°L'arte
dell'attesa°
Precedentemente...
Precedentemente...
~La ragazza si
sentì come se col proprio archetto avesse accarezzato la
corda giusta ed incuriosita volle provarci ancora, fece scorrere
quell'indice pericoloso lungo il dorso della mano ed il suo mignolo
tremò impercettibilmente. Notandolo sollevò lo
sguardo e si agganciò ai suoi occhi, senza più
riuscire a distoglierne lo sguardo. Sentendosi indagato Sesshomaru si
accigliò ma quelle sopracciglia minacciose stonarono
completamente col tono dolce dell'ambra dei suoi occhi, ancora
più con la piega delle sue labbra che vagavano da uno strano
stato di preoccupazione ad un più intenso tono di
disapprovazione. “Sesshomaru è una creatura
complicata, potersi rapportare con lui implica una serie di piccoli e
grandi regole da dover seguire. Non tutte queste regole sono scritte in
un libro però, a volte basta leggere gli occhi, i suoi non
mentono mai.”
«Non è vero che il Signor Sesshomaru non è capace di apprezzare gli umani, cosa ne vuoi sapere tu che non sai con quanto riguardo si è occupato di Rin!» La catena di parole dette tutte d'un fiato si bloccò d'un tratto su quella che era diventata la parola tabù e Jaken s'affrettò a fare l'indifferente, ma invano poiché Izumi si fece molto interessata. «Rin chi?»
Quello che vide Masa fu Sesshomaru e Izumi vicini mentre lei lo ringraziava, poco distanti da una buca. Inizialmente volle andare a chiedere cosa fosse successo ma vedere Izumi così vicino a Sesshomaru l'aveva bloccato e non seppe mai dirsi se fu un bene o un male. «Sesshomaru, tu mi piaci! Ti prego di accettare i miei sentimenti per quelli che sono.» Sia Masa che Sesshomaru alle parole della ragazza restarono muti e sorpresi, ghiacciati sul posto, e nonostante ciò entrambi già consapevoli, in qualche modo, di quella verità.
Sesshomaru analizzò con occhi spietati l'interno e rimase interdetto nel riconoscere su quella superficie la stessa immagine che aveva avuto modo di vedere soltanto riflessa sull'acqua o sulla lucida lama delle sue spade: la sua stessa immagine, ritratta a fianco di quella di Izumi. «Quello è ciò che noi umani definiamo ricordo, lo immortaliamo come ritratto per poterlo riguardare in qualsiasi momento vogliamo, consci che anche dopo la nostra dipartita qualcun altro potrà vedere il nostro ricordo rendendolo sempre vivo.»
Quando Masa la vide sorridere divertita, così vicina a lui e con le guance tinte di rosa si alzò sulle ginocchia trovandosi a due palmi dal suo volto. «Togliti dai piedi.» «Sesshomaru.» Sibilò Masa, amareggiato. «Izumi sta indietro, a lui ci penso io.» Le intimò Masa che si pose davanti a lei. «Non chiedo di meglio.» Fu il commento di Sesshomaru prima di sfoderare Bakusaiga. «Smettila, che vuoi fare con quella spada?!» Gridò Izumi scansando con la mano la katana del demone e nell'esatto momento in cui toccò la lama questa brillò e fumò inerte subito dopo. «Energia spirituale.» Affermò Sesshomaru squadrandola con diffidenza. Quando lo vide andarsene Izumi provò a fermarlo. «Non mi toccare, miko!»
Ciò che aveva attratto alcuni clienti e la cameriera era il curioso abbigliamento del tizio appena fuori il ristorante, che guardava fisso e torvo all'interno. A Izumi tremarono i polsi, non le bastò sgranare gli occhi e notare che tutti come lei lo vedevano, credette comunque di vaneggiare, suo solito. «Sesshomaru.» Sussurrò.~
«Non è vero che il Signor Sesshomaru non è capace di apprezzare gli umani, cosa ne vuoi sapere tu che non sai con quanto riguardo si è occupato di Rin!» La catena di parole dette tutte d'un fiato si bloccò d'un tratto su quella che era diventata la parola tabù e Jaken s'affrettò a fare l'indifferente, ma invano poiché Izumi si fece molto interessata. «Rin chi?»
Quello che vide Masa fu Sesshomaru e Izumi vicini mentre lei lo ringraziava, poco distanti da una buca. Inizialmente volle andare a chiedere cosa fosse successo ma vedere Izumi così vicino a Sesshomaru l'aveva bloccato e non seppe mai dirsi se fu un bene o un male. «Sesshomaru, tu mi piaci! Ti prego di accettare i miei sentimenti per quelli che sono.» Sia Masa che Sesshomaru alle parole della ragazza restarono muti e sorpresi, ghiacciati sul posto, e nonostante ciò entrambi già consapevoli, in qualche modo, di quella verità.
Sesshomaru analizzò con occhi spietati l'interno e rimase interdetto nel riconoscere su quella superficie la stessa immagine che aveva avuto modo di vedere soltanto riflessa sull'acqua o sulla lucida lama delle sue spade: la sua stessa immagine, ritratta a fianco di quella di Izumi. «Quello è ciò che noi umani definiamo ricordo, lo immortaliamo come ritratto per poterlo riguardare in qualsiasi momento vogliamo, consci che anche dopo la nostra dipartita qualcun altro potrà vedere il nostro ricordo rendendolo sempre vivo.»
Quando Masa la vide sorridere divertita, così vicina a lui e con le guance tinte di rosa si alzò sulle ginocchia trovandosi a due palmi dal suo volto. «Togliti dai piedi.» «Sesshomaru.» Sibilò Masa, amareggiato. «Izumi sta indietro, a lui ci penso io.» Le intimò Masa che si pose davanti a lei. «Non chiedo di meglio.» Fu il commento di Sesshomaru prima di sfoderare Bakusaiga. «Smettila, che vuoi fare con quella spada?!» Gridò Izumi scansando con la mano la katana del demone e nell'esatto momento in cui toccò la lama questa brillò e fumò inerte subito dopo. «Energia spirituale.» Affermò Sesshomaru squadrandola con diffidenza. Quando lo vide andarsene Izumi provò a fermarlo. «Non mi toccare, miko!»
Ciò che aveva attratto alcuni clienti e la cameriera era il curioso abbigliamento del tizio appena fuori il ristorante, che guardava fisso e torvo all'interno. A Izumi tremarono i polsi, non le bastò sgranare gli occhi e notare che tutti come lei lo vedevano, credette comunque di vaneggiare, suo solito. «Sesshomaru.» Sussurrò.~
____________
Izumi
vacillò, un formicolio bollente le strinse lo stomaco.
“Come può essere qui?” Aldilà
del vetro la candida figura dagli occhi di fuoco che le aveva stregato
la mente. «Dove vai Izumi?!» Chiese allarmata una
sua collega vedendola sgusciare via, la domanda improvvisa le
ricordò il suo ruolo e voltandosi inciampò.
«Scusa...ho da fare.» Mise insieme,
accorgendosi di avere ancora il vassoio in mano, ma dalla sua bocca
riarsa uscì appena un sussurro che probabilmente
passò inosservato. Mentre i clienti la scrutavano
più incuriositi da lei che da dall'estroso elemento fuori
dal locale. Izumi litigò con la maniglia della porta.
«Avanti, non è un buon momento per essere
impacciata.» Sibilò a se stessa, posò
il vassoio su un tavolo a caso con il disappunto dei clienti e quando
finalmente riuscì ad ottenere l'uscita un soffio d'aria
gelida la irrigidì sul posto. Rimase basita nel notare che
il demone non era più lì. «Sto
impazzendo?» Si chiese guardandosi attorno. Si
sentì chiamare dall'interno e solo allora si rese veramente
conto di quanto avesse attirato l'attenzione di tutti e fu felice di
avere una scusa per defilarsi. Nuotò con gli occhi in
più direzioni finché vide Sesshomaru impassibile
qualche decina di metri più avanti e quando si rese conto
che non era né un falso né un miraggio si
scordò di respirare.
La
sorpresa dell'arrivo di Sesshomaru le aveva annebbiato la mente e non
riusciva a mettere in piedi nessun discorso utile.
“Ripensandoci è troppo affollato per un solitario
come lui.” Pensò vedendono scrutare con piccole
occhiate oltraggiate il parco dove Izumi l'aveva condotto.
«Che te ne pare Sesshomaru, quest'epoca è molto
differente dalla tua.» La ragazza non pretendeva certo che il
demone si abbassasse a condividere la stessa gelida panchina ma sperava
almeno che le spiegasse il motivo per il quale era lì,
eppure se ne stava in piedi impassibile ignorando qualsiasi cosa
dicesse. «Il piccolo kappa petulante l'hai lasciato a
casa?» Sorrise nervosamente e si schiarì la voce
ma Sesshomaru non la degnò di uno sguardo e lei pian piano
tramutò l'entusiasmo in ansia.
