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Autore: MrMurkrow    23/03/2013    3 recensioni
Alistair Vanko è un agente sotto copertura di Cerberus. Ora, dopo gli eventi accaduti su Haestrom, Vanko rivede le sue posizioni nei confronti dell'organizzazione a cui appartiene e dovrà in tal modo confrontarsi con le dure prove a cui le sue decisioni lo porteranno.
Spin-Off di Mass Effect Reborn
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Jack Of Spades'
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Capitolo 2: La Donna Dalla Pelle Blu



 
 
“Quando non ho più blu, metto del rosso.” -Pablo Picasso
 
Minor 9th
 
La sveglia segnava le 02: 18. La notte copriva ancora col suo velato manto i cieli stellati di Illium e abbracciava con morbide carezze i palazzi dei quartieri alti. Vanko, seduto su una sedia in legno di betulla intagliato finemente e con numerosi intarsi sui braccioli, ammirava la veduta che aveva dalla grande finestra panoramica della stanza da letto. Giochi di luci ed ombre si susseguivano tra i palazzi, macchine sfrecciavano nel cielo rinfrangendo i fotoni contro di lui e contro le vetrate dei grattacieli. Teneva la sigaretta accesa lontano dal corpo, lasciando che il fumo dipingesse il suo quadro nell’aria. Aveva appena capito di essersi guadagnato un vizio, ma gli importava poco. Non riusciva a capire neanche il senso dei suoi gesti. Ero conscio di essere preoccupato, per la sua vita, per gli avvenimenti che lo avevano coinvolto….per Lidia. L’Asari, coperta dal lenzuolo fino a poco sotto le spalle, dormiva come se il suo unico scopo nella vita fosse quello di stare tra le braccia di Morfeo. La tenue luce artificiale esterna faceva risplendere la sua pelle azzurra. Le donava un che di puro, accendendola come un fuoco fatuo. Luce funesta che presenzia in cimiteri, paludi e brughiere nelle serate autunnali. Alistair non riusciva a fissarla. Si sentiva le mani sporche di sangue al solo sfiorare con lo sguardo le linee del suo fisico. Gli pareva di sporcarla a sua volta con suo lerciume, quel fango maledetto che portava il nome del cane a tre teste, posto a seviziare i peccatori di gola giù nell’Inferno.
E poi c’era l’incubo che ormai lo rincorreva da più di dieci giorni. Ogni notte gli si avvicinava sibilando la sua domanda fatale.
“Dimmi….Danzi mai con il Diavolo nel pallido Plenilunio?”, ripeteva la voce di Dogma, in un sibilo maligno ed oscuro.
Prima che le lame affondassero nel suo ventre lo chiedeva sempre. Non c’era la risposta alla domanda, perché era una presa in giro, una trappola, un avvertimento, un messaggio….una sentenza. Era così che il Jack di Picche aveva dato il suo ultimo saluto a Kai Leng. Vanko aveva sentito tutto tramite il comlink dell’assassino di Cerberus. Ricordava con orrore ogni suono, ogni lamento, ogni stridio delle ossa che si frantumano, ogni invocazione soffocata nell’urlo del sangue. Non aveva assistito in prima persona alla scena, ma la riviveva ogni santa notte riproducendola nel suo cervello, come un disco rotto che non si vuole fermare. A volte gli capitava di immaginarsi al posto di Leng e, in qualche angolo remoto di se stesso, sapeva che sarebbe stato il prossimo a ricevere quella fatidica e illusoria domanda.
Aveva solo i pantaloni indosso, lasciando così il petto al freddo della sala, il quale era davvero percepibile nelle ossa in notti del genere. Diede un occhiata rapida verso il pannello nascosto dietro al blocco di muro vicino alla libreria. Sapeva di doversi addentrare nella sala nascosta per parlare con l’Uomo Misterioso, ma l’argomento del discorso non lo attirava per niente. Si era fatto coinvolgere. Amava un aliena. Un Non-Umano. E loro gli stavano chiedendo di organizzare l’assassinio della donna a cui apparteneva il suo cuore. Non poteva riuscirci….non ci sarebbe mai riuscito….forse, un tempo, ce l’avrebbe fatta, quando la distanza tra lui e Lidia era ancora definita. Quando ancora non aveva oltrepassato quella sottile linea rossa. Le cose ormai erano diverse, cambiate, non era più il ragazzo che un tempo si sarebbe attaccato una bomba al petto per eliminare un capo di un governo alieno….No, ora Alistair Vanko era un rispettabile uomo d’affari che aveva imparato che sotto la pelle di colore diverso, dietro tre dita, oltre la fisionomia, le abitudini culturali e ideologiche…erano tutti uguali. Erano tutti Esseri Viventi. Persone con cui condividere l’amicizia, le proprie gioie, le proprie disfatte….e il proprio amore. Lavorava per Cerberus, ma ormai non si identificava più sotto il loro stemma e sotto le parole del loro leader. Era giunto il momento di prendere strade diverse…..il punto, però, rimaneva: come? Alistair lo sapeva, non lo avrebbero mai lasciato andare così, se entri in Cerberus non puoi andartene quando desideri. Hai degli obblighi, hai degli obbiettivi, hai del lavoro e loro pagano anche profumatamente perché tu sia fedele e non ti faccia troppe domande. Oltre il fatto che Alistair era un agente di collegamento con molte operazioni sporche dell’organizzazione, sapeva troppo per lasciarlo vivere. L’unica soluzione era agire d’astuzia, creare un piano con una falla che gli avrebbe permesso di salvare la vita a Lidia e di farli scappare entrambi dal pianeta. Serviva tempo. Serviva discrezione. L’Uomo Misterioso avrebbe di certo voluto avere un resoconto del piano, perciò doveva apparire perfetto ai suoi occhi, ma, cosa più importante, Vanko non doveva attirarsi i sospetti del suo futuro ex capo. Per elaborare questa strategia gli servivano un mucchio di informazioni, tra le quali era importante sapere il valore strategico che la morte della figlia del presidente della Kassa Fabrications poteva significare per l’organizzazione Pro-Umani. Alistair scattò in piedi producendo un rumore secco, ma non abbastanza forte da svegliare l’Asari, spense la sigaretta con un gesto e teatralmente sicuro per darsi la carica e si infilò al volo una camicia bianca allacciando solo qualche bottone. Si avvicinò lentamente al letto, si abbassò, appoggiando le ginocchia sul morbido tappeto, e diede un tenero bacio sulla tempia di Lidia. Lo fece in modo leggero e rapido, cercando e sperando in tutti i modi di non svegliarla. La guardò con occhi gonfi di tristezza, sapendo che avrebbe dovuto dirgli la verità prima o poi e sapendo altrettanto bene che il suo piano poteva andare a catafascio in qualunque istante, portandoli entrambi alla tomba nei modi peggiori possibili.
