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Autore: WYWH    25/03/2013    2 recensioni
[STORIA RIVEDUTA E MODIFICATA] Solo per un momento, Yayoi ebbe remora di firmare quella carta, e questo non passò certo inosservato a Jun o all’avvocato; ma non era perché aveva cambiato idea su qualcosa, oramai la donna aveva accettato tutto, anche per sfinimento. È solo … solo che, in una remota parte di sé, la donna ancora si ostinava a pensare che le cose si sarebbero risolte; le succedeva sempre, quando non sembrava esserci soluzione al problema: all’improvviso, nella sua testa, cominciava a sentire una musica ritmata, allegra, che la faceva sorridere.
Era una musica tratta da “L’Elisir D’amore”, forse la sua opera lirica preferita.
"Una tenera occhiatina, un sorriso, una carezza, vincer può chi più si ostina, ammollir chi più ci sprezza. Ne ho veduti tanti e tanti, presi cotti, spasimanti, che nemmanco Nemorino non potrà da me fuggir. La ricetta è il mio visino, in quest'occhi è l'elisir..."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jun Misugi/Julian Ross, Yayoi Aoba/Amy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Anche un uomo'
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Finale:

Vicino a te s’acqueta

 

Chénier
Vicino a te s'acqueta
l'irrequieta anima mia;
tu sei la meta d'ogni desio,
d'ogni sogno, d'ogni poesia!
Entro al tuo sguardo
l'iridescenza scerno
de li spazi infiniti.
Ti guardo; in questo fiotto verde
di tua larga pupilla erro coll'anima!

Il primo a svegliarsi fu Jun, e la prima cosa che vide fu una massa rossa e morbida di capelli, che scendevano dalla sua spalla fino al petto, alcune ciocce s’intrecciavano alle sue dita; ne sentì chiaramente il profumo, e mosse il capo sul morbido cuscino, cercando di vedere il volto della sua proprietaria.

Vide una fronte dalla pelle chiara, due palpebre con ciglia nere, chiuse, e un naso che nascondeva le labbra e il mento; nonostante quei pochi dettagli l’uomo si emozionò, sorridendo felice mentre la sua mano sinistra, lentamente, si alzava e si muoveva, arrivando a sfiorare una delle guance. Era morbida, e calda. Continuando a sfiorarla, man mano che la vista e l’udito si svegliavano, Jun avvertì il respiro della donna, il movimento del suo petto e il suono leggero che emetteva.

Avrebbe voluto toccarla ancora di più, fino a svegliarla, ma preferì trattenersi, avvolto com’era in quell’atmosfera di pace: lui e Yayoi che riposavano assieme, con il loro figlio nell’altra stanza, proprio come una vera famiglia.

Già, a proposito, la famiglia, o meglio la sua famiglia: da quando se n’era andato, all’Hanami, non aveva più risposto alle diverse e continue chiamate di sua madre, la donna lo aveva chiamato fino a cinque volte al giorno, sempre ignorata.

Jun era sicuro che fosse arrabbiata, e si rese conto che doveva prepararsi mentalmente ad uno dei suoi interventi più aspri contro di lui e contro quella donna stesa al suo fianco, a cui si sentiva nuovamente legato, forse più di prima. Di sicuro l’amava molto più di prima.

Yayoi si mosse leggermente, strofinando la guancia sul petto dell’uomo, e lui sorrise, passando dalla guancia ai capelli, accarezzandoli e sentendoli morbidi sotto le sue dita; la donna si mosse ancora, e dal suo punto di vista Jun vide le palpebre aprirsi e le ciglia sbattere, fino a quando il volto non si spostò verso di lui.

Aveva dimenticato quanto poteva essere bella appena sveglia la mattina, con gli occhi ancora sonnolenti e la pelle chiara. Sentì chiaramente il battito cardiaco accellerargli mentre le parola a bassa voce.

-Buongiorno.-

Era ancora intontita dal sonno, e lo guardò con stupore; poi l’uomo le vide gli occhi accendersi, la consapevolezza farsi strada, e di conseguenza le guance cominciarono ad arrossare, fino a quando non abbassò il capo, e sulle prime provò addirittura a scnsarsi, bloccata dal braccio dell’uomo attorno alla sua schiena.

-Ah no, tu non scappi!-

-Ah! Lasciami!-

Jun la trascinò a sé, in modo da far aderire i loro corpi, e la sentì fragile per quanto era magra, ma anche morbida mentre le dava un bacio sui capelli, allungando anche l’altro braccia per catturarla.

-Ecco, adesso non ti potrai muovere.-

Yayoi, sulle prime, fece effettivamente resistenza, spingendo le mani sul petto di Jun, ma lui tenne salda la presa, e anzi sorrise divertito ai tentativi della donna.

-Su, su che ce la fai.-

-Dai Jun lasciami!-

-Ma dai, se ti impegni ce la fai da sola.-

-Smettila.-

-Guarda che sei tu la deboluccia.-

-Ah, io sarei debole?!-

Le mani della donna cambiarono improvvisamente posizione, e da piatte sul petto andarono alle ascelle e cominciarono a salire e scendere lungo i lato del corpo dell’uomo, muovendo veloci le dita.

La reazione di Jun fu esplosiva: cominciò ad agitarsi, e subito le braccia persero forza mentre la risata gli cresceva incontrollata.

-No, ferma! Ferma!!-

-Ti arrendi?! Ti arrendi??-

Tentò di ripararsi, andando a pancia in giù, ma Yayoi insistette, mettendosi seduta e continuando a fare il solletico, sorridendo vittoriosa.

-Allora ti arrendi?!-

-Ah si, si!!-

A quelle parole la donna mollò la presa, ma subito l’uomo passò al contrattacco, afferrandole il polso per farla sdraiare, iniziando a sua volta a farle il solletico, con più forza di lei; lei cominciò a lanciare gridolini e a muoversi come un pesce fuor d’acqua mentre cercava di battere in ritirata.