La ragazza tremò appena guardandolo incamminarsi per uscire dal parco, fra gli sguardi curiosi della gente, e quando fu giunto alla fine dell'ombrello di alberi...sparì, con la stessa silenziosa immediatezza con la quale quale era arrivato. «Hai viaggiato attraverso spazio e tempo per dirmi tutto questo.» Izumi deglutì, cercando Sesshomaru nel cielo. «Dovevi essere molto motivato...» Disse con un sibilo e gli occhi le cominciarono a pizzicare. Scattò in piedi non appena se ne accorse e raggiunse l'uscita scrutando il cielo sopra di lei, rischiando più volte di sbattere contro le persone. «Sesshomaru!» Gridò infine, inciampando sul marciapiede attirando su di se l'attenzione di tutti. «Sesshomaru!» Lo chiamò ancora, ma il cielo era sgombro, questo non le impedì di correre a casa più veloce che poté. “Demone o no è attraverso il pozzo che si viaggia nel tempo, deve passare per forza di lì.” Sperò davvero di poterlo incrociare, arrivò al pozzo mangiaossa barcollando per la fatica, la porta del tempietto era chiusa e la piazza vuota. Aspettò sperando dovesse ancora arrivare. «Ma chi sto prendendo in giro.» Mugolò qualche minuto dopo, con le mani al ventre dolente per la faticata. «Dev'essere arrivato qui quando ancora ero seduta sulla panchina.» Ragionò fra se e se ridendo nervosamente.
Spesso i
proprietari tendono a punire il proprio cane quando torna a casa dopo
essere scappato, così facendo incentivano il comportamento
di fuga, infatti, per aumentare il comportamento di ritorno
è opportuno premiarlo ogni volta che torna con dei
bocconcini.
«Posso
offrirti il pranzo?» Tentò, sperando in un
approccio legato a uno dei bisogni basilari di chiunque, persino del
demone che stava continuando ad ignorarla. «Un corollario di
piatti che non hai mai assaggiato!» Spiegò
ansiosa. Izumi strinse gli occhi, lo sbuffo del demone era disarmante.
«Vuoi che suoni? Posso andare a prendere il
violino...» «Tutto questo tempo...» Aveva
cominciato improvvisamente, col suo tipico tono altero. «Per
tutto questo tempo mi hai importunato con insistenza, sentendoti in
grado di dispensare a me
lezioni sui ricordi e la persistenza di essi
nel tempo. Tutto questo per dei sentimenti umani verso la mia
persona.» Disse con feroce calma. «Valevano
così poco? » Izumi schiuse la bocca.
“No, non è così! Perché non
riesco a rispondere?” «Tutto per tornare in
questo...squallido mondo?» “Cosa sta succedendo?
Non so...cosa dire!” La ragazza arrossì senza
rendersene conto, era il panico. Sesshomaru era passato da
un'imbarazzante silenzio a quella che sembrava un'offesa e
un'insinuazione troppo velocemente e la ricercata abilità
del demone di azzittire Izumi stava funzionando a meraviglia.
“Cosa sta dicendo proprio adesso, pensavo che fosse venuto
qui per cercarmi!” «Sei stato tu a dirmi di starti
lontano...» Sussurrò sconsolata. «Non
attribuire a me le tue decisioni e indecisioni.» Nel giro di
pochi secondi il demone era riuscito a sopprimere ogni entusiasmo nella
ragazza. “Credevo che fossi venuto qui per me, speravo fossi
venuto a chiedermi di tornare!” «Avevi detto
d'avere abbastanza anni da non farti mai dimenticare.»
“Credevo di disgustarti con questi poteri, speravo fossi
venuto a dirmi il contrario...” «Avevi detto che mi
avresti dimostrato come persino un'umana può rimanere al mio
fianco per sempre.» “Pensavo fosse diventato
inutile insistere ormai!” «Ebbene sto ancora
aspettando.» «Non capisco.» Izumi in cuor
suo credeva di aver già trasmesso quel tipo di messaggi,
pensava di aver già conquistato un po' della sua fiducia e
forse anche del suo affetto, almeno prima che l'energia spirituale
fluisse fuori dalle sue mani proprio contro di lui. “Ho
fallito in tutto quel che ho tentato?” Sesshomaru la
fissò negli occhi per la prima volta da quando le aveva
parlato e quegli occhi diabolici che l'avevano incantata sin dal primo
incontro, quelli del predatore, le incisero l'anima. «Non
c'è alcun modo in cui un'umana qualsiasi possa
farlo.»La ragazza tremò appena guardandolo incamminarsi per uscire dal parco, fra gli sguardi curiosi della gente, e quando fu giunto alla fine dell'ombrello di alberi...sparì, con la stessa silenziosa immediatezza con la quale quale era arrivato. «Hai viaggiato attraverso spazio e tempo per dirmi tutto questo.» Izumi deglutì, cercando Sesshomaru nel cielo. «Dovevi essere molto motivato...» Disse con un sibilo e gli occhi le cominciarono a pizzicare. Scattò in piedi non appena se ne accorse e raggiunse l'uscita scrutando il cielo sopra di lei, rischiando più volte di sbattere contro le persone. «Sesshomaru!» Gridò infine, inciampando sul marciapiede attirando su di se l'attenzione di tutti. «Sesshomaru!» Lo chiamò ancora, ma il cielo era sgombro, questo non le impedì di correre a casa più veloce che poté. “Demone o no è attraverso il pozzo che si viaggia nel tempo, deve passare per forza di lì.” Sperò davvero di poterlo incrociare, arrivò al pozzo mangiaossa barcollando per la fatica, la porta del tempietto era chiusa e la piazza vuota. Aspettò sperando dovesse ancora arrivare. «Ma chi sto prendendo in giro.» Mugolò qualche minuto dopo, con le mani al ventre dolente per la faticata. «Dev'essere arrivato qui quando ancora ero seduta sulla panchina.» Ragionò fra se e se ridendo nervosamente.
°°°
Izumi
trascorse i due giorni seguenti in assoluto silenzio, restando molto
tempo stesa sul letto o col naso affondato in qualche libro, senza
leggerlo veramente. Si sentiva talmente spenta dall'aver rinunciato al
lavoro trovato alcuni giorni prima. Spesso Masa arrivava dall'epoca
Sengoku per osservarla di nascosto per qualche minuto, la vedeva
fissare il vuoto, sospirare, aprire un libro e richiuderlo poco dopo.
Sperava che fosse lei per una volta a cercarlo e magari parlargli ma
non accadeva mai. Pensava a lungo, tutto il tempo. “Credevo
di aver mollato tutto per una valida ragione.”
Osservò il palmo della mano che aveva reagito al tocco di
Bakusaiga. “Poteri spirituali, non servono forse per
esorcizzare i demoni?” Il silenzio di quella stanza venne
scosso da un sospiro sconsolato. «Come fa una sola persona a
farmi sentire insignificante e senza speranze con una manciata di
frasi...» Izumi ripensò al demone cane,
riflettendo su tutte le cose che avrebbe potuto rispondergli,
sentendosi ridicola per non aver sostenuto la discussione come avrebbe
fatto con chiunque altro «Che mi è preso? Non
sapevo cosa dire con tutto quello che già diceva
lui!» Sbuffò girandosi di lato.
“Perché è venuto fin qua per dirmi
quelle cose? Non era sufficiente avermi rifiutato più volte
con quello sguardo disgustato che gli piace tanto
indossare?!”
Lasciò che il flusso di pensieri la riportasse al momento esatto in cui gli aveva parlato, per l'ennesima volta.
Quella sera era freddo, aveva smesso di piovere da poco e l'aria era ancora estremamente fresca. Masa stava appollaiato accanto alla finestra rigata dalla pioggia. «Non vai a salutarla neanche oggi?» La voce lo fece sussultare, alle sue spalle passava il vecchio Sota portando con se una vecchia scopa. «No, non credo abbia voglia di vedere me.» Mormorò il ragazzo scrutando il bambù stretto attorno al bastone. «Ma sei tu ad avere voglia di vedere lei, vieni qui quasi tutti i giorni.» Ridacchiò spazzando via la confusione che la pioggia aveva portato. «Non le sfugge niente a quanto pare.» Sussurrò tornando a guardare oltre le tende.
Izumi era partita alla ricerca di un'avventura, voleva vedere qualcosa che rilucesse di splendore e che l'abbagliasse dalla grigia routine che una qualsiasi ragazza come lei l'avrebbe attesa da lì per tutto il resto della sua vita. Sesshomaru non era previsto, incontrare qualcosa ritenuto ormai mitologico non era nemmeno lontanamente immaginabile. Che fosse per la sua natura ambigua di creatura diabolica sia animale che umana, o per la sua innata forza ed elegante bellezza fuse assieme o per il mistero e il fascino di un portamento nobile di tempi e luoghi ormai dimenticati, Izumi era ormai stregata dalla sua persona. Aveva lasciato indietro ogni altro aspetto della sua vita per rincorrerlo e per quanto s'impegnasse le sembrava di non riuscire a guadagnare terreno fra quello che le sembrava di ottenere e quel che il demone puntualmente le strappava via. «Non voglio abbandonare tutto.» Aprì di scatto gli occhi e diede un'occhiata alla scrivania. «Non c'è mai stato nulla che mi abbia fatto impegnare così tanto.» Disse destando l'attenzione di Buyo che si stiracchiò, sperando in una sessione di coccole. Passò la mano sopra i libri che aveva letto per lui, dei quali Dog Training era stato solo il primo di una lunga serie. “Nemmeno il violino mi ha mai motivato in questo modo.” Girò qualche pagina gialla di un vecchio libro e l'immagine severa ma affascinante di una sacerdotessa arricchì all'improvviso i caratteri scuri del testo. Izumi si accigliò: quella era la causa della sua confusione. Chiuse il libro di scatto e si volse per aprire la custodia del proprio violino. Non c'è alcun modo in cui un'umana qualsiasi possa farlo. Le parole di Sesshomaru non avevano mai smesso di echeggiarle nella mente e ormai avevano assunto l'entità di un fastidioso mal di testa. «Grazie tante per aver dato a quest'umana qualsiasi false speranze...» Sussurrò ripensando a come le era stata vicina il giorno di pioggia estiva, tanto vicino da poterlo toccare e sentirne la vita scorrere nelle vene. «Non sono un'umana qualsiasi.» Sibilò accompagnandosi con una stecca volontaria. Le corde del violino vibrarono di protesta e lei sgranò gli occhi. «Non sono un'umana qualsiasi!» Sì alzò con lo strumento e l'archetto ancora in mano, scioccando se stessa per quel che aveva appena capito. «Era questo che volevi dire? Credevo fossi uno che parla in modo diretto!» Gridò, dall'altra parte della porta la madre diede un'occhiata preoccupata al marito. «Parla da sola.» Disse in un sussurro. «Sai che novità.» Borbottò lui, Izumi Sgusciò fuori un secondo dopo. «Dove vai è già buio.» «Torno subito.» Izumi agguantò poche cose e corse fuori, ignorando qualsiasi altra cosa che la madre le avesse detto. La sua piccola figura s'infilò nel tempietto e Masa la vide sparire. «Era di fretta.» Commentò Sota. «Non la raggiungi?» «Non è una buona idea, ha ben altro per la testa.» «Cosa intendi dire?» Masa osservò il vecchietto, con il naso rosso e l'espressione ingenua. «Nulla, è meglio che torni a casa.» «A presto allora.» Rispose sconsolato e rimase a guardarlo avanzare lento verso il pozzo. «Forse dovrei farlo anch'io un salto da quelle parti.» Mormorò continuando a spazzare i dintorni. «Così almeno capirei perché ne escano tutti di cattivo umore.»
