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Autore: Vals Fanwriter    23/03/2013    6 recensioni
Ad un certo punto, si ritrovò a deglutire e a fare un pensiero a dir poco strano. Forse, se avesse dormito insieme a Sebastian, sarebbe riuscito a prendere sonno. Quella poca distanza che li divideva era inconsistente, ma gli impediva comunque di stare tranquillo; invece, le braccia del compagno, che ricadevano sopra le coperte, sembravano così invitanti e capaci di tenerlo lontano da qualsiasi pericolo.
Thadastian | OS | Fluff, Romantico, Sentimentale, Commedia
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Sebastian/Thad
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Every night.

Rating: Verde.

Pairing: Thadastian.

Genere: Commedia, Fluff, Romantico, Sentimentale.

Avvertimenti: One Shot.

Note: Pochissime parole, proprio al volo. Per questa storia, come al solito, dovete ringraziare quella persona meravigliosa di micRobs – volevo essere la prima a chiamarti così, tesoro – perché un giorno, mentre scleravamo come di consueto, è uscita fuori quest’idea pazza. E io le ho detto tipo “ma se la scrivessi?” e lei mi ha accolta con il suo solito entusiasmo che io amo! Perciò ve la lascio qui e vi ringrazio in anticipo dell’attenzione che le dedicherete. ♥

 

 

°*°*°*°

 

 

I’m coming home to you

every night.

 

 

 

Non era colpa sua, no di certo. Era colpa di Wayne, e anche di Jeff. Se lo ripeteva da un po’ di giorni, ormai; giorni in cui, man mano, si sentiva sempre più stanco e spossato.

Non poteva addossare la colpa solo alla paura. Lui non era un fifone, in genere. Non passava le notti in bianco perché temeva che un mostro sgusciasse fuori da sotto il suo letto.

Dava la colpa a quella volta in cui era stato traumatizzato da suo fratello Wayne. Lui, sette anni, alzatosi nel bel mezzo della notte per andare in bagno, completamente assonnato, si era ritrovato un’ombra scura in corridoio, con una torcia in mano che le illuminava metà viso in maniera terribilmente inquietante; e si era spaventato così tanto che, per le successive due settimane – forse anche di più – non si era mosso dal suo letto durante la notte, credendo giustamente che le coperte potessero proteggerlo da eventuali attacchi notturni.

Altro colpevole, appunto, era il suo migliore amico Jeff; lui che aveva sentito – da non si poteva sapere chi – di alcuni furti e violazioni domiciliari avvenuti nei dintorni di Westernville e che, naturalmente, non si era risparmiato di raccontare in giro per l’Accademia, scegliendo, tra l’altro, come sua prima vittima, il povero Thad.

Quest’ultimo lo aveva ascoltato di buon grado. Credeva davvero che quel trauma infantile lo avesse abbandonato definitivamente. E invece, neanche a dirlo, aveva passato due notti infernali. Non aveva chiuso occhio; aveva invidiato, come mai prima di allora, Sebastian, che dormiva beato nel suo letto, respirando rilassato.

Lui non invidiava mai Sebastian; non invidiava nemmeno il modo in cui i suoi capelli erano irrimediabilmente ordinati e perfetti – ‹‹Loro amano il proprio padrone.›› diceva lui, con la sua solita voce strascicata e provocante. Non avrebbe venduto nemmeno un pezzo di unghia per essere al suo posto; eppure, in quelle due notti maledette, lo aveva fatto. E pensare che non sopportava né lui, né tutto ciò che lo riguardasse; invece, si era ritrovato a volere un po’ della sua tranquillità ed indifferenza, e di riuscire, almeno per cinque miseri minuti, a chiudere gli occhi.

Il suo cervello, però, non fu così generoso nemmeno la terza notte. Ogni fruscio, fuori dalla finestra, corrispondeva ad un brivido e ad un sussulto da parte sua. Si era tirato le coperte fin sopra il mento, ma – si era detto – ormai non era più un bambino, le coperte avevano smesso di proteggerlo dai mostri e dagli alieni. Adesso si trattava di combattere un uomo ben piazzato, vestito totalmente di nero come Diabolik e, forse, anche armato.

Continuò a gettare occhiate al letto di Sebastian per almeno mezz’ora – non riusciva a tenere il conto del tempo che passava, nel silenzio della notte – e ad alternarle, ogni tanto, con sguardi preoccupati rivolti alla porta e alla finestra. Si ripeté che non era da solo, che anche se fosse entrato qualcuno, il suo compagno di stanza si sarebbe svegliato e l’avrebbe difeso.

