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Autore: Sonea Effe    24/03/2013    0 recensioni
Una festa in maschera.
Tante persone invitate ma solo poche si conoscono veramente.
Una ragazza abituata a nascondersi, a stare nell'ombra che per la prima volta nella sua vita decide di mettersi in gioco.
Un gioco che qualcuno è pronto a rovinare.
- Fece correre lo sguardo sull’acqua, fissando il suo volto riflesso e per poco, non rischiò di caderci dentro dallo spavento. Era così concentrata nel suoi pensieri che non si accorse che qualcuno le era comparso di fianco. Quel qualcuno che ora la stava fissando attraverso il riflesso increspato dell’acqua con un sorriso sadico in volto. -
Genere: Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Per te, Rossa

Buon compleanno.

 
 

Ninfee*

 
 
 
 
Luci viola, blu e rosse.
Luci soffuse che si spandevano per la stanza rendendo l’atmosfera ancora più misteriosa di quanto non fosse già. Tutto era avvolto nella penombra. Figure indistinte si muovevano sensualmente al centro della sala, seguendo la musica lenta che rimbalzava sulle pareti.
Aveva oltrepassato la soglia, stanca di restare all’esterno nella vana attesa del suo cavaliere ed era entrata in quel locale. All’improvviso, tutti i presenti si voltarono verso la nuova arrivata. O forse era semplicemente la sua impressione. Si sentiva come una modella che ha appena svoltato l’angolo per andare sulla passerella, quando dal buio totale si trova immersa nella luce più accecante.
Una luce rossa, molto più potente delle altre, le si puntò addosso per quello che le parve un minuto, ma che in realtà poteva essere durata un secondo. E si immaginò tutti gli sguardi rivolti verso di lei. Lilian odiava essere al centro dell’attenzione.
Era abituata a nascondersi per paura di rovinare la reputazione del suo ragazzo, ma lui questa condizione non gliel’aveva mai fatta pesare.
Lui era una persona di un certo livello, grazie al suo lavoro e lei non era altro che una comunissima ragazza che doveva lavorare per pagarsi gli studi.
Lui capo dell’impresa di famiglia a soli 27 anni, lei una semplicissima bibliotecaria.
Lei, abituata a stare dietro scaffali polverosi, solo per quella sera aveva preso in pugno la situazione e si era fatta avanti.
Non c’erano state richieste obbligatorie sull’abito delle dame, ma lei aveva voluto osare. Il festeggiato aveva imposto poche regole sull’abbigliamento: uomini con un completo esclusivamente nero e donne assolutamente colorate. L’unica cosa in comune era una maschera che celava il volto di ogni invitato. Nessuno sapeva il perché di quella scelta, visto che tutte le persone presenti si conoscevano. Ma il mistero, la segretezza attirava chiunque.
Lilian, per quella sera, non aveva scelto un vestito anonimo. Per una volta nella sua vita, aveva deciso di uscire dagli schemi. D’altronde, non avrebbe mai potuto presentarsi in jeans e maglietta, ad una festa così importante.
 
L’abito di seta color verde smeraldo brillava sotto le luci tenue della sala. Sorretto da due spalline molto fini, l’abito si apriva sul davanti con una scollatura che lasciava intravedere l’inizio dell’incavo tra i seni. La vita era circondata da una cintura alta di tessuto del medesimo colore del vestito. La gonna lunga presentava uno spacco al centro che lasciava scorgere le gambe ad ogni minimo movimento ed un piccolo strascico nella parte posteriore. Ma quello che caratterizzava il vestito non era il colore o la forma. Ma una profonda scollatura lasciava la schiena della ragazza completamente nuda, decorata dalle sole spalline.