Lasciò che il flusso di pensieri la riportasse al momento esatto in cui gli aveva parlato, per l'ennesima volta.
Quella sera era freddo, aveva smesso di piovere da poco e l'aria era ancora estremamente fresca. Masa stava appollaiato accanto alla finestra rigata dalla pioggia. «Non vai a salutarla neanche oggi?» La voce lo fece sussultare, alle sue spalle passava il vecchio Sota portando con se una vecchia scopa. «No, non credo abbia voglia di vedere me.» Mormorò il ragazzo scrutando il bambù stretto attorno al bastone. «Ma sei tu ad avere voglia di vedere lei, vieni qui quasi tutti i giorni.» Ridacchiò spazzando via la confusione che la pioggia aveva portato. «Non le sfugge niente a quanto pare.» Sussurrò tornando a guardare oltre le tende.
Izumi era partita alla ricerca di un'avventura, voleva vedere qualcosa che rilucesse di splendore e che l'abbagliasse dalla grigia routine che una qualsiasi ragazza come lei l'avrebbe attesa da lì per tutto il resto della sua vita. Sesshomaru non era previsto, incontrare qualcosa ritenuto ormai mitologico non era nemmeno lontanamente immaginabile. Che fosse per la sua natura ambigua di creatura diabolica sia animale che umana, o per la sua innata forza ed elegante bellezza fuse assieme o per il mistero e il fascino di un portamento nobile di tempi e luoghi ormai dimenticati, Izumi era ormai stregata dalla sua persona. Aveva lasciato indietro ogni altro aspetto della sua vita per rincorrerlo e per quanto s'impegnasse le sembrava di non riuscire a guadagnare terreno fra quello che le sembrava di ottenere e quel che il demone puntualmente le strappava via. «Non voglio abbandonare tutto.» Aprì di scatto gli occhi e diede un'occhiata alla scrivania. «Non c'è mai stato nulla che mi abbia fatto impegnare così tanto.» Disse destando l'attenzione di Buyo che si stiracchiò, sperando in una sessione di coccole. Passò la mano sopra i libri che aveva letto per lui, dei quali Dog Training era stato solo il primo di una lunga serie. “Nemmeno il violino mi ha mai motivato in questo modo.” Girò qualche pagina gialla di un vecchio libro e l'immagine severa ma affascinante di una sacerdotessa arricchì all'improvviso i caratteri scuri del testo. Izumi si accigliò: quella era la causa della sua confusione. Chiuse il libro di scatto e si volse per aprire la custodia del proprio violino. Non c'è alcun modo in cui un'umana qualsiasi possa farlo. Le parole di Sesshomaru non avevano mai smesso di echeggiarle nella mente e ormai avevano assunto l'entità di un fastidioso mal di testa. «Grazie tante per aver dato a quest'umana qualsiasi false speranze...» Sussurrò ripensando a come le era stata vicina il giorno di pioggia estiva, tanto vicino da poterlo toccare e sentirne la vita scorrere nelle vene. «Non sono un'umana qualsiasi.» Sibilò accompagnandosi con una stecca volontaria. Le corde del violino vibrarono di protesta e lei sgranò gli occhi. «Non sono un'umana qualsiasi!» Sì alzò con lo strumento e l'archetto ancora in mano, scioccando se stessa per quel che aveva appena capito. «Era questo che volevi dire? Credevo fossi uno che parla in modo diretto!» Gridò, dall'altra parte della porta la madre diede un'occhiata preoccupata al marito. «Parla da sola.» Disse in un sussurro. «Sai che novità.» Borbottò lui, Izumi Sgusciò fuori un secondo dopo. «Dove vai è già buio.» «Torno subito.» Izumi agguantò poche cose e corse fuori, ignorando qualsiasi altra cosa che la madre le avesse detto. La sua piccola figura s'infilò nel tempietto e Masa la vide sparire. «Era di fretta.» Commentò Sota. «Non la raggiungi?» «Non è una buona idea, ha ben altro per la testa.» «Cosa intendi dire?» Masa osservò il vecchietto, con il naso rosso e l'espressione ingenua. «Nulla, è meglio che torni a casa.» «A presto allora.» Rispose sconsolato e rimase a guardarlo avanzare lento verso il pozzo. «Forse dovrei farlo anch'io un salto da quelle parti.» Mormorò continuando a spazzare i dintorni. «Così almeno capirei perché ne escano tutti di cattivo umore.»
°°°
Era
un giorno nuovo e Izumi l'aveva passato quasi totalmente nell'epoca
Sengoku. Aveva accantonato le vesti di cameriera per qualcosa di
più originale, nonostante le proteste della madre. Anche lei
era riluttante all'abbandonare un lavoro appena trovato ma per quello
che voleva l'intero tempo a propria disposizione era appena
sufficiente.
Un'altra freccia si conficcò a pochi centimetri dell'altra sul bersaglio e Kagome sospirò. «Devi concentrarti Izumi, il tuo obbiettivo non è colpire adesso.» «Lo so.» Rispose sconsolata. «Non è facile.» «Imparerai ma mettici più impegno.» La vecchia miko l'incoraggiava, sapeva bene quanto Izumi fosse determinata. «Le sacerdotesse utilizzano in questo modo la propria energia per combattere le entità malvagie da secoli.» Le ripeteva ripensando a come lei stessa avesse faticato nell'usare correttamente le proprie abilità e ai guai che causò la prima freccia che scoccò. Nella mente di Izumi però c'era un tornado. Tendeva l'arco e mentre mirava aveva pochi secondi per cercare di far affluire la propria energia spirituale nella freccia. Inoltre più Kagome le ripeteva di immaginare un demone al posto del bersaglio più Izumi trovava difficile impegnarsi nell'immaginare di attaccare un demone quando il suo obbiettivo era non ferirne un altro. “Imparare ad affrontare demoni, cosa penserai di me adesso Sesshomaru?”
Le chiacchiere e le risa degli abitanti di Musashi penetravano facilmente anche nel fitto degli alberi. Su uno di questi stava appollaiato Masa, amante delle postazioni alte, nonostante l'autunno rendesse quell'abitudine scomoda a causa del bagnato e delle fronde spoglie. “Sembra quasi stiano festeggiando.” Constatò ascoltando la fusione dei suoni provenienti dal villaggio. D'un tratto fra le voci si alzò il suono inconfondibile del violino di Izumi, accompagnava il ritmo festoso della sera con toni allegri e freschi. Se da un lato Masa restava lontano per evitare la presenza di Izumi dall'altro il padre la subiva. L'espressione imbronciata di Inuyasha però la divertiva. “Deve proprio odiare questo suono.” Notando i ringhi sommessi del mezzo demone Izumi si aspettava che gli potesse abbaiare contro, proprio come il cane dei vicini, e ovviamente lo immaginò, finendo così per ridere prepotentemente. Quando la gente cominciò a ritirarsi anche Izumi decise di tornare a casa. «Probabilmente mia madre sarà ancora sveglia, apprensiva com'è.» Kagome accompagnò la nipote al pozzo e si assicurò che la ragazza tornasse il giorno dopo per continuare gli insegnamenti. «Questo portalo con te.» Le disse porgendogli la divisa da miko. «Grazie, ma è davvero necessario che lo metta?» Izumi sorrise un po' imbarazzata. «Non che sia brutta o scomoda ma...» «Tranquilla non è necessario. Anch'io ho sempre preferito i miei abiti prima di venire a vivere qui, ma portarlo con te ti ricorderà il tuo impegno.» «Grazie Kagome. Un'altra cosa...» Chiese prima che la donna se ne andasse. «Anche imparare ad usare l'arco è necessario? Voglio dire non c'è nient'altro che possa usare?» «Non ti piace proprio, vero?» Mormorò la vecchia miko al sorriso imbarazzato di Izumi. «Utilizzare l'arco ti servirà per imparare a far fluire l'energia spirituale, controllarla ed usarla come un'arma qualora fosse necessario.» «Va bene.» Sussurrò la ragazza che non aveva mai avuto simpatia per gli archi che non emettessero suoni. «Comunque sia probabilmente non te ne sei accorta ma fai già qualcosa di simile a quel che vorresti.» Izumi rimase perplessa. «Il violino.» La illuminò Kagome. «Quando lo suoni un'aura leggera e pura si diffonde nell'aria, come se facessi piovere energia pura.» La donna sorrise all'espressione stupita della ragazza. «Quando suoni sembri riuscire ad incantare anche tutta la foresta.» Le confidò prima di tornare sui suoi passi verso il villaggio.