Smythe se ne fregherebbe di me – sospirò frustrato, mentre quel pensiero gli si affacciava alla mente.

Sentì le fronde degli alberi fuori, nel parco su cui dava la sua finestra, fare degli strani rumori a causa del vento. Ma la sua mente era proiettata da tutt’altra parte. Immaginava questo gran scalatore arrampicarsi sui rami fino al terzo piano, e poi fare un balzo e infine introdursi di soppiatto nella camera, per stordirli con del sonnifero e rubare tutte le loro cose.

Perché? Perché non riusciva a spegnere il cervello?

Riportò ancora una volta lo sguardo sulla porta e, per un momento, pensò davvero di alzarsi, prendere il cuscino sotto braccio e recarsi in camera di Jeff e Nick, per chiedere loro ospitalità e sentirsi più sicuro.

Ma tre erano i problemi che ostacolavano quest’eventualità. Primo, se fosse uscito dalla stanza, avrebbe potuto incontrare i ladri in corridoio – era diventata una banda di briganti nella sua testa – e loro chissà cosa sarebbero stati capaci di fare! Magari, lo avrebbero minacciato fino a sottrargli la chiave di scorta della camera dei suoi due migliori amici; e poi avrebbero rapito Jeff e avrebbero chiesto un riscatto in cambio della sua liberazione. Secondo, se anche fosse riuscito a raggiungere la camera di Nick e Jeff, cosa gli diceva che non li avrebbe trovati impegnati in qualche attività imbarazzante? C’era la possibilità che non gli aprissero affatto. Terzo, e non meno importante, Jeff avrebbe detto a tutta l’Accademia che aveva paura dei rumori notturni e non l’avrebbe fatto propriamente di proposito; avrebbe iniziato a parlare a vanvera senza tenere collegato il cervello e, discutendo del più e del meno, anche quelli del primo anno avrebbero saputo di quella singolare fobia.

Perciò alla fine non si mosse. Smise di fissare insistentemente la porta e si dedicò ai lineamenti di Sebastian, appena illuminati dalla luce fioca che filtrava dalle imposte. Il respiro di Thad iniziò a rallentare nell’osservare il modo pacato ed elegante con cui il suo compagno dormiva: era rannicchiato su un lato, la guancia poggiata al cuscino e i capelli che si spargevano su di esso in maniera – una volta tanto – scomposta, le labbra chiuse e il respiro che sgusciava fuori dal naso, l’espressione distesa e appena sorridente.

In genere, la vista di Sebastian lo indisponeva, gli faceva saltare i nervi, gli intimava di prenderlo a pugni a mo’ di sacco da boxe; e invece, quella notte, per la prima volta, lo rilassava e lo rassicurava l’averlo accanto. Anche se quello non era comunque abbastanza. I rumori dell’esterno continuavano ad arrivargli alle orecchie in maniera amplificata e non riusciva a chiudere gli occhi. Doveva tenerli puntati su Sebastian per stare un po’ più tranquillo.

Ad un certo punto, si ritrovò a deglutire e a fare un pensiero a dir poco strano. Forse, se avesse dormito insieme a Sebastian, sarebbe riuscito a prendere sonno. Quella poca distanza che li divideva era inconsistente, ma gli impediva comunque di stare tranquillo; invece, le braccia del compagno, che ricadevano sopra le coperte, sembravano così invitanti e capaci di tenerlo lontano da qualsiasi pericolo.

Forse era la tarda ora; forse avrebbe dovuto pensarci meglio; forse non era il caso di dare a Sebastian l’opportunità di prenderlo in giro a vita.

Però, davvero, non ne poteva più. Era stanco, gli occhi gli bruciavano e la testa gli scoppiava per le poche ore che aveva dedicato al sonno in quegli ultimi giorni. Si disse che se avesse fatto piano, Sebastian non se ne sarebbe nemmeno accorto. Del resto, era già accovacciato su un lato, c’era abbastanza spazio per infilarsi nel suo letto. E poi, lui aveva il sonno pesante, di solito. Gli sarebbe bastato coricarsi in un angolino per riuscire ad addormentarsi, di questo ne era sicuro. Non lo avrebbe disturbato.

Non aspettò ulteriormente, quindi. Si mise a sedere sul letto e, quando le coperte gli ricaddero in grembo, scoprendogli il busto, si sentì rabbrividire dal freddo e dalla paura. Voleva raggiungere in fretta l’altro letto, ma dovette fare piano ugualmente per non infierire sul sonno di Sebastian. Posò i piedi nudi sul tappeto ai piedi del letto e avanzò sulle punte verso il compagno, per non fare rumore.

