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Autore: Aesir    24/03/2013    2 recensioni
Il sapere della Chiesa sostiene che sia stata la superbia degli uomini a creare la Prole Oscura.
Nelle ere passate, i maghi dell'Impero Trevinter governavano buona parte del mondo conosciuto.
Nella loro superbia, essi credevano che la loro magia fosse invincibile, e si ritenevano superiori al Creatore stesso.
Pensando ciò, essi invasero la sua Città Dorata, con l'intenzione di reclamarla per sé stessi e deporre il loro stesso Creatore.
Ma essi erano impuri e peccaminosi, ed è con questi peccati che contaminarono la Città Dorata, corrompendola per sempre.
Il Creatore li maledì e e li esiliò dalla sua vista.
Dovunque essi andavano, diffondevano la corruzione dei loro peccati.
Ogni terra che venne toccata dalla corruzione divenne infetta, restando priva di vita.
Da queste male terre sorse la Prole Oscura, per tormentarci e ricordarci la nostra arroganza.

- Leliana
[!FOCxLeliana]
Genere: Avventura, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri, Slash, FemSlash | Personaggi: Leliana, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Scena Seconda (II): SANGUE E OMBRE

You don't believe what all the signs say
I don't believe in judgment day
But you won't be leaving here unharmed

~ Within Temptation, Murder ~

Dubhe..”, mormorò Shianni.
Un ruggito coprì le sue parole. L'elfa cadde a terra, incapace di muoversi, aspettando la fine. Quegli occhi color rubino la fissavano implacabili; era lo sguardo del predatore davanti alla vittima indifesa, il terrore atavico che paralizzava le prede e impediva loro di fuggire.
Come era potuta accadere una cosa del genere?
Come era arrivata a ciò?

Il sangue... è cominciato tutto con il sangue...

Dubhe osservò il palazzo.
Era una magione cittadina, il che se da un lato significava difese molto più contenute rispetto ad una dimora isolata nella campagna del Bannon, voleva anche dire che, se le cose fossero andate storte, la via di fuga non sarebbe stata agevole. In più era pieno giorno, e questo non le avrebbe facilitato il lavoro. Per questo i proprietari potevano permettere di lesinare sulla sorveglianza: era quasi una follia sgattaiolare in pieno centro abitato. Le labbra di Dubhe si piegarono in un sorriso cinico: a meno di non essere disperata, non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Certo, era uscita senza problemi da situazioni peggiori, ma sapeva che in quelle occasioni, più che la destrezza, giocava una buona quantità di fortuna. E la fortuna non dura per sempre.
Fece un paio di volte il giro dell'edificio, cercando di stabilire se fosse cambiato qualcosa dalla sua ultima vista; si spostò sul lato esposto a nord per avere la certezza di trovarsi nell'ombra. Da lì osservò la posizione delle guardie, studiandone a lungo il percorso, sebbene dentro di sé qualcosa le strepitasse di muoversi. Calma!, si impose. A loro il peggio che possa capitare è che io arrivi troppo tardi. Non corrono rischi. Non corrono rischi. Non corrono rischi...
Trattenne l'ansia e seguì le ronde sotto le mura, finchè non fu assolutamente certa di aver compreso l'itinerario e i tempi. Ovviamente, c'erano dei vuoti, c'erano sempre: un sistema poteva essere perfetto, sulla carta, però le sentinelle erano umane, e come tali erano soggette a fame, sete, sonno... distrazioni. Quando fu ragionevolmente sicura delle proprie possibilità, agì. Avrebbe preferito attendere ancora, ma non aveva tutto quel tempo: se era vero che non si trovavano a rischio immediato di vita, ogni istante che passava era un mucchio di cose in più che potevano accadere a Shianni e alle sue amiche. Raccolse una pietra e la lanciò, premurandosi di fare rumore.
Toc. Toc. Toc.
Il sasso rimbalzò sul viale acciottolato, svolgendo egregiamente il suo compito.
Bene. Adesso toccava a lei.

Cos'è stato?”, chiese una delle due guardie.
Un gatto, forse”, replicò l'altra.
Dovremmo controllare?”
Mah, non penso...”
Non sembravano particolarmente ansiosi di lasciare la loro postazione. Certo, probabilmente con quello che li pagano... riflettè la ragazza.
Con una punta di irritazione, raccolse un rametto e lo spezzò. Il gesto mise in allarme gli uomini, che adesso non potevano proprio negare che un qualcosa non meglio definito fosse nel cortile.