Buyo diede appena un'occhiata di bentornato alla padrona prima di tornare sulle sue. “Ora capisco molte cose.” Sospirò abbandonandosi sul letto. “Senza rendermene conto usavo i miei poteri suonando, forse è per questo che Sesshomaru apprezzava?” Si concesse un ghigno al pensiero ma sapeva che era ancora ben lontana dal potersi ritenere soddisfatta.
Gli allenamenti durarono tutto il resto della settimana prima che Izumi riuscisse a strappare un moto di approvazione da Kagome. La ragazza non si era più addentrata nella foresta, né aveva provato a cercare Sesshomaru. Voleva essere completamente nuova, voleva stupirlo, voleva contraddirlo. Le sue giornate trascorrevano quasi sempre nell'epoca Sengoku ma nonostante questo Masa continuava ad esulare dal villaggio. “Dovrò parlarci prima o poi, mi dispiace che debba continuare ad evitarmi.” Izumi si stava mettendo il kimono bianco, quei vestiti da miko che Kagome le aveva dato e che non le erano mai piaciuti. «Hai fatto?» Chiese la vecchia miko dall'esterno della capanna. «Arrivo.» Quando uscì non trovò solo Kagome ad attenderla. «Stai proprio bene vestita così.» Le sorrise Miroku. «Se vuoi quando Kagome avrà finito potrò insegnarti qualcosa anch'io.» Izumi sospirò. «Grazie, mi basta il pensiero.» «Fammi sapere se cambi idea.» Urlò quando Izumi fu già distante. La vecchia miko quel giorno la portò nella foresta e le spiegò come potesse diventare pericoloso quell'ambiente, specialmente di notte e lontano dal villaggio. Izumi non aveva mai realmente pensato a queste cose per tutto il tempo passato fra quegli alberi, né aveva incontrato altri demoni all'infuori di Sesshomaru. “Mi chiedo il perché poi. Che i miei poteri li abbiano tenuti lontani? O qualcos'altro forse.” «Senti questa presenza maligna?» La interruppe Kagome. La ragazza dovette attendere qualche secondo e concentrarsi a fondo per poterla percepire. «La sento, ma è lontana.» «Non è lontana è solo molto debole. Dev'essere un demone minore nelle vicinanze, ma non tutti i demoni sono una reale minaccia per le persone. A volte si tratta di kitsune, dispettosi ma pacifici oppure dei tanuki, gli piace ingannare le persone ma anche loro non sono aggressivi.» Kagome continuò a farle strada lungo sentieri e radure per tutto il pomeriggio, cercando di affinare la capacità sensoriale della ragazza. Nel percorso non trovarono nulla di più che tre piccoli kitsune che a Kagome ricordarono tanto Shippo quand'era ancora un cucciolo.
La sera quando Izumi tornò a casa trovò un ospite ad attenderla in camera sua. «Masa.» Il mezzo demone l'aveva aspettata seduto sul letto, assieme a Buyo. «Ti trovi bene in quegli abiti?» Chiese intento a giocare col gatto, che non sembrava pensarla alla stessa maniera. «Non posso lamentarmi, il costume da oni indossato in una recita scolastica era davvero qualcosa di peggiore.» Ironizzò posando la borsa sulla scrivania. «Hai deciso di non evitarmi più?» Izumi capì che quella era un'occasione eccellente per parlargli e si promise di essere davvero chiara. «Direi che è diventato impossibile adesso che sei ogni giorno nel nostro villaggio.» Mormorò stropicciando il gatto che pacifico subiva in silenzio.
«Masa.» Cominciò, cercando si trovare il modo per essere più delicata possibile. «Stai per dirmi che non puoi pensare a me perché ti interessa solo Sesshomaru?» Izumi rimase perplessa. «Lo so già.» Avrebbe voluto dirlo lei ma in qualche modo si sentì sollevata di non averlo dovuto fare. «Mi dispiace Masa.» «Non fa niente.» Rispose secco senza distogliere lo sguardo dalla parete. «Non volevo illuderti, mi dispiace davvero.» «Ti ho detto che non fa niente, lo sapevo già. Ricordi la notte che lo hai confessato a Sesshomaru, io ero lì.» Sorrise mestamente dandole un'occhiata. «Ero io a illudermi che tu potessi cambiare idea.» Izumi si sentiva mortificata per quel ragazzo che aveva conosciuto tanto sereno quanto sorridente e che adesso riusciva appena a guardarla negli occhi. «Con questo non voglio allontanarti, sei sempre il benvenuto qui...puoi venire a mangiare il gelato ogni volta che vuoi.» Rise, cercando di alzare un po' gli animi. Masa sorrise di risposta. «Magari un giorno.» Izumi sapeva che quel forse poteva voler dire anche “mai”. «Izumi.» Continuò il mezzo demone alzandosi. «Fai attenzione, quello dei demoni è un mondo pericoloso ed essere sacerdotessa cambia poco.» «Lo so.» «No, non lo sai.» Le rispose secco rivolgendole appena uno sguardo prima di andarsene. Buyo miagolò di protesta, perché bene o male preferiva le attenzioni moleste di Masa che nulla, cercò ripiego nella padrona che però rimase immobile a fissare la custodia del violino appoggiata alla scrivania. Storse le labbra, quel che aveva nel petto era una fitta continua. “Quanto tempo è passato?” Si chiese prima di dare un'occhiata alla parete, dove il calendario le dette la risposta. Da quando Sesshomaru era comparso nella sua epoca quanto tempo era passato? “Siamo già ai primi di Dicembre ormai.” Realizzò. «Domani devo tornare da Kagome per altri allenamenti, anche se ormai riesco a gestire un po' questo potere.» Si alzò e prese il violino, rituale che la tranquillizzava sempre, a Izumi nel profondo mancavano le ore di inseguimenti passati alla ricerca di Sesshomaru e la soddisfazione profonda nel trovarlo e poterlo osservare da lontano. “L'ultima volta che l'ho visto non è stato un momento poi così piacevole.” Aveva una profonda voglia di vederlo, come se fosse il suo ultimo desiderio, come se non lo avesse mai visto. «Sesshomaru.»
Un'altra freccia si conficcò a pochi centimetri dell'altra sul bersaglio e Kagome sospirò. «Devi concentrarti Izumi, il tuo obbiettivo non è colpire adesso.» «Lo so.» Rispose sconsolata. «Non è facile.» «Imparerai ma mettici più impegno.» La vecchia miko l'incoraggiava, sapeva bene quanto Izumi fosse determinata. «Le sacerdotesse utilizzano in questo modo la propria energia per combattere le entità malvagie da secoli.» Le ripeteva ripensando a come lei stessa avesse faticato nell'usare correttamente le proprie abilità e ai guai che causò la prima freccia che scoccò. Nella mente di Izumi però c'era un tornado. Tendeva l'arco e mentre mirava aveva pochi secondi per cercare di far affluire la propria energia spirituale nella freccia. Inoltre più Kagome le ripeteva di immaginare un demone al posto del bersaglio più Izumi trovava difficile impegnarsi nell'immaginare di attaccare un demone quando il suo obbiettivo era non ferirne un altro. “Imparare ad affrontare demoni, cosa penserai di me adesso Sesshomaru?”
Le chiacchiere e le risa degli abitanti di Musashi penetravano facilmente anche nel fitto degli alberi. Su uno di questi stava appollaiato Masa, amante delle postazioni alte, nonostante l'autunno rendesse quell'abitudine scomoda a causa del bagnato e delle fronde spoglie. “Sembra quasi stiano festeggiando.” Constatò ascoltando la fusione dei suoni provenienti dal villaggio. D'un tratto fra le voci si alzò il suono inconfondibile del violino di Izumi, accompagnava il ritmo festoso della sera con toni allegri e freschi. Se da un lato Masa restava lontano per evitare la presenza di Izumi dall'altro il padre la subiva. L'espressione imbronciata di Inuyasha però la divertiva. “Deve proprio odiare questo suono.” Notando i ringhi sommessi del mezzo demone Izumi si aspettava che gli potesse abbaiare contro, proprio come il cane dei vicini, e ovviamente lo immaginò, finendo così per ridere prepotentemente. Quando la gente cominciò a ritirarsi anche Izumi decise di tornare a casa. «Probabilmente mia madre sarà ancora sveglia, apprensiva com'è.» Kagome accompagnò la nipote al pozzo e si assicurò che la ragazza tornasse il giorno dopo per continuare gli insegnamenti. «Questo portalo con te.» Le disse porgendogli la divisa da miko. «Grazie, ma è davvero necessario che lo metta?» Izumi sorrise un po' imbarazzata. «Non che sia brutta o scomoda ma...» «Tranquilla non è necessario. Anch'io ho sempre preferito i miei abiti prima di venire a vivere qui, ma portarlo con te ti ricorderà il tuo impegno.» «Grazie Kagome. Un'altra cosa...» Chiese prima che la donna se ne andasse. «Anche imparare ad usare l'arco è necessario? Voglio dire non c'è nient'altro che possa usare?» «Non ti piace proprio, vero?» Mormorò la vecchia miko al sorriso imbarazzato di Izumi. «Utilizzare l'arco ti servirà per imparare a far fluire l'energia spirituale, controllarla ed usarla come un'arma qualora fosse necessario.» «Va bene.» Sussurrò la ragazza che non aveva mai avuto simpatia per gli archi che non emettessero suoni. «Comunque sia probabilmente non te ne sei accorta ma fai già qualcosa di simile a quel che vorresti.» Izumi rimase perplessa. «Il violino.» La illuminò Kagome. «Quando lo suoni un'aura leggera e pura si diffonde nell'aria, come se facessi piovere energia pura.» La donna sorrise all'espressione stupita della ragazza. «Quando suoni sembri riuscire ad incantare anche tutta la foresta.» Le confidò prima di tornare sui suoi passi verso il villaggio.
