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Autore: valentaina_11    22/03/2013    0 recensioni
Elay Montgomer è una ragazza di diciotto anni e come le sue coetanee va a scuola, esce con gli amici e studia. Ha lunghi capelli castani e grandi occhi verde-nocciola, è di altezza e corporatura media. Eh sì, non è la solita Barbie, non è ricca e no, non ha il suo Ken. È una ragazza solare e vivace ma davanti ad alcune persone si trasforma completamente: è scontrosa, aggressiva e sì, anche stronza. Odia le ragazze superfemminili e i tacchi, ama i bambini e gli animali, odia gli horror perché non le fanno paura e pensa che per credere a certe cose bisogna provarle sulla propria pelle. Che dire, una ragazza un po’ particolare, ma dietro a questa maschera da dura si nasconde una ragazza incredibilmente fragile che è stata anoressica (o forse lo è ancora) e vittima di bullismo. Cerca di non affezionarsi troppo alle persone per paura che la facciano soffrire o deludere. Ecco a voi Elay Montgomer, ragazza fuori dal comune che cerca di adattarsi a questo pazzo, pazzo mondo.
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Elay Montgomer è una ragazza di diciotto anni e come le sue coetanee va a scuola, esce con gli amici e studia. Ha  lunghi capelli castani e grandi occhi verde-nocciola, è di altezza e corporatura media. Eh sì, non è la solita Barbie, non è ricca e no, non ha il suo Ken. È una ragazza solare e vivace ma davanti ad alcune persone si trasforma completamente: è scontrosa, aggressiva e sì, anche stronza. Odia le ragazze superfemminili  e i tacchi, ama i bambini e gli animali, odia gli horror perché non le fanno paura e pensa che per credere a certe cose bisogna provarle sulla propria pelle. Che dire, una ragazza un po’ particolare, ma dietro a questa maschera da dura si nasconde una ragazza incredibilmente fragile che è stata anoressica (o forse lo è ancora) e vittima di bullismo. Cerca di non affezionarsi troppo alle persone per paura che la facciano soffrire o deludere. Ecco a voi Elay Montgomer, ragazza fuori dal comune che cerca di adattarsi a questo pazzo, pazzo mondo.


                                                                           ***


 
‘allora El … hai ripreso a mangiare regolarmente?’ chiese James Cooper, il mio medico, guardando attentamente il mio corpo
‘sì, stia tranquillo ’ risposi con un filo di voce stringendomi le spalle
Questa era una visita medica costrettami fare dai miei genitori e soprattutto dall’ospedale in cui ero stata ricoverata un anno fa.  Precisamente un anno fa ero stata ricoverata al Saint Hospital per colpa di quella malattia. Era strano rivedere il volto del mio dottore dopo un anno. Erano successe molte cose nel frattempo: litigate, delusioni e una grande amicizia si era rafforzata. Di chi sto parlando?  Di Melanie Dawn. Lei non sapeva della mia malattia, non sospettava che fossi , sì ecco.. anoressica. Forse per via delle felpone e dei pantaloni extra-large che indossavo o forse perché non voleva sapere, a dire il vero non lo so il perché. Quest’anno quando sarei ritornata scuola mi sarei ritrovata persone incuriosite dalla mia situazione, semplicemente perché inizialmente a saperlo erano solo  mia madre e Melanie, ma successivamente la storia dell’accaduto si sparse velocemente per tutta la scuola. E adesso? Come mi avrebbero chiamato? l’Anoressica? La morta di fame? La gente poteva essere crudele, eccome. Lo avevo già provato sulla mia pelle, ed era stato orribile. Ma perché tutta questa crudeltà? Perché? Forse nemmeno la gente lo sa. Oh. Ricordo quel giorno come se fosse ieri.


                                                                            ***

Era l’undici giugno duemila e tredici. L’ultimo giorno di scuola, il fatico e tanto aspettato ultimo giorno era arrivato. Lo avevo atteso tanto ma finalmente era arrivato. Era da una settimana che non mangiavo la cena e il pranzo, o forse di più. Sì decisamente di più. Avevo trascorso un intero anno senza mangiare regolarmente, eppure non mi importava e non mi importava più di  tutte le sofferenze che avevo passato, finalmente avrebbero avuto fine alle quattro e mezza di quel giovedì. Erano trascorse ormai sei ore dal suono squillante della campanella e tutti si stavano dirigendo verso la mensa, compresa me e la mia migliore amica Melanie. Ci eravamo sedute ad un tavolo vuoto. Nessuno ci dava importanza, non ero una cheerleader, né un playmaker. Era una delle tante persone che vivevano nell’ombra, o meglio non sotto i riflettori. Ma questo non mi dispiaceva molto, anche se avrei voluto che qualcuno venisse da me e mi chiedesse ‘ hei ,ti senti bene?’ e io gli avrei mentito comunque, gli avrei risposto ‘ magnificamente’ facendo un sorriso falso per nascondere quello che stavo provando. Rabbia, tristezza e tanta, tanta delusione.
‘ non mangi nulla El?’ mi chiese Melanie addentando la sua pizza
‘no, non ho fame’ dissi guardando il suo cibo impassibile
Lei annuì e continuò a mangiare il suo pasto. Suonò la campanella della mensa. Mancava un’ora, una sola ora e sarei potuta uscire da questo luogo infernale. Centinai di studenti si riversarono nelle uscite per poter accedere alle loro rispettive classi. Guardai l’orario attaccato al mio diario: educazione fisica. La odiavo. Odiavo il modo in cui fossi così maledettamente negata negli sport, mentre le altre mie compagne erano tutte atletiche e non sfiguravano mai in un esercizio. Avevamo indossato la divisa sportiva, dei semplici pantaloncini blu, una t-shirt bianca e delle scarpe da corsa. La professoressa Spice ci aveva radunato nel cortile dicendoci che oggi avremmo fatto la prova di resistenza. Ci allineammo tutti sulla riga bianca che segnava l’inizio del percorso. Fischiò nel suo fischietto metallico e la prova ebbe inizio. Incominciai a correre lentamente per far sì che riuscissi a completare il percorso e vidi molte persone superarmi, normale pensai. Dopo circa venti minuti ero ancora lì che correvo con i miei compagni di classe. Eravamo tutti stanchi e stavamo per completare il percorso.
‘trenta secondi’ urlò la professoressa Spice
Avevo solo più trenta secondi per completare la prova. Aumentai il ritmo. Dovevo farcela. Ormai vedevo il traguardo davanti a me. Stavo per sorpassare la linea del traguardo quando ad un certo punto inciampai e caddi rovinosamente sullo sterrato. Non riuscivo ad alzarmi per il dolore lancinante che proveniva dal mio fianco. Sentii qualcosa di caldo bagnare la mia maglietta. Cercai di alzarmi me non ci riuscii. Ero incredibilmente debole. Mi alzai a sedere sul busto ma caddi di nuovo a terra e sbattei la testa violentemente provocandomi una leggera ferita superficiale. Chiusi gli occhi per il dolore ma li riaprii solo quando fui caricata dentro un ambulanza. 