Vanko si rimise in posizione eretta e si accinse a sbloccare la porta della piccola stanza segreta. Si volse un ultimo momento verso la sua amata e, prima che la porta li dividesse, disse a bassa voce, “Dormi, amore mio. Al resto penserò io….Speriamo”
 
“Vanko!”, esclamò l’Uomo Misterioso non appena l’immagine olografica bluastra del suo agente apparve nella sala, “Cominciavo a temere che ci fossero stati problemi….Avresti dovuto contattarmi due ore fa. Che cosa ti ha trattenuto?”, chiese mentre si sedeva sulla sua sedia, incrociando le gambe e richiamando a se una piccola schermata arancione colma di trascrizioni.
“Mi scusi signore”, rispose il russo, le mani intrecciate dietro la schiena, “Il….bersaglio….mi ha trattenuto”, si odiò per aver usato quell’espressione, ma faceva parte del gioco. Dentro o fuori ora, non c’era spazio per gli errori. Occorreva mantenere il sangue freddo.
“L’importante è che ti sia collegato”, fece il leader di Cerberus, portando i propri occhi celesti dritti in collisione con lo sguardo di Alistair, “Dunque, siamo qui per parlare proprio dell’Asari a cui ti riferivi. Come ha ben capito, la dobbiamo eliminare”
“Se posso chiedere, signore, che vantaggi porterebbe la morte della figlia del presidente della Kassa Fabrications? Io perderei il mio appoggio con suo padre e così il controllo degli ambiti interni all’azienda”
Da un punto puramente strategico, Vanko aveva ragione. Lui ed il presidente erano collegati solo tramite la figlia, venuto a mancare tale anello di congiungimento, la fragile struttura sarebbe caduta subito.
“Non è più importante tutto ciò Alistair”, sentenziò l’Uomo Misterioso scorrendo tra alcuni file del suo factotum, “Non occorre più che tu faccia da tramite per l’organizzazione e la Kassa Fabrications”
“Posso chiederle il perché signore?”, domandò il russo, inarcando le sopracciglia con fare dubbioso,
“E’ presto detto, amico mio. In questo momento ho bisogno che molti agenti si infiltrino tra le fila della multinazionale in questione. Tutti sanno quanto quel vecchio balordo ami sua figlia, un lutto di tale portata indebolirebbe non solo la sua attenzione nei confronti dell’azienda, ma ci sarebbe anche un forte crollo in borsa oltre che una conseguente sfiducia dei dirigenti al vertice verso la sua personalità. Vedendolo in lacrime gli azionisti e il consiglio d’amministrazione lo reputeranno non più idoneo alla sua carica ed allora potremo spingere per l’inserimento di un qualcuno che, con le dovute motivazioni da parte nostra, patteggerà per gli interessi di Cerberus”
“Basa tutto questo su delle ipotetiche fluttuazioni di borsa e sulla morte di una Asari?”, fece Vanko irritato e per niente convinto delle parole del suo capo.
L’Uomo Misterioso si protese in avanti, tenendo tra l’indice e il medio della mano destra una sigaretta non ancora accesa, “Trovo disturbante la tua mancanza di fede Alistair….Il piano è frutto di molti mesi di preparazione…..E’ tutto pronto….tranne l’omicidio della tua “amica”. Fai in modo che tutto sia pronto e perfetto in meno di due settimane Vanko….Non ammetto errori stavolta”, intimò quello minaccioso.
“Come vuole signore, ma credo che avrebbe potuto parlarne con me prima di decidere di avviare questa operazione”, asserì Vanko intrecciando le braccia sul petto,
“Bisogna sempre tenere pronto un piano di riserva Alistair e bisogna anche pianificare tutto in anticipo per evitare di restare impreparati difronte alle avversità….Non sono il tipo di uomo che lascia tutto il lavoro al caso”, sentenziò, in una lunga tirata di sigaretta il leader di Cerberus, “Se ti stai preoccupando di non aver fatto un buon lavoro, rincuorati, perché hai eseguito le tue mansioni in modo egregio, ma le circostanze mi impongono ad agire in questo modo”.