Buyo diede appena un'occhiata di bentornato alla padrona prima di tornare sulle sue. “Ora capisco molte cose.” Sospirò abbandonandosi sul letto. “Senza rendermene conto usavo i miei poteri suonando, forse è per questo che Sesshomaru apprezzava?” Si concesse un ghigno al pensiero ma sapeva che era ancora ben lontana dal potersi ritenere soddisfatta.
Gli allenamenti durarono tutto il resto della settimana prima che Izumi riuscisse a strappare un moto di approvazione da Kagome. La ragazza non si era più addentrata nella foresta, né aveva provato a cercare Sesshomaru. Voleva essere completamente nuova, voleva stupirlo, voleva contraddirlo. Le sue giornate trascorrevano quasi sempre nell'epoca Sengoku ma nonostante questo Masa continuava ad esulare dal villaggio. “Dovrò parlarci prima o poi, mi dispiace che debba continuare ad evitarmi.” Izumi si stava mettendo il kimono bianco, quei vestiti da miko che Kagome le aveva dato e che non le erano mai piaciuti. «Hai fatto?» Chiese la vecchia miko dall'esterno della capanna. «Arrivo.» Quando uscì non trovò solo Kagome ad attenderla. «Stai proprio bene vestita così.» Le sorrise Miroku. «Se vuoi quando Kagome avrà finito potrò insegnarti qualcosa anch'io.» Izumi sospirò. «Grazie, mi basta il pensiero.» «Fammi sapere se cambi idea.» Urlò quando Izumi fu già distante. La vecchia miko quel giorno la portò nella foresta e le spiegò come potesse diventare pericoloso quell'ambiente, specialmente di notte e lontano dal villaggio. Izumi non aveva mai realmente pensato a queste cose per tutto il tempo passato fra quegli alberi, né aveva incontrato altri demoni all'infuori di Sesshomaru. “Mi chiedo il perché poi. Che i miei poteri li abbiano tenuti lontani? O qualcos'altro forse.” «Senti questa presenza maligna?» La interruppe Kagome. La ragazza dovette attendere qualche secondo e concentrarsi a fondo per poterla percepire. «La sento, ma è lontana.» «Non è lontana è solo molto debole. Dev'essere un demone minore nelle vicinanze, ma non tutti i demoni sono una reale minaccia per le persone. A volte si tratta di kitsune, dispettosi ma pacifici oppure dei tanuki, gli piace ingannare le persone ma anche loro non sono aggressivi.» Kagome continuò a farle strada lungo sentieri e radure per tutto il pomeriggio, cercando di affinare la capacità sensoriale della ragazza. Nel percorso non trovarono nulla di più che tre piccoli kitsune che a Kagome ricordarono tanto Shippo quand'era ancora un cucciolo.
La sera quando Izumi tornò a casa trovò un ospite ad attenderla in camera sua. «Masa.» Il mezzo demone l'aveva aspettata seduto sul letto, assieme a Buyo. «Ti trovi bene in quegli abiti?» Chiese intento a giocare col gatto, che non sembrava pensarla alla stessa maniera. «Non posso lamentarmi, il costume da oni indossato in una recita scolastica era davvero qualcosa di peggiore.» Ironizzò posando la borsa sulla scrivania. «Hai deciso di non evitarmi più?» Izumi capì che quella era un'occasione eccellente per parlargli e si promise di essere davvero chiara. «Direi che è diventato impossibile adesso che sei ogni giorno nel nostro villaggio.» Mormorò stropicciando il gatto che pacifico subiva in silenzio.
«Masa.» Cominciò, cercando si trovare il modo per essere più delicata possibile. «Stai per dirmi che non puoi pensare a me perché ti interessa solo Sesshomaru?» Izumi rimase perplessa. «Lo so già.» Avrebbe voluto dirlo lei ma in qualche modo si sentì sollevata di non averlo dovuto fare. «Mi dispiace Masa.» «Non fa niente.» Rispose secco senza distogliere lo sguardo dalla parete. «Non volevo illuderti, mi dispiace davvero.» «Ti ho detto che non fa niente, lo sapevo già. Ricordi la notte che lo hai confessato a Sesshomaru, io ero lì.» Sorrise mestamente dandole un'occhiata. «Ero io a illudermi che tu potessi cambiare idea.» Izumi si sentiva mortificata per quel ragazzo che aveva conosciuto tanto sereno quanto sorridente e che adesso riusciva appena a guardarla negli occhi. «Con questo non voglio allontanarti, sei sempre il benvenuto qui...puoi venire a mangiare il gelato ogni volta che vuoi.» Rise, cercando di alzare un po' gli animi. Masa sorrise di risposta. «Magari un giorno.» Izumi sapeva che quel forse poteva voler dire anche “mai”. «Izumi.» Continuò il mezzo demone alzandosi. «Fai attenzione, quello dei demoni è un mondo pericoloso ed essere sacerdotessa cambia poco.» «Lo so.» «No, non lo sai.» Le rispose secco rivolgendole appena uno sguardo prima di andarsene. Buyo miagolò di protesta, perché bene o male preferiva le attenzioni moleste di Masa che nulla, cercò ripiego nella padrona che però rimase immobile a fissare la custodia del violino appoggiata alla scrivania. Storse le labbra, quel che aveva nel petto era una fitta continua. “Quanto tempo è passato?” Si chiese prima di dare un'occhiata alla parete, dove il calendario le dette la risposta. Da quando Sesshomaru era comparso nella sua epoca quanto tempo era passato? “Siamo già ai primi di Dicembre ormai.” Realizzò. «Domani devo tornare da Kagome per altri allenamenti, anche se ormai riesco a gestire un po' questo potere.» Si alzò e prese il violino, rituale che la tranquillizzava sempre, a Izumi nel profondo mancavano le ore di inseguimenti passati alla ricerca di Sesshomaru e la soddisfazione profonda nel trovarlo e poterlo osservare da lontano. “L'ultima volta che l'ho visto non è stato un momento poi così piacevole.” Aveva una profonda voglia di vederlo, come se fosse il suo ultimo desiderio, come se non lo avesse mai visto. «Sesshomaru.»
°°°
All'improvviso
il piccolo kappa starnutì. «Dannazione diventa
sempre più freddo e il vento sempre più
forte.» Borbottò piano stringendosi accanto al
fuoco. «Il Signor Sesshomaru non ha problemi
simili.» Jaken aggiunse un pezzo di legno fra le fiamme
piagnucolando, invidioso della pelliccia del proprio padrone.
“Anche se i giorni passano e il tempo cambia il Signor
Sesshomaru sembra sempre di cattivo umore, mi chiedo a cosa stia
pensando.”
Che il vento diventasse sempre più aggressivo e gelido era vero, la cima dell'albero dove Sesshomaru s'era appostato ondeggiava obbediente alle spire invernali. Il demone osservava le vaste estensioni della foresta arrivare fino ai piedi delle montagne e ripensava al mondo aldilà del pozzo. La sua prima impressione era stata la peggiore, ciò che i suoi occhi avevano visto era pessimo, ciò che il suo naso aveva percepito era disgustoso e ciò che il suo udito aveva sentito era indecifrabile e sconquassante. Da quando era tornato, attraversando l'insolito fascio d'energia del pozzo, sentiva di apprezzare maggiormente l'epoca in cui era nato.
Che il vento diventasse sempre più aggressivo e gelido era vero, la cima dell'albero dove Sesshomaru s'era appostato ondeggiava obbediente alle spire invernali. Il demone osservava le vaste estensioni della foresta arrivare fino ai piedi delle montagne e ripensava al mondo aldilà del pozzo. La sua prima impressione era stata la peggiore, ciò che i suoi occhi avevano visto era pessimo, ciò che il suo naso aveva percepito era disgustoso e ciò che il suo udito aveva sentito era indecifrabile e sconquassante. Da quando era tornato, attraversando l'insolito fascio d'energia del pozzo, sentiva di apprezzare maggiormente l'epoca in cui era nato.
°°°
«Izumi?