Vanir, vai tu?”
Ti guardo le spalle...”
Muovetevi, dannazione a voi! L'arle doveva pagarli davvero poco.
Finalmente la prima guardia, quella che aveva ipotizzato la presenza di un gatto, mosse qualche passo in direzione dei cespugli e, rincuorata dalla mancanza di qualunque reazione da parte degli stessi, si fece più ardita e avanzò ancora. Quando Dubhe fu certa che fosse uscita dal raggio visivo della sentinella rimasta davanti alla porta, le scivolò alle spalle e le serrò un braccio attorno alla gola, calandogli il pomolo del pugnale sulla tempia. Era altamente impreciso, il metodo che stava usando: certi uomini venivano appena storditi da una pressione che ad altri spezzava il collo, per non parlare del raggio di imprevedibilità di un oggetto chiaramente non costruito per essere un'arma contundente. Ma non voleva uccidere, se non era necessario, e nell'immediato non aveva gli strumenti per fare altrimenti... qualche giardiniere aveva premurosamente ripulito il parco da ogni pezzo di legno utile allo scopo, e procurarsene uno avrebbe di sicuro destato più attenzioni del necessario. E non aveva avuto il tempo di acquistare dei narcotici. Fu fortunata, e la guardia si accasciò ai suoi piedi, svenuta. Ne avrebbe avuto per qualche ora.
La nascose in mezzo ai cespugli e si rimise in agguato: il suo compagno, Vanir, sarebbe venuto a cercarla. Sentì il rumore dei passi ritmati dell'uomo, il suo respiro nervoso... Dubhe tese i muscoli, pronta a scattare.
Col senno di poi, dovette riconoscere di aver fatto un errore di valutazione, dettato dalla fretta. Ciò non era perdonabile, certo, ma almeno le offriva una spiegazione per ciò che era accaduto... altrimenti sarebbe stata costretta a constatare un'impressionante calo delle proprie abilità. L'errore che aveva commesso era molto semplice: le armature non davano modo di esaminare a fondo gli uomini che erano al loro interno; se fosse stata notte, così da potersi avvicinare di più, e se ne avesse avuto tempo, avrebbe dedicato un'analisi molto più accurata alle sentinelle... e questo non sarebbe accaduto. Ma in quel momento ci fu solo un attimo per pensare: la ragazza era balzata con l'agilità di un felino addosso all'uomo, gli aveva serrato il braccio attorno alla gola... per accorgersi che al guardia era molto più robusta della precedente. Se l'avesse saputo avrebbe corretto la presa... se l'avesse saputo... L'uomo si divincolò. Si sarebbe liberato, nessun dubbio a proposito; la sua stretta era troppo debole, mal calibrata. Nella testa di Dubhe passò un solo pensiero: chiamerà aiuto. Guidata dall'istinto, la sua mano aveva rovesciato il pugnale e, ancor prima di rendersi conto di cosa stava facendo, l'aveva passato sulla gola della guardia, da un orecchio all'altro, in un'esplosione di sangue.
Il momento parve dilatarsi, durare in eterno, le goccioline di sangue sospese nell'aria che ad una ad una cadevano sulla sabbia, ma in realtà si svolse tutto in un istante. La ragazza si ritrovò ferma lì, imbrattata di sangue, con la mano ancora serrata sul manico dell'arma, la mente sconvolta dall'orrore. Oh non era l'aver ucciso che la preoccupava, quanto le sue conseguenze.
Cadde in ginocchio, tossendo e tenendosi il torace minuto, che si agitava come se dal suo interno qualcosa stesse cercando di spaccarle le costole. Sollevò di scatto al testa, e dalla bocca le sfuggì un gemito che si tramutò in un ringhio roco. Sembrava innocua come una bambina, in preda al suo misterioso male, ma guai a chi l'avesse avvicinata!
Con quello che parve un enorme sforzo di volontà, trasse dal tascapane una fiaschetta. Se la portò alla bocca e ne inghiottì un minuscolo sorso. L'effetto fu istantaneo: subitanea com'era giunta, la crisi si dissolse, e Dubhe si ritrovò boccheggiante nella sabbia. Ma non c'era tempo per boccheggiare... non poteva sapere esattamente quanto rumore avesse fatto durante il suo misterioso male, ma presto qualcuno avrebbe trovato lei e lo scempio che aveva fatto. Togliersi da qui, pensò. Nascose anche il corpo della seconda guardia, e rivoltò il terreno e i rami per celare, almeno il parte, il sangue.
Squadrò con aria critica il proprio lavoro: avrebbe retto, almeno ad un esame non proprio accurato.
Adesso devo proprio sbrigarmi...
La ragazza si guardò intorno prudentemente, fece qualche passo indietro, prese la rincorsa e con un salto si aggrappò alle mura, cominciando ad arrampicarsi.

