ICHIRO MISAKI
Nato il 3 Giugno 19xx
Morto il 15 0ttobre 20xx
Padre affettuoso e grande artista che ha saputo
dar colore all’oscurità di questo mondo.
Tutti lo ricordano con affetto.
Il ragazzo si chinò sulla lapide e posò un fiore accanto al cero acceso poco prima, sistemandolo come meglio poteva accanto a tutti gli altri mazzi di fiori presenti vicino alla targa commemorativa. Prese un fazzoletto dalla tasca e cercò di pulire al meglio la foto del padre, fermandosi un attimo a guardare il viso sorridente dell’uomo in quella foto e ricordandosi di una giornata passata insieme a lui, quando era più piccolo…
#Flashback#
“Taro, ti sbrighi?!”
“Papà, non correre!”
Il ragazzo si fermò un attimo e cercò di riprendere fiato premendosi il petto con la propria mano. Fissò per qualche secondo il padre scattare innumerevoli foto a tutto ciò che era intorno a lui e lo incitava a rincorrerlo da tutte le parti per farsi immortalare con parti del castello dietro.
Di solito, non erano i bambini
che facevano impazzire i genitori?
“Non questa volta, almeno…”
esclamò il ragazzo sottovoce, togliendo la mano dal petto e tirando un grosso
respiro.
“Taro, vieni a scattarmi
quest’altra foto, su!”
Il ragazzo
roteò gli occhi e corse verso il genitore prendendogli la macchina fotografica
dalle mani; gli ordinò di mettersi in posa e scattò quella agognata foto,
posando poi la macchina fotografica nel suo zaino.
“Ti annoi Taro?” il giovane
guardò il padre con occhi divertiti e sorrise “No papà! Anche a me piace
l’arte, e lo sai!”
Il padre
lo guardò orgoglioso e poi ripresero a camminare per avviarsi all’uscita. Taro
si girò ancora una volta a guardare il castello di Chenonceau
che si imponeva sul paesaggio e che nascondeva dentro di sé tante stanze
sfarzose appartenute a regine e principi francesi. I giardini erano pressoché
fantastici e la vista da alcune camere favolosa.
“Taro, domani ti porto a vedere la tomba di Leonardo Da
Vinci.”
Il ragazzo sgranò gli occhi e
guardò il padre come fosse un alieno “Davvero?” Il padre fece cenno di sì con
la testa e Taro gli saltò quasi in braccio per la gioia.
“Grazie grazie grazie!”
“Ma, mi spieghi cosa ti piace di
lui?”
Il giovane lo guardò con un occhio furbo e accennò un sorriso; come spiegare al padre che Leonardo era il suo “mito” perché uomo d’ingegno e talento universale del rinascimento, pittore, scultore, inventore, architetto, ingegnere, matematico… Perché fu tutto! Era bastato un accenno da parte del padre sul meraviglioso genio di quest’uomo per prenderlo completamente e appassionarlo sempre di più all’arte.
Certo, lui era prima di tutto un
calciatore, ma non gli sarebbe dispiaciuto studiare arte, un giorno.
“Papà, a te perché piace Monet?”
“E me lo chiedi anche? Hai visto
che uso fa dei colori? E i paesaggi, e le sfumature…”
“Papà… Ecco perché mi piace Da
Vinci… Non si finirebbe mai di parlare di lui…”
#######
Bei ricordi di tempi lontani e
mai dimenticati…
Ora, una di quelle tante foto di quella giornata era stata duplicata e tagliata per far comparire solo l’uomo, ed era stata sistemata in un cornice accanto a tutti quei fiori. Tutte le altre erano state ingrandite, e Taro le aveva piazzate un po’ per tutta casa; quello era l’unico modo per tenerlo sempre presente nei suoi pensieri, anche se faceva un male cane.
Era adulto ormai, ed avrebbe
dovuto affrontare il dolore con maturità, senza piagnistei come un bambino
piccolo, ma proprio non ce la faceva…
Gli sembrò di sentire la voce del
suo amico Hiyuga da lontano che gli urlava contro che lui poteva piangere ed
urlare quanto gli pareva, senza dover rendere conto a nessuno.