Izumi mi senti?» La madre della ragazza bussò
più volte prima di riuscire a destare la giovane
sacerdotessa dal torpore in cui si trovava. «Cosa
c'è?» «Dovresti dirmelo tu, sei chiusa
la dentro a suonare da ore!» Osservò l'orologio
sopra la scrivania, aveva cominciato questa mattina e si sorprese di
quanto tempo fosse passato, le sembravano pochi minuti in
realtà. Si stava esercitando spesso ormai nel far fluire
energia spirituale attraverso il violino, Kagome era soddisfatta dei
progressi di Izumi ma le lezioni sembravano non voler finire mai, erano
proseguite per settimane e la fine dell'anno s'intravedeva
all'orizzonte. «Izumi?» «Sto provando dei
pezzi.» La madre sospirò, i cambi di umore della
figlia si erano susseguiti velocemente nell'ultimo anno, con la stessa
volubilità del tempo di marzo ma la ragazza era sempre stata
mutevole e la cosa non la sorprendeva più di tanto. Si era
arresa a prenderla così com'era. «Ricordati di
mangiare, non trascurarti.» Borbottò
allontanandosi. Dal canto suo Izumi era in uno stato di equilibrio,
nemmeno lei sapeva come ma dall'entusiasmo e frenesia iniziali, mista
all'ansia dovuta alla voglia di rivedere Sesshomaru, ora si trovava nel
mezzo di una calma sottile ma densa. Che fosse dovuta alla maggior
consapevolezza di se e alla noiosa routine o che si trovasse proprio
nell'occhio del proprio personale ciclone non le era chiaro.
Che troppo tempo era passato senza vedere il demone cane era l'unica
cosa di cui era certa, talmente tanto che era terrorizzata all'idea che
l'avesse dimenticata a causa della sua mancata costanza.
Aprì il libro Dog Training, recuperato dal cestino tempo
addietro, e si crogiolò per l'ennesima volta nella foto che
lì vi conservava, la signora foto che solo lei al mondo
poteva vantare di avere: la sua foto con Sesshomaru. Se solo la vista
potesse consumare non sarebbe rimasto più niente di quel
povero fermo immagine e si chiedeva che fine avesse fatto la copia che
aveva dato a Sesshomaru. «Oh giusto, l'avevi
buttata.» Ma sorrise, l'espressione che aveva generato
nell'imperituro volto del demone era sufficientemente appagante.
°°°
La
neve aveva già cominciato a scendere e il freddo pungente
dell'aria s'insinuava nel tessuto dell'hakama della giovane
sacerdotessa. Kagome aveva preparato per Izumi uno scialle di paglia
già da tempo e guardandola vestita di tutto punto
esercitarsi con l'arco, ignorando i continui fiocchi di neve, si chiese
quale sarebbe stato il suo destino, o meglio, quando: nell'era Sengoku
o nell'era Heisei alla quale Izumi appartiene? “Sota ha fatto
domande legittime.” Ricordò Kagome. “Il
pozzo mangiaossa ha reagito ai poteri spirituali di Izumi.”
«Per oggi è meglio fermarsi, sembra che
nevicherà a lungo e sempre di più.»
«Recupero le frecce e arrivo.» Mentre Kagome la
precedeva avviandosi verso il villaggio Izumi raggiunse il bersaglio di
legno già cosparso di bianco. Sfilando le frecce
percepì qualcosa nascondersi fra gli alberi. «Un
demone.» L'idea che fosse Sesshomaru le accelerò i
battiti e una scossa di adrenalina l'accese, diede uno sguardo a Kagome
già ai bordi delle risaie e con un guizzò si
avviò verso il demone. Formò tante piccole orme
irregolari nel primo manto di neve fino a raggiungere il tappeto di
erba e foglie, protetto da un tetto di fronde, e piano
s'inoltrò fra gli alberi.
Il
fischio del vento entrò prepotente nella fitta rete della
foresta, portando con se freddo pungente e un misto di segnali. Due
fessure d'oro si schiusero, Sesshomaru aveva indagato attentamente i
suoni e gli odori ed era consapevole che Izumi era appena entrata nella
foresta. Il suo sguardo ruotò nella sua direzione e
realizzando quel che stava accadendo si mosse veloce fra i tronchi e la
penombra. “Quell'umana...non è cambiata in
fondo.” Si disse individuando metri avanti a se la propria
preda, salì sulla cima dell'albero di fianco e
osservò l'oni girarsi attorno. Sesshomaru si chiese quante
volte ancora si sarebbe prestato in quel modo, uccidendo demoni che la
giovane umana attirava immancabilmente verso di lei con la sua
indiscreta presenza, l' ingenua e dissennata sicurezza con la quale
vagava per la foresta. L'abitudine l'aveva reso schiavo, usava fare lo
stesso con Rin e ormai aveva smesso di chiedersi il perché
di molte cose. Sentì i veloci passi della giovane miko farsi
sempre più vicini, sfoderò Bakusaiga volgendo un
rapido taglio all'ignaro oni che deflagrò in mille
scintille, lasciando niente di se. Poco dopo aver rinfoderato la spada
Izumi entrò nel suo raggio visivo e la osservò
placido mentre proseguiva il suo cammino nella penombra sempre
più oscura della foresta. D'un tratto la ragazza si
fermò, guardò dietro di se e tutt'attorno.
Serrava l'arco nella mano e una freccia nell'altra, nel caso incontrasse ben altri che Sesshomaru, il quale la guardava da
lassù, a qualche albero di distanza. Izumi sembrava non
riuscire a individuarlo e questo disegnò nel volto del
demone un ghigno di scherno per il ruolo che quell'umana aveva deciso
di calzare a forza nella sua vita. Un riso forzato il suo che sentiva
più amareggiato che di derisione, un fastidio che non sapeva
decifrare. L'aspirante sacerdotessa ripose la freccia nella faretra e
sospirò, per poi sorridere timidamente. Sesshomaru
restò a guardarla, sorpreso, e un'idea s'insinuò
nella sua mente, dapprima pungente e poi feroce. Il silenzio attorno a
lui gli permetteva di sentire qualsiasi cosa, dal tenero adagiarsi
della neve sulle fronde sempreverdi, al battito cardiaco di Izumi, al
suo. Un battito che prepotente tradiva l'ambiguo sentimento di non
voler essere trovato per sentirsi al sicuro a quello di voler essere
trovato per mettere velocemente fine alla logorante apprensione.
“Questo è quello che prova una preda?”
Si sorprese a pensare, pensiero che decise di esorcizzare
immediatamente, esponendosi al proprio predatore. Gli bastò
fare un passo indietro per liberarsi del sostegno dello spesso ramo sul
quale si trovava. Scese lentamente, silenziosamente, quasi fluttuando e
senza che Izumi, che gli dava le spalle, lo notasse. La giovane aveva
chiuso gli occhi e secondo dopo secondo cercava di acuire la propria
percezione estendendola fino ai limitari della selva, individuando
tante piccole forme di vita demoniache e non. Sentì il
muoversi timido di un piccolo demone nel buio, la presenza di tanti
piccoli spiriti degli alberi e alcuni animali vagare in cerca di cibo,
finché lentamente percepì per la prima volta una
vera forza demoniaca. Era un'energia potente e fiammeggiante che seppur
contenuta riusciva a lambire da sola l'intera foresta, con una forza
selvaggia e folle che ribolliva dentro di essa, come la lava di un
vulcano o una schiera di furenti cavalli tenuti al giogo, silenziosa e
seppur echeggiante come un'ululato. Per quanto questo dovesse
terrorizzarla, Izumi sentì che qualsiasi essere possedesse
una tale forza riuscendo a dominarla e condurla doveva essere una
creatura straordinaria. Finalmente, per la prima volta, capì
il significato del pittoresco termine Grande Demone cane. Si
girò e sorrise. «Trovato.»
Kagome
osservò ancora la radura imbiancata oltre le risaie in cerca
di Izumi, se c'era una cosa che aveva capito di quella ragazza era la
natura volubile e la tendenza a buttarsi, anche senza sapere che tipo
di situazioni. Saggiò l'idea di cercarla sotto le spire
furenti della neve, che in pochi minuti aveva assunto maggiormente
l'aspetto di una tormenta, o se aspettarla ancora un po'.
“Conoscendola è andata incontro a
qualcosa, è facile catturare la sua attenzione ma con questo
tempo cosa ci potrebbe essere la fuori di interessante?”
Farsi la domanda e rispondersi fu tutt'uno, Kagome strinse il proprio
arco e si nascose sotto l'ampio cappello tornando dal bersaglio di
Izumi. “Deve aver percepito un demone ed essergli corsa
dietro, ragazza frettolosa! Non credo di essere stata così
alla sua età.” A pochi metri dai primi alberi
rallentò. “O forse sì...” La
foresta che si estendeva ai piedi della collina e fin sopra essa era
diventata impenetrabile con la discesa della notte, Kagome fece fatica
a vedere davanti a se ma fu molto semplice percepire l'immensa forza
demoniaca e si sentì sicura che avrebbe trovato anche Izumi
in quella direzione.
