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Autore: bastii    24/03/2013    0 recensioni
Lily Potter ha quasi tredici anni, due fratelli iperprotettivi, una moltitudine di cugini impiccioni e delle amiche fuori di testa. Aggiungeteci tre Serpeverde autoproclamatesi regine dell'investigazione, un biondino che sembra essere nato per darle il tormento e una nuova arrivata poco gradita: la vita ad Hogwarts non potrà che essere un delirio.
Importante: Questa storia altro non è che la vecchia "Una ragazza normale...o no?". La sto riscrivendo daccapo e l'altra è stata cancellata.
Dal cap.4: "Era bello vivere così, a mille, con il sorriso onnipresente sulle labbra. Non c’era mai stato nessun problema o incomprensione tra loro, nessun ragazzo a dividerle – del resto nessuna delle due si era mai innamorata seriamente- tutto liscio come l’olio.
Ma Lily avrebbe dovuto immaginarlo, che l’adolescenza non sarebbe stata liscia, piatta, calma. L’adolescenza era tutto un procedere a zigzag, era turbolenza, perturbazione e lei stava per lasciare l’occhio del ciclone per imbattersi nella tempesta. Ciò che riteneva saldo, inamovibile, presto si sarebbe incrinato irrimediabilmente. "
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Roxanne Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Lily/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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                                                                  4. Venerdì sera

Qualche giorno dopo la trovata pubblicitaria in grande stile delle Hizamo, ad Hogwarts non si parlava d’altro. 
Far sparire gli aeroplanini per i professori era stato un gioco da ragazzi, un po’ meno individuare il colpevole. Una volta appurato che i Potter-Weasley, una volta tanto, erano estranei alla faccenda, non restavano molti altri possibili indiziati.

Le artefici di tutto quello scompiglio sogghignavano compiaciute, nell’ombra, sicure del loro anonimato.
Era un’idea nata un po’ per gioco, quella dell’agenzia di investigazione, ed in effetti si stavano divertendo un mondo, ma non avrebbero mai pensato che potesse suscitare tanto interesse. In pochi giorni le Hizamo avevano ricevuto una quantità spropositata di gufi e la cosa stava iniziando a sfuggir loro di mano. Presto avrebbero dovuto escogitare un altro sistema per venire contattate, dato che l’elevato numero di pennuti alla loro finestra avrebbe potuto sollevare dei sospetti.
Le ragazze dovevano guardarsi soprattutto dalle loro compagne di dormitorio, visto che si prospettava sempre più difficile agire alle loro spalle. La Warrington ficcava il naso sempre dove non doveva, quanto alla Rebbs, si faceva i fatti suoi, ma non era stupida e prima o poi si sarebbe fatta delle domande su tutto quel viavai.

Alyssa aveva avuto così tanto da fare che non aveva neanche trovato il tempo di aggiornare Lily sulle sue ricerche, rivelatesi un autentico buco nell’acqua.
Aveva ricostruito i movimenti di Brianna Campbell prima che giungesse in Inghilterra, ma non era emerso nulla di scottante sul suo passato. Madre francese e padre inglese, aveva trascorso l’infanzia in Francia e si era iscritta a Beuxbatons, dove aveva frequentato fino al quarto anno; poi, a Settembre, il padre aveva ricevuto un’importante offerta di lavoro dall’Inghilterra e così la ragazza aveva fatto richiesta per poter frequentare il quinto anno ad Hogwarts, seppur con un mese di ritardo.
Alyssa non aveva trovato nulla su cui scavare, la storia era verosimile e, per quanto poco usuale, non era strano che uno studente cambiasse scuola.

Certo, Brianna sapeva essere irritante anche solo quando salutava, ma l’antipatia personale non era un elemento sufficiente per supporre che non fosse chi diceva di essere. L’avrebbe continuata a tenere d’occhio, se non altro per fare un favore a Lily (i Grifondoro sapevano essere incredibilmente testardi quando si convincevano di qualcosa), ma dal canto suo la riteneva abbastanza innocua.