-Non vale! Non vale!-

-Non dovevi provocarmi!!-

Yayoi riuscì ad acchiappare un cuscino, e lo tirò in faccia all’uomo, facendolo allontanare; a quel punto tornò a seduta, continuando però ad attaccarlo mentre lui si riparava la testa, tastando a fatica sul letto per recuperare l’altro cuscino.

Da lì scoppiò la battaglia: Yayoi colpiva un po’ alla rinfusa ma di continuo, e questo obbligava Jun a colpire poche volte, anche se deciso, evitando però di farle male. Alla fine i due si presero a vicenda, e finirono sdraiati con i cuscini che cadevano fuori dal letto e le lenzuola completamente sfatte.

Si guardarono a vicenda, senza fiato, i capelli rossi i Yayoi erano tutti spettinati e Jun aveva le guance arrossate. E si misero a ridere, tornando ad abbracciarsi e a stringersi nelle risate.

Pian piano si calmarono, e alle risate fecero posto i baci. Tanti tipi diversi di baci: baci silenziosi, lenti, baci dati con affetto, baci dispettosi in punti strani, baci dati di raffica, baci per giocare, baci pieni di parole, di promesse. Baci per perdere il senso del tempo. Fino a quando non ci fu più bisogno di baci, ma solo di sentirsi l’uno tra le braccia dell’altro, respirando assieme, con gli occhi chiusi.

Purtroppo la luce del giorno cominciò ad essere un po’ più forte, segno che dovevano alzarsi.

Yayoi parlò per prima.

-Che succederà adesso?-

L’uomo strofinò la guancia sulla capigliatura rossa, respirando ancora il profumo del sapone, prima di parlarle.

-Non lo so. Ma sinceramente … non mi dispiace non saperlo.-

La donna annuì, cercando di nascondersi ancora di più nell’incavo del collo dell’uomo.

Restarono qualche minuto in silenzio, e poi Yayoi sentì Jun muoversi leggermente, e poi parlare divertito.

-Ah, abbiamo visite.-

La donna alzò lo sguardo, e vide Hikaru sulla soglia della porta, con in braccio uno dei suoi pupazzi preferiti, un coniglietto in jeans azzurro.

-Ehi, buongiorno amore. Vieni qui.-

La donna batté sul letto, e il bimbo sorrise contento, precipitandosi e balzando sul materasso.

Yayoi sgusciò dalla presa di Jun per prendere il piccolo in braccio, controllandogli subito la temperatura.

-Beh, sembra che siamo guariti. Tu come stai?-

-Bene. Posso andare a scuola mamma?-

-Direi di si. Sono gli ultimi giorni prima dell’inizio delle elementari, non è il caso di fare assenze.-

-E papà viene con noi?!-

Si vedeva lontano un miglio che il bimbo era entusiasta di vedere il papà sul letto con la mamma, aveva gli occhi luminosi e il volto carico di aspettativa mentre Jun sbuffava divertito, accarezzandogli la chioma.

-Ma certo che vengo campione.-

-Evviva!-

E si tuffò in mezzo ai due genitori, i quali sorrisero divertiti, accaezzandolo chi sui capelli chi alla schiena.

Maddalena
Per non lasciarti son qui;
non è un addio!
Vengo a morire con te!
Finì il soffrire!
La morte nell'amarti!
Ah! Chi la parola estrema dalle labbra
raccoglie, è Lui, l'Amor!

Rimasero ancora tutti e tre nel letto, almeno fino a quando la donna non prese in braccio Hikaru per portarlo al bagno, a prepararsi mentre l’uomo prendeva il suo tempo per alzarsi e raccogliere i suoi “resti”.

Dico solo che lui, in quel momento, aveva solo i boxer addosso, mentre la donna aveva anche una canottiera.

Questa, nel frattempo, assistette il figlio, che si sciacquò il collo e il viso, e prese un panno per togliergli via il sudore dalla schiena, guardandolo togliersi la camica del pigiama e piegarla meglio che poté sopra il cesto della biancheria.

Posò il panno umido con delicatezza su quella pelle chiara.

-È freddo?-

Il piccolo scosse il capo, e la donna veloce compì l’operazione, facendo anche il solletico al bambino per farlo un po’ divertire.

-Senti mamma.-

-Dimmi amore.-

-Papà può venire a stare con noi?-

Yayoi fu meno sorpresa del solito, oramai le richieste del piccolo riguardante il suo genitore non la imbarazzavano più così tanto; tuttavia la richiesta era particolare.

-Papà ha un’altra casa amore.-

-Però dice che gli piacerebbe venire a stare qui.-

Jun doveva imparare che non sempre poteva accontentare tutte le richieste del figlio, meno che mai in una situazione come la loro: a prima vista sembrava facile, adesso che si erano chiariti sarebbero vissuti tutti insieme felici e contenti. Ma mica stavano così le cose.

-Tesoro, non voglio dirti di no, ma è ancora presto perché papà venga a stare con noi.-

-Perché?-

Come spiegarglielo?

-Vedi, è vero che io e papà abbiamo fatto pace da poco, ma è passato molto tempo, e siamo cambiati. Dobbiamo prima imparare a conoscerci bene.-

Lo fece voltare verso di lei, consegnandogli la spugna, e lui cominciò a lavarsi il petto, le braccia e le gambe mentre la madre prese un profondo respiro.

Ad aiutarla ulteriormente, in modo inaspettato, ci pensò Jun alle sue spalle.

-Vedi Hikaru, io ho la mia casa, e se dovessi venire qua dovrei portare tutte le mie cose, e non ci sarebbe più spazio per noi; e se voi veniste da me dovreste allontanarvi dall’asilo, e risulterebbe scomodo.-

L’uomo posò una mano sulla spalla della donna, e questa l’accettò di buon grado, vedendo che il piccolo si faceva convincere molto di più da quella spiegazione.

-Anche io e papà vogliamo che stiamo tutti insieme, ma per fare ciò dobbiamo trovare un’altra casa, e al momento non abbiamo abbastanza soldi per farlo.-

-… però un giorno staremo tutti insieme?-

-Ma certo! Certo amore.-

La donna gli accarezzò i capelli e il volto, e Jun s’inginocchiò accanto a lei, sorridendo e facendo un buffetto alla guancia del piccolo.