Il russo sospirò e sciolse le braccia dal petto, portandole lungo i fianchi, “Comprendo….Ha qualche richiesta in particolare per le modalità dell’attentato?”
“In effetti si”, rispose l’Uomo Misterioso, mentre chiudeva una schermata d’arrivo di messaggi, “Il tutto dovrà essere fatto durante la serata di gala, organizzata dal padre della ragazza, in onore dei 150 anni della società. Più la cosa risulterà teatrale e più chi di dovere si accorgerà dell’evidenza dei fatti….e cioè che il presidente non è più adatto alla sua carica. Lavora di fantasia Alistair…sono sicuro che le idee non ti mancheranno” e interruppe così la comunicazione.
Piuttosto accigliato, la mente dietro a Cerberus, si alzò e si portò dinanzi a vari monitor olografici. In alcuni era visibile Vanko che usciva dalla stanza celata nel suo appartamento e si dirigeva in cucina.
“Il colloquio l’ha soddisfatta signore?”, chiese una voce al di fuori del suo campo visivo.
Quello non si voltò nemmeno, rimanendo concentrato sugli avvenimenti riportati dalle telecamere di sorveglianza, “Si”, ammise sincero, “Ora ho la prova certa che Vanko non è più un membro affidabile della nostra organizzazione”
“Quindi? Che vuole che faccia?”, incalzò la figura nell’ombra,
“Cercherà sicuramente di mandare a monte tutto. Stai al gioco finchè conviene e poi, quando farà la sua prima mossa, occupati di lui e dell’Asari….La Kassa Fabrications passerà sotto il nostro controllo e la figlia del presidente è il nostro biglietto d’ingresso. Ora va e tienilo d’occhio”
La sfuggente figura accennò un cenno d’assenso e si diresse alla porta, la quale, apertasi, lasciò entrare una luce che mise in mostra una linea alquanto cibernetica.
“Ah, Leng!”, lo richiamò l’Uomo Misterioso voltandosi di scatto, “Niente errori stavolta….Spero di essere stato abbastanza chiaro”, concluse spegnendo la sigaretta comprimendola con forza nel posacenere.
Kai Leng non rispose, si limitò semplicemente a proseguire dritto per la sua strada, lasciando che la porta chiudesse dietro di se le parole, in cui si avvertiva un leggero tono di sfiducia, del suo superiore. Lo scontro con Dogma l’aveva cambiato molto. Radicalmente quasi. Anzi, fisicamente lo era, diverso. Il braccio destro, amputatogli dal Jack di Picche, era stato sostituito da un arto completamente robotico, capace non solo di sprigionare una forza e potenza maggiorata, ma era anche dotato di alcuni piccoli extra come una rotazione a trecentosessanta gradi del polso ed un piccolo generatore di scudi supplementare. Anche nel resto del corpo erano stati inseriti nuovi impianti e potenziamenti cibernetici. Gli occhi potevano godere di una visione termica, di un visore notturno ed altre modalità oculari che spaziavano negli altri campi dello spettro della luce. I muscoli delle gambe erano stati ricostruiti con fibre sintetiche che garantivano prestazioni più elevate. Infine, nel palmo della mano destra era stato inserito un dispositivo blaster, funzionante anche come proiettore di energia cinetica. Si può affermare che era stato completamente rivisitato per permettergli di affrontare, con un pizzico di vantaggio, un secondo scontro con Dogma. In verità a Leng non bastavano quei potenziamenti e non gli andava affatto a genio che il Quarian che l’aveva quasi uccido fosse a bordo della Normandy, diventando in tal maniera, nuovamente, una risorsa di Cerberus. Lo voleva morto. Voleva sentire il suo lamento mentre la sua spada lo trafiggeva. Voleva vederlo sprofondare nell’Ade per mano sua…e prima o poi ci sarebbe riuscito…che il capo l’approvasse o no, avrebbe avuto la sua vendetta.
“Un giorno….si….un giorno ci rincontreremo ed allora cadrai sotto la mia ira. Sotto la mia furia!”
 
Le due settimane successive, concesse dall’Uomo Misterioso a Vanko per la preparazione del piano in questione, volarono letteralmente. Il russo lavoro febbrilmente giorno e notte, spesso rinunciando a dormire a casa con Lidia per continuare il lavoro in un piccolo rifugio di Cerberus inutilizzato. Doveva calcolare ogni dettaglio, ogni minima e possibile variazione del corso degli eventi. Controllò gli invitati, ma, con sommo disappunto, si accorse che almeno tre persone erano infiltrati dell’organizzazione; esaminò i menù e i curriculum di ogni guardia di sicurezza, cameriere e cuoco per verificare la loro attendibilità; scrutò per ore il programma della serata, immaginandosi quale sarebbe stato il momento migliore per eliminare Lidia e, contemporaneamente, per lasciare il palazzo.