Lilian non aveva voluto aggiungere nessun accessorio al suo corpo, se non per un bracciale composto da quattro fili di perline argento, l’una separata dalle altre, come a formare un polsino. Quel vestito era molto particolare e un gioiello in più avrebbe rischiato di rovinarlo. L’acconciatura era molto semplice. Aveva deciso di lasciare il collo scoperto, raccogliendo i capelli castano chiaro in uno chignon scomposto. Morbidi boccoli ricadevano dai lati, alcuni arrivando alle spalle, altri troppo corti per terminare su di esse. Due grandi occhi verdi resi brillanti dal trucco marcato, spiccavano dalle fessure della maschera che non era molto elaborata. Era semplice e graziosa, proprio come la persona che la indossava. Le ricopriva parte della fronte, fino al naso, lasciando le guance e la bocca scoperte. Grigio chiaro il fondo, ricco di ricami argentati, e argento i contorni esterni e degli occhi. Sul lato sinistro, presentava due petali verde smeraldo, molto grandi uniti al centro da una perla argento da cui partivano dei fili del medesimo colore. Anche i contorni dei petali richiamavano quelli della maschera.
 
Si guardò intorno. Cercò di riconoscere qualche volto, ma le maschere e la luce glielo impedivano. E il fatto che gli uomini fossero vestiti tutti allo stesso modo non aiutava per nulla.
Come avrebbe fatto a riconoscerlotra la folla?
Come se l’avessero chiamata ad alta voce, si girò di scatto, incontrando due occhi marroni, sorridenti appartenenti alla sua amica Carlotta. Si prese un attimo di tempo per osservarla mentre le si avvicinava. Indossava un abito color corallo, molto semplice, attillato quanto bastava per far risaltare il suo fisico asciutto, senza spalline e con la scollatura a cuore. Un’arricciatura sul fianco sinistro increspava l’abito fino alla vita. La cucitura particolare si chiudeva sulla coscia con un piccolo fiore del medesimo colore, da cui partiva poi un profondo spacco. La gonna a sirena cadeva morbida, fino alle caviglie e da essa sbucavano un paio di sandali oro, con un tacco non esageratamente alto per l’altezza naturale della ragazza. I capelli castano scuro quasi nero le ricadevano sulle spalle in morbidi boccoli. Le ciocche che solitamente lei spostava per non averle davanti al volto, ora erano raccolte posteriormente grazie ad un fermacapelli che richiamava il colore delle scarpe.
La sua maschera era rossa con ricami oro e le copriva la parte alta del volto. Sul lato destro, la decorazione ricordava molto delle lingue di fuoco che si innalzavano oltre la fronte di Carlotta.
 
Le due ragazze rimasero a due passi di distanza, scrutandosi negli occhi, semplicemente sorridendosi. Fu la ragazza in rosso corallo a sciogliere il ghiaccio.
-          Devi far colpo su di lui, vero? –
-          Beh, non mi dispiacerebbe –  ammise quella in verde.
Stavano parlando della loro scelta dei vestiti, quando ad un certo punto lo vide. Era dall’altro lato della sala impegnato in una discussione con qualcuno che non riusciva a riconoscere. Indossava un completo nero tranne per la camicia. Il colore della camicia non era stato specificato e lui aveva scelto il bianco che risaltava sotto la cravatta anch’essa scura. Lilian teneva gli occhi fissi su di lui, non per studiarlo, ma per attirare l’attenzione su di sé. Dopo poco, il ragazzo, probabilmente sentendosi osservato, si girò e incrociò il suo sguardo. Lo vide abbassare gli occhi, per notare come era vestita e poi, riportando gli occhi nei suoi, le sorrise. Un sorriso che non aveva nulla di malizioso. Era semplicemente un sorriso.
Non poteva capire cosa lui e lo sconosciuto si stessero dicendo, ma poteva intenderne il significato. Il ragazzo mise la mano sul braccio di quello che gli stava di fronte e iniziò ad incamminarsi, a passo lento, verso di lei. Lilian distolse lo sguardo per concentrarsi sulle parole dell’amica e soprattutto per non farsi scoprire a fissarlo. Quando fu abbastanza vicino, gli rivolse un’occhiata e notò che si era fermato a pochi passi da loro. Lui alzò un braccio, portandosi l’indice all’altezza della bocca, intimandole di rimanere in silenzio. Le sfuggì un sorriso che l’altra ragazza interpretò come risposta alla sua battuta, ma in realtà non sapeva veramente a chi era rivolto. Ad un certo punto, Carlotta sobbalzò rischiando di far cadere il bicchiere che teneva tra le mani. Due mani grandi le si erano posate all’improvviso sui fianchi, facendola spaventare e interrompendo il discorso a metà. Una risata cristallina giunse alle orecchie di entrambe e scoperto il proprietario di quelle mani, la ragazza iniziò a insultarlo.