Giuntogli vicino, sospirò di sollievo. Non aveva urtato nulla nel percorrere quei due metri, né era inciampato nelle ciabatte di Sebastian, a poca distanza da lui.

Si sentì già più sicuro nell’essere così vicino a lui e si ritrovò a sorridere inaspettatamente di fronte alla sua immagine, ora più nitida nel buio.

Si mordicchiò il labbro e poi si decise ad allungare la mano verso le coperte che giacevano sul corpo di Sebastian; strinse le dita attorno a un lembo delle stesse e le sollevò, stando bene attento a non far muovere il braccio di Sebastian, posato sopra di esse, e rimanendo concentrato sul materasso che veniva scoperto man mano.

Respirò profondamente, quando riuscì ad avere abbastanza spazio per appropriarsi di quel rettangolo libero, e in seguito poggiò cautamente il ginocchio al materasso, per poter completare la sua missione.

‹‹Che diavolo stai-?››

Non ebbe bisogno di sollevare lo sguardo per rendersi conto che i suoi sforzi erano stati vani e che Sebastian si era svegliato. La voce flebile ed impastata dal sonno gli arrivò all’orecchio come un sibilo e Thad sgranò gli occhi, puntandoli in quelli di Sebastian appena schiusi. Boccheggiò non sapendo cosa rispondere.

‹‹I- io…››

Arrossì, mentre Sebastian si stropicciava gli occhi e usciva pian piano dal mondo dei sogni. Aveva l’aspetto di un bimbo, pensò, con le palpebre pesanti per il sonno e i capelli in disordine. Non ebbe il tempo di indugiarci però, che la sua espressione cambiò e si fece a metà tra lo stranito e l’infastidito.

‹‹Che stai cercando di fare?›› Completò la frase lasciata in sospeso poco prima e strinse le labbra in disaccordo. ‹‹Hai sbagliato letto, Harwood.››

‹‹Io, veramente… mi chiedevo se…››

Ma cosa gli era passato per la testa? Farsi scoprire così da Sebastian. L’avrebbe rimpianto per il resto della sua vita, perché di sicuro, di lì a poco, il suo compagno avrebbe… ghignato, appunto.

‹‹Ah, ho capito.›› si tirò un po’ su, puntellando un gomito sul materasso, ma rimanendo comunque disteso, la voce sempre bassa e vibrante, ‹‹Volevi impegnare la nottata, uh? Avresti potuto chiedere, invece di cogliermi di sorpresa. Lo sai che non mi tiro indietro quando si tratta di certe cose.››

‹‹Non è per questo, idiota!›› sbottò Thad, il viso in fiamme e le dita ancora più strette sulle coperte per quell’insinuazione. Non era possibile che, qualunque cosa facesse, Sebastian dovesse fare allusioni di quel genere. Era quasi convinto a tornare sui suoi passi – non avrebbe mai mostrato le sue debolezze a quel demonio – ma il vetro della finestra vibrò pericolosamente, in quel momento, e a Thad finì per farsi la pelle d’oca.

Sebastian si coricò di nuovo, osservando il suo viso sbiancato e terrorizzato dal basso, con un sopracciglio inarcato. Sbuffò.

‹‹Si può sapere perché stavi cercando di espugnare il mio letto, allora?››

Thad si prese il labbro tra i denti e lo guardò con quello sguardo da cucciolo che soleva fare a Jeff o a Nick quando aveva bisogno di un favore da parte loro. L’unica differenza era che, stavolta, gli era venuta automaticamente, quell’espressione, e si costrinse a mantenerla tale, dato che lo sguardo di Sebastian sembrava starsi ammorbidendo, col passare dei secondi.

‹‹Posso dormire con te?›› mormorò – la distanza tra loro era pochissima, non aveva bisogno di parlare a voce alta.

‹‹Cosa?›› Sebastian aggrottò la fronte e probabilmente si chiese in mente se avesse o meno capito bene le parole del compagno. Ma il viso di Thad non cambiò, continuò a guardarlo implorante. ‹‹Non se ne parla neanche. Perché dovresti voler dormire con me?››

‹‹Perché…›› esitò, abbassando lo sguardo e riducendo la voce ad un sussurro quasi inudibile, ‹‹Non riesco a dormire.›› Volse appena lo sguardo oltre la sua spalla, verso la finestra e poi proseguì. ‹‹I rumori, là fuori… non mi fanno dormire.››

Sebastian si passò una mano sugli occhi, cercando di impedire a se stesso di cedere – o almeno così parve a Thad – dato che quell’espressione era stata già ampiamente testata sui suoi amici e, di conseguenza, neanche Sebastian poteva resistervi.