Dopo aver elaborato una decina di piani diversi, trovò la giusta formula chimica. Le cose sarebbero andate in questo modo: Ad inizio serata ci sarebbe stata l’accoglienza per gli ospiti con un grande buffet iniziale, tartine e alcolici leggeri; circa un’ora e mezza dopo sarebbe iniziata la cena vera e propria, intervallata da delle celebrazioni della società, come premiazioni per il miglior impiegato del mese, excursus storico della società, piccole discussioni riguardo agli importanti traguardi e così via; dopo un altro paio d’ore sarebbe arrivato il momento culmine della festa, ovvero il discorso celebrativo del presidente. Questo sarebbe dovuto essere il momento in cui in sala sarebbe entrata la grande torta, decorata dal grande pasticciere Bartolo “Buddy” Valastro, e sarebbe stato proprio in questa situazione di massima allegria e festeggiamenti che il cecchino appostato nell’edifico opposto avrebbe dovuto esplodere il colpo di fucile per eliminare Lidia. Dopo aver impedito ciò, Vanko e l’amore della sua vita, sarebbero fuggiti coperti dal trambusto e la paura generata da un tale evento avrebbero creato il caos, ideale per dileguarsi. Per sbarazzarsi degli agenti infiltrati, Alistair, aveva pensato di attirarli lungo la tromba delle scale che collegavano il piano dove si svolgeva la festa ad un ammezzato interno all’edificio, per poi eliminarli tramite una trappola esplosiva. In ogni caso, si sarebbe portato un’arma dietro, ma niente di troppo grosso o impacciato, soprattutto perché non poteva apparire armato alla festa. Decise di portare con se la pistola ATM Hardballer silenziata di suo padre. Anche nota come Silverballer, per il fatto di essere fatta in acciaio irritante, è un’arma calibro 45 solida, compatta e facilmente occultabile nell’abito che aveva già ordinato per la serata. Spara in modo inaffidabile con le munizioni a punta cava di quell'epoca e si potrebbe usare con ogni affidabilità solo con le nuove tipologie di munizioni EFMJ o Hardballer. Tuttavia, la Silverballer, se adeguatamente mantenuta, può essere modellata in un'arma abbastanza intrigante. Il vantaggio principale di questa arma è che quasi ogni parte è il drop-in di una M1911 e si trovano molti ricambi e parti personalizzate. Il difetto più frequente, in comune con tutti gli M1911, è l'estrattore. Fortunatamente questo pezzo è molto facile da sostituire e poco costoso.
L’ultima parte del piano prevedeva la fuga in auto direttamente verso una nave cargo, al quale comandante Vanko aveva già dato una lauta ricompensa per trasportare lui e Lidia nell’unico posto in cui sarebbero stati al sicuro: in mano all’Alleanza. Lui era un ex-dipendente di Cerberus, gli avrebbe dato tutto quello che volevano su di loro: informazioni, nomi e tutto quello che sapeva in cambio di protezione. Non era il miglior piano del mondo, ma almeno avrebbe salvato Lidia da una morte certa, fatta solo per spodestare il padre dai vertici della Kassa Fabrications.
Avvisò l’Uomo Misterioso del completamento dei preparativi e gli inviò un rapporto con tutti i dettagli. Il leader di Cerberus si complimentò con il suo agente e lo salutò con un largo sorriso, rammentandogli di mantenere il sangue freddo per il -Grande Evento- che si sarebbe svolto da li a tre giorni.
Alistair, rincasato velocemente al suo appartamento in modo da anticipare l’arrivo di Lidia, entrò nella stanza segreta e fece una copia di quanti più dati poté e li salvò in un piccolo hard disk esterno, in modo da avere qualcosa da mostrare all’Alleanza per ottenere da loro ciò che voleva. Si soffermò un attimo a riflettere, mentre la barra di caricamento sullo schermo si riempiva molto lentamente, a quanto cosa stesse facendo, e quelle che avesse pianificato, potessero andare davvero molto male. Si ritrovò anche a pensare di lasciar perdere tutto e lasciar morire l’Asari, ma subito si maledì per quei pensieri. La paura e l’ansia di fallire gli stavano mettendo una gigantesca pressione addosso. Alistair si concesse, non appena il trasferimento dati fu concluso, di farsi una doccia per tentare di calmarsi. Quando ne uscì, sentì lo scatto della porta, segno che Lidia era tornata a casa.
“Bentornata”, la salutò lui, mentre si asciugava la testa passandosi addosso velocemente un asciugamano, “Come è andata la giornata?”
Lei non gli rispose, si limitò ad camminare dritta per dritta, con il suono ritmico dei tacchi al seguito, fino alla camera da letto.
-Ahi-, si rammaricò mentalmente Vanko, -Questo va preso come un No di livello 8 nella scala “Lidia vs The World”. Sarà meglio che mi avvicini con cautela-
Alistair la raggiunse a brevi passi, tenendosi l’asciugamano sopra la testa come fosse un elmetto protettivo. Si affacciò sull’uscio della porta e la vide, braccia incrociate saldamente sul petto e negli occhi quella luce demoniaca che aveva visto solo nelle occasioni particolarmente emotive per Lidia. Tipo quando non era riuscita ad aggiudicarsi la borsa tempestata di diamanti, provenienti direttamente dalla scia di una cometa, del famosissimo stilista Jaan Fofon. Aveva tenuto quell’andazzo per una settimana, fracassando e facendo volare per casa tutto quello che trovava, incluso Vanko stesso, tramite i poteri biotici. Era fatta così la sua Lidia, anche per colpa del padre che da piccola gli regalava tutto quello che lei chiedeva. Si poteva dire che era particolarmente viziata ed esternava le proprie emozioni in brevi scatti d’ira a spese di cosa, ma soprattutto di chi, le stava intorno.
“Tutto bene?”, domandò avvicinandosi a passi calcolati, come quando si fa con un animale pericoloso per non farlo irritare.
Lidia sbottò offesa, incenerendolo con sguardo assassino, “A parte il fatto che non mi ami più….Si, tutto bene!”