-Te lo promettiamo campione. Ti sei già lavato i denti?-

Il piccolo scosse la testa, e l’uomo si alzò in piedi, prendendo il posto della donna in bagno, continuando a tenere una mano sul capo del figlio.

-E allora veloce, che se no facciamo tardi.-

-Allora io vi preparò la colazione.-

Risposero entrambi con un “siii”, e Yayoi sorrise divertita, fermandosi solo un momento in camera per potersi mettere qualcosa sopra le gambe nude, dirigendosi subito dopo in cucina a preparare il caffè, succo di frutta e da mangiare.

Sentì chiaramente dei rumori venire dal bagno, comprese le risate del figlio, e le venne a sua volta da sorridere entusiasta.

Non avrebbe mai creduto che una situazione del genere sarebbe mai successa: da giovane aveva sempre pensato ad una casa condivisa con Jun e con dei figli, ma dopo il divorzio l’era sembrato impossibile.

E ora, invece, eccoci qui.

Chénier
Tu sei la meta dell'esistenza mia!

 

Chénier, Maddalena
Il nostro è amore d'anime!

Il primo a raggiungerla fu Jun, lavato e vestito di tutto punto, i vestiti che indossava avevano ancora l’odore della sua colonia; si avvicinò alla donna e le baciò una guancia, un gesto così familiare che la sorprese, facendola voltare verso di lui. Questo la guardò con aria incerta.

-Ti ha dato fastidio quello che ho detto ad Hikaru?-

-No, no per niente.-

-Allora … credi che sarà possibile, un giorno?-

Lei si mordicchiò leggermente le labbra, parlando a voce bassa.

-Beh … formalmente siamo divorziati … però questo non significa che non possiamo riprovarci.

Però!-

E dicendo quella parola rizzò la schiena e guardò Jun dritto negl’occhi, parlando con voce convinta, un dito puntato contro di lui.

-D’ora in poi niente cose lasciate a metà, intesi? Quando c’è un problema si litiga, si discute e si trova una soluzione, chiaro?-

Prese i due piatti con la colazione, parlando mentre li appoggiava sul tavolo.

-Non ho nessuna intenzione di essere di nuovo la “depressa signora Misugi”, e non ho nessuna voglia di tornare ad essere una semplice casalinga: continuerò il mio lavoro, ad educare Hikaru e, al massimo, dovrò ricominciare a gestirti.-

Jun, per tutto il tempo, l’aveva seguita con lo sguardo, sorridendo divertito al discorsetto della donna, avvicinandosi a lei e bloccandola al tavolo, obbligandola a guardarlo da vicinissimo, occhi negl’occhi.

-E dunque sarai la “forte e sicura signora Misugi”, eh? Intendi dire questo?-

Signora Misugi … di nuovo. Yayoi avvertì le farfalle nello stomaco, una sensazione che non sentiva da tempo.

-Forse … o forse continuerò ad essere la “forte e sicura Aoba” che è tornata frequentare il “principe Misugi”.-

-Ah no, non quel nomignolo.-

Il tentativo di rubare un bacio alla donna sfuggì, e lui poggiò la testa sulla spalla della donna, la quale sorrise divertita, battendo la mano sulla spalla dell’uomo.

-Su su, in fondo è solo da una ventina d’anni che ti chiamano così.-

-Per fortuna, da quando ho smesso di giocare, non lo usano più.-

-Ah, a proposito: perché hai smesso?-

Lui alzò il volto, e lentamente rivolse lo sguardo alla donna. Questa, tranquillamente, si liberò dalla presa dell’uomo e tornò verso il ripiano della cucina, finendo di preparare il caffè e passandone una grossa tazza a Jun, il quale lo annusò e lo sorseggiò in silenzio, avvicinandosi al ripiano e appogiandocisi.

Il silenzio si allungò di secondo in secondo, e Yayoi cominciò a pensare di aver toccato un tasto dolente nella vita dell’uomo.

-Scusa, non importa: è la tua vita dopotutto.-

-Ho smesso perché mancavi tu.-

La donna lo guardò sorpresa, e lui sorrise divertito.

-Si, è vero, può suonare molto banale questa frase, molto facile in questo momento; però, ripensando a quanto è accaduto, effettivamente ho lasciato la carriera sportiva … perché non avevo più il tuo supporto: fin dall’inizio mi hai sempre incoraggiato, nonostante i miei problemi fisici.

Forse, senza di te … non sarei arrivato dove sono ora.-

E si voltò a guardarla con ammirazione: Yayoi aveva sempre posseduto, fin da piccola, una straordinaria forza di volontà, e gliel’aveva trasmessa senza sforzo, come se fosse stato naturale, per loro, avere quella sorta di connessione.

Lei arrossì a quello sguardo, distogliendo gli occhi e allontanandosi dal bancone.

-Non ti sembra un po’ troppo conveniente questa motivazione?-

Lui ridacchiò.

-Si, forse è vero.-

Si avvicinò ancora una volta, ma non la circondò con le braccia, ne cercò di strapparle baci o carezze; si limitò a guardarla negl’occhi, sorridendole affettuoso.

-Però sono sincero, Yayoi. Lo sarò sempre con te.-

-Promesso?-

-Promesso.-

-Hm, chissà se mi posso fidare …-

La donna sbuffò, sorridendo, e si sporse verso di lui, per dargli un bacio sulla tempia.

Hikaru arrivò subito dopo vestito di tutto punto, e Yayoi lasciò i due “ometti” fare colazione mentre lei andava in bagno a cambiarsi.

In quel momento ebbe modo di guardarsi allo specchio, e per qualche istante si soffermò sulla sua immagine: il suo colorito, solitamente pallido, quel giorno era più rosato, le sue guance erano decisamente più colorate del solito, tanto che controllò se non avesse la febbre. Ma no, era sana, come un pesce.

Anche i suoi occhi le sembravano più grandi, le iridi castane parevano più chiare; senza contare i capelli, nonostante la coda bassa, erano arruffati e il colore rosso era più accesso. Che fosse il sole che proveniva dalla finestra del bagno?