“Piangi quanto ti pare e fregatene di quello che
pensa la gente!!! Vuoi piangere? Vuoi sbattere la testa contro il muro? Vuoi
urlare a tutti che stai male? E allora fallo, porca miseria! Tu sei libero di
soffrire quanto ti pare, sei umano Taro, UMANO! E non sarai debole perché hai
pianto, ma sarai forte perché sei sopravvissuto! “
Quante gliene aveva urlate quella
volta, il caro e buon Hiyuga…
Era
rimasto a Parigi fino al giorno prima ed aveva cacciato tutti quegli altri che
non potevano capire quello che stava passando un loro compagno di squadra.
Erano stati a parlare fino alle tre di notte e Kojiro si era comportato un po’
da quel fratello maggiore che, purtroppo, non aveva mai avuto.
Quando se ne era andato, anziché della solita occhiataccia che riservava a tutti quanti gli aveva scompigliato i capelli con una mano; un modo tutto suo per risultare un po’ affettuoso.
Il ragazzo congiunse un ultima volta le mani di fronte a lui ed auguro la buonanotte al padre, promettendogli che sarebbe tornato il giorno dopo ad occuparsi dei fiori e della foto.
Cominciò a dirigersi verso l’uscita tenendo lo sguardo dritto davanti a sé per evitare di guardare tutte le altre tombe che lo circondavano; gli dava particolarmente fastidio passare accanto a persone che piangevano per la perdita dei loro cari, gli sembrava di interrompere un loro momento molto intimo.
Ultimamente, poi, la cosa lo deprimeva ancora di più. Dopo suo padre, lì accanto, era stato seppellito un bimbo di pochi anni, morto di una particolare malformazione al cuore, e quando passava lì davanti vedeva sempre i genitori piangere e sostenersi a vicenda per andare avanti.
“Il mio piccolino… Non è giusto…”
Quel
giorno, la signora era sola. Taro vide la donna prendere la borsa e cercare,
tra le lacrime, un qualcosa alla rinfusa. Il ragazzo si avvicinò timoroso e le
porse un fazzoletto pulito.
“Prego.”
La signora si voltò e lo guardò
un momentino stranita, poi prese il fazzoletto e lo ringraziò sommessamente.
“Era bello, vero?” disse lei indicando con la mano la foto del bimbo sopra la lapide. Un maschietto allegro, di circa due anni, guardava verso l’obbiettivo con occhi vispi ed allegri, pronto a fare una boccaccia da un momento all’altro.
“Molto…”
“E lei? Come mai è qui?”
Il ragazzo fu preso alla
sprovvista e distolse lo sguardo.
“Ho perso mio padre.”
“Lei suo padre e io mio figlio…
Due dolcissime anime perse in poco tempo.”
“Già…”
…
“Un amico mi ha detto che c’è un
tempo per tutti… Evidentemente c’era bisogno di loro lassù… Non vi pare?”
“Perché proprio loro?”
La donna era di nuovo sull’orlo
delle lacrime e stringeva a sé quel fazzoletto quasi con rabbia.
“Non c’è un perché… Ognuno ha il
suo tempo per rendere felice chi gli sta intorno.”
La donna si tirò su e lo guardò
negli occhi.
“Io, però, avrei preferito
tenerlo con me.”
“Anch’io, signora.”
Ricominciarono di nuovo a
piangere silenziosamente l’uno di fronte all’altra, fermi, immobili.
“Come ti chiami?”
“Taro Misaki.” Rispose lui asciugandosi le lacrime e facendo un lieve cenno col capo.
“Cécilie Michelle.”
“Io ora devo andare.”
“Arrivederci.”
“Arrivederci…”
Il ragazzo si allontanò
lentamente e, prima di uscire dal cimitero, si girò un’ultima volta,
ringraziandosi mentalmente di non essersi fatto i cavoli suoi, almeno per
quella volta.
Mi
sembra dovuto dare alcune precisazioni riguardo alla mia decisione di
riscrivere la storia di sana pianta.
Questa storia mi sta molto a cuore e lo pensata
esclusivamente per il personaggio di Taro Misaki; mi sono accorta, in un
secondo tempo, di aver fatto un errore nello scriverla: era troppo imprecisa e
l’avevo scritta con molta leggerezza, non rammentando che volevo esprimere cose
ben chiare. Spero di esserci riuscita ora.
Ringrazio
Yoichi Takahashi per aver pubblicato questo bellissimo manga.
A
presto. Spero.
HIKARISAN^^