«Una sacerdotessa?» Chiese Sesshomaru, cercando di trasmettere scetticismo. Izumi sorrise sorniona. «Così almeno non potrò più essere definita un'umana qualsiasi.» Il demone la guardò in tralice, indeciso se definire lo sguardo di Izumi come accusatorio o canzonatorio. «Un umano resta sempre umano, qualsiasi sia il vestito ch'egli porta.» Le disse in un sibilo. «Che ne pensi di un'umana che può disintegrare un demone con una freccia?» Sesshomaru la derise con uno sbuffo, e osservò la sua espressione convinta e gli occhi decisi. «L'umano...deve avere il tempo di scoccarla.» Aggiunse con un tono più serio e minaccioso ma Izumi decise di non lasciarsi smuovere, era stato lui a indirizzarla verso quel ruolo, non avrebbe abboccato ad un Sesshomaru che mette in dubbio se stesso. «E se l'avessi già scoccata da tempo?» Sussurrò Izumi più per l'abitudine di parlare al posto di pensare che per volerlo dire, ma l'acuto udito di Sesshomaru non mancò di cogliere la frase e la sua allusione. Fu allora che nell'aria si udirono i richiami di Kagome, cercava Izumi e a gran voce. La ragazza si girò e vide la vecchia sacerdotessa raggiungerla affannata. «Izumi! Cosa ti è saltato in mente di entrare nella foresta da sola, di notte?!» Le gridò contro. «Dov'è?» Chiese mentre riprendeva fiato. «Dov'è chi?» «Il demone! Il demone al quale appartiene quest'energia, quello che sei venuta a rincorrere, razza d'incosciente!» Izumi non capiva, si girò verso Sesshomaru e solo allora notò che se n'era già andato. «Scappato.» Sussurrò e Kagome fece un sospiro. «Avanti, torniamo al villaggio. Non farlo mai più, se ti succedesse qualcosa Sota non me lo perdonerebbe mai!» Borbottava invitando la ragazza a camminare davanti a se, cosicché potesse tenerla d'occhio. Tutta quell'apprensione nei suoi confronti la fece ridere di gusto, cosa che Kagome non apprezzò per niente ma più che altro Izumi pensava al demone che di gran fretta s'era dileguato. «Sei un maestro dello scappare...» Soffiò fra se e se, talmente piano che Kagome non la notò nemmeno e continuava a guidarla nel fitto degli alberi mentre Izumi rideva e le diceva di calmarsi, quello che ignorava era che il diretto interessato aveva sentito benissimo.
«Una sacerdotessa?» Chiese Sesshomaru, cercando di trasmettere scetticismo. Izumi sorrise sorniona. «Così almeno non potrò più essere definita un'umana qualsiasi.» Il demone la guardò in tralice, indeciso se definire lo sguardo di Izumi come accusatorio o canzonatorio. «Un umano resta sempre umano, qualsiasi sia il vestito ch'egli porta.» Le disse in un sibilo. «Che ne pensi di un'umana che può disintegrare un demone con una freccia?» Sesshomaru la derise con uno sbuffo, e osservò la sua espressione convinta e gli occhi decisi. «L'umano...deve avere il tempo di scoccarla.» Aggiunse con un tono più serio e minaccioso ma Izumi decise di non lasciarsi smuovere, era stato lui a indirizzarla verso quel ruolo, non avrebbe abboccato ad un Sesshomaru che mette in dubbio se stesso. «E se l'avessi già scoccata da tempo?» Sussurrò Izumi più per l'abitudine di parlare al posto di pensare che per volerlo dire, ma l'acuto udito di Sesshomaru non mancò di cogliere la frase e la sua allusione. Fu allora che nell'aria si udirono i richiami di Kagome, cercava Izumi e a gran voce. La ragazza si girò e vide la vecchia sacerdotessa raggiungerla affannata. «Izumi! Cosa ti è saltato in mente di entrare nella foresta da sola, di notte?!» Le gridò contro. «Dov'è?» Chiese mentre riprendeva fiato. «Dov'è chi?» «Il demone! Il demone al quale appartiene quest'energia, quello che sei venuta a rincorrere, razza d'incosciente!» Izumi non capiva, si girò verso Sesshomaru e solo allora notò che se n'era già andato. «Scappato.» Sussurrò e Kagome fece un sospiro. «Avanti, torniamo al villaggio. Non farlo mai più, se ti succedesse qualcosa Sota non me lo perdonerebbe mai!» Borbottava invitando la ragazza a camminare davanti a se, cosicché potesse tenerla d'occhio. Tutta quell'apprensione nei suoi confronti la fece ridere di gusto, cosa che Kagome non apprezzò per niente ma più che altro Izumi pensava al demone che di gran fretta s'era dileguato. «Sei un maestro dello scappare...» Soffiò fra se e se, talmente piano che Kagome non la notò nemmeno e continuava a guidarla nel fitto degli alberi mentre Izumi rideva e le diceva di calmarsi, quello che ignorava era che il diretto interessato aveva sentito benissimo.
°°°
Il
giorno dopo Izumi si risvegliò nel freddo della capanna di
Kagome e vide la sacerdotessa già pronta per avviarsi
all'esterno. «Dove vai?» Le chiese assonnata.
Tra tutti i luoghi del villaggio la ragazza non si aspettava che qualcuno avesse la propria tomba posta così lontano. Kagome l'aveva invitata a seguirla fra la foschia ed il freddo pungente della mattina lungo il sentiero che porta fin sopra la collina. Lungo il passaggio in uno spiazzo, accoccolata fra gli alberi si ergeva una pietra nel bianco. La vecchia sacerdotessa posò a terra la propria cesta e pulì via la neve con cura. Le faceva uno strano effetto vederla, essere al cospetto della famosa Rin. Si strinse nel suo manto di paglia e osservò Kagome fare spazio fra la neve per posare degli intrecci delicati di steli. «Perché qui? Le altre pietre tombali sono tutte nel villaggio.» Izumi vide la donna sorridere mestamente. «Le pietre tombali sono solitamente vicine al villaggio perché possano essere vicini ai loro cari ma...Rin non era cara solo a noi.» La ragazza sentì una fitta allo stomaco e la pesante sensazione di essere solo un peso ed un ostacolo nell'intera era Sengoku. «Quando fu l'ora decidemmo di assecondare la natura di Rin stessa che in vita divise il proprio affetto fra il regno umano e quello demoniaco.» Izumi sapeva benissimo che con regno demoniaco Kagome intendeva Sesshomaru, ricordava bene ogni parola del racconto di Jaken da quando il demone l'aveva resuscitata con Tenseiga a quando le aveva dato l'ultimo saluto. «Quando la pira venne accesa Inuyasha vide il fratello Sesshomaru osservarla proprio da questo punto.» Continuò rialzandosi faticosamente. «Sai loro due avevano un legame speciale sin da quando lei era una bambina così...trovammo questo luogo perfetto per stabilire un equilibrio che permettesse alla gente del villaggio di renderle omaggio, così come ai demoni, in maniera discreta e silenziosa.» Kagome sospirò, come per soffiare via il peso della malinconia del luogo e della triste storia della sua giovane amica, per poi riprendere il cammino lungo il sentiero. «Izumi?» La donna la vide assorta nei suoi pensieri, immobile davanti dalla nuda pietra. «Posso rimanere qui per un po'?» Chiese piano, come per non disturbare nessuno. Kagome aggrottò la fronte. «L'importante è che non sparisci all'improvviso come ieri, non cacciarti nei guai.» Izumi notò come le raccomandazioni della donna somigliassero a quelle che sua madre le aveva sempre ripetuto in modo meccanico e si chiese se fossero le madri ad essere tutte uguali o se era proprio lei ad essere così preoccupante. Quando vide Kagome in lontananza Izumi prestò i suoi rispetti a Rin e si accovacciò a terra, nel punto che la donna poco prima aveva pulito dalla neve. “Non ti ho mai conosciuta ma già so che dovevi essere speciale, ho avuto modo di conoscere Sesshomaru e so che entrare nelle sue grazie è un'impresa lunga e ardua, o forse è per me che è complicato.” Izumi si guardò le ginocchia e si chiese quanto ciò fosse opportuno o meno. “Probabilmente sono l'ultima persona che ti aspettavi, da un'altra epoca, totalmente un altro mondo, mai conosciute...ma abbiamo qualcosa in comune. So che eri speciale per Sesshomaru e che lui lo era per te perciò spero che non mi odierai tornando nel mondo dei vivi come spirito perseguitandomi.” D'un tratto sbarrò gli occhi che teneva chiusi e con molta placida calma li richiuse, Izumi lo aveva percepito, anche se si domandò quanto tempo ci aveva messo per accorgersene. “Ti giuro che ho le migliori intenzioni e se dovessi dare un motivo alla mia folle impresa...sono sincera: non saprei dartelo. Istinto credo, destino forse? Tu credi nel destino Rin? Di tutte le creature di questo mondo Sesshomaru è stata la prima che io abbia incontrato in quest'era, la prima dopo che il pozzo mangiaossa mi ha concesso di viaggiare lungo la trama del tempo. Non sono una di quelle persone alle quali piace ragionare prima di fare le cose, mi dicono spesso che sono volubile, svampita e imprevedibile perché mi butto, mi butto e basta senza pensare. Volevo provare qualcosa di avventuroso e vedere qualcosa di meraviglioso e ho trovato un Grande Demone cane dagli occhi forgiati con ambra e oro da madre natura in persona. Un momento, i demoni non possono leggere il pensiero...giusto?” Izumi riaprì gli occhi e si accorse per la prima volta di come la sua presenza in quel luogo potrebbe essere molto non voluta. «So che sei lì.» Disse nonostante ciò, leggermente rossa in volto. «Posso dire con certezza che appari e scompari sempre quando meno me l'aspetto.» Disse a bassa voce, quasi per non incidere nella calma che permeava in quel luogo. Quando si voltò lo vide proprio lì dove se lo immaginava, impassibile, con un tono solenne nel volto. “Vorrei spiegare al nostro amico che non sono qui per sostituirti, Rin, né cancellarti dalla sua memoria, ma è terrorizzato da noi umani proprio come un cane randagio. Diffidente e timoroso d'essere tradito da chi ha dato affetto, d'essere lasciato da solo...di nuovo.” Izumi si alzò e con calma si diresse al villaggio, lasciando che Sesshomaru potesse avere il suo tempo in maniera discreta e silenziosa, come Kagome le aveva detto. «Questa volta sei tu a scappare?» Sentì in un sussurro e si voltò di scatto, era talmente leggero che credette di averlo immaginato, talmente piano che si disperse nell'aria. Lo vide di schiena, alto e imperituro, sorrise e tornò per la propria strada. «Probabile.»
