Cara Melisanna, grazie per la tua osservazione. E' vero, la polizia
è arrivata presto, ma tieni conto che siamo in un quartiere "in",
dove uno sparo non è abituale, e che evidentemente c'è qualche
vicino (forse la signora già intravista qualche capitolo fa) che
ha fatto chissà che telefonata. Comunque il motivo "letterario"
per cui ho lasciato passare poco tempo è che, per allungarlo, avrei
dovuto fare iniziare ai personaggi qualche altro discorso e poi lasciarlo
a metà, con dubbi effetti estetici.
Cara Eleuthera, ho apprezzato, come sempre, la tua bella recensione. Le gocce sono dovute passare dalla più completa irresponsabilità al dover lottare per vivere nell'arco di poche settimane, nel gennaio precedente, circa sette mesi prima di questo episodio. Wanda e Carol, in particolare, sfuggono a qualunque tentativo di attribuire loro un'età mentale. Cara Giuly, grazie per la recensione. Sono contento che ti sia piaciuto
anche questo capitolo. La descrizione del temporale deve essere nata in
qualche giorno d'estate di più di un anno fa, forse guardando fuori
dalla finestra della mia camera.
Approfitto per ringraziare ancora kb_master, che mi sta dando molti suggerimenti importanti, soprattutto a livello di soggetto di parecchi capitoli. Come al solito, c' è la possibilità di discutere più
in dettaglio al http://freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=4642&idd=8397&p=3.
Questo nuovo capitolo, il 22, è stato scritto di recente,
quasi di getto. Il principale soggetto è Pao Chai; ci tenevo a definire
meglio questo personaggio, che a me ispira molta tenerezza.
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PROFEZIE
Riassunto delle puntate precedenti
Di nascosto dalle WITCH, Elyon affida a Vera, una copia di sè stessa che appare come una ragazza più grande, l'incarico di rintracciare le gocce astrali, le sosia create dalle guardiane, e ribellatesi ad esse più di un anno prima . Elyon e Vera si presentano alle ragazze, rintracciate a Midgale. Assomigliano ancora alle originali, ma appaiono più belle e cresciute, sui vent'anni. Nel povero appartamento, raccontano di essere state mantenute dalla Fondazione Astro Nascente fino a pochi mesi prima, quando sono state improvvisamente scaricate. Da allora hanno vissuto alla giornata. La goccia di Cornelia si chiama Carol. Quella di Irma, Irene. Quella di Hay Lin, Pao Chai. Quella di Taranee, Terry. Quella di Will, Wanda. Elyon propone alle gocce di collaborare con Vera a raccogliere informazioni tecnologiche per modernizzare Meridian. Vera dimostra subito di essere in grado di materializzare documenti e denaro falsi, ma perfetti. Le gocce sono entusiaste di lei, tranne Carol, che ne è gelosa e vorrebbe riprendere i contatti direttamente con Elyon. Le gocce si trasferiscono, con Vera, in due eleganti appartamenti contigui. Come copertura, fingeranno di essere delle studentesse universitarie; ognuna riceve una lista di argomenti e l'incarico di individuare degli esperti su ciascuno. Per fare fronte a futuri incarichi e imprevisti, Elyon e Vera decidono di addestrare le gocce ai poteri mentali, quali la lettura e trasmissione del pensiero, lo sguardo del comando e la telecinesi. |
Cap. 22
Dove inizia l’arcobaleno
Midgale, centro città
Il sole pomeridiano è ancora alto su Midgale. Mentre camminano
serene per le vie affollate del centro città, Pao Chai e Therese
non possono fare a meno di rivivere la prima volta che le percorsero con
gli occhi spalancati per l’eccitazione.
Quelle vetrine eleganti che le contornano sono state a lungo come un
film, un sogno diurno di sfavillanti oggetti dei desideri, tanto vicini
ai loro occhi quanto lontani dalle loro possibilità.
Da un po’ di tempo non è più così.
Ormai hanno svoltato l'ultimo angolo, ecco i negozi dove sono dirette.
“Eccolo qui, Terry. Allora io entro. Ci rivediamo qui fuori tra un'ora
esatta”.
“Va bene, Pao. Ad ogni buon conto, sarò in quella libreria”.
Therese si allontana a passo veloce, anche lei verso il suo negozio dei
sogni.
Pao Chai sorride guardando l'insegna: Dove inizia l'arcobaleno, colorificio
e belle arti. Il migliore della città. In passato si è fermata
decine di volte a studiare la vetrina, memorizzando ogni quadro, ogni pennello,
ogni scatola di colori. Ogni prezzo, soprattutto.