No, no lei sapeva bene perché aveva quell’aspetto, qual’era il motivo; e forse per questo era così sorpresa, felice ma anche preoccupata: quanto sarebbe durata questa volta? Era un pensiero che non riusciva proprio a levarsi dalla testa mentre si pettinava, lavava la faccia e preparava, raggiungendo gli altri due in cucina, stavano terminando di mangiare.

-Allora, pronti ad andare?-

-Tu non mangi mamma?-

-Prenderò qualcosa fuori amore, altrimenti farò tardi a lavoro così come tu stai facendo tardi all’asilo! Su, forza, grembiule e cappello!-

Il bimbo scese giù dalla sua sedia e corse via mentre i due adulti si spostavano verso il corridoio.

-Posso offrirti la colazione? In fondo tu l’hai offerta a me.-

La donna annuì mentre il bimbo tornava a da loro pronto per andare.

Maddalena
Salvo una madre.
Maddalena all'alba ha nome
per la morte Idia Legray.
Vedi? La luce incerta del crepuscolo
giù pe' squallidi androni già lumeggia.
Abbracciami! Baciami! Amante!

I due ex coniugi fecero insieme la strada per l’asilo e, successivamente, per la clinica, con lunghi silenzi e poche chiacchiere, scambi di sguardi e sorrisi tranquilli; l’imbarazzo c’era sempre, ma faceva parte di quella strana atmosfera che li stava accompagnando fin dalla mattina.

Era una sensazione molto familiare, che avevano già sperimentato, eppure riviverla dopo cinque anni li faceva sentire come al primo appuntamaneto, incapaci perfino di parlarsi. Ma non si sentivano per niente a disagio per questo.

Anche la colazione passò nella quiete di quelle emozioni, di quei pensieri. E nei dubbi di Yayoi.

Arrivarono alla clinica accolti dalla sua solita atmosfera; Matilde li vide arrivare, ma preferì non interromperli, continuando a discutere con l’infermiere che la seguiva.

I due si diressero allo spogliatoio, e senza scambiarsi una parola indossarono i loro camici.

Prima di uscire, però, Jun si avvicinò alla donna, prendendole la mano con una stretta dolce, in modo che lei potesse avere la possibilità, se avesse voluto, di liberarsi.

-… ti posso vedere a pranzo?-

Yayoi guardò quella mano, prendendo un respiro profondo, prima di alzare lo sguardo agl’occhi dell’uomo; erano profondamente sinceri, lo si vedeva chiaramente, e questo la spinse, dopo qualche secondo, ad annuire decisa con il capo.

Jun ne fu entusiasta, aveva un’espressione quasi infantile: non ci sperava in quella risposta, e tanto ne fu contento da baciare la guancia della donna di getto, prima di andare in ufficio a passo sicuro, lasciando la donna con la guancia in fiamme e il cuore in tumulto.

Quasi corse, iniziando a fare i gradini della scalinata due alla volta, come un ragazzino.

A fermarlo ci pensò lo squillo del suo cellulare e, soprattutto, il nome scritto sul display.

“Mamma”.

Frenò la corsa, fino a fermarsi del tutto, a metà della scalinata per il secondo piano, osservando quella schermata e tenendo il dito fermo a pochi centimetri dalla tastiera.

Sapeva di cosa avrebbero parlato, o meglio sapeva di che cosa lei lo avrebbe accusato; tuttavia non poteva lasciare squillare il telefono per sempre, lo avrebbe torturato per il resto della giornata. O della sua vita.

Prese un profondo respiro, e accettò la chiamata.

-Buongiorno mamma.-

> Finalmente! Finalmente ti degni di rispondere!

-Scusami, ero impegnato.-

> Con il lavoro o con tuo figlio?

Lo disse con tale dispetto che l’uomo reagì immediatamente, rispondendo piccato e storcendo la bocca.

-Pensavo ti facesse piacere diventare nonna, o forse ti fa sentire troppo vecchia?-

> Modera i termini Jun! Mi devi spiegare un po’ di cose!

Come se ne sarebbe stato capace: quella situazione si era evoluta in maniera talmente tanto inaspettata che nemmeno lui sapeva cosa dire esattamente. O meglio, sapeva cosa dire, ma questo avrebbe messo in cattiva luce Yayoi al’occhi di sua madre, e ora che l’uomo desiderava riprendere la vita con il suo grande amore non aveva nessuna intenzione di farsi mettere i bastoni fra le ruote.

> Jun, Jun! Mi stai ascoltando?!

-… si mamma.-

> Vedi bene che voglio parlare con te al più presto.

Aprì la porta dell’ufficio e la richiuse velocemente, senza riuscire a salutare nessuno dei colleghi.

-A proposito di cosa, mamma? Del fatto che sono padre? Scusa se lo dico, ma questi sono anche affari miei.-

> Jun, sei padre di un figlio della tua ex-moglie! Sei sicuro che sia tuo? Non voglio che tu venga …

-Che io venga cosa, mamma? Ingannato da Yayoi?!-

La rabbia gli stava cominciando a salire in fretta, pertanto prese qualche respiro, passandosi una mano in faccia mentre cercava di mantenere la calma. Ma oramai le sue parole era avvelenate.

-Posso assicurarti che Hikaru è figlio mio molto più di quanto io mi senta tuo figlio.-

La sentì prendere il colpo in piena pancia, e gli rispose con voce spezzata, facendolo quasi sentire in colpa. “Quasi”.

> Come puoi dirmi questo?

-Sei stata tu a spingermi a dirtelo.-

> Io sono preoccupata per te!

-Mi ritengo abbastanza grande da cavarmela da sola, ti ringrazio mamma.-

> Non chiudere la telefonata, non ho finito!

Obbedì soltanto perché altrimenti la donna avrebbe ricominciato a torturarlo di telefonate; sospirò, mettendosi comodo sulla poltrona nera.

-Che altro c’è?-

> Voglio parlare con te, e io e tuo padre stiamo venendo in città, hai ancora la nostra macchina. Ti è possibile, in caso, raggiungerci a pranzo?

