto tu possa essere attraente, mio caro Sebastian, e, per quanto il nostro Andrés abbia le mani lunghe, no, in questo caso non si tratta di questo. Non si tratta
soltanto di questo.”

Lo guardi interrogativo a quest’affermazione e tieni una domanda in caldo, rispondendo prima alla sua non detta.

“A quanto pare ci stiamo facendo un po’ di concorrenza in giro. Ci invidiano.”
“Questo lo so già. Che vuole Andrés a te?” ti chiede, lambendoti per un secondo il lobo dell’orecchio con la lingua. “A parte le tue splendide labbra intorno alla sua erezione.” sbotta secco, mordendoti il labbro inferiore con forza, possessivo come non mai e tu sussulti e non sai se è per il morso, il suo tono o l’immagine che ti ha suscitato.

“Mi ha proposto di lavorare per lui. Che mi avrebbe pagato il doppio di quanto fai tu e probabilmente anche una macchina e una villa ad Ibiza.”

Cominci a ridere, come un idiota, rendendoti conto di quanto il tutto risuonasse ridicolo alle tue stesse orecchie. Però, per quanto surreale che fosse, era la verità pura e semplice. “Non lo so, Jim, non ho ascoltato molto.”
“E tu cosa gli hai detto?”
“Che avevo già il mio lavoro.”
“E...?”
“E lui lo sapeva già. Perciò mi offriva di più. Jim,” fai una pausa e lo guardi, e lui ricambia il tuo sguardo. Prendi un respiro e non puoi fare a meno di ridacchiare “perché sono conteso tra te e il tuo ex?” gli chiedi, e questa volta sei tu che lo accusi. Lui sussulta, probabilmente chiedendosi come diamine tu abbia fatto ad entrare in conoscenza di una cosa del genere. “No, non lo sapevo. È solo che sto ripensando a quanto state litigando per me. E a quanto lui insista di essere meglio di te. E di come lui parla di te... Ed è il dialogo di uno stronzo egocentrico a cui tu hai spezzato il cuore, effettivamente, ora che ci ripenso.”
La tua è la risposta alla domanda che ancora una volta non ti aveva fatto, ma che tu avevi intuito.

“È stato tanto tempo fa. È sempre stato invidioso di me.”
“E poi... hai detto che ha le mani lunghe. E lo chiami per nome.”

Lui ti guarda, inarcando un sopracciglio.
“Se vuoi, ti lascio a casa di Sherlock Holmes.”

E tu scoppi a ridere, ancora una volta, tirandotelo vicino.
“No, grazie.” Replichi, baciandolo, sentendo che schiude le sue labbra, piano.
“Benissimo.” ti sussurra, baciandoti il collo. “Perché io sono incredibilmente
avaro. Non condivido ciò che è mio con nessuno. E non ho nessuna voglia di iniziare a farlo ora, tutto chiaro, Sebastian?”
Ti morde l’orecchio e non puoi fare a meno di immaginare che cosa succederà di lì a poco ed avere un fremito di piacere:
“Oh, chiarissimo. Cristallino. Anche io sono avaro. Avaro e avido,
specialmente quando si tratta di te.”

C’è una piccola pausa, in cui lui ti guarda e poi fa schioccare la lingua in dissenso.

“Smettila di fare il buffone e vieni in camera da letto.”
Si volta, iniziandosi a sbottonare la camicia e uscendo dalla stanza.

E tu invece sorridi, rimanendo per un po’ lì, in piedi, contro la libreria.






Note dell'autrice:
Eccomi qui! E con il secondo capitolo, Avarizia. Ci sono parti di cui vado particolarmente fiera, in questo capitolo. E questo è un evento abbastanza singolare, in effetti.
Non mi dilungherò molto: sia perché è mostruosamente tardi e dovrei già essere a letto, visto che domani mi aspetta una giornatina niente male, sia perché non voglio trattenervi.

Vi ringrazio per essere arrivati sin qui, a chi legge, a chi commenta e chi resta in silenzio.

Un ringraziamento particolare va a SAranel che mi ha aiutata a betare il capitolo e che ringrazio con tutto il cuore per il sostegno.
Il mio pensiero, come al solito, va anche a te che stai leggendo in questo momento queste brevi righe.

Grazie anche a te, come sempre, mio caro Lettore.
Ti abbraccio.






   
 
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