-          Diego! Razza di cretino! Mi hai fatto prendere un colpo! –
-          Oh, su - disse il ragazzo alle sue spalle - Era un semplice scherzetto. Sei troppo tesa, ragazza mia. Vieni a ballare con me –
concluse la sua moina con un inchino degno di un gentiluomo.
-          Da quando hai imparato cos’è la cavalleria? –
scherzò la sua ragazza, portandosi il bicchiere alle labbra per schermare il sorriso che stava affiorando pian piano.
-          Da quando lei - sottolineò il fatto che si stesse riferendo a Lilian  - mi ha dato lezioni –
-          Ti devo ringraziare allora, Lily - disse Carlotta sorridendo - Mi hai fatto un enorme favore –
poi si avvicinò a lei, così che fosse Lilian l’unica che potesse sentire le sue parole
-     Sei sicura che posso andare? Non voglio che tu stia qui da sola –
-          Vai. Non preoccuparti per me. Vado a sedermi, questi tacchi mi stanno distruggendo –
-          Ora ti riconosco! - esclamò la ragazza dal vestito rosso e oro - Mi chiedevo quanto ancora avresti retto! E ora veniamo a voi, mio cavaliere. Accetto la vostra offerta –
afferrò la mano del ragazzo e si spinsero in mezzo alla folla per immergersi nelle danze.
Diego e Carlotta non erano fidanzati da molto, ma la loro relazione era molto forte. Erano fatti per stare insieme. Litigavano spesso e molte volte per colpa del carattere sbarazzino di Diego. Ma non riuscivano a stare lontani l’uno dall’altra.
Lilian li guardò sparire tra la gente e con un sospiro, si girò per andare a sedersi, ma incidentalmente si scontrò contro qualcuno. Alzò la testa mortificata e quello che incontrò furono due occhi marrone cioccolato, così simili a quelli della sorella, che la maschera non era stata in grado di celare ed un sorriso le dipinse il volto.
-          Ho dovuto impiegare tutta la mia immaginazione per capire chi ci fosse sotto queste vesti –
Ammise il ragazzo con un sorriso
-     Ma devo dire che senza l’aiuto di Diego non ci sarei mai riuscito. Sei incantevole. –
-          Adesso non essere esagerato. È solo un vestito! –
-          Sempre la solita, eh? Se non fossi già impegnata, stai certa che saresti stata la mia preda della serata –
-          Vai a trovare qualcun’altra giovincella che cada ai tuoi piedi, nanerottolo -  
disse la ragazza sorridendo. Il nanerottolo in questione era Filippo, un ragazzo di vent’anni così alto che neanche con i tacchi lei riusciva a raggiungerlo. Lilian si divertiva a chiamarlo in quel modo a causa del fatto che lui fosse nato qualche mese dopo di lei.
-          Hai intenzione di confonderti con le decorazioni della sala? - la scherzò Filippo, facendo un passo in avanti - Visto che da quando sei arrivata non hai fatto altro che spostarti dall’entrata al tavolo delle bevande -
Lei gli diede una pacca sul braccio.
 -     Simpatico, molto simpatico. Che fai, ora mi spii? -
-      Te l’ho detto - disse accennando un movimento con la mano, come se fosse ovvio - Dovevo capire chi fosse quella creatura misteriosa vestita di verde che mi ha imprigionato occhi e cuore –
sbatté velocemente le ciglia, inumidendo quegli occhi marroni da cucciolo.
-      Allora mi dispiace di averti rovinato la serata. Chissà che delusione scoprire che sono io, vero?
-      Non sai quanto sono addolorato! -  ammise mettendo una mano sul cuore e il dorso dell’altra sulla fronte, mimando uno svenimento  - Però - disse tornando serio - credo che per farti perdonare, un ballo tu me lo possa concedere -
-      Solo uno, però - lo ammonì puntandogli l’indice contro il petto.