Tra tutti i luoghi del villaggio la ragazza non si aspettava che qualcuno avesse la propria tomba posta così lontano. Kagome l'aveva invitata a seguirla fra la foschia ed il freddo pungente della mattina lungo il sentiero che porta fin sopra la collina. Lungo il passaggio in uno spiazzo, accoccolata fra gli alberi si ergeva una pietra nel bianco. La vecchia sacerdotessa posò a terra la propria cesta e pulì via la neve con cura. Le faceva uno strano effetto vederla, essere al cospetto della famosa Rin. Si strinse nel suo manto di paglia e osservò Kagome fare spazio fra la neve per posare degli intrecci delicati di steli. «Perché qui? Le altre pietre tombali sono tutte nel villaggio.» Izumi vide la donna sorridere mestamente. «Le pietre tombali sono solitamente vicine al villaggio perché possano essere vicini ai loro cari ma...Rin non era cara solo a noi.» La ragazza sentì una fitta allo stomaco e la pesante sensazione di essere solo un peso ed un ostacolo nell'intera era Sengoku. «Quando fu l'ora decidemmo di assecondare la natura di Rin stessa che in vita divise il proprio affetto fra il regno umano e quello demoniaco.» Izumi sapeva benissimo che con regno demoniaco Kagome intendeva Sesshomaru, ricordava bene ogni parola del racconto di Jaken da quando il demone l'aveva resuscitata con Tenseiga a quando le aveva dato l'ultimo saluto. «Quando la pira venne accesa Inuyasha vide il fratello Sesshomaru osservarla proprio da questo punto.» Continuò rialzandosi faticosamente. «Sai loro due avevano un legame speciale sin da quando lei era una bambina così...trovammo questo luogo perfetto per stabilire un equilibrio che permettesse alla gente del villaggio di renderle omaggio, così come ai demoni, in maniera discreta e silenziosa.» Kagome sospirò, come per soffiare via il peso della malinconia del luogo e della triste storia della sua giovane amica, per poi riprendere il cammino lungo il sentiero. «Izumi?» La donna la vide assorta nei suoi pensieri, immobile davanti dalla nuda pietra. «Posso rimanere qui per un po'?» Chiese piano, come per non disturbare nessuno. Kagome aggrottò la fronte. «L'importante è che non sparisci all'improvviso come ieri, non cacciarti nei guai.» Izumi notò come le raccomandazioni della donna somigliassero a quelle che sua madre le aveva sempre ripetuto in modo meccanico e si chiese se fossero le madri ad essere tutte uguali o se era proprio lei ad essere così preoccupante. Quando vide Kagome in lontananza Izumi prestò i suoi rispetti a Rin e si accovacciò a terra, nel punto che la donna poco prima aveva pulito dalla neve. “Non ti ho mai conosciuta ma già so che dovevi essere speciale, ho avuto modo di conoscere Sesshomaru e so che entrare nelle sue grazie è un'impresa lunga e ardua, o forse è per me che è complicato.” Izumi si guardò le ginocchia e si chiese quanto ciò fosse opportuno o meno. “Probabilmente sono l'ultima persona che ti aspettavi, da un'altra epoca, totalmente un altro mondo, mai conosciute...ma abbiamo qualcosa in comune. So che eri speciale per Sesshomaru e che lui lo era per te perciò spero che non mi odierai tornando nel mondo dei vivi come spirito perseguitandomi.” D'un tratto sbarrò gli occhi che teneva chiusi e con molta placida calma li richiuse, Izumi lo aveva percepito, anche se si domandò quanto tempo ci aveva messo per accorgersene. “Ti giuro che ho le migliori intenzioni e se dovessi dare un motivo alla mia folle impresa...sono sincera: non saprei dartelo. Istinto credo, destino forse? Tu credi nel destino Rin? Di tutte le creature di questo mondo Sesshomaru è stata la prima che io abbia incontrato in quest'era, la prima dopo che il pozzo mangiaossa mi ha concesso di viaggiare lungo la trama del tempo. Non sono una di quelle persone alle quali piace ragionare prima di fare le cose, mi dicono spesso che sono volubile, svampita e imprevedibile perché mi butto, mi butto e basta senza pensare. Volevo provare qualcosa di avventuroso e vedere qualcosa di meraviglioso e ho trovato un Grande Demone cane dagli occhi forgiati con ambra e oro da madre natura in persona. Un momento, i demoni non possono leggere il pensiero...giusto?” Izumi riaprì gli occhi e si accorse per la prima volta di come la sua presenza in quel luogo potrebbe essere molto non voluta. «So che sei lì.» Disse nonostante ciò, leggermente rossa in volto. «Posso dire con certezza che appari e scompari sempre quando meno me l'aspetto.» Disse a bassa voce, quasi per non incidere nella calma che permeava in quel luogo. Quando si voltò lo vide proprio lì dove se lo immaginava, impassibile, con un tono solenne nel volto. “Vorrei spiegare al nostro amico che non sono qui per sostituirti, Rin, né cancellarti dalla sua memoria, ma è terrorizzato da noi umani proprio come un cane randagio. Diffidente e timoroso d'essere tradito da chi ha dato affetto, d'essere lasciato da solo...di nuovo.” Izumi si alzò e con calma si diresse al villaggio, lasciando che Sesshomaru potesse avere il suo tempo in maniera discreta e silenziosa, come Kagome le aveva detto. «Questa volta sei tu a scappare?» Sentì in un sussurro e si voltò di scatto, era talmente leggero che credette di averlo immaginato, talmente piano che si disperse nell'aria. Lo vide di schiena, alto e imperituro, sorrise e tornò per la propria strada. «Probabile.»
°°°
Attese,
attese a lungo senza più tornare nell'era Sengoku. Trascorse
il proprio tempo impegnata, per distogliere la propria attenzione dal
pozzo mangiaossa e suonò per infinite ore. Cosa avrebbe
pensato Sesshomaru della sua assenza? Voleva smuoverlo, farlo pensare a
lei, fargli avere dei dubbi, fargli sentire la sua mancanza,
bistrattarlo dolcemente. Sentiva di aver ben poca speranza che il
demone dedicasse una piccola fetta di tempo nel pensarla ma poteva
sempre sperare, si disse. Quando finalmente si decise ad attraversare
il pozzo portò il violino con se. Dall'altra parte
trovò neve, neve ovunque: nella cavità del pozzo
e nei bordi, sopra gli alberi, a coprire la radura una distesa bianca
fino all'orizzonte e nonostante fosse pomeriggio il cielo plumbeo dava
l'idea che fosse già tarda sera . Un radicale cambiamento di
colore che la lasciò stordita ad osservare i dintorni per
diversi minuti. Volle vedere i luoghi che avevano contraddistinto i
suoi primi incontri con Sesshomaru, si chiedeva quale aspetto avessero
assunto sotto quella coltre di neve. Quando si trovò fra gli
alberi sotto i quali lo vide riposare sentì la sua energia e
si stupì di trovarlo nei paraggi, da quando aveva cominciato
a frequentare quei posti il demone tentava di eluderli.
“Sicuramente mi ha già percepito.”
Ragionò, sperando che non intendesse eclissarsi di nuovo,
come un fantasma. Si sorprese quando la sua percezione la condusse in
un luogo che riconosceva anche coperto di neve, la grotta dove l'aveva
condotta per ripararsi dalla pioggia. Quando vi s'inoltrò
sperò di dover evitare il piccolo kappa ma che addirittura
Sesshomaru oltre che solo, l'accogliesse con una pacifica espressione
d'attenzione...le sembrò quasi un tranello. «Sei
tornata.» Disse, con tono ambiguo di affermazione e
constatazione. “Cos'è, una coda che scodinzola
quella che vedo?” Si chiese Izumi sorridendogli.
“Trattandosi di Sesshomaru questo posso considerarlo un
saluto più che festoso.” Pensò gioiosa,
osservandolo seduto a terra con le spade in obliquo e la schiena
appoggiata alla roccia, la ragazza avrebbe voluto tradurre quel
“sei tornata” con un “bentornata, sono
felice di vederti” ma sospirò ritenendo che il
silenzio che susseguiva quelle parole e quegli occhi fissi su di lei,
in attesa, fossero più consoni a una traduzione come
“bentornata, fammi vedere che sei felice di
vedermi”. «Sono felice di vederti.»
L'accontentò.
Se
la vostra pazienza e costanza saranno state adeguate, presto sarete
premiati dal vostro cane che imparerà ciò che voi
volete da lui.
____________
____________
Note: Salve! Sono
consapevole di continuare questa fanfiction dopo più di un
anno (realizzarlo mi ha destabilizzato, totalmente lol) e mi dispiace
davvero molto, ho avuto i miei motivi ma sono comunque dispiaciuto.
Spero di ultimare tutto in un breve periodo, visto che ormai non manca
molto alla fine, nel frattempo spero che questo capitolo non vi abbia
deluso e che vogliate mettermi a parti delle vostre opinioni :) vi
ringrazio in anticipo, per tutto
un saluto
Kain
un saluto
Kain