Alistair rispose nella maniera più stupida e istintiva possibile, “Eh? Scusa non ti seguo”
A quelle parole, Lidia si alzò di scattò dal letto, ricoperta da un aura blu intensa, e scagliò un onda biotica contro il suo compagno. L’impatto fu talmente devastante da far volare Vanko oltre la porta fino a raggiungere il divano, il quale cadde all’indietro nello scontro con il corpo dell’Umano. Intontito e dolorante, il russo cercò di rimettersi in piedi usando il sofà come appoggio, ma scrutando oltre di esso vide che Lidia era già in procinto di caricarlo con un'altra ondata di energia.
-Oh merda! L’ultima volta mi ha quasi spezzato due costole…..e li avevo solo comprato una tipologia di rossetto diverso da quello che mi aveva chiesto di regalarle!-, gemette mentalmente, impaurito al ricordo di quella volta.
 -Proverò un ultimo tentativo di comunicazione-
“Amore?”, disse Vanko con voce preoccupata nel tono, “Non so cosa tu stia pensando, ma hai frainteso tutto….Che ne dici di se ci sediamo e ne parliamo senza che io voli attraverso tutto l’appartamento?”
“No”, fu la risposta secca dell’Asari.
-Fine tentativo-
Una sferzata lo fece uscire fuori dal nascondiglio improvvisato e lo portò faccia a faccia con il suo avversario.
“Bastava dirlo che non mi amavi più, invece che prendermi in giro!”, sentenziò quella urlando.
“Ma quando mai io….”, Alistair non riuscì a finire la frase che finì dritto in cucina, sbattendo la schiena dolorosamente contro la credenza.
“Non cercare di discolparti!”, lo minacciò con un dito quella, “Sei due settimane che fuggi da me! Non una parola di persona, niente regali, niente chiamate, niente coccole, rincasi, se lo fai, ad orari assurdi….C’è un’altra vero?”, concluse quasi piangendo lei.
Vanko sia per spiegare il fraintendimento e sia per evitare di finire all’ospedale, o peggio, nei minuti successivi, si affrettò a prendere la parola, “No, no, nonononono! Ma che hai capito Lidia? Non è affatto così!”
“Bugiardo!”, sibilò quella, espandendo nuovamente la sua aura.
Il russo protese le mani in avanti, come per bloccare un tir che sapeva bene lo avrebbe schiacciato, “Potrei argomentare la mia difesa con i biglietti che si trovano laggiù sul tavolo di cristallo?”
L’Asari si girò verso il tavolo, vide i biglietti, poi si girò nuovamente verso il compagno con uno sguardo del tipo –Fermo li….se provi solo a scappare…-. Procedette verso il tavolo, raccolse le due stampe digitali e, dopo averne letto il contenuto, richiamò a se l’Umano con un’altra sferzata. Lo abbracciò convulsamente saltando di gioia.
“Amoreeeeeeeee!!!”, esclamò quella in una rapida escalation dalla rabbia più nera alla felicità più raggiante, “Davvero mi porti sulla Terra?!”
Vanko, che ancora temeva una ripicca dell’ultimo minuto, rispose titubante, “S..Si. Volevo farteli vedere dopo la festa dei centocinquanta anni della società di tuo padre. Doveva essere una sorpresa….Questo mi scagiona dalle accuse”
Lidia continuava ad agitarsi come una quindicenne a cui gli avevano detto che avrebbe ricevuto un Pony come regalo, “Oh, scusami amore se ho dubitato di te”, disse dandogli poi un lungo bacio, “….E mi dispiace anche per averti….ehm….insomma…sballottato per aria. Vedrò di farmi perdonare stasera”, concluse con malizia lei.
In realtà quei biglietti dovevano essere l’ultimo baluardo di salvezza per entrambi nel caso il capitano della nave cargo gli avesse abbandonati all’ultimo minuto. Era una via piuttosto rischiosa, ma sicuramente non meno del resto del piano elaborato da Vanko. Ad ogni modo, gli avevano appena evitato un rattoppamento a base di medigel.
 
Roadhouse Blues –The Doors
 
La sala era stracolma di persone. Uomini d’affari di ogni compagnia, specie e dove presenziavano a quella festa vestiti in maniera elegante, chiaccherando amabilmente con gli altri commensali e degustando gli antipasti presenti al buffet. Alistair vestiva il suo elegante smoking e si muoveva tra i presenti con a braccetto Lidia, la quale indossava un incantevole abito lungo color Nero di Marte con allacciatura sulla nuca, scollo a forma di cuore e aperture sui fianchi. La serata procedeva in modo più che normale, tra la musica di più di cent’anni fa, abbastanza ricercata per quei tempi, e le variopinte iniziative messe in moto dal padrone di casa. Nell’edificio opposto, vi era piazzato il cecchino di Cerberus che avrebbe dovuto compiere l’assassinio.
“Ghost-Uno in posizione signore. Visuale libera, vento non troppo forte….Aspetto il momento prestabilito”, affermò il tiratore, in tono professionale e serio, al comlink di Vanko.
“Ricevuto Ghost-Uno”, confermò il russo con un cenno del capo, poi girò il suo sguardo verso sinistra, andando ad incrociare quello degli altri agenti infiltrati alla festa. Quelli alzarono i loro bicchieri nella sua direzione e lui fece altrettanto. La vera festa avrebbe avuto inizio tra poco.