E dire che era sembrata una buona giornata fino a pochi minuti prima!

Non poteva rifiutarsi, perché sapeva che i suoi avevano bisogno del mezzo di trasporto, ma l’idea di rimandare l’appuntamento con Yayoi gli sembrava ancora peggio: rischiava di perdere la poca fiducia che era riuscito ad ottenere dalla donna.

O forse … poteva usare la situazione a suo vantaggio.

-… si, posso, ma non sarò solo: Yayoi verrà con me.-

Gli sembrò di vedere sua madre strozzarsi da sola, e il silenzio che ne seguì lo fece sentire soddisfatto, facendolo parlare ulteriormente.

-Vedi, le avevo promesso che avremo pranzato insieme. Mi rendo conto che vi devo restituire la macchina, ma non voglio mancare alla parola data.-

> È proprio necessario questo?

-Si, mamma.-

E lui non avrebbe cambiato idea.

Sentì la donna sospirare in modo melodrammatico.

> Va bene, ma solo perché sei tu.

-Bene, per che ora?-

Fu secco: questi piccoli ricatti non funzionavano più da molto tempo.

> Mezzogiorno?

-Certo, ora devo andare.-

> Jun aspe …

Chiuse la telefonata, guardando l’oggetto con aria pensierosa, vagamente cupa. Poi lo strinse, uscendo dal suo ufficio, deciso a cercare Yayoi: doveva dirglielo subito.

La donna, nel frattempo, era arrivata al suo reparto, dove i piccoli pazienti l’avevano accolta entusiasti, stufi di farsi fare le iniezioni da quel vecchio baffuto del dottor Guffred; l’infermiera si occupò di loro con entusiasmo, chiacchierando e giocando, cambiando flebo e fasciature, somministrando farmaci e dando attenzione a tutti. Quando terminò si rese conto che già un’ora e mezza era passata, e velocemente si apprestò a passare al suo prossimo impegno, quando una figura con il camice la fermò dal trascinare il carrello lungo il corridoio.

-Ya-chan!-

Seiji l’affiancò, offrendosi di spingere al suo posto, e i due si avviarono verso il magazzino del piano, dove venivano buttati anche i rifiuti.

L’uomo attaccò bottone.

-Come sta Hikaru? Ho saputo che aveva la febbre.-

-Ah sta bene, oggi è tornato all’asilo.-

-Presto andrà all’elementari, come si sente?-

-Bene! È molto impaziente a riguardo.-

-… e Jun come si comporta con lui?-

La donna ripensò agl’ultimi giorni, e d’istinto sorrise intenerita.

-Sta imparando a fare il papà.-

-E con te? Come si comporta?-

Yayoi lanciò un’occhiata a Seiji prima di aprire la porta del magazzino ed entrare; il medico alzò le mani e continuò a parlare, giustificandosi.

-Sono solo preoccupato per te!-

-Seiji, mi sembra che abbiamo già fatto questo discorso.-

-E allora non mi sembravi convinta del suo modo di fare, no? È cambiato qualcosa?-

Forse tutto. Lei però non rispose alla domanda, lasciandola sospesa e permettendo così a Seiji d’incalzarla ulteriormente.

-Cosa ti ha detto? Cosa ti ha fatto?-

-Se non ti spiace non sono affari tuoi! Non siamo mica nella clinica dell’amore!-

-Però sembra essersi trasformata in tale da quando tu e quell’uomo vi siete rivisti.-

-Che vorresti insinuare? Che lui stia cercando di sedurmi? Mi sembra di averti già detto che so com’è fatto e so come gestirlo.-

-Io non insinuo niente, dico solo che le sue attenzioni verso di te potrebbero dipendere solo dal bambino.-

-Anche se così fosse non m’importerebbe.-

Non lo guardò in faccia mentre stava gettando le siringhe usate e le flebo, passando alle garze e ai cateteri per poi riempire di nuovo il carrello, lasciando il medico fuori dallo stanzino, dato che era stretto nelle misure e lasciava entrare solo una persona alla volta.

-Non m’importerebbe, perché lo amo a prescindere.-

La donna si voltò verso il giovane, guardandolo decisa, la treccia di capelli appoggiata sulla sua spalla.

-E questo quello che volevi sentirti dire, Seiji?-

Chénier
Orgoglio di bellezza!  
Trionfo tu, de l'anima!
Il tuo amor, sublime amante,
è mare, è ciel, luce di sole
e d'astri ...
... È il mondo! È il mondo!

Il medico rimase in silenzio, e la donna lo imbeccò ancora mentre Jun raggiungeva il reparto, accigliandosi nel sentire e riconoscere la donna, la quale stava usando un tono di voce diverso dal consueto: era affannata, infastidita, sulla difensiva.

-Vuoi farmi dire che hai ragione? Vuoi farmi dire che lo lascerò perdere? Non mi è mai stato possibile Seiji. Mai.

Io ho sempre amato Jun, anche dopo il nostro divorzio. E anche se questo mi procurerà altri problemi, altri dolori, i miei sentimenti non cambieranno.

Fine della questione.-

Lo disse con forza, in modo tale che Seiji ne fosse pienamente convinto; tuttavia, come tanti giovani innamorati, il giovane uomo non sembrava avere intenzione di mollare, tanto che afferrò il braccio dell’infermiera, per obbligarla a guardarlo nei suoi occhi azzurri.

-Yayoi.-

-Lasciami Seiji.-

-Non puoi fidarti di un uomo che è scomparso per cinque anni, lasciandoti da sola a crescere un bambino.-

-Sono stata io a voler questo. Io l’ho voluto.-

-Perché sapevi che non era affidabile, come può esserlo ora?-

-Lasciami subito il braccio Seiji!-

-Prima rispondimi, come puoi fidarti?-

-Non può.-

I due si voltarono all’unisono, e in quel momento Jun si fece avanti, afferrando il polso del giovane e obbligandolo a lasciare la presa su Yayoi, la quale rimase sorpresa da quell’arrivo; cavallerescamente, Misugi si frappose tra la donna, il carrello e il medico, guardando quest’ultimo dritto negl’occhi, parlando con voce decisa.