Entra, Pao Chai, è il tuo momento. Oggi ti farai finalmente
il regalo che hai sognato per un anno e mezzo.
Varca la soglia cinguettando un “Buongiorno”, accolta dal DLINN di una
suoneria.
Il titolare la saluta con indifferenza. Sa che è entrata molte
volte, ha sfilato scatole, sfogliato libri di disegno, riposizionato i
pupazzi accademici, osservato controluce il profilo dei pennelli, e poi
è sempre invariabilmente uscita senza acquistare neppure una matita.
Una tipa così va tenuta d'occhio. Per un attimo, l’attenzione dell’uomo
si sofferma sulla vistosa spilla a forma di fiore, e anche su quello che
c’è sotto.
Pao Chai non si accorge dello sguardo sospettoso che la segue. Si muove
lenta, quasi divorando con gli occhi quegli scaffali colmi di tubetti e
boccette che creano arcobaleni e scale cromatiche, gli espositori di marche
concorrenti che sembrano fare a gara per attirare gli sguardi ed i desideri
dei clienti, e che forse si fronteggiano minacciosi quando nessuno li guarda.
Solo un mese e mezzo prima, il quattro giugno, Pao Chai ha festeggiato
il suo compleanno. Per essere precisi, più che il suo, era compleanno
di Hay Lin, il quindicesimo, ma una ha pure bisogno di avere qualcosa da
ricordare, anche se fittizio. E' stato solo due giorni prima che Elyon
e Vera si presentassero alla loro porta, in risposta alle sue preghiere
ed alle lacrime che, di nascosto, versava ogni notte, al ritorno dal suo
lavoro da sguattera.
Quel quattro giugno, nel suo intervallo pomeridiano, Irene le ha preparato
un bel dolce, tutte le amiche le hanno scritto bellissimi biglietti su
carta da notes, che conserva con amore, e le hanno regalato una risma di
fogli da fotocopiatore, che lei ha iniziato subito a mettere a buon frutto
con nuovi scenari di Shangri-La. Nel periodo precedente, era stata costretta
dalla mancanza di carta a disegnare sul retro dei disegni già fatti.
Quei tempi sono finiti. Ora, per avere denaro, devono solo chiederlo
a Vera, ed aspettare un momento perchè dai palmi delle sue mani
si formino quei meravigliosi biglietti verdi con l'effigie di quel signore
che si chiama come la città.
Prende una valigetta dallo scaffale, la appoggia e la apre. Che colori
meravigliosi! Quel rosso scuro le ricorda le modanature del Silver Dragon...
che nostalgia! Rivede suo padre che serve in tavola ai clienti, e si volta
a chiamarla. ‘Hay Lin, ho bisogno di te’. Sussulta. Lei non si chiama Hay
Lin.
Basta divagare, Pao Chai. Questo vizio ti ha già tarpato le
ali a scuola. Meglio capire cos'ha questo set in più di quell'altro
più economico. Oh, no, quello è chiuso con il cellophane.
Ecco ecco, ce n'è uno già aperto in esposizione. Però
è chiaro che la prima scatola ha più scelta di colori, ed
i pennelli di martora che include possono essere lavati, al bisogno, con
soventi che scioglierebbero le setole di quelli sintetici. Scelta fatta.
Ora ci vuole un cavalletto. Ce ne sono sei tipi diversi. Cos’avrà
questo economico di meno degli altri? Lo tocca con un dito. Non sembra
molto stabile. Tocca il più massiccio. Questa è tutt’altra
cosa! E poi, è il primo che ha visto. Forse la prima occhiata è
sempre è un messaggio del destino.
Cosa manca? Una latta di trementina, un flacone grande di thinner,
uno di olio di lino, tre cartoni telati… ci starebbe anche un manuale?
E’ passata quasi un’ora. E’ volata! Chissà se Terry… sì,
è già qui fuori, che sta scrutando dentro attraverso i riflessi
della vetrina.
‘Terry, pazienta altri tre minuti. Sto andando a pagare’.
‘Ora ti vedo’.
Una sovraccarica Pao Chai si presenta alla cassa, trascinando i suoi
acquisti impilati tra le braccia ed il mento; il cavalletto che porta sottobraccio,
avvolto in una custodia verde, sporge da dietro e sfiora pericolosamente
la merce esposta sugli scaffali.
Sorride nervosamente al negoziante. “Ecco. Mi fa il conto?”. Dovrebbero
essere circa duecentocinquanta dollari. Apre il portafogli. Le occhieggiano
cinque banconote da cento, nuovissime. Sono copie perfette.
Il negoziante batte in cassa. “Sono duecentosettantaquattro dollari
ed ottanta centesimi”.