Dopo che tutti furono seduti ai rispettivi tavoli, iniziò la cena. Fu una cosa molto solenne, da vera cerimonia, i piatti erano abbondanti e il vino non mancava mai nei bicchieri a causa della presenza di camerieri adibiti esclusivamente a quel tipo di mansione. Se ne stavano ritti, immobili lungo le pareti della sala con una bottiglia in mano e lo sguardo vigile. Non appena vedevano un bicchiere vuoto, si precipitavano come falchi per riempire il piccolo e prezioso recipiente con il contenuto di quelle costosissime bottiglie d’annata. Vanko era seduto al tavolo riservato del presidente della Kassa Fabrications. Oltre a lui, ed il presidente, nel tavolo d’onore c’erano Lidia e sua madre, una Asari dalla pelle sul violaceo andante, molto moderata nei modi e assolutamente contenuta per quanto riguarda le emozioni, eccetto quando incontra lo sguardo della figlia. Indossava una splendida collana di perle, bianche come la neve, regalatele dal marito per il loro trentesimo anniversario di matrimonio. Durante la cena i quattro discussero molto, i genitori di Lidia adoravano Vanko e non mancava occasione che la moglie del presidente non chiedesse se avessero piani di matrimonio con conseguenti risate dei due amanti. Anche il presidente pareva particolarmente gioioso quella serata: scherzava con Vanko, elargiva grandi sorrisi e non lesinava complimenti per la sua bellissima figlia, la quale si riempiva di imbarazzo per tutte quelle lodi da parte del padre.
Infine arrivò il momento del discorso del presidente, il quale salì sul piccolo palco tra scroscianti applausi. Passò circa mezz’ora tra un brindisi ed un altro accenno ai grandi traguardi della compagnia, poi fu il momento della torta. Fu in quel momento che il proiettile dilaniò selvaggiamente l’aria, infranse spavaldamente il vetro e trapassò crudelmente il cranio della madre di Lidia. Il foro del proiettile si aprì come un sole nero in mezzo alla fronte dell’Asari. Rivoli di sangue discendono sulla faccia, mentre la testa si blocca in uno sguardo vuoto verso il soffitto e le braccia si abbandonano molli sui fianchi. Il panico. Tutte le persone in sala si alzarono in piedi e corsero impaurite a cercare riparo. Sarebbe dovuta morire lei, ma Alistair l’aveva spostata dalla traiettoria all’ultimo secondo. Lo sguardo di Lidia cercava quello della madre, suo padre cercava urlando le due in mezzo alla folla. Vanko ignorava tutti e si era lanciato a passo rapido verso l’uscita secondaria delle cucine trascinandosi dietro l’amata compagna. Vedeva tre uomini in abito scuro cercare qualcosa nelle tasche interne delle loro giacche, mentre si facevano largo in quella moltitudine urlante. Un colpo di M-358 Talon volò dritto verso un vaso di fiori, facendolo esplodere in mille pezzi di coccio e spargendo terra e vegetali sul pavimento. Vanko aveva paura, più di quanto ne avesse avuta in vita sua. Era un contabile, un agente di collegamento, ma ora doveva prendere coraggio e tirare fuori la ATM fuori dalla fondina. Doveva proteggere Lidia. Non importava a che costo. Tenendola saldamente per il braccio con la mano destra, diede uno strattone all’Asari facendola andare in avanti, così lui si voltò e, con un gesto molto fluido, estrasse l’Hardballer dal suo nascondiglio e la punto contro i suoi nemici. Quelli non se l’aspettavano. Tre colpi consecutivi, ma solo uno centrò qualcosa di rilevate. Colpì la spalla sinistra dell’uomo con la Talon in mano facendolo cadere in terra, gli altri due corsero subito ai ripari. Un colpo di M-13 Raptor sfondò un acquario al fianco di Vanko. C’era anche il cecchino di cui doveva preoccuparsi. Fece rialzare a forza Lidia da terra e proseguirono verso le cucine. Alistair si coprì la fuga con altri tre colpi di pistola, in modo da evitare che quei tre cercassero di seguirlo gettandosi a capofitto nella battaglia. Il presidente della Kassa Fabrications non ebbe queste esitazioni e si mosse per raggiungere la figlia. Stava passando accanto alla grande torta cerimoniale, quando l’esplosione investì lui e tutti coloro che si trovavano nel raggio della bomba celata all’interno del dolce. Il presidente fu dilaniato dalla deflagrazione così come altri cinque presenti che fecero da scudo a Vanko e a Lidia. L’enorme boato riempì la sala, allontanando da se oggetti e persone tramite l’onda d’urto e scagliando scintillanti schegge metalliche tutt’intorno a sé. Polvere e sangue si mischiarono con l’aria rendendo l’atmosfera ferrosa e sporca. Il bellissimo salone adibito ai festeggiamenti divenne un macabro e tetro cimitero.