-Non può fidarsi, Kishimoto: sono stato io a scegliere il divorzio, quando la soluzione migliore sarebbe stata parlarsi e chiarirsi. E questo l’ha spinta a non dirmi niente riguardo ad Hikaru.

Non può fidarsi perché sono passati cinque anni, dall’ultima volta che ci siamo visti e sentiti, e non mi sono preoccupato di mantenere i contatti.

Non può fidarsi perché sono piombato di nuovo nella sua vita e le ho detto che l’amavo ancora, nonostante tutto quello che gli ho fatto.

Ma di una cosa può essere certa: io farò di tutto per dimostrarle che c’è ancora una possibilità tra di noi. E per fare questo sono pronto anche a prenderti a pugni se ti azzardi di nuovo a toccarla in quel modo, chiaro?-

Sibilò quella minaccia, e Seiji potè essere certo che l’avrebbe fatto subito se non si fosse allontanato all’istante; lanciò un’ultima occhiata ferita alla donna, e se ne andò a passo svelto, permettendo così alla coppia di prendere fiato.

Jun la guardò preoccupato, ma la vide subito rasserenarsi, e fece un passo indietro, chinando il capo in segno di scuse, stupendola.

-Mi dispiace, probabilmente potevi cavartela da sola.-

-Ah no, io … mi ha fatto piacere.-

-Ascolta, per pranzo … abbiamo un problemino.-

-Un problema? Cioè?-

-Ecco …-

Velocemente, Jun spiegò a Yayoi la situazione con la madre, il come era venuta a conoscenza di Hikaru e di come lei volesse parlare con lui … e di come lui l’aveva obbligata ad incontrarlo per pranzo con la donna dai capelli rossi; il volto di questa mutò velocemente ad ogni passaggio, dal divertito, al sorpeso, al preoccupato, fino a che non prese un respiro e mostrò un’espressione rassegnata.

-Beh, immagino di non avere altra scelta.-

-Puoi, ma sarà una questione di tempo prima che mia madre decida a parlare con te.

Ascolta, non voglio obbligarti a fare niente …-

L’uomo fu frenato da una mano della donna a pochi centimetri dalla faccia, e dall’espressione decisa che questa aveva negl’occhi.

-Ah non cominciare per favore, “non voglio obbligarti”! So perfettamente che se non mi metto in mezzo prenderai in mano la situazione e farai di testa tua. Ti conosco, Jun Misugi.-

-… e sono lieto di questo.-

Per quanto l’uomo avesse usato un tono di voce basso, la donna lo sentì perfettamente, imbarazzandosi tanto da borbottare ed evitare lo sguardo dell’uomo.

-Non usare questi giochetti con me, o “principe”, e torna al lavoro.-

-Agl’ordini “principessa”. Ti vengo a prendere all’inizio della pausa agli spogliatoi.-

-Va bene, va bene.-

E l’uomo si allontanò velocemente mentre Yayoi cercava di riprendersi dall’imbarazzo, tornando a lavoro.

Maddalena
Amante! Amante!

 

Chénier, Maddalena
La nostra morte è il trionfo dell'amor!

 

Chénier
Ah benedico, benedico la sorte!

 

Maddalena
Nell'ora che si muore
eterni diveniamo!

 

Chénier
Morte!

 

Maddalena
Infinito!

 

Maddalena, Chénier
Amore! Amore!

(il rullo dei tamburi annuncia l’arrivo della carretta)

-Pranzo con i parenti? Non starete correndo un po’? In fondo vi frequentate da, quanto? Una decina di anni?-

Yayoi ringraziò e benedì mentalmente l’ironia di Matide, scambiando con lei un’espressione divertita mentre l’italiana si sedeva sul bancone sul bancone degli spogliatoi; la rossa sbuffò, sorseggiando il suo the caldo.

Era stata la stessa psicologa a decidere di tenere compagnia all’infermiera, e l’altra aveva accettato con molto piacere, lieta che il rapporto tra loro due non avesse subito mutamenti dopo le loro sedute.

-Sapevo che, prima o poi, avrei affrontato nuovamente sua madre, ma speravo che le cose accadessero meno frettolosamente.-

-Beh, pensala in questo modo: via il dente via il dolore! Parlerai con lei e dopo non dovrai pensarci più.-

-La signora Misugi non accetterà la presenza di Hikaru.-

-Non deve farlo lei, deve farlo Jun: lui è il padre. E da quel che so lui è entusiasta del figlio, o sbaglio?-

Yayoi scosse la testta, passandosi una mano tra i capelli mentre pensava ad ogni possibile scenario che le sarebbe capitato da lì a mezz’ora circa; Matilde la osservò, per poi mettersi di fronte al suo raggio visivo.

-Andrà tutto bene: tu non sei più sola, c’è Jun con te. E conoscendolo, dovrai stare più attenta a badare a lui che alle critiche di tua suocera. O meglio, ex-suocera.-

E dopo aver detto questo si allontanò dall’amica, riprendendo la sua tazza di the.

-Lo sai, a volte penso che uno dei vantaggi del divorzio è proprio il non dover più gestire la tua situazione con la madre di tuo marito. Ogni volta che penso che dovrei avere rapporti con una signora di mezza età, tendenzialmente protettiva, che ti guarda dall’alto in basso, ringrazio il mio status di zitella!-

La rossa rise divertita, annuendo nei confronti dell’italiana e non sapendo rispondere in modo da difendere la signora Misugi.

In quel momento Jun apparve da dietro la porta, entrando nello spogliatoio e levandosi il camice tutto in un solo gesto, avvicinandosi alla donna dai capelli rossi pronta ad uscire.

-Eccomi, scusa il ritardo.-

-Figurati.-

-Quanto abbiamo di pausa?-

-Un’ora, sbrighiamoci.-

-Ok. A dopo Matilde.-

-In bocca al lupo!-

L’italiana sollevò la tazza, guardando i due uscire e seguendoli con lo sguardo fino a quando non scomparvero nella folla.