-      Certo - esclamò lui illuminandosi  - non vorrei togliere la possibilità a quei poveri gentiluomini
       che come me non riescono a toglierti gli occhi di dosso. Beh, almeno io ho avuto il mio
       momento di gloria. Ammirate e soffrite, gente! -
-      Fili, non urlare! -
-      Ma chi vuoi che mi senta! La musica è talmente alta che faccio fatica a sentirmi io stesso! -
-      Filippo, fattelo dire. Sei un buffone –
e accompagnò le parole con una smorfia di dolore.
-      Non sono un buffone, tanto per mettere in chiaro le cose. Potrei elencarti i nomi di almeno
       quattro baldi giovani che vorrebbero essere al mio posto. Potresti stupirti con alcuni nomi -
Lei evitò di ribattere, sapendo che con lui sarebbe sempre stata un’inutile perdita di energie e nient’altro.
-          Allora, non mi inviti a ballare? –
Chiese Lilian con un sorriso. Filippo non parlò. Si limitò ad allungarle la mano che lei accettò subito. Andarono verso il centro della pista ed iniziarono a seguire la musica di sottofondo che li guidava. Il tempo scorreva e pian piano, la sua tensione si stava sciogliendo. Appoggiò la fronte sulla spalla del ragazzo, stando attenta che la maschera non si spostasse. Continuarono a ballare quando ad un certo punto, una sensazione di fastidio le colpì la schiena. Una strana sensazione, come quella di sentirsi osservata. Alzò la testa e cercò di sbirciare oltre la spalla di Filippo da dove provenisse quello sguardo così insistente.
-          È qui nei paraggi, non ti preoccupare - le sussurrò il ragazzo, intuendo la sua agitazione
-          È arrivato molto prima di te, ma non credo che si mostrerà a breve. Si sta solo tenendo in disparte per non venire qui ad uccidermi. Se gli sguardi lo potessero fare.. –
-          Fili non fare il melodrammatico - suggerì lei.
-          Non sto amplificando la cosa, giuro! - esclamò con enfasi - Si è nascosto perché tu non lo possa vedere. Ma fidati, non ti perde mai di vista. E nemmeno me –
-          Fili, lo sai quanto sia possessivo - gli disse lanciandogli un’occhiata di scuse - Se vuoi posso cercare di far-
-          No -  la interruppe lui - So quanta fatica ha fatto per averti. Il suo comportamento è più che comprensibile. Anche io farei come lui, se avessi una ragazza come te. Soprattutto se vestita in questo modo-
ammiccò, lasciando correre i polpastrelli delle dita sulla schiena nuda di lei.
-          Sei un vero amico, lo sai? - lo abbracciò più forte.
-          Mi basta essere questo con te -
Gli voleva bene. Gli voleva bene davvero. Filippo, come sua sorella Carlotta, era un ragazzo d’oro. Sapeva di poter contare su di lui per qualsiasi cosa perché lui non l’avrebbe abbandonata. A volte era un giocherellone, ma quello era una sua caratteristica. Non lo avrebbe cambiato per nulla al mondo.
Chinò nuovamente il capo sulla sua spalla e restarono così, a ballare, fino alla fine della canzone. Poi lui la scostò dolcemente da sé, per guardarla direttamente negli occhi.
-          Vado a cercare qualche altra dama da importunare. Credo che mia sorella non mi perdonerà mai se non le concedo il ballo che le avevo promesso-  disse facendo l’occhiolino
-          Vai, allora. Non sia mai che Carlottasi arrabbi e mandi a monte la festa di Daniele -
Lui le sorrise e dopo averle scoccato un bacio sulla fronte, si allontanò e scomparve tra la folla.
Lilian si sentiva nuovamente sola e fuoriposto. I suoi amici stavano ballando e lei se ne rimaneva lì, al centro della pista da ballo, completamente immobile e da sola. Sentiva la testa completamente vuota, se non per quella strana sensazione di fastidio che non l’aveva ancora abbandonata. Prima che il suo cervello potesse dare l’ordine, le sue gambe si mossero conducendola verso un divanetto posto in una zona abbastanza buia della sala e leggermente nascosta. Si sedette, stanca e dolorante, e con un gesto poco educato, si tolse le scarpe. Non gestiva più quelle trappole infernali. Stava per togliere la seconda scarpa quando avvertì un movimento con la coda dell’occhio. Si girò velocemente, ma dietro di lei non c’era nessuno. Solo una porta che conduceva all’esterno. Una porta che lasciava filtrare un fascio di luce. Si girò nuovamente guardando davanti a sé, ma poi si accorse di un particolare.