Pao tira fuori le cinque banconote, e ne porge tre. Perché si
sente così nervosa?
Il negoziante le guarda con stupore. “Ehi, ha una zecca in casa, signorina?”.
Forse voleva scherzare… certo che voleva scherzare… ma perché
lei sta diventando così rossa in viso?
“Eh… non sono mica false”, cerca di rispondere scherzosamente mentre
le porge, ma qualcosa non suona come dovrebbe.
Lo sguardo del negoziante, da meravigliato, è ritornato diffidente.
Scruta con attenzione il denaro.
“Signorina, queste banconote hanno gli stessi numeri di serie”.
Il gelo si irradia nel corpo di Pao Chai. Mentre cerca una risposta
qualsiasi che non le viene, il negoziante la apostrofa. “Mi dispiace, ora
devo chiamare la polizia”.
Sta telefonando! Sta telefonando davvero! La polizia no! Non di
nuovo! Non dopo quella volta con Carol…
‘Terry, aiuto, vieni subito’.
Pochi secondi dopo, la sua amica entra nel negozio. “Pao, tutto bene?”
Lo sguardo di panico con cui Pao la ricambia è una risposta
eloquente.
Ascolta il negoziante che sta telefonando. “Sì, tre banconote
da cento dollari con i numeri di serie uguali. Sì, la sto trattenendo.
Venite subito!”.
Un errore di Vera! Bisogna agire subito, prima che altri testimoni
leggano quei numeri di serie.
“Può mostrarmi quel denaro, per piacere?”, chiede al negoziante.
Lui la guarda ostile. La complice della falsaria, sta pensando.
Ed ha ragione. Anche lei ha il portafogli pieno di quelle banconote. “Non
si immischi, signorina! E’ meglio per lei”.
Va bene, lo hai voluto. Lo guarda dritto negli occhi. L’uomo
resta catturato.
“Mi faccia vedere quelle banconote!”.
L’uomo le appoggia sul banco, senza poter staccare gli occhi dai suoi.
Ora, Terry deve solo fare come ha visto fare a Vera, e sperare che
funzioni. Scruta le banconote, passa lentamente l’indice sopra i numeri
di serie, quasi come se li leggesse con le dita. Quando il polpastrello
scopre nuovamente il numero, alcune cifre sono cambiate.
“Non sono affatto uguali. Li rilegga meglio!”.
“Come! Sì che sono…”. Il negoziante rigira le banconote
verso di sé, rilegge i numeri una, due, tre volte. “Ma… ma…”: L’espressione
muta dal convinto, allo stupore, per poi finire nell’imbarazzo più
completo. “Forse… mi devo essere… sbagliato”.
A quelle parole Pao Chai, che era rimasta paralizzata come un manichino,
prorompe in un grande pianto.
“Ecco!”, rimprovera Therese al negoziante. “L’ha sconvolta con le sue
accuse assurde”.
“Ma… scusate… ho visto male…”.
Nel negozio ci sono altri sei clienti, e tutti hanno seguito la scena.
Terry mette le mani attorno alle spalle dell’amica. “Che dici Pao,
sporgiamo querela? Ci sono dei testimoni, e stanno per arrivare gli agenti”.
I singhiozzi di Pao Chai diventano sempre più irrefrenabili.
Il negoziante si agita sempre più. “Ma… scusate, vi prego! Ora
telefono per disdire la chiamata…”.
Alza la cornetta, ma è tardi. Due agenti in divisa stanno già
entrando nel negozio. Si rivolgono a lui: “E’ lei che ha chiamato la polizia?”.
“Io…”. Il negoziante impallidisce. “… io… mi sono sbagliato. Andate
via, vi prego”.
Gli agenti guardano perplessi. “E’ lei il signor Rainbow?”.
“Sì, sono io, ma è stato tutto un malinteso… vi prego
ancora di scusare”.
Gli agenti restano perplessi a guardare Pao Chai che singhiozza sempre
più forte.
Therese alza la voce. “Pao, sei sicura di non voler sporgere querela?”.
Senza guardare, Pao fa un ampio gesto di diniego con la mano.
“Non abbiamo bisogno di niente, grazie”, dice Therese agli agenti.
Con qualche brontolio, i due decidono di lasciare il negozio.
Terry fronteggia il negoziante, mentre i singhiozzi dell’altra si vanno
lentamente spegnendo. “E allora?”.
“Allora… chiedo scusa, ho solo letto male. Ma prego, prendete pure
la merce, non serve che paghiate”.
“Non vogliamo regali da lei”, risponde Therese a braccia conserte.