La stanza era buia, senza finestre. Forse era quella la cosa peggiore di tutte, pensava Shianni, l'incertezza, essere tutte là rinchiuse senza sapere quando sarebbe accaduto ciò che doveva accadere. Erano tutte ragazze realistiche, sapevano che dal matrimonio non avrebbero avuto l'umo che sognavano, ma almeno sarebbe stata una cosa onesta, e si sperava che le coppie venissero assortite tenendo conto delle rispettive parti in gioco. E ora, invece... Ci chiameranno puttane e dovremo diventare quelle che tutti pensano. Ma chi ci vorrebbe accanto, adesso?
Creatore proteggici, Creatore proteggici, Creatore proteggici...”
Basta! Era possibile che non sapessero dire altro? Il Creatore era ben lontano da quello spaurito gruppo di elfe, a giudicare da come erano andate le cose. Una alla volta, e non sapevano chi e quando sarebbe stata la prossima... Sobbalzavano ad ogni scricchiolio, certe che la loro ora fosse giunta... e invece non accadeva niente. In un angolo della mente si chiese se ci fosse qualcuno che si stava divertendo a camminare su e giù davanti alla porta, solo per farle star male.

Creatore proteggici, Creatore proteggici, Creatore proteggici...”
Il Creatore era sufficientemente imprevedibile anche nei confronti dei Suoi supposti prediletti, come dimostrava il fatto che la sacerdotessa aveva potuto fare ben poco per opporsi quando Vaughan e i suoi erano arrivati; come potevano pretendere che si occupasse di loro, che non erano nemmeno umane, bensì elfe, la razza contro cui la Chiesa aveva dovuto proclamare una Sacra Marcia per ricondurrla dall'eresia alla luce della fede?

Creatore aiutaci, Creatore proteggici, Creatore proteggici...”
Ed erano ancora peggio gli altri discorsi che sentiva:

Ascoltate, noi... faremo quello che vogliono... torneremo a casa e... e cercheremo di dimenticare tutto questo.”
Hai ragione. Se opponessimo resistenza sarebbe peggio.” Questa era Valora. Per un attimo Shianni si sentì dispiaciuta per il fratello, a cui toccava sposare una tale idiota.
Sarà peggio se non resisteremo!”, sbottò. Ma capiva bene che era inutile discutere con quelle oche.
Si alzò, incapace di starsene ferma e tranquilla. Era così immersa nelle sue cupe riflessioni e contemporaneamente atterrita da ogni fruscio, che quando una mano le si chiuse sulla bocca, non si stupì di non essersene accorta. Stava per dibattersi, cercare di liberarsi, quando una voce le sussurrò: “Buona!”
Conosceva quella voce!

Dubhe?”
Sì.”
Come...?”
Non c'è tempo...”
Si interruppe; la sua presenza alle spalle dell'elfa si dissolse, tanto che questa barcollò leggermente. Si voltò, scrutando l'oscurità: niente. La ragazza, com'era arrivata, era svanita.

Dubhe?”
La serratura scattò e la porta si aprì.
Shianni strinse istintivamente gli occhi, accecata dalla luce improvvisa. Peccato di non poter serrare anche le orecchie.