La porta, quando si era avviata verso il divanetto, era chiusa.
 
Mossa dalla curiosità, si rimise la scarpa che aveva appena tolto e si incamminò all’esterno controllando che nessuno la seguisse. Aprì la porta e se la chiuse alle spalle velocemente con la paura che qualcuno la scoprisse. Fece vagare lo sguardo su quello che si presentava di fronte: era uno spettacolo magnifico. Un cortile illuminato da piccole lampade si apriva davanti ai suoi occhi. Diede un’occhiata su tutto lo spazio che le stava di fronte e si accorse che a sua volta, il cortile si affacciava su un parco. Si incamminò verso un sentiero e cominciò a camminare tra gli alberi. Per la seconda volta, decise di togliersi le scarpe, convinta che potesse camminare meglio a piedi nudi su quell’erba corta e con quelle abbandonò anche la maschera. Lì fuori, da sola, poteva essere semplicemente se stessa, senza aver paura della sua identità. Camminò per un po’ addentrandosi sempre di più nel parco ma gettando occhiate alle sue spalle per non perdere di vista il locale della festa. Probabilmente nessuno si era accorta della sua scomparsa, ma in quel momento tutto ciò che le importava era scoprire dove la portasse quel sentiero. Si fermò e, alzando la testa sopra di lei, nei punti in cui le chiome degli alberi non le celavano la vista, scorse il cielo blu scuro tempestato di stelle.
Sorrise. Le era sempre piaciuto vedere le stelle.
Chiuse gli occhi e in quel momento si sentii felice. Era ancora sola, ma la sensazione improvvisa di essere protetta da qualcosa, o da qualcuno, l’aveva avvolta come una calda coperta durante una fredda giornata d’inverno. Era come la mano di una madre che aiuta una bambina appena caduta a rialzarsi. Una sensazione calda, morbida e rassicurante.
Aprii gli occhi e abbassato il volto, continuò a camminare. Tutto intorno a lei era silenzioso, tranne che per il frusciare del suo vestito sull’erba. L’erba fresca sotto i piedi era un sollievo rispetto al caldo della temperatura. Raccolse il vestito, senza stropicciarlo eccessivamente, per evitare che la facesse inciampare e iniziò a correre, ridendo da sola come una bambina. Correva e si sentiva esplodere dalla felicità, nonostante quello che gli serviva per essere veramente felice, si trovava lontano da lei.
Arrivò a quello che immaginava fosse il centro del parco, bloccandosi all’improvviso. Davanti a lei, delimitato da una piccola staccionata, c’era un laghetto rotondo. Si avvicinò piano come se avesse paura di farsi scoprire, notando sempre più particolari. Nell’acqua non sembravano esserci pesci, ma sulla sua superficie c’erano tante ninfee bianche e rosa tenue.  Se ne stavano posate sulle loro foglie, dando un tocco di colore e bellezza a quel posto magico. Come attratta da una calamita, allungò una mano, sfiorando con una carezza la foglia più vicina a lei. Fece correre lo sguardo sull’acqua, fissando il suo volto riflesso e per poco, non rischiò di caderci dentro dallo spavento. Era così concentrata nel suoi pensieri che non si accorse che qualcuno le era comparso di fianco. Quel qualcuno che ora la stava fissando attraverso il riflesso increspato dell’acqua con un sorriso sadico in volto.
-          Che c’è? Hai visto un fantasma? –
Le chiese l’altra persona che si specchiava nel laghetto. La ragazza si girò di scatto, alzandosi in piedi e allontanandosi di un passo.
-          Devo proprio farti paura, se ti allontani - continuò ridacchiando l’ospite indesiderato - Eppure non mi sembrava di aver scelto dei vestiti così spaventosi, anzi –
fece un giro su di sé, allargando le braccia, per mostrale il suo completo.