‹‹Scordatelo.›› borbottò, ‹‹Piuttosto, va’ da mammina e papino a farti cantare la ninna nanna.››

Fece per voltarsi dall’altra parte e riprendere a dormire, ma Thad posò una mano sul suo braccio e lo fermò, parlandogli al contempo con voce supplicante.

‹‹Ti prego, Sebastian, fammi dormire con te. Solo per stanotte. Ti prometto che non do fastidio, mi metto in un angolo e sto buono.››

Sebastian voltò il capo verso di lui e lo guardò esasperato, con una smorfia in viso.

‹‹Lo so benissimo che stai buono, tu. Vuoi entrare nel mio letto per dormire, ti ricordo.›› disse a mo’ di spiegazione e poi sbuffò per l’ennesima volta, ‹‹Non ci guadagno nulla a lasciarti dormire con me. Perché dovrei farlo?››

Nonostante le sue parole sembrassero dire il contrario, Thad poteva leggere nei suoi occhi, appena luccicanti nel buio, che stava per accettare e lasciare che si infilasse sotto le sue coperte. Per questo sorrise, anche se in maniera incerta e timida. Non era da lui, ma per quella volta si sarebbe ridotto anche a pregarlo pur di riuscire a dormire sereno – quelle coperte continuavano ad emanare un calore rassicurante.

‹‹Puoi comunque stringermi, se vuoi…››

Non seppe se fu una sua impressione o meno, ma vide lo sguardo di Sebastian mutare leggermente, a quella frase; pareva quasi interessato alla sua proposta, ma non lo diede a vedere, quando borbottò in risposta:

‹‹E questo dovrebbe convincermi, Harwood?››

‹‹Beh… sì?››

Thad scrollò lievemente le spalle e continuò a guardarlo con quegli occhioni dolcissimi e Sebastian si arrese, un po’ perché era convinto che Harwood non sarebbe mai tornato nel suo letto – e lui non aveva proprio voglia di trascinarlo di peso – un po’ perché, come già detto, in cuor suo aveva già deciso. Si voltò di nuovo, completamente verso di lui, disteso su un fianco, e scostò meglio le coperte per permettergli di stenderglisi accanto.

‹‹Muoviti. Sto morendo di freddo.›› lo incitò con finta scortesia, forse per nascondere la voglia che aveva di sentirlo al suo fianco.

Il sorriso di Thad si allargò in maniera dolcissima. Non si aspettava di certo che Sebastian si rivolgesse a lui gentilmente, perché sapeva quanto era orgoglioso; quindi decise di accettare quella concessione così come era arrivata, senza pretendere nulla di più.

‹‹Ti ringrazio.››

Si coricò al suo fianco con cautela, senza però avvicinarsi troppo a lui  – il letto non era il suo e si sentiva comunque fuori luogo vicino a Sebastian – e affondò la testa nel cuscino, gli occhi puntati in quelli dell’altro e il suo calore che cominciava ad espandersi su di lui.

‹‹Poche smancerie, Harwood.›› commentò quello, rimboccandogli le coperte quasi svogliatamente – ma Thad si stupì ugualmente di quella premura, non se l’aspettava. Mentre lo faceva, avvertì l’avambraccio di Sebastian sfiorargli un fianco e, in seguito, la sua mano si andò a posare alla base della sua schiena. Lo avvicinò a sé di peso e gli fece passare anche l’altro braccio attorno.

‹‹Dovevo stringerti, mi pare.›› ghignò.

Thad si ritrovò con le mani poggiate al suo petto per la troppa vicinanza, il respiro e il battito del cuore un po’ accelerati, gli occhi che si specchiavano in quelli di Sebastian e un brivido lungo la spina dorsale, per una carezza appena accennata da parte del suo compagno.

‹‹Stringermi e basta.›› puntualizzò, cercando di mettere da parte le strane sensazioni che provava, ‹‹Guai a te se mi accorgo che scendi sotto la cintura.››

‹‹Ehi, mio il letto, mie le regole. Ti pare?›› replicò quello, ma il tono di voce non era severo o malizioso, sembrava quasi scherzoso e dolce. Non diede il tempo a Thad di rispondere; gli spostò una mano dietro la nuca per indurlo ad appoggiare la guancia al suo petto e, quando lo ebbe vicino, mormorò, chiudendo gli occhi: ‹‹Ora dormi, marmocchio.››

Il ragazzo sorrise a quel gesto; si accoccolò contro il suo petto e si lasciò stringere di più, mentre sentiva la stanza farsi più sicura. Tra le braccia di Sebastian tutto era diverso, le finestre e le porte erano invalicabili, e i mostri che stavano in agguato sotto i loro letti diventavano polvere.