Sbuffò, alzandosi dal suo posto per tornare al suo ufficio quando, mentre stava uscendo, Seiji entrò nello spogliatoio con una faccia lugubre.

-… vuoi fare quattro chiacchiere? Ti assicuro che aiuta.-

Lui la guardò con aria depressa, e si limitò ad annuire, facendosi offrire una tazza di the.

-Dove hai preso appuntamento?-

-In un ristorante qui vicino. Ecco, qua dietro l’angolo.-

Non appena il posto apparve allo sguardo dei due la donna s’arrestò, il panico le attangliò lo stomaco, suggerendole di scappare a gambe levate; Jun si voltò a guardarla, notando che aveva irrigidito la mascella e le spalle, e lo guardò con sguardo fisso, quasi supplicandolo.

Ripensò a cinque anni prima, al loro divorzio, e anche all’anno precedente alla firma dell’ultimo documento. E poi pensò al giorno in cui fece il test di gravidanza chiusa nel bagno della loro vecchia casa, restando senza parola al risultato positivo.

Avrebbero rivissuto tutto quanto? Di nuovo?

L’uomo le si avvicinò, e le prese delicatamente la mano, stringendole dolcemente le dita.

-Ehi, che succede?-

-Possiamo farcela stavolta?-

-Che intendi dire?-

-Io non voglio che se la prenda con Hikaru, non voglio che ci attacchi sui nostri errori. Non voglio che ci dica … che non siamo fatti per stare insieme.-

-Se si azzarda possiamo anche alzarci e andarcene.-

-Però non si risolve la faccenda in questo modo …-

Jun annuì, dandole ragione. Le strinse ancora la mano.

-Tu cosa vuoi per noi?-

Lo guardò, pensandoci a lungo prima di dare una risposta.

-… voglio che siamo felici. Tutti e tre assieme.-

-Allora faremo in modo di esserlo. E se mia madre vorrà partecipare sarà la benvenuta, altrimenti può anche andare al diavolo.-

-Ma che dici, è tua madre!-

-Si lo so, non è un buon esempio per Hikaru. Ma lui ha te.-

-Ah, queste sono moine! Non ci provare!-

-Va bene, va bene.-

E i due ridacchiarono, alleggerendo la tensione. Continuando a tenerla per mano, Jun guidò Yayoi al ristorante, aprendole cavallerescamente la porta per farla entrare per prima.

Appena i due furono dentro la signora Misugi scattò in piedi, e dietro di lei il marito la seguì con più calma, riuscendo perfino a scambiare un sorriso affettuoso con la sua ex-nuora. La moglie, al contrario, la guardava con molta diffidenza, quasi sdegno, e fu regarduita da un’occhiataccia del figlio.

I giovani si sedettero, e i quattro aspettarono che il cameriere prendesse loro le ordinazioni prima di parlare. Ovviamente, la prima che prese la parola fu la signora Misugi.

-Insomma, da quel che ho capito, è da tempo che avete questo figlio. Quanti anni ha?-

-… cinque.-

Fece il calcolo mentale, e rimase molto sorpresa, lo si vedeva chiaramente sulla sua faccia.

Yayoi si strinse le mani sotto la tavola, ma Jun posò una sua mano sopra le sue, per farle sentire la sua presenza, prendendo la parola.

-Quando scoprì di essere incinta avevo già chiesto il divorzio, e non le permisi di dirmi del bambino. Lo ha cresciuto da sola.-

-E perché non ti ha detto niente in questi cinque anni? Come mai non hai informato Jun del fatto?-

Cercava d’insinuare, la rossa lo sapeva bene; prese un respiro prima di rispondere, tenendo la testa alta.

-Perché con il divorzio ho pensato che Jun non fosse interessato ad avere figli.-

-E cosa ti fa credere che lo voglia adesso?-

-Il fatto che sono stato io a chiedere di lui a Yayoi.-

L’uomo era certamente più pronto della donna al suo fianco, ma questa mantenne lo sguardo tranquillo e freddo nei confronti della signora Misugi. Quest’ultima guardò il “suo bambino” con sguardo pietoso, come se lui non fosse in grado di capire la situazione.

-Però è stata lei a dirti per prima che avevi un figlio, no?-

-No: Hikaru ha conosciuto per caso suo padre, e poi lo ha portato a casa, dove Jun ha scoperto che ero io la madre.-

-Hikaru? Si chiama così?-

La domanda fu fatta dal padre di Jun, eb ebbe l’effetto di calmare immediatamente gli animi; Yayoi sorrise all’uomo, annuendo con il capo. Questo sembrò rimuginare sul nome, per poi sorridere con aria contenta.

-È davvero un bellissimo nome.-

La madre di Jun interruppe il loro discorso, visibilmente infastidita nel vedere suo marito “parteggiare” per quella donna.

-Anche se ha un bel nome rimane comunque il fatto che lo hai tenuto nascosto da Jun per cinque anni!-

-Me ne rendo conto signora Misugi.-

-Allora capisci i miei dubbi riguardanti la sua paternità. Senza contare che la tua situazione econimica e familiare non è mai stata molto “stabile”.-

-Mamma che dici?!-

L’uomo si era alzato in piedi, scandalizzato, ma lo sguardo della donna fu duro e convinto.

-Dico la verità Jun. Tu forse non vuoi vedere la realtà dei fatti, ma io si.-

E poi parlò guardando dritta in faccia Yayoi, come se cercasse di ferirla con la sola forza delle parole e delle sue pupille.

-Costei è figlia di una famiglia di contadini, con un reddito fisso molto basso, e non voglio accennare alla sua situazione familiare perché siamo in pubblico.

Dimmi, quali garanzie può dare ad un bambino? Di certo non potrà mandarlo in una scuola facoltosa, o assicurargli un futuro sempre sereno. Che cosa può dargli allora?-

-Tutto l’amore che posso. E tutto l’impegno e la volontà per permettergli di vivere giorno dopo giorno.-

Parlò con voce sicura, senza distogliere lo sguardo, le mani sul grembo.