-          Ch- che cosa ci fai qui? - chiese Lilian titubante  - Mi hai seguita? –
-          No, cara - disse alzando gli occhi su di lei - Tu hai seguito me, perché io volevo così -
Le sembrava di essere in un labirinto. Faceva vagare gli occhi per cercare una via di fuga, ma ovunque guardasse, non c’era niente che la conducesse verso l’uscita.
-          Che cosa vuoi da me? –
le chiese assottigliando gli occhi. La persona che le stava davanti non prometteva nulla di buono. Lo aveva sempre saputo che non si fermava davanti a nulla e trovarsi lì, da sola, in quella situazione, non la tranquillizzava.
-          Oh, nulla da te in particolare. Solo una chiacchierata –
-          Io non voglio parlare con te. Me ne vado –
-          Oh no! –
 le disse afferrandole un braccio.
-          Non mi toccare –
Soffiò Lilian tra i denti come un gatto arrabbiato squadrando la mano della ragazza come se potesse staccargliela a morsi.
-          Va bene, va bene - disse alzando le mani in segno di resa - Ma non ti permetto di andare via. Non adesso che ti ho in pugno –
-          Non osare farmi qualcosa - la minacciò Lily, sperando di spaventarla - Sono uscita dal salone e ci sono persone che mi hanno visto entrare. Non ci vorrà molto per scoprire la mia assenza –
-          Non ti preoccupare, cara. Non voglio ucciderti - disse per poi sussurrare - Anche se la proposta è allettante - le lanciò un’occhiata derisoria - Voglio solo parlare –
-          Tu non hai mai voluto solo parlare con me –
sputò con rabbia, ma facendo contemporaneamente un altro passo indietro. Con persone del genere era sempre meglio tenere la guardia alzata. Erano capaci di colpirti al fianco senza che tu potessi accorgertene.
-          Beh, si è vero. E anche questa volta hai ragione. Perché non voglio parlare di te ma… -
lasciò la frase in sospeso, facendo correre lo sguardo finchè non si soffermò sull’edificio in lontananza
-          Ma di quel bel pezzo di uomo che ti porti sempre appresso e che tratti come un cagnolino. Ma dimmi, come mai non si è ancora fatto vedere? –
ghignò, riportando lo sguardo sulla ragazza.
Lo sapeva. Avrebbe dovuto immaginare che sarebbe finita così. La ragazza, quel mostro richiuso in un corpo di fanciulla che le stava di fronte, era sempre stata contraria al rapporto che era scaturito tra Lilian e Christian. Non l’aveva mai sopportata, fin dalla prima volta che le era comparsa davanti. L’aveva sempre guardata con aria disgustata, come se fosse un grande insetto con le gambe. Tutto questo odio nei suoi confronti scaturiva dal rapporto che lei e Christian avevano. Era stato burrascoso all’inizio, ma poi con il tempo, il disprezzo era diventato qualcosa di molto più passionale, che alla fine si era trasformato in amore. E lei non lo aveva mai accettato. Aveva adorato Christian per molti anni, quando il suo unico scopo era rendere la vita di Lilian un inferno. Poi, quando aveva capito che le attenzioni del ragazzo avevano preso un’altra piega, aveva deciso di prendere il posto di quest’ultimo e di far soffrire la ragazza in ogni maniera possibile.
-          Questi non sono affari tuoi –
-          Oh, certo. Perché ormai siete legati da un filo invisibile, vero? Allora, perché non si è fatto vedere? Non ti sei posta la domanda, eh? –
sapeva che lo stava facendo per farla preoccupare. Ma con lei, la migliore tattica era mantenere il sangue freddo.
-          No, certo che non te la sei posta - continuò - Eri così impegnata a ballare con qualsiasi uomo ci fosse alla festa per accorgertene.  
Lei era così. Attaccava per ricevere una reazione, per poi cadere nella parte della vittima.
-          Ma dimmi. Christian non ti soddisfa più? Prima Diego, poi Filippo, che folla –
-          Piantala – la interruppe
-          Oh no, che non la smetto. Mi sto così divertendo –
disse ridendo. Una risata che di divertente non aveva nulla.