Si diresse verso la finestra, ormai tempestata da cacche di gufo, la aprì e venne investita da una tonnellata di lettere. Qualche secondo dopo la porta si aprì e Alyssa si voltò di scatto, temendo si trattasse di Janice, o peggio, della Warrington. Per fortuna era solo Scarlett. Sarebbe stata un’impresa ardua, tentare di arrangiare una spiegazione.

-Dobbiamo trovare una soluzione.- Esordì Alyssa, completamente sommersa da fogli di carta.

-Lo credo bene. Questa puzza di escrementi è insopportabile!- Disse Scarlett, arricciando il naso.

-Un Gratta e Netta risolverà tutto, non è quello il problema. I gufi attirano troppo l’attenzione. Ormai gravitano qui intorno da giorni. Dobbiamo pensare a qualcos’altro…qualcosa di meno riconducibile a noi.-

-Tipo?-

-Tipo, non lo so! Ci serve un’idea.-

Dopo svariati minuti di riflessione, Scarlett si arrese, frustrata.

-Ouff! Non è possibile, non mi viene in mente niente. Eppure siamo noi i geni del male!-

-Sai cosa ti dico? Forse è il caso di chiedere aiuto ai piani alti.-

-Non vorrai mica andare dai Grifondoro?!-

-Non sia mai. Saranno loro a trovarci, come sempre. Dopotutto bisogna ammettere che, seppur imperfetta, la mente dei Potter - Weasley produce sempre qualcosa di geniale.-

-E va bene. In effetti potrebbero lasciarsi sfuggire qualcosa di utile, proprio quando noi, per puro caso, ci troviamo lì nei paraggi…-

Alyssa sogghignò compiaciuta, in perfetto stile Serpeverde.

-Vedo che hai colto ciò che intendo. Stanotte agiremo.-

 

 

 

 

***

 

 

Lily e Roxanne erano quel genere di amiche che la gente prendeva sempre per sorelle. Non tanto per l’aspetto fisico, quello no, visto che non avrebbero potuto essere più diverse.

Lily era minuta, pallida, aveva incantevoli occhi color zaffiro –eredità di nonno Arthur- ed una chioma rossa inconfondibile. Roxanne era molto più alta della cugina, con quelle gambe chilometriche che popolavano i sogni di parecchi ragazzi, ed era dotata di una bellezza esotica, frutto dell’unione dei tratti tipicamente inglesi del padre e di quelli afro della madre. Pelle scura, lunghi capelli lisci, occhi neri come il carbone, Roxanne era una specie di venere nera che si lasciava dietro una lunga scia di cuori infranti.

Nonostante la parentela, fisicamente non avevano nulla in comune. Ciò che induceva all’errore era la loro inquietante intesa, quasi condividessero un unico cervello. Pensavano le stesse cose, si completavano le frasi a vicenda e quando sui loro volti compariva lo stesso malizioso sorriso, si poteva star certi che guai molto grossi erano in arrivo.

Le due cugine vivevano in simbiosi, nonostante la differenza d’età. Erano l’incubo dei professori, la disperazione dei propri genitori ed il sogno di tutti i ragazzi. Erano spesso oggetto di pettegolezzi, ma a loro non importava molto di smentire o confermare. Si divertivano a stare al centro dell’attenzione e a fare le sciocche. Per non parlare di tutte le volte che si erano beccate una punizione, il più delle volte separatamente perché i professori ritenevano che scontare le punizioni insieme per loro fosse una pacchia (e non avevano tutti i torti).

Era bello vivere così, a mille, con il sorriso onnipresente sulle labbra. Non c’era mai stato nessun problema o incomprensione tra loro, nessun ragazzo a dividerle – del resto nessuna delle due si era mai innamorata seriamente- tutto liscio come l’olio.

Ma Lily avrebbe dovuto immaginarlo, che l’adolescenza non sarebbe stata liscia, piatta, calma. L’adolescenza era tutto un procedere a zigzag, era turbolenza, perturbazione e lei stava per lasciare l’occhio del ciclone per imbattersi nella tempesta. Ciò che riteneva saldo, inamovibile, presto si sarebbe incrinato irrimediabilmente.