 Tutto ciò non era previsto nel piano. Alistair non aveva richiesto di portare alla festa nessuna bomba, ciò significava che Cerberus non si era fidato ed aveva predisposto un piano alternativo….ma perché uccidere il presidente? Secondo quanto riferitogli dall’Uomo Misterioso era necessario che fosse il consiglio di amministrazione della Kassa a deporre il presidente….e, oltre al presidente, giacevano a terra irriconoscibili i membri del consiglio della società. Quale era lo scopo di quel massacro? Vanko non potè concentrarsi molto su questi pensieri, visto che doveva rialzarsi e fuggire dal palazzo. Stordito, con le orecchie che fischiavano e barcollante, si rimise sulle sue gambe e fece altrettanto con l’Asari, entrando in cucina con la sola forza della determinazione. Sentì alcuni spari dietro di sé, non ci badò, doveva essere rapido e per questo continuava a muoversi per inerzia con il solo scopo di evitare di lasciarci la pellaccia. C’erano ancora alcuni cuoci spaventati nelle cucine, raggomitolati per terra urlavano impauriti alla vista della ATM. Nessuno bloccò l’incedere dei due, Vanko riuscì ad adocchiare la porta sul fondo della stanza, ma notò anche che gli agenti di Cerberus avevano appena fatto irruzione all’interno del luogo. Gettò Lidia dietro un riparo con uno spintone e poi si lasciò praticamente cadere dietro ad un forno per trovare riparo. Ancora intontito, cercò di montare il soppressore di fuoco sulla Silverballer, una cosa che gli venne estremamente complicata da portare a termine. Si sporse sul lato sinistro del riparo di fortuna e iniziò a sparare. Giurò a se stesso di aver visto un colpo andare a segno, ma non stette li ad averne la certezza, sentì solo il fuoco di risposta dei suoi avversari colpire il forno e penetrargli come un martello pneumatico il cervello. Con mille dubbi e un dolore lancinante alla testa, decise di raggiungere il punto in cui si nascondeva Lidia, tremante e impaurita, per tentare poi di attirare i suoi inseguitori nella trappola allestita sulle scale. Prese un lungo respiro e si lanciò basso a passi svelti verso il suo amore. Tento di coprirsi con un fuoco alla ceca della Hardballer, ma stavolta nessuno dei nemici si ritirò al riparo, preferendo tentare di rispondere al fuoco. Vanko si sentì colpire nella parte bassa sinistra del ventre, un dolore forte gli percorse tutti i nervi e ciò dimostrò ancora una volta quanto non fosse preparato per quel genere di situazioni. Sapeva sparare, ma non era certo il miglior tiratore del mondo; sapeva pensare, ma non era uno stratega militare. Giocò quindi tutto sull’improvvisazione e sul fatto che i suoi avversari lo stessero sottovalutando. Si costrinse a non mostrare cenni di dolore visto che Lidia aveva appena notato il sangue e pareva completamente paralizzata. La prese per mano e cercò di dirgli di non avere paura, gli indicò poi le scale e la avvertì di stare attenta una volta arrivati all’ultima rampa dell’ammezzato. Lei fece come gli era stato detto e così, sotto l’incessante fuoco dei loro inseguitori, si fiondarono nella tromba delle scale di servizio.
Vanko provò a bloccare la porta sparando al sensore posto all’ingresso, forse così avrebbero guadagnato tempo.
“Hanno ucciso mio padre…..mia madre….è morta un sacco di gente….Chi sono loro?”, chiese Lidia, tra le lacrime, a Vanko.
“Membri di un organizzazione chiamata Cerberus….sono qui per ucciderti”, rispose frettolosamente quello, tentando con sforzo disumano di recuperare ed inserire una nuova clip termica nell’Hardballer.
“Me? Che ho di così speciale?”, domandò ancora gemendo, mentre seguiva Alistair lungo le scale,
“Non lo so….”, si costrinse a dirle, per non aggravare il suo stato emotivo attuale, “Ora quello che importa è uscire vivi di qui…Ok?”, concluse fissandola negli occhi e ricevendo un cenno d’assenso con la testa.
Sentirono la porta venir sbloccata a forza dietro di loro, così decisero di allungare il passo. Arrivati nel punto della trappola, Alistair aiutò Lidia a evitare l’innesco e poi si diressero furiosamente verso l’auto già predisposta per la fuga.
Gli inseguitori corsero a folle velocità lungo le scale nel tentativo di fermare i loro bersagli prima che prendessero il volo. La fretta è cattiva consigliera, si sa. Non notarono l’innesco e così attivarono la trappola. Una piccola carica esplose ai loro piedi, dilaniando i loro arti inferiori e distruggendo la rampa che portava all’ammezzato. Fiotti di sangue si sparsero sulle pareti, mentre uomini in smoking precipitavano al livello inferiore del grattacielo.
Udirono l’esplosione quando furono già in macchina. Vanko si lasciò scappare un lieve sorriso per essre riuscito a mettere nel sacco quegli agenti. Una volta in volo, la macchina uscì rapidamente dall’ammezzato, come una scheggia che abbandona il braciere.
Tirarono un piccolo sospiro di sollievo, “Forse ce l’abbiamo fatta”, asserì Vanko….male, molto male.
Il cecchino, infatti, non era affatto d’accordo con loro. Scaricò il caricatore del Raptor sulla navetta da cui uscì subito del fumo. I sistemi di navigazione andarono subito in avaria e l’auto precipitò rovinosamente con un piccolo ponte di collegamento tra due grattacieli. Lo schiantò fu devastante, entrambi i passeggeri furono sbalzati fuori dall’auto che esplose poco dopo lasciando solo cumuli di metallo e fiamme di se.
Vanko si riprese dopo quelli che gli parvero essere secoli. Si sentiva come se le sue ossa e i suoi muscoli fossero stati tritati. Vide Lidia poco distante da lui e cercò quindi di trascinarsi verso di lei. Con grande terrore notò una navicella che atterrava sul piccolo ponte e da cui scesero diversi uomini armati. Riconobbe Kai Leng e lo sgomentò fu tale da fargli percorrere gli ultimi metri con tutta la forza rimastagli in corpo. Quando ormai era arrivato a toccarla, gli fu sottratta da sotto il naso. Cercò di arrabbiarsi, ma non ebbe la forza per farlo. Si disperò, mentre due soldati sollevarono entrambi e li misero sulle ginocchia.