-          Non ti do il permesso di giudicare quello che faccio. Tu non sei nessuno per permetterti di parlarmi così –
Lilian chiuse le mani, abbandonate lungo il fianco, in un pungo conficcandosi le unghie nella carne, per evitare di muoverle contro la ragazza che aveva di fronte.
-          Non sono nessuno? Beh, cara. Si da il caso che io sia una persona importante, di un certo livello, mentre tu sei solo l’ombra di una di esse -
Prendendo un respiro profondo, pensando alle conseguenze nel caso in cui si fosse messa ad urlare avrebbe attirato troppa attenzione, Lilian si morse il labbro fino a sentire il sapore del sangue e senza replicare, le diede le spalle per andarsene.
-          Stavamo parlando, se non ti dispiace! Porta rispetto ai tuoi superiori! –
Le urlò l’altra, avvicinandosi velocemente. Lilian però si accorse del movimento improvviso e riuscì a scostarsi all’ultimo.
-          Ti ho detto che non mi devi toccare - le ripeté nuovamente senza girarsi - Tu non sei un mio superiore. Solo perché hai un anno in più di me, non vuol dire che io ti debba rispettare. Io porto rispetto solo alle persone che se lo meritano. E tu non te lo meriti per niente, Ludovica. Non te lo meriti affatto -
Aveva pronunciato il suo nome con talmente tanto odio che la ragazza si fronte a lei aveva spalancato gli occhi. E stavolta era stata lei a fare un passo indietro.
Quel livello di cui Ludovica parlava era proprio quello riguardante la sua posizione nel mondo del lavoro. Sapeva che Lilian era una bibliotecaria che guadagnava il necessario per vivere e pagarsi gli studi e ne approfittava sempre per sbatterle in faccia il fatto che lei fosse la segretaria di una ditta importante, quella del ragazzo di Lilian. Si vantava di avere quella posizione e non perdeva occasione di ricordarle la differenza che correva tra loro due. Lilian incassava le frecciatine ed evitava di risponderle. Sapeva che Ludovicala odiava a causa della relazione della ragazza con il suo amato capo, ma questa volta aveva tirato troppo la corda. E si sa, quando la corda è troppo in tensione, va a finire che si spezza.
-          E tanto per chiarire una cosa -  si girò verso Ludovica che era ancora ferma immobile
-          Io so dov’è Christian. L’ho sempre saputo. Adesso, prova un’altra volta a venire da me a rinfacciarmi cose che non esistono e non me ne starò più calma come adesso – 
le disse con voce tagliente  - Non provare ad avvicinarti a lui o ti farò pentire di averlo fatto. Sei
      solo una ragazzina che si crede un’adulta. Ma sappi che se vai avanti così, ti ritroverai da sola.
      E non venire a piangere da me, quando succederà. Perché non ti aprirò nemmeno la porta di
      casa. Addio –
e con quel saluto concluse la sua arringa. La sua rabbia aveva raggiunto un livello talmente alto che sarebbe stata capace di prendere a pugni un albero.
Camminava con passo sostenuto verso il locale che aveva lasciato pochi minuti prima, ripercorrendo il percorso che prima aveva intrapreso con sentimenti così diversi. Si chinò a raccogliere la maschera che indossò stando attenta a non rovinare l’acconciatura con le mani tremanti e le scarpe che aveva abbandonato sull’erba quando si era messa a correre. Ad un tratto, sentì un movimento poco lontano da lei. Si rialzò con le scarpe in mano.