Non poteva saperlo, ovviamente, né credeva ai presentimenti, ma avvertiva uno strano grumo allo stomaco da parecchi giorni. Era un groviglio di sensazioni a cui non era in grado di dare un nome, qualcosa di assolutamente sgradevole ma che non riusciva a buttare fuori.
Quella sera si era allenata con più foga del solito –era sempre un buon modo per sfogarsi- ma quando era scesa dalla scopa, la spiacevole sensazione era tornata a materializzarsi, più ingombrante di prima.

Nelle scale quasi si scontrò con Lysander, persa com’era nei suoi pensieri.

-Buonasera splendore.- Il ragazzo le fece un inchino che le strappò un sorriso. –Come mai questa faccia desolata?-

-Mmm, credo di avere un cinghiale sullo stomaco. –

Lui scoppiò a ridere per l’assurdità dell’affermazione, ma Lily non offrì ulteriori spiegazioni. Non che a Lysander potesse o volesse nascondere qualcosa, ma non le sembrava il caso di annoiarlo con i suoi sbalzi umorali, se così si potevano chiamare.

-Allora, mio bel principe, mi accompagni fino alla torre?-

-Volentieri, mia incantevole dama. -

Giocavano spesso ad interpretare i ruoli di principe e principessa, era un passatempo iniziato da bambini e che continuava a divertirli abbastanza, nonostante tutto si facesse più equivoco col passare degli anni. Certo, Lysander era un bel ragazzo, ma Lily era abbastanza sicura che non fosse il suo tipo. Era troppo buono, gentile, disponibile, sensibile…troppo perfetto, in un certo senso. A volte credeva che fosse gay, perché nessun altro ragazzo sarebbe stato ad ascoltarla così a lungo. Poi notava come la guardava ed era costretta a ricredersi. Le scappò un sorrisino.

-Perché sorridi?-

-Nulla, mi è venuta in mente una cosa…-

-Sei enigmatica oggi. Non mi sveli nulla di ciò che pensi.-

-Oh, ma non c’è bisogno che io te lo dica. Mi capisci fin troppo bene.-

-Hai ragione. Allora immagino che tu stessi pensando a me?- Tirò a indovinare lui, con fare scherzoso.

-Tesoro, ma è ovvio. Tu sei sempre nei miei pensieri!- Rispose in falsetto. Poi, dopo qualche secondo, con voce normale:- Ok, però adesso basta fare gli scemi.-

Lysander rise. Sapeva bene quanto Lily potesse essere frivola, ma al tempo stesso quanto odiasse comportarsi da oca.

-Bene milady, siamo arrivati. Ti lascio, seppur con il cuore gonfio di dolore per dovermi da te distaccare.-

-Oh, piantala!- Fece lei, fintamente esasperata.

-Ai suoi ordini, principessa. Ci vediamo a cena.- La salutò lui, mandandole un bacio.

Lily lo guardò allontanarsi per le scale e poi pronunciò meccanicamente la parola d’ordine. Non vedeva l’ora di buttarsi sotto l’acqua bollente e farsi una bella doccia rilassante. Peccato che - come scoprì quando salì in camera- il bagno fosse occupato.

-Chi c’è?- Chiese. Pensava che le sue compagne fossero già andate a cena, visto che solitamente gli allenamenti finivano tardi e nessuna di loro aveva mai dimostrato il buon cuore di aspettarla.

-Io...- La voce di Estelle giunse, un po’ tremolante, da dietro la porta

-Es?! Non sei andata a cena?-

-No, volevo aspettarti.-

-Pff. Bugiarda.-

-Ook. Allora diciamo che stavo facendo una cosa…-

Lily iniziò a spazientirsi. –D’accordo, facciamo che non mi interessa. Perché non apri la porta?-

-Sei proprio sicura? Vuoi che lo faccia davvero?-

-Oh, insomma! Muoviti!-

-D’accordo. Io ti ho avvisato però. Quindi non ti spaventare.-

-Ti vedo tutte le mattine senza trucco e con i capelli scompigliati, mi sono mai spaventata?-

Estelle però esitava ancora. Lily non capiva cosa le prendeva.

-Promettimi di non ridere.-

-Non riderò.-

-Promettilo!-

-Prometto. Adesso apri, dai!-

Estelle aprì la porta, piano. Sembrava quasi che volesse nascondersi.

-Es, che è succ…? Oh Godric!- Lily si portò le mani alla bocca, lottando con tutte le sue forze per non scoppiare a ridere in faccia all’amica, che sembrava invece sull’orlo delle lacrime.

-Non ridere, stronza! Non ridere! Hai promesso!- Urlò, mentre la picchiava con una spazzola, col risultato che a Lily venne da ridere ancora di più.

-Ma che hai fatto, scema?-

Estelle aveva i capelli completamente rosa. Rosa shocking. Considerando che era una ragazza di origini africane, quindi dalla pelle scura e i capelli crespissimi, l’effetto era ancora più raccapricciante.

-Ho sbagliato la pozione! Volevo tingerli, ma non di questo rosa di merda!-

Lily cercò di non ridere, l’amica aveva bisogno di tutto il suo supporto. Ci sarebbe stato tempo per riderci su, in seguito.

-Ma perché l’hai fatto? Erano bellissimi prima.- Disse, e lo pensava davvero. Estelle aveva lunghi capelli neri che teneva sempre acconciati in elaborate treccine, legate con elastici dai mille colori.

-Non è vero. Erano una merda, punto e basta. Erano una merda prima e ora lo sono ancora di più. Una merda. Una merda rosa. Di’, si è mai vista una merda rosa shocking in giro? No? Vorrà dire che da oggi sarò la prima merda rosa del mondo! Un applauso per Estelle! Urrà!-

-Ma ti vuoi calmare, brutta pazza psicopatica???-

-No, non ce la faccio!- Si sedette sulla tavoletta del water, sconsolata. -Volevo cambiare, sembrare diversa, dire addio alla vecchia Estelle…-

-Oh, Es. Non mi dire che è per Fred che hai fatto tutto questo!-

I suoi occhi pieni di lacrime erano una risposta più che eloquente.

Lily non sapeva cosa dirle, trovava davvero triste ridursi così per un ragazzo che non l’aveva mai degnata d’uno sguardo. Dopotutto, Fred poteva anche essere un idiota - anzi, lo era di sicuro, se aveva iniziato ad uscire con la Campbell- ma certamente non era un Legilimens, quindi non sarebbe mai potuto venire a conoscenza dei sentimenti di Estelle, dato che lei non si era mai dichiarata. Non le sembrava carino ricordarle tutto questo, così l’abbracciò e basta, perché era quello che le amiche facevano.

-Scommetto che ti sembro una stupida. Ma non credevo che potesse fare così tanto male…-

-Certo che mi sembri una stupida. Lo sei, indubbiamente. Ma a me piaci così, con tutti i tuoi difetti. Non hai bisogno di cambiare. Certo, io non sono Fred Weasley, ma…ehi! Non sono forse altrettanto bella?-

Estelle scoppiò a ridere.

-Megalomane. Non stavamo parlando di me, adesso?-

-Certo. Dov’ero rimasta? Ah sì, sei una stupida, un’idiota, una pazza senza speranze, in più adesso con questi capelli sembri un clown scappato da un circo (sai quelle robe babbane…), ma non per questo devi fingere di essere una persona che non sei. Voglio dire, lo sai che Fred è un idiota e la Campbell una sgualdrina, ma ci sono tante altre persone nel mondo che tengono a te, persone che magari adesso ti vorrebbero vedere a cena con un bel sorriso addosso!-

-Apprezzo il tuo tentativo di ‘politically correct’.-

-Eh?-

-Ma sì, quel tuo sostituire “sgualdrina” ad un ben più volgare “troia”.-

-Sì, ma non è questo il punto. Hai capito qualcosa di ciò che ti ho detto?-

-Sì, che nonostante tutti gli insulti che mi hai rivolto mi ami lo stesso.-

-Va beh, più o meno. Che ne dici di sgomberare il bagno, così io mi faccio una doccia e poi andiamo a cena?-

-È un piano fantastico, tesoro, ma credi davvero che io abbia il coraggio di farmi vedere in giro con quest’ammasso di merda?-

-Se vuoi ti rapo a zero, conosco una fattura che…-

-No, no, risparmiami, grazie. Ho visto cos’hai fatto al povero Malfoy.-

-Però bisogna ammettere che era davvero spettacolare.- Fece lei, gongolante.

-Ora non perderti nei tuoi ricordi di gloria. Ho bisogno di aiuto! Come faccio?-

-Senti, ci sono tre opzioni. Uno: scendi così e chissenefrega. Due: ti rapo a zero, così risolvi il problema e chissà, magari lanci una nuova moda. Tre: ti metti qualcosa in testa per coprirti e scendi.-

-Ma…-

-Quattro: non rompere le palle, sono stanca, affamata, voglio farmi la doccia e ti ho consolata abbastanza!- Lily entrò in bagno e sbatté la porta alle sue spalle.

Estelle le rivolse un gestaccio, poi si guardò allo specchio rassegnata. Si trovava semplicemente orribile.

-Bei consigli…- Fece, ironica. Ma in realtà adorava Lily e il suo essere sempre schietta e sincera. Apprezzava il modo in cui aveva cercato d’aiutarla, nonostante fosse evidente che non capiva come avesse fatto a perdere la testa in quel modo. Certo, per Lily era facile, a parte qualche cotta occasionale non si era mai presa una vera e propria sbandata e non poteva capire cosa si provava a sentirsi il cuore accartocciato. Non che non l’avesse preventivato. Prima o poi anche Fred si sarebbe innamorato di qualcuna, solo che stupidamente aveva sempre pensato che dovesse trattarsi di lei.
Quanto si sentiva ridicola, adesso. Ma Lily aveva ragione, non poteva cambiare per gli altri e soprattutto non poteva nascondersi. Doveva reagire e l’avrebbe fatto. Capelli rosa e tutto il resto.

 

 

 

 

***

 

 

 

Il venerdì sera era un’ istituzione, per i ragazzi di Serpeverde. Si riunivano in sala comune per giocare a carte, a notte inoltrata, quando i più piccoli erano già andati a dormire. Capitava, a volte, che qualcuno di loro sgattaiolasse per osservarli e carpire qualche segreto, nella speranza di prendere il loro posto, un giorno.
Le partite potevano durare anche ore, e proseguire il venerdì successivo, se non erano state portate a termine durante la nottata.

Le ragazze assistevano, parteggiando per l’uno o l’altro giocatore, ma se le cose andavano per le lunghe si ritiravano nelle loro stanze, annoiate e deluse per non essere state oggetto di attenzione. Del resto quello che a loro sembrava solo un noioso passatempo, per i ragazzi era una competizione intoccabile. Il venerdì sera non esisteva nient’altro. Si prendevano tremendamente sul serio, avevano rigide regole e una classifica generale che, alla fine dell’anno, decretava il migliore. Albus, che di quella classifica era il dominatore indiscusso, era ancora in attesa di qualcuno che riuscisse a sconfiggerlo.

Quell’anno andava molto di moda un gioco chiamato “quindici” o, più volgarmente, “culo”. Si distribuivano quindici carte, se ne pescavano due dal mazzo e se ne scartava una. Lo scopo del gioco era sbarazzarsi di tutte le carte in mano, anche se l’aspirazione massima rimaneva realizzare la scala reale. La difficoltà stava nel fatto che non si giocava con le carte babbane, ma con una loro versione magica. Si trattava di carte mutevoli, che cambiavano volto a loro piacimento ed in maniera del tutto imprevedibile. Le figure si spostavano da una carta all’altra, un otto poteva trasformarsi in un nove, una carta di fiori poteva diventare una di picche, rendendo così vano qualsiasi tentativo di imbastire una strategia.

Nessuno osava calare, per timore che la propria combinazione si trasformasse in qualcos’altro (erano previsti dei punti di penalizzazione per quell’eventualità), ma ancora peggiore era la prospettiva che qualcun altro, fortuitamente, riuscisse a chiudere prima che gli altri avessero calato. In quel caso, chi vinceva acquisiva tremila punti, mentre gli altri subivano una perdita di almeno mille punti.
Insomma, era un gioco complicato, dove l’unica cosa che contava era il fattore C, e Albus aveva dimostrato di averne parecchio.

Quella sera sedevano tutti vicino al caminetto, disposti a semicerchio attorno al tavolino. Albus stava mescolando meticolosamente il mazzo, Scorpius continuava a passarsi la mano tra i capelli ripetutamente, come a volersi assicurare che gli fossero ricresciuti davvero, Salomon fissava le fiamme con aria vagamente spiritata e gli altri – William, Martin e alcuni ragazzi del sesto e settimo anno- attendevano silenziosamente le proprie carte.

Le ragazze, eccitate da tutta quell’atmosfera di mistero, si producevano in una serie di risatine che Albus, solitamente deliziato dalle loro attenzioni, trovava estremamente seccanti. Cos’avrebbe dato perché ci fosse la Higgs, al posto di quella capra di Felicity Warrington!

L’infatuazione di Albus per Scarlett risaliva all’anno precedente, quando lui ci aveva provato con lei e la sua risposta era stata: -Uscirei con te, Potter, solo se io e te fossimo gli ultimi esseri umani rimasti sulla Terra e solo se, ovviamente, avessi poi tutta questa voglia di garantire la sopravvivenza della specie!-
Ricordava quella frase a memoria, compresa di virgole, pause e intonazioni. Per lui non poteva esistere dichiarazione d’amore migliore e se la sarebbe volentieri tatuata sul braccio, se solo non fosse stata una frase così lunga.

Distolse il pensiero dalla Higgs e dai suoi penetranti occhi neri, e si concentrò sul gioco. Notò che Salomon sembrava perso nel vuoto, ma non ci fece molto caso. Dato il suo largo consumo di sostanze più o meno illegali, era raro vederlo in condizioni normali.

Distribuì le carte, lentamente, e quando girò la carta che avrebbe dato il via alla partita, il chiacchiericcio si spense. Scorpius, alla sua destra, fu il primo a pescare e, mossa piuttosto prevedibile in quella fase del gioco, scartò senza calare alcuna combinazione. Le ragazze nel frattempo, capitanate da Felicity Warrington, si erano accomodate nei divanetti affianco, lanciando di tanto in tanto sguardi bollenti ai giocatori. Qualcuno ricambiava, come Esmond Flitt, un colosso del settimo anno dal volto tempestato di cicatrici, ma gli altri erano troppo concentrati sul gioco per prestare attenzione a quelle ridicole avances.

Dopo William fu il turno di Salomon, che sembrava non essersi accorto di niente. I suoi occhi erano due pozzi neri senza fine, la sua mente probabilmente in viaggio verso altri mondi.

-Ohi, Salomon.- Silenzio.

-Salomon?- Tentò ancora Albus.

-Eh?-

-Tocca a te!-

Salomon sembrò riscuotersi un attimo, i suoi occhi tornarono a focalizzarsi su ciò che lo circondava. Poi, senza dire una parola, si alzò, lasciò le carte sul tavolo e uscì.

-Ma che gli prende?- Chiese Flitt.

-Bastardo! Aveva due jolly! Ah no, adesso è un tre di fiori…- Disse Scorpius, che stava controllando le carte abbandonate da Salomon.

-Continuiamo.- Tagliò corto Albus, infastidito. Nessuno poteva abbandonare il gioco. Era scritto, faceva parte delle regole. Chi decideva di iniziare la partita poi doveva portarla a termine, non poteva tirarsene fuori.

Certo, c’era da dire che Salomon non si era mai curato delle regole, se non delle proprie. Era uno spirito libero, faticava ad accettare le convenzioni sociali e fuggiva da qualsiasi genere di legame. Detestava sentirsi intrappolato, ed era per quello che non aveva mai avuto una ragazza e nemmeno un amico.

Scorpius, Albus, William e Martin pensavano di essergli amici, e probabilmente era così, ma sicuramente non era vero il contrario. Salomon non si era mai interessato a loro, se non occasionalmente, e non conosceva il concetto di reciprocità. Viveva per se stesso, ma il suo non era egoismo, pensava Albus, era incapacità di adattarsi al mondo. La libertà era il suo ideale, il suo orizzonte che non avrebbe mai raggiunto.

Per Albus la libertà era vincere, era giocare a Quidditch, era poter cazzeggiare dopo aver dato gli esami, erano gli occhi di Scarlett, erano le torte di nonna Molly…Non riusciva a capire che per Salomon potesse essere qualcosa di più profondo, quasi un’ossessione che lo rendeva incapace di vivere nel mondo reale.

Non era mai riuscito a capire come funzionasse la sua testa, a volte ci provava, altre no, ma alla fine non gli restava altro che scrollare le spalle.

-Continuiamo.- Ripeté.

 

 

 

***

 

 

Le Hizamo amavano considerarsi le reginette dell’investigazione. Avevano occhi e orecchie dappertutto, un certo numero di inconsapevoli collaboratori e una discreta rete di conoscenze, che permettevano alle voci di giungere fino al loro quartier generale nei sotterranei. Amavano il loro regno e difficilmente lo abbandonavano (bisognava pur sempre proteggerlo dagli invasori), ma qualche volta la ricerca sul campo si rendeva necessaria. Non uscivano spesso allo scoperto, specie a quell’ora della notte –preferivano mandare in avanscoperta qualche malcapitato primino, succube della loro bellezza- ma quello era un problema da risolvere personalmente. Non potevano rischiare che certe informazioni cadessero nelle mani sbagliate.

Alyssa, Scarlett e Chantal, rigorosamente vestite di scuro per confondersi nell’ombra, attendevano nascoste dietro una colonna, appena fuori dai sotterranei. Era una buona postazione, la loro, se si voleva spiare i Grifondoro, dato che bazzicavano spesso lì nei paraggi con l’intenzione di fare esplodere l’intero dormitorio dei Serpeverde. Le Hizamo non erano mai riuscite a coglierli sul fatto, ma erano quasi sicure che dietro i numerosi ‘attentati’ alla loro sala comune ci fossero due Grifondoro abbastanza noti, James Potter e Fred Weasley.

Alyssa trovava abbastanza disturbante trovarsi a contatto con il fratello di Lily, sin da quando, durante il loro primo viaggio sull’espresso, aveva fatto irruzione nel loro scompartimento. Non le aveva staccato gli occhi di dosso per un istante e ancora, a distanza di tre anni, ogni volta che si incrociavano non riusciva a scacciare quell’orribile sensazione di sentirsi violata, seppur solo con lo sguardo. Sperò di non incontrarlo, o meglio, di non dover avere a che fare con lui.

Si trovavano lì, in speranzosa attesa, da circa venti minuti. Non sapevano cosa aspettarsi, per la precisione. Qualche impavido Grifondoro, sicuramente. Ma dopo? Cosa avrebbero fatto? Li avrebbero semplicemente spiati o sarebbero passate all’azione? Ma quale azione, poi?

Erano tutte intente a formulare questi pensieri e così concentrate su un punto al di là della loro colonna d’appostamento, che non si erano rese conto dell’arrivo di qualcuno alle loro spalle.

-BU!- La voce di Salomon echeggiò nel silenzio del corridoio. Le tre ragazze sobbalzarono per lo spavento e impiegarono i successivi cinque minuti a riportare il battito cardiaco ad una velocità normale.

-Vai a cagare, Salomon. Con affetto.- Gli sussurrò Chantal, la meno diplomatica del gruppo. Le altre due non si sarebbero mai espresse così volgarmente, ma sottoscrivevano appieno le sue parole.

Il ragazzo scoppiò a ridere e poi si allontanò, venendo inghiottito rapidamente dall’oscurità.

-Chissà dove va…- Mormorò Alyssa.

-Non me ne può fregar di meno. Sto ancora cercando di riprendermi dall’infarto che ci ha fatto venire!- Replicò Chantal.

-Sssh.- Le zittì Scarlett. Qualcuno si stava avvicinando e, a giudicare dal volume elevato delle voci, doveva trattarsi proprio dei Grifondoro. Avevano sempre la brutta abitudine di urlare, quando parlavano, come se esistessero soltanto loro. Scarlett li riteneva piuttosto fastidiosi.

-Buona la torta che ci ha dato Blinky.- Stava dicendo James Potter. Le ragazze fecero attenzione.

-Deliziosa. Chissà se al ritorno ce ne danno un’altra fetta.- Fu la risposta di Fred Weasley, il suo compare. Nella notte spiccavano soltanto i suoi occhi blu, per il resto sarebbe passato del tutto inosservato.

-Vuoi tornare alle cucine?! Fra un paio d’ore c'è la colazione!-

-Eh, che vuoi che ti dica, l’azione mi fa venire fame.-

-A proposito di azione, preso tutto?-

-Ho rubato qualcosa dall’aula di Nott, le scorte erano quasi finite. Andiamo?-

-Aspetta, fammi controll…- James si fermò di colpo. –C’è qualcuno qui.-

Le ragazze si appiattirono contro la parete, cercando di non fiatare.

-Dove ho messo la mappa?- Chiese, frugandosi le tasche.

-Forse l’hai dimenticata su…-

Mappa? Alyssa si annotò mentalmente quella parola.

James si stava ancora guardando intorno, quando Fred estrasse qualcosa dalla tasca, di vagamente somigliante ad un galeone.

-Uh oh. Messaggio di Rox.-

Alyssa trattenne un gridolino di giubilo.

-Che dice?- Chiese James.

-“Dietrofront”-

-Fantastico.-

James e Fred si dileguarono e le Hizamo ripresero a respirare normalmente. Alyssa era raggiante.

-Beh?- Chiese Chantal

-Ce l’ho! Ho la soluzione al nostro problema!-

-E sarebbe?-

-I Galeoni Comunicanti dei Tiri Vispi Weasley! Avete visto Weasley che ne tirava fuori uno, no? È un’idea geniale. Come ho fatto a non pensarci prima?-

-Non male. Forse sarebbe utile qualche modifica, però. Ci stanno messaggi troppo brevi…e noi stiamo ricevendo poemi!-

-Dietrofront…chissà cosa stavano architettando.- Disse invece Scarlett.

-E dai! Cosa ce ne frega. L’importante è che siano andati via senza averci scoperto.-

-E senza aver disintegrato i sotterranei, direi.-

-Dite che dovremmo passare al contrattacco, ogni tanto?-

-Naaa. Possiamo lasciare che siano i ragazzi a farlo per noi. Basta mettergli la pulce nell’orecchio…-

-Sei proprio malefica Lyss. Malefica e scansafatiche.-

Alyssa rise compiaciuta.

-Torniamo alla base, ragazze. Missione compiuta.-

 

 

Note:

Sono veramente imperdonabile :(

Non cerco giustificazioni, semplicemente mi dispiace di essere così incostante.

Innanzitutto: mi sono accorta di aver scritto una sciocchezza nello scorso capitolo. William, Scorpius, Salomon, Albus e Martin sono al QUINTO anno, non al sesto, come avevo erroneamente scritto.

Poi, due cosette su questo capitolo: spero non risulti troppo noioso, ma mi piaceva farvi vedere come mi immagino le serate dei Serpeverde. E sì, mi rendo conto di aver descritto le ragazze come delle oche, ma non tutte sono così, dai :)  
Salomon avrà un modo di agire e pensare tutto suo, ma c'è un motivo per cui ha mollato il tavolo da gioco, anche se Albus ovviamente non se lo immagina neanche.

E poi, chi di voi non si è mai sentito come Estelle-capelli-rosa-zucchero-filato? Desideroso di cambiare per farsi notare, per emergere dall'invisibilità?

Infine, ringrazio le persone che hanno recensito perché mi hanno dato una notevole spinta nel muovermi ad aggiornare. (La mia lentezza è illegale, ne sono consapevole!)

Come sempre, se avete pareri, consigli, domande o anche insulti, scrivetemi :)

Buona domenica,

Bastii

  
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