Salve, sgualdrine.... siamo qui per accompagnarvi alla festicciola di Lord Vaughan”, disse un uomo dalla voce rude. Quando riuscì a mettere a fuoco meglio i dettagli, notò che era accompagnato dalle guardie dell'arle e che indossava egli stesso una corazza, quindi doveva essere un capitano o qualcosa del genere. Non che la cosa avesse importanza.
Tu prendi quel fiorellino rannicchiato nell'angolo. Io e Horace prenderemo la sposa sciatta e l'ubriacona...”
Non abbiate paura, ci comporteremo da perfetti gentiluomini”, garantì una delle guardie con un sorriso che non prometteva nulla di buono.
Shianni sospirò: avrebbe voluto reagire come si era ripromessa, ma in quel momento si rese conto di quanto futile sarebbe stato, di quanto ridicola sarebbe apparsa una piccola elfa che pretendeva di affrontare quegli uomini, chiaramente addestrati. E di come per la piccola elfa sarebbe andata a finire...
Così rimase inerte mentre la guardia la sollevava, trasportandola verso un fato sconosciuto, ma fin troppo prevedibile.
Dubhe, dove sei?

Dubhe era lì, in effetti. Avvolta nel mantello e nascosta in una zona d'ombra, che restava cieca al fascio di luce che poteva proiettare la porta, si era resa praticamente invisibile. Che bella situazione: aveva fatto quanto era nelle sue capacità per arrivare il prima possibile, senza commettere errori o farsi scoprire... le sarebbero bastati anche solo cinque minuti in più, accidenti! Anche la beffa...
Celata nel suo angolino, aveva riflettuto sul dafarsi: una parte di lei le urlava di andare via, che lei non centrava nulla con quella situazione, mentre cinicamente la sua altra metà – metà che recentemente tendeva a farsi avanti un po' troppo spesso – le diceva che ormai era in ballo, e doveva ballare. Doveva passare per l'enclave, aggiunse spietata la sua mente, e con che coraggio avrebbe osato presentarsi? Inoltre, se solo... Va bene! Va bene! Basta!
Aveva contato un ragionevole intervallo di tempo dopo il nuovo scatto della serratura e senza rumore di passi - poteva fidarsi del suo udito, purtroppo – quindi, estratto un set di grimaldelli, si era accanita sulla porta. La povera serratura resistette eroicamente una trentina di secondi, prima di essere sopraffatta e scattare... attutita da una mano che si era chiusa sulla toppa.
Dubhe non era diventata quella che era senza prestare attenzione ai dettagli.
La porta aveva cigolato, al trattamento non troppo gentile delle guardie, ma la ragazza la fece scivolare quel poco che bastava ad infilare in mezzo il suo corpo sottile, per poi richiuderla con cautela. Nemmeno un rumore. Per un momento soddisfatta di sé, nonostante la situazione drammatica, Dubhe scivolò fra le ombre della magione, il mantello che le svolazzava dietro come un pipistrello scappato dall'inferno.

Si appiattì contro la parete, trattenendo il fiato e ringraziando per l'ennesima volta di essere così magra e minuta. Davanti a lei passò una pattuglia, non troppo diligentemente impegnata nel proprio lavoro, a giudicare dai discorsi che si udivano. Dubhe non era esattamente una ragazza cresciuta a latte e miele, ma ad ascoltare quelle conversazioni sentì comunque le guance andarle in fiamme più volte. Ma non permise che ciò la distraesse, restando immobile e controllando il respiro. Ecco, bravi. Sono solo un'ombra, non badate a me...
Gli uomini le passarono a nemmeno mezzo metro di distanza, per poi superarla e svoltare nel corridoio. Idioti, pensò sprezzante Dubhe.
Uscì dalla nicchia e attraversò l'ala dell'edificio, muovendosi in modo da restare sempre immersa nell'ombra. Quelle vecchie stanze polverose e il suo mantello scuro avevano buon gioco su quelle guardie, che probabilmente non avevano mai affrontato una rapina. Costosi soprammobili viventi, li definiva colei che era stata la sua guida, e la ragazza si trovò per l'ennesima volta a concordare. Aveva attraversato l'edificio senza mai dover ricorrere alle armi, abbandonando ben presto il piccolo randello di cui si era impossessata con una visita all'armeria. Adesso doveva trovarsi nella biblioteca: alle pareti, i ritratti degli arle di Denerim la fissavano altezzosi; per un attimo, ebbe l'impulso irrefrenabile di tirare giù quei quadri e farli a pezzi.
Calmati, si impose, e tanto per tranquillizzarsi tirò di nuovo fuori la boccetta, stappandola e annusandone l'effluvio. Sospirò: la maledizione aveva preso una piega davvero spiacevole, se le faceva desiderare la morte di persone ritratte in dei quadri... Non una buona notizia...
Le sue labbra si piegarono in un sorriso amaro: non fosse mai che le cose andassero nella maniera più semplice, per lei!