-          Non sono stata abbastanza chiara, prima? Vuoi che ti ripeta tutto dall’inizio? –
 disse tenendo gli occhi chiusi e rimanendo concentrata per evitare di lanciarle contro una scarpa
-          Oh, si. Sei stata chiarissima -
Aprì gli occhi di scatto, lasciando improvvisamente le scarpe che caddero nuovamente sull’erba con un tonfo silenzioso. La voce, quella voce che le era giunta alle orecchie era così diversa da quella che si era aspettata. Non era acuta, non era fastidiosa e irrisoria. Quella voce era calda, accogliente e bassa. Una voce che avrebbe riconosciuto tra mille. Si girò lentamente fino a che non incontrò la sua figura a pochi passi da lei. Il completo scuro obbligatorio per la serata, la camicia anch’essa scura così come per la cravatta, risaltavano il suo fisico asciutto. Fece vagare lo sguardo sul suo corpo fino ad incontrare il suo volto. Quando gli sguardi si incatenarono, lei sentì che tutta la rabbia che si era impossessata precedentemente di lei, svanì in un soffio, lasciando posto alla sensazione che non l’aveva abbandonata per tutta la sera. Sapeva che lui era rimasto lì, accanto a lei, anche se non fisicamente. Gli corse incontro lasciandosi avvolgere dalle sue braccia, così confortevoli, respirando a pieni polmoni dopo attimi di apnea. Il primo vero respiro dopo la comparsa di Ludovica. Si immerse nel suo profumo, quel profumo che metteva spesso e che lei adorava. Il battito lento del suo cuore la stava tranquillizzando e la cadenza del suo respiro era come una ninna nanna.
-          Hai visto tutto? - chiese con la voce attutita dalla camicia di lui.
-          Si -  ammise soffiando quel monosillabo sui suoi capelli - e devo ammettere che sei stata davvero brava. Sei riuscita  trattenerti quando si vedeva che volevi spaccarle la faccia –
-          Mi ha attaccata mirando e centrando il mio punto debole. Non so come ho fatto a fermarmi. Forse perché sentivo che c’eri tu da qualche parte –
-          No - disse Christian accarezzandole la schiena - ti sei dimostrata molto più matura di lei. Non sono intervenuto perché volevo fartela cavare da sola e ho fatto bene -
Gli si strinse maggiormente contro e dopo attimi indefiniti, lui le alzò il volto facendo incontrare gli sguardi. Occhi azzurri contro occhi verdi. E poi, con una lentezza incredibile, le tolse la maschera.
-          Quando sei con me, non hai bisogno di indossarla. Io voglio vedere come sei veramente –
 le disse e la baciò cercando di trasmettere tutte le parole non dette che non hanno lo stesso effetto se dette con la voce.
 
-          Perché non ti sei fatto vedere prima? –
 chiese Lilian mentre raccoglieva per la seconda volta le scarpe dall’erba.
-          Volevo vedere come andava la serata - disse Christian - E poi mi piaceva guardarti da lontano –
-          Ma non hai salutato nessuno, o solo me? –
-          Non ho fatto altro che parlare con Carlotta e Diego per tutta la sera. Loro sapevano dov’ero –
-          Traditori –
soffiò la ragazza mentre, riprendendo a camminare, si strinse al fianco del suo ragazzo.
-          Si sono divertiti a vederti così spaesata - disse sorridendo - se non fosse stato per quel ficcanaso di Filippo -
-          Chris… -  lo ammonì Lilian
-          ..ti avrei fatto una sorpresa comparendo all’improvviso - continuò come se non avesse sentito il suo richiamo - Ma a quanto pare ha svelato le mie carte –
-          Non ha fatto nulla di male –
ammise la ragazza appoggiando il lato del volto al braccio di Christian.
-          E poi, la sorpresa me l’hai fatta lo stesso. Se non fosse per te, starei fumando dalle orecchie come una ciminiera –
sorrisero. Lui la fermò, una volta arrivati al cortile.
-          Sei un incanto Lily, stasera. Non credo che riuscirò a starti lontano, ora che ci siamo incontrati -
-          E allora non farlo -
Si baciarono ancora e poi Christian le porse la maschera che le aveva tolto in precedenza. Lei la indossò e quando rialzò lo sguardo, notò che anche lui aveva messo la sua. Alla luce della luna, i suoi occhi azzurri brillarono di emozione e il suo cuore si riempì di gioia quando realizzò che quello sguardo era solo per lei. Lo prese per mano e gli sorrise. Poi si incamminarono e varcarono ancora una volta la soglia del locale.
Questa volta, insieme.
 
 
 
 
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* Ninfea: in inglese “water lily”


  
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