“Ora ci dia il resto, e chiudiamo qui la cosa”.
“Subito. Ecco cinquanta dollari. Un piccolo sconto”.
“Va bene”. Si rivolge a Pao Chai. “Come va? Possiamo andare?”.
Tirando su il naso ed evitando tutti gli sguardi, la cinesina riprende
gli oggetti ormai suoi.
“Aspetta, ti aiuto io con il cavalletto”, dice Terry premurosa. “Torniamo
a casa”.
Le tiene aperta la porta mentre escono senza salutare.
Midgale, appartamenti delle gocce
Vera richiude il suo ennesimo libro di fantascienza. Quante cavolate!
Sembra una storia di cowboy ambientata nello spazio. Non sarà
certo questo libro a fornirle le idee nuove di cui ha bisogno.
Guarda il letto costellato di volumetti. Questo pomeriggio ne ha già
spulciati sei. Nessuna illuminazione in vista. Però uno aveva una
bella trama. Lo riprende in mano per finirlo, così, solo per diletto.
Ma
sì, al diavolo il lavoro, per questo pomeriggio.
Sente il rumore delle chiavi. Qualcuno è rientrato nell’appartamento
di là. Forse Irene con gli ingredienti per la torta.
D’improvviso viene investita da una percezione di avvilimento. E’
successo qualcosa!
Si alza, e si dirige verso l’appartamento al di là del pianerottolo.
La porta è chiusa. Meglio suonare: se continua a far scattare
le serrature con la telecinesi, prima o poi qualche estraneo potrebbe notarla.
Viene ad aprire Terry. “Ehi, ciao, stavamo per venire a parlarti”.
“Eccomi, ragazze”. Appena entrata, la percezione si fa più forte.
Viene da Pao Chai.
“Ma cosa è successo?”.
“Una brutta cosa”, risponde Terry. “Le ultime banconote che ci hai
dato avevano tutte lo stesso numero di serie”.
“Oh!”. Brutto colpo per Vera. Non è il suo primo errore, in
questo periodo. “Oh, no, scusatemi. Le altre lo sanno già?”.
“Già avvisate”.
“Brava, Terry. Ma Pao, cos’hai?”.
La cinesina non risponde.
A Vera basta un momento per rivivere quanto è avvenuto nel negozio.
“Oh, no! Mi dispiace, mi dispiace tanto”.
Pao alza le spalle. “Ormai è successo”.
Vera parla tra sé. “E’ la seconda volta, questo mese, che attiriamo
l’attenzione della polizia”.
“La seconda?”. Pao sgrana gli occhi arrossati. “C’è stata anche
un’altra volta?”.
“Purtroppo”, deve ammettere Vera. “Ti racconterà Terry”.
C’è un’altra cosa che la preoccupa. “Pao Chai, non so come dirtelo,
ma… avresti dovuto essere all’altezza di risolvere la situazione da sola”.
Pao abbassa gli occhi, umiliata. Tornando a casa, questo rimpianto
aveva già cominciato a prendere il posto della paura e della vergogna
provate in negozio.
“Davvero, Pao, bisogna sapere improvvisare”, infierisce Vera con il
tono con cui si parla ad una bambina. “Con le cose che ti ho insegnato,
avresti avuto diverse vie d’uscita. Per esempio…”.
Prima che possa continuare, Pao Chai ricomincia a singhiozzare.
Terry le si avvicina di nuovo. “Pao, Vera non voleva darti la
colpa. Voleva dire solo che dobbiamo imparare tutte a fare fronte a questi
casi”.
“Ma certo!”. Vera prende l’imbeccata. “Dobbiamo pensare tutte a dei
piccoli piani per non attirare l’attenzione, o per cavarcela se la abbiamo
attirata. Anzi, cominciate a pensarci sopra, domani mattina metteremo nel
calderone tutte le idee, e magari le proveremo tra noi”.
Pao tira su di naso. E’ triste, la sfiducia in sé traspare da
ogni suo respiro.
Le altre cercano qualcosa di carino da dirle. Ma perché le idee
per chiacchierare sfuggono proprio quando uno le cerca con affanno?
Terry è la prima. “Vera, hai visto che begli acquisti ha fatto
Pao?”.
Vera guarda gli oggetti con entusiasmo eccessivo. “Colori a olio? Tele?
Whow! Anche io ho sempre desiderato provarci!”.
“Puoi tenerli!”, risponde secca la cinese.
“Ma come?”. Vera ci è rimasta. “Pao, li hai sempre desiderati”.
“Ora non più”, risponde immusonita.
E’ bruttissimo sentirla parlare così. La hanno quasi sempre
vista con il sorