EPILOGO
-L'Angelo Nero-
Quando Franc, Thalia e Silla arrivarono alla caverna dov'era celato il passaggio segreto vi trovarono solamente Geral e pochi altri uomini, unici sopravvissuti di una catastrofe. Chiesero di Hayst, ma nessuno poteva sapere con certezza che cosa fosse successo. Il loro cuore era gonfio di rabbia e paura. Ora avevano quantomeno intuito chi era il loro vero nemico, ma non riuscivano ad immaginare come avrebbero potuto contrastarlo. Sapevano ancora troppo poco, troppe domande non avevano ancora trovato una risposta.
Tornarono a Kemoria, privati di qualcosa che andava ben oltre il loro generale o i loro uomini.
L'esercito che fino a poco prima faceva capo ai Lord reggenti si trovava di fronte a lui, schierato in maniera impeccabile a riempire il grande cortile. Nyphar si compiacque e sorrise, dietro la sua maschera. Un sorriso carico di malignità. Pregustava il momento della vendetta, ma doveva ancora recuperare le forze. Avrebbe sfruttato quell'esercito ancora per un po', come aveva fatto per secoli attraverso la voce dei governatori. Annuì, squadrando ogni singolo viso. Non vi trovò paura e ne fu felice. Non poteva permettersi di avere dei deboli sotto di sé.
No, i deboli dovevano morire, dovevano sopravvivere solo i più forti, abili e resistenti.
“Kemoria, andiamo.” disse, dispiegando due immense ali corvine.
Sperava con tutto il suo cuore corrotto che ci fosse qualche ribelle a spiare quel ritrovo. Sperava che le sue orecchie si colmassero di quel grido trionfale, che i suoi occhi fissassero quelle piume. Piume nere come il futuro.
Il futuro di un mondo senza speranza.
Da qualche parte, nascosto dalle montagne, un uomo uscì sul balcone di pietra del tempio. Lui sapeva la verità, sapeva il motivo per cui era lì. Sapeva anche che, presto, l'Angelo Nero sarebbe arrivato. Aveva avvertito la sua presenza, l'oscurità crescente. Seppe, in quel preciso momento, che nei prossimi giorni sarebbe successo quanto di peggio gli abitanti di Reevan avessero mai potuto immaginare. Sospirò, triste e spaventato allo stesso tempo. Si voltò e varcò le porte che davano all'interno.
Attendendo il momento in cui il destino del mondo sarebbe stato deciso.