“Tsk, tsk, tsk”, mugugnò in disapprovazione Kai Leng, “Non si fa così Alistair. E’ questo il modo di ringraziare l’uomo che ti ha reso ricco e che ti ha dato un lavoro importante? Tradendolo? Per una sgualdrina aliena? Ti facevo più devoto alla causa, amico mio”
“Mai stato…”, Vanko ansimò pesantemente, “Tuo amico…”, ancora un respiro profondo, “Leng”
“Su questo ti devo dare ragione”, affermò l’assassino tirando fuori una Talon dalla cintura, “Mai stati amici noi due”
“Perché la bomba?”, chiese il russo, “Perché eliminare il consiglio dell’azienda insieme al presidente?”
“Sveglia testone di un russo!”, disse Kai Leng in una risata, “Questo era un test per te! Potevamo accedere ai vertici della Kassa in entrambi i modi, ma l’Uomo Misterioso ti aveva lasciato la possibilità di rimetterti sui binari….e tu non l’hai fatto. In una settimana avremo il totale controllo della società e l’unico impedimento siete voi due adesso…..”, l’assassino accarezzò l’arma e gettando uno sguardo intimidatorio su entrambi i prigionieri, “Quindi il problema è…..chi ammazzo prima di voi due?”
Vanko guardò sconvolto Lidia, la quale piangeva in risposta. Non c’era via di uscita che riuscisse a focalizzare….ma non voleva vederla morire.
“Leng….uccidi me! Dai la colpa di tutto a me….ma lasciala vivere ti prego! Lei non vi serve più! Non sa niente….ti prego lasciala andare”, concluse Alistair in lacrime.
Kai Leng si avvicinò al russo, “Beh….abbiamo un vincitore”.
Vanko chiuse gli occhi in attesa della sua sentenza. Era meglio così, non avrebbe mai potuto vedere Lidia morire sotto i suoi occhi. Non ce l’avrebbe  fatta. Si preparò, testa alta, a ricevere il proiettile. Avvertì lo sparo, ma era ancora vivo.
Il terrore si impadronì di lui. Aprì gli occhi e con sgomento capì la situazione.
Lidia giaceva a terra nel suo stesso sangue. La morte se l’era già portata via.
“NOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!”, urlò Vanko disperato, cercando di proiettarsi verso il corpo dell’amata, ma i due soldati lo trattennero, colpendolo ai fianchi per farlo calmare. Le lacrime di dolore ricoprirono il viso di Alistair, mischiandosi alla polvere, al sangue ed alle ferite. Persa, l’aveva persa.
“Su su Vanko. Non fare certe scenate solo per un’aliena morta…..Non ora che stai per morire”, fece Leng rinfoderando la pistola ed estraendo solennemente la sua spada, “Tranquillo, questa spada non ti permetterà neanche di sentire dolore. Dovresti essermi grato….visto che pongo fine a tutte le tue sofferenze!”
Non c’era più niente per cui vivere. Niente per cui lottare…..Allora perché si mosse. Non era Vanko a muoversi, era il suo corpo, l’istinto di sopravvivenza.
Diede un forte strattone verso sinistra, mentre la fatale lama calava sulla sua testa. Tanto bastò per metterlo fuori traiettoria e a far mozzare oltre il polso la mano del soldato che lo bloccava. Lengo lo inseguì ed un altro sibilo fendette l’aria vicino al suo orecchio. Poi saltò. L’altezza era più che notevole. Le mille luci delle auto e della città lo accompagnarono in quel folle volo verso il nulla. Un sorriso. Un abbraccio. Le calde mani di lei che lo accompagnano nello Stige.
Poi il tonfo e nient’alto.
 
 
 
Perchè per ognuno di noi che cade, un altro è pronto a sorgere al suo posto.
 
 
 
Una calda e placida luce penetra attraverso la finestra, andando a scaldare proprio la sua faccia. Emette un piccoli mugugno stizzito. Cerca di frapporre, tra la luce e il suo viso, le sue tre dita, ma i fotoni attraversano gli spazi tra di esse e continuano ad infastidirlo.
Un’altra mano gli si posa sul viso, “Coraggio Tiberius. E’ l’ora di alzarsi. Non vedi forse come il sole ti da il buongiorno?”
Ed allora apre gli occhi.
Perché per ognuno di noi che cade, un altro è pronto a sorgere al suo posto.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Noticciola stroppicciata di un corvaccio distrattone:
 
Giorno a tutti!
Era da un po’ che non ci sentivamo vero? Scusate per i millemila anni di attesa :)
Questo capitolo ha subito rimandi, ritardi, revisioni, stravolgimenti e capitolamenti che manco io mi aspettavo.
Alcune parti si allontanano forse un po’ dal mio stile classico (colpa di una certa corvaccia che mi sta accanto proprio in questo momento), ma in generale credo di essermi mantenuto sul genere di atmosfera che mi ero proposto di seguire.
Nel prossimo capitolo introdurrò, come avrete potuto capire, un personaggio che mi sta particolarmente a cuore. Spero vivamente di fargli fare bella figura!
Come sempre grazie mille a tutti ed a presto :D!
  
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