Il cameriere interruppe la loro conversazione, portando i piatti ordinati, ma la donna dai capelli rossi aspettò che la presenza estranea si allontanasse prima di continuare il discorso, continuando a guardare la signora Misugi.

-Amo profondamente mio figlio, e voglio dargli il miglior futuro, e sono convinta che nel suo futuro c’è suo padre. E suo padre è Jun.-

-Ma voi siete divorziati. E di solito si divorzia perché non ci si ama più, o sbaglio?-

Stava usando tutte le frecce del suo arco. Ma questa, rispetto alle precedenti, fece meno male ai due giovani, e fu Jun a rispondere, riprendendo una delle mani di Yayoi sotto il tavolo.

-Oppure perché si è confusi. In questo caso, basterà spiegarci.-

-Ma l’amore?-

-Tu non credi che ci amiamo?-

-Io credo che come hai detto tu, Jun, siete “confusi”: la presenza di Hikaru vi ha portato a pensare che, tra di voi, potesse nascere di nuovo qualcosa. Ma è stato dimostrato che quel qualcosa non è durato.-

Stavolta fu il marito a prendere la parola.

-Se fosse davvero così noi avremo dovuto divorziare tempo fa, mia cara.-

Cadde un silenzio tremendo, e la signora si voltò verso il marito, guardandolo sconvolta.

Jun e Yayoi, dall’altro capo del tavolo, si tennero le mani nervosi, non sapendo cosa si sarebbero dovuto aspettare da questa affermazione.

Tuttavia il signor Misugi sorrise tranquillo, riprendendo a parlare.

-E tuttavia, mia cara, abbiamo imparato a conoscerci di nuovo e ad amarci di nuovo, giusto?-

Lei non poté rispondere, mordicchiandosi le labbra e, alla fine, chinando il capo imbarazzata mentre l’uomo alla sua sinistra continuava a parlare, sorridendo alla giovane coppia davanti a lui.

-Io sono convinto che questo possa accadere anche a voi, ragazzi miei: in fondo Yayoi è sempre stata accanto a Jun, e mio figlio … beh, io sono convinto che può essere un ottimo padre, oltre ad un ottimo marito. Basta dargli la possibilità di dimostrarlo.-

E gli altri tre rimasero muti, incapace di contraddirlo o fare altro.

In poche battute l’atmosfera attorno a loro si alleggerì, e dopo un sorriso scambiato con il figlio e la donna l’uomo iniziò a mangiare, seguito subito dopo dagl’altri presenti in tavola, ancora stupiti di come la situazione, all’improvviso, si fosse capovolta in quel modo.

La signora Misugi si permise solo di fare un’ultima domanda.

-Hikaru … è sano?-

Yayoi scambiò un’occhiata con Jun, e sorrise intenerita, annuendo in seguito alla donna.

-Si. si è sano.-

Chénier, Maddalena

È la morte!

 

Chénier

Ella vien col sole!

 

Maddalena

Ella vien col mattino!

 

Chénier

Ah, viene come l'aurora!

 

Maddalena

Col sole che la indora!

 

Chénier

Ne viene a noi dal cielo,

entro un vel di rose e viole!

 

Maddalena, Chénier

Amor! Amor! Infinito!

Amor! Amor!

Jun restituì le chiavi e la macchina al padre, il quale rivolse al figlio e alla giovane donna un ultimo sguardo bonario mentre la moglie, ancora indispettita, si allontanava senza rivolgere la parola a nessuno dei due.

I giovani li videro allontanarsi, diretti verso l’appartamento di Jun, dove li aspettava il veicolo.

Fu l’uomo a parlare per primo, passandosi una mano tra i capelli.

-Beh, tutto mi aspettavo, tranne che mio padre sedasse così le cose.-

-… Sono sempre stata convinta che fosse un uomo davvero forte d’animo.-

Jun annuì, rivolgendo lo sguardo a Yayoi. Questa stava ancora guardando in direzione di dove si erano allontanati i signori Misugi, e aveva un’aria profonda e lontana, che affascinava tremendamente l’uomo lì accanto.

Alla fine la donna gli rivolse lo sguardo, sorridendo serena, e a quel punti lui ricambiò, stiracchiandosi un momento dopo mentre lei controllava l’orario.

-Dobbiamo tornare alla clinica, fra poco ricomincia il turno.-

-Si, hai ragione.-

E s’incamminarono in silenzio. Almeno fino a quando Jun non prese la parola.

-Ehi stavo pensando ad una cosa.-

-?Cosa?-

-Visto come sono andate le cose, a questo punto ti conviene sposarmi.-

-EH?! Ma che dici?!-

-Ma si, pensaci: con il mio reddito potremo aiutare Hikaru con la scuola, e inoltre potremmo farlo stare in una casa più grande, magari con un giardino!-

-Non mi sembra una motivazione valida per sposarci. Se ti sposo voglio che sia per amore, e solo per quello.-

-Anche se vivessimo in una bicocca abbandonata?-

-Anche se vivessimo tutti e tre insieme sotto un ponte, lontano dai tuoi genitori e da mio padre.-

-E tu mi amaresti comunque?-

-Certo!-

-… quindi ci sposiamo?-

La donna fermò la camminata, guardando l’uomo. Questo le rivolse uno sguardo profondo e deciso, che la emozionò; ma, alla fine, Yayoi sorrise divertita, facendo qualche pacca sulla spalla di Jun mentre riprendeva a camminare.

-Si vedrà.-

-Quindi è un si?-

-Forse.-

-Si? Si??-

Alla donna venne da ridere mentre l’uomo cominciava ad agitarsi, afferrandola per la vita pur di fermarla, parlandole con aria impermalosita.

-Yayoi Aoba, giuro che ti dimostrerò che ti puoi fidare di me! Dimmi di si!-

-Prima dimostrami che posso avere tale fiducia, e poi ti farò sapere!-

Schmidt

Andrea Chénier!

 

Chénier

Son io!

 

Schmidt

Idia Legray!

 

Maddalena

Son io!

 

Maddalena, Chénier

Viva la morte insiem!

**

   
 
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