Correva. Ormai non c'era più nulla da fare: aveva ucciso, e presto qualcuno l'avrebbe scoperto. Dannazione!, pensò. Tutto per colpa di un gruppetto di soldati ubriachi. Davvero l'arle sembrava infischiarsene della disciplina... oppure aveva mandato a fare la ronda anche le guardie fuori servizio. Quegli uomini erano entrati nella stanza dove si trovava anche lei, costringendola a nascondersi dietro una tenda. E, naturalmente, avevano finito per barcollare e spintonarsi, andandole a finire proprio addosso. Ovvio, se qualcosa può andar male, lo farà. Insomma, quei deficienti le avevano fatto saltare il nascondiglio, ed era finita in un bagno di sangue. Oh, non avevano costituito una sfida eccessiva, ma lei – e nessun altro, pensò acidamente – anche se sarebbe stata capace di eliminare silenziosamente quegli uomini, non possedeva il dono di tornare indietro nel tempo per far tacere il casino che avevano fatto e le loro grida. E non aveva modo di sapere se qualcuno li aveva sentiti.... e fino a prova contraria, ciò significava che si sarebbe comportata come se fosse stata scoperta. Per questo correva attraverso le sale. Maledizione a te!, si rimproverava nel contempo. Complimenti, eh! Tanto, tu queste cose le fai tutti i giorni, vero? Ricordarsi che solitamente lei pianificava tutto con grande attenzione e in anticipo, soprattutto, non si gettava alla cieca in una dimora nobiliare al salvataggio di un gruppo di elfe, fu inutile. L'irritazione per quelle che reputava ovvie mancanze e, soprattutto, il senso di colpa per essersi fatta scoprire come una dilettante, per non aver commesso altro che errori, ai suoi occhi, da quando era entrata nella dimora dell'arle di Denerim, non si affievolivano.
Fortunatamente ormai non mancava molto. Le guardie erano state davvero generosissime a dare informazioni, con il giusto incentivo, beninteso.

La stanza era parzialmente oscurata, satura di odori. Vaughan poteva ritenersi soddisfatto. Dopo quello che avevano passato, era ragionevolmente sicuro che quelle elfe avrebbero smesso di alzare la testa. Era già tanto se sarebbero state in grado di tornare a casa senza sostenersi l'un l'altra; sorrise, con il compiacimento dei potenti quando se la prendevano con qualcuno più debole di loro. Era un vero peccato che con una di loro, quella con i capelli castani, si fossero spinti un po' troppo oltre, però, eh, se l'era cercata, no? Non era mica colpa sua se non era stata capace di rimanere al suo posto, no?
Ora, nella stanza restava solo quella sgualdrina con i capelli rossi, la stessa che l'aveva colpito con la bottiglia. Digrignò i denti: il bernoccolo faceva ancora male, ma ben di più lo tormentava il suo orgoglio: tutti, tutti quei dannati elfi avevano visto ciò che era accaduto! Devo far radere al suolo quella fogna, pensò.

P-per favore... basta... n-non fatemi del male...”,supplicava l'elfa. Oh, certo che te ne faremo, piccola puttana.
Signori, siete pronti per un altro giro?”
Nessuno ebbe il tempo di rispondere, perchè in quell'istante la porta esplose.

Esplose letteralmente, cedette sui cardini e si afflosciò di lato, penzolante. In controluce stava una sagoma minuta, avvolta in un mantello. Il figlio dell'arle sentì una spiacevole sensazione, guardandola. L'aveva già vista ma quando? E che ci faceva lì, chiunque essa fosse? Come aveva fatto a superare tutte le guardie?
Le doamnde potevano aspettare.

Prendetela”, ordinò.
Per quel che valse, a loro onore bisogna dire che ci provarno.
Il primo afferrò una spada da dove le avevano gettate e le si avventò addosso, ma la figura si limitò ad afferrarlo per il braccio con cui reggeva l'arma, tirarlo a sé e tagliargli la gola, lasciandolo cadere a terra a soffocare nel sangue. Il secondo fu più prudente, ma ugualmente dopo poche stoccate finì infilzato sul pugnale dell'avversario.
Vaughan fece per raggiungere la spada, ma la figura fu più rapida, premendovi un piede sopra e calciandola via. Quindi sollevò una mano e si sfilò il cappuccio.