‹‹Va bene. Però tu non mi palpare.›› mugugnò, con le palpebre pesanti che, dopo un po’, si chiusero definitivamente.

‹‹Tranquillo.››

Stava caldo adesso e il profumo del compagno era piacevole da sentire. Sebastian aveva le labbra posate casualmente tra i suoi capelli, una mano stretta sulla maglia del suo pigiama, l’altra si era spostata e stringeva il piumone per poter tenere coperti entrambi fino alle spalle.

Si addormentò, quasi subito, cullato dal respiro regolare e rilassato di Sebastian e dal suo petto che si alzava e abbassava sotto il suo orecchio.

 

 

 

 

 

~ Tre settimane dopo.

 

Si svegliò di buon’ora. Come al solito, le braccia del ragazzo che dormiva al suo fianco erano strette attorno alla sua vita, la guancia poggiata alla sua spalla nuda e il respiro che gli solleticava il collo. Lo teneva stretto e premuto contro il suo petto, quasi temendo che potesse scappare, e dormiva sereno nel suo abbraccio sicuro.

Sebastian rimase per un tempo infinito ad osservarlo con un sorriso dolce stampato sulle labbra; in realtà, avrebbe speso tutto il tempo del mondo a guardarlo dormire, se ne avesse avuta la possibilità. Qualche volta era anche capitato che, nelle notti insonni, lui aspettasse che facesse mattina tenendo gli occhi puntati sul suo viso. Lo acquietava tenerlo con sé in quel modo, lo faceva stare bene dentro.

Non si permise di svegliarlo, quella mattina, aspettò che fosse lui ad aprire gli occhi e a cercare il suo sguardo come attratto da una calamita.

‹‹Buongiorno, piccolo.›› mormorò Sebastian, quando lo vide muoversi nel suo abbraccio, con gli occhi appena schiusi, e si chinò a baciargli teneramente una guancia, ‹‹Sei pronto per una nuova giornata?››

Thad si strinse a lui, per nulla intenzionato ad iniziarla, quella giornata. Scosse la testa e si accucciò nel suo collo, sospirando.

‹‹Lo sai che non lo sono.›› mugugnò con voce sonnacchiosa, accarezzandogli il profilo del braccio con la punta delle dita, ‹‹Ieri il mio ragazzo non ha fatto propriamente il bravo.››

‹‹Il tuo ragazzo, ieri, voleva passare un po’ di tempo con il suo micetto.›› ridacchiò, facendo scivolare le dita lungo la pelle della sua schiena, seguendo la linea della spina dorsale.

‹‹Ogni notte la stessa storia.›› rispose Thad con uno sbuffo, il sorriso un po’ più vivido sul suo viso.

Sebastian lo avvicinò un po’ di più al suo petto, nonostante, ormai, la distanza tra loro fosse inesistente; lo fece soltanto per poter sentire il cuore di Thad palpitare all’unisono con il suo.

‹‹Già, ogni notte tu ti infili nel mio letto.››

Ed era vero. Col tempo, quella era diventata un’abitudine irremovibile. Ma Thad amava troppo dormire con Sebastian; non aveva più la scusa dei rumori notturni; ormai – Sebastian lo sapeva – non gli facevano più paura. Il vero motivo per cui dormivano sempre insieme era un altro: non riuscivano a stare lontani l’uno dall’altro, neanche un momento, malgrado la poca distanza che divideva i loro letti – Jeff lo aveva detto mille volte che peggioravano di giorno in giorno.

‹‹Lo sai quanto mi piace il tuo letto, Bas.›› sibilò Thad, direttamente sul collo di Sebastian, occultando la vera ragione, come ogni volta, solo per gioco.

‹‹Oh, lo so.›› Strusciò affettuosamente il naso sulla sua tempia, l’altro ragazzo. ‹‹E so anche quanto ti piacciono le mie coccole.››

‹‹E tu mi vizi.››

Rimasero in silenzio per un po’, godendosi semplicemente quel risveglio e il rumore soffice dei loro respiri. Si accarezzarono distrattamente, intanto che il tempo scorreva e il sole si alzava ancora nel cielo, oltre le imposte.

‹‹Bas…›› sussurrò Thad, a un tratto, e Sebastian sapeva già cosa stava per chiedergli, e già sorrideva dolcemente, continuando a tenerlo saldamente stretto a sé.

‹‹Mmh?››

‹‹Restiamo a letto un altro po’?››

Come ogni volta, annuì e gli lasciò una serie di baci dalla guancia alla mascella.

‹‹Certo, cucciolo. Tutto il tempo che vuoi.››

 

Fine.

 

 

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