                                                                              ***

Sentii il suono di una sirena e strinsi istintivamente le mani in pugni sfregando la pelle contro qualcosa di ruvido, non capivo cosa fosse, così debolmente aprii gli occhi. Non riuscivo a mettere a fuoco le immagini, così cercai di alzarmi a sedermi ma qualcosa mi trattenne. Erano delle cinture. Finalmente mi fu tutto chiaro: ero stata coricata su una barella e le cinture mi tenevano ancorata saldamente ad essa.  All’interno del veicolo non ero sola, c’era un infermiere che avrà avuto si e no vent’anni e Melanie.
‘Mel …’ la chiamai debolmente con un fil di voce
Lei, dapprima seduta su una piccola seggiola, con lo sguardo perso nel vuoto,  si riscosse e mi fece un sorriso forzato. Si avvicinò lentamente, mi prese poi la mano e le diede una lieve stretta come per tranquillizzarmi.
‘sono qui … tranquilla’ mi rispose anche lei, sempre con un fil di voce ma con un tono dolce
‘Mel … dove-dove mi stanno portando?’ chiesi stringendo un po’ la presa sulla sua mano
‘al Saint Hospital’ mi disse lei
‘ma cosa vogliono  farmi?’ chiesi lievemente presa dall’agitazione
Sfortunatamente, l’infermiere chiamando il conducente per farsi aiutare a scaricare la barella, non lasciò il tempo a Melanie di rispondere alla mia domanda. La mia agitazione stava crescendo sempre di più. Entrata nel Saint Hospital un odore di pulito mi penetrò nelle narici e vidi una moltitudine di dottori, chirurghi e infermiere fare avanti e indietro per i corridoi. Sorrisi. A quanto pare anche loro provano emozioni. Mi portarono in una camera bene illuminata, i muri erano tinteggiati di un bianco puro e dello stesso colore erano le lenzuola dei letti. Non so perché, ma mi trasmise una sensazione di tranquillità, come se quando fossi entrata le preoccupazioni e l’ansia fossero rimaste fuori da quella porta ormai oltrepassata. Delle infermiere mi aiutarono a cambiarmi e  mi curarono le ferite riportate sul fianco sinistro e alla testa. Mi misero delle bende e le fermarono con del nastro medico. Quando toccarono inavvertitamente il livido che avevo vicino all’anca gemetti di dolore. Era un livido molto esteso e non aveva un colore molto rassicurante: un viola decisamente acceso. Quando videro sporgere le vertebre della mia spina dorsale dalla mia pelle diafana sussultarono e si lanciarono uno sguardo. All’interno della stanza illuminata entrò un uomo alto con degli occhiali dalle lenti tonde e con addosso un camice bianco, stava per venire a parlarmi ma venne fermato dalle due infermiere che mi avevano precedentemente medicato. Conversarono per pochi minuti e mi lanciarono ripetutamente piccolo rapide occhiate. Si diresse verso di me con in mano una cartelle medica.
‘Montgomer? Montgomer Elay?’ mi chiese esaminando una serie di documenti
‘s-si .. Elay è il mio nome’ risposi balbettando
‘da quanto mi detto la tua insegnante hai fatto un bel volo, mhm?’
Annuii in segno di risposta. ‘ le infermiere mi hanno parlato della sua situazione’ disse alzando lo sguardo e rivolgendolo verso di me
‘la m-mia situazione?’ chiesi insicura
‘sì Elay. La sua situazione.’
‘e quale sarebbe?’ dissi deglutendo a fatica la saliva che mi si era bloccata in gola
‘ha mai sentito parlare dell’anoressia, signorina Montgomer?’


                                                                       ***

‘Elay... Elay!’ sentii chiamare qualcuno
Improvvisamente mi riscossi dai miei pensieri e guardai nella direzione da cui proveniva la voce.
‘si?’ chiesi visibilmente scossa
‘sei sicura di star mangiando regolarmente?’ disse lui alzando un sopracciglio
‘si certo. Non mentirei mai su una cosa del genere.’
O forse sì?


  
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