Il nobile trasalì. Non è possibile... Davanti a lui stava la medesima ragazza che si era presa gioco di lui, poche ore prima. “Non puoi fare questo!”, protestò incongruentemente. “È illegale!”
Illegale?, pensò Shianni. Stuprare le ragazze, che cos'è, invece?

Mio padre è l'arle, chiamerò le guardie e...”
La giovane si chinò su di lui. Vaughan pensò che volesse dirgli qualcosa... invece questa aprì la bocca e sibilò.

Gli odori la colpirono con la forza di una mazzata. I suoi sensi erano stati acuiti dalla maledizione, certo, ma forse solo in quel momento si rese conto della sua reale portata. Nel piccolo ambiente si mescolavano sudore stantio, il tanfo penetrante degli umori corporei, ma soprattutto sangue. In un angolo della mente, la ragazza notificò che doveva trattarsi di sangue verginale, ma ormai non aveva più importanza. Quegli odori la prendevano alla gola, allontanando in fretta quanto di umano c'era in lei.
Lo stress, la tensione, la stanchezza, la rabbia si unirono insieme in un miscuglio di sentimenti... potenzialmente letali.
Nel buio del petto di Dubhe, due occhi rossi si spalancarono.
Un ringhio che solo lei poteva sentire le risuonò nelle orecchie.
Sangue...
La parte cosciente della ragazza si rese conto orripilata di ciò che stava per accadere, ma non si fermò.
Non ci riuscì, o forse semplicemente non volle.
Aprì la bocca e sibilò.

Sangue...

Shianni cercò di guardare la scena che aveva davanti, ma non ci riuscì; spostò lo sguardo sulle ombre che si proiettavano sulla parete, più distanti, meno reali. Finchè guardava le ombre, poteva fingere che fosse un sogno.
Dubhe si era chinata su Vaughan e, per quanto al cosa potesse sembrare inverosimile, l'aveva sollevato con una mano sola. In quel momento dalla sua bocca era uscito un sibilo, e l'elfa aveva a cominciato ad avere i primi dubbi su ciò che stava vedendo. Ma queste furono considerazioni che fece a posteriori. In quegli attimi non c'era il tempo per pensare razionalmente, solo per guardare sconvolta il teatrino che si spiegava davanti ai suoi occhi.

Vaughan si trovò a guardare gli occhi della ragazza, e in quel momento si accorse che erano rossi, di un rosso rubino scurissimo, quasi nero.
In quel preciso istante, lei lo morse alla gola.

Sangue!
Nella mente di Dubhe non c'era posto per altro. Le sue mascelle si chiusero di scatto sulla pelle tenera della gola dell'uomo, la barba tagliata corta le punse per un attimo le labbra, e poi tutto scomparve in un'esplosione di rosso. Non è vero che i colori sono solo immagini visive. In quel momento il rosso era un colore violento, un sapore caldo e metallico, un liquido che le sia appiccicava alla pelle, un suono viscido che si univa al rantolo del respiro spezzato, mentre oltre alle vene del collo i suoi denti laceravano la trachea di Vaughan.
E poi la torsione del capo all'indietro, la carne strappata con violenza e quel sapore inconfondibile della vita che abbandonava il corpo, quel sapore di vittoria.
Girò la testa. In un angolo, una piccola elfa stava rannicchiata e tremante, con i vestiti strappati.

Dubhe...”, mormorò questa.
Il mio nome, riconobbe con distacco la creatura.
Non aveva più importanza.

Carne per la mia fame.
Sangue per la mia sete.

Shianni guardò la figura che avanzava verso di lei, con i vestiti macchiati di sangue, la bocca che grondava del liquido rosso, negli occhi un'espressione di folle ferocia. Chiuse violentemente gli occhi, e in quegli istanti raccomandò l'anima al Creatore, anche se era un'elfa, anche se difficilmente Egli l'avrebbe accolta nella Sua Città Dorata.
Chiuse gli occhi per non vedere, e attese la fine.
Una mano le sfiorò la spalla.

Stai bene?”
 

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Con i miei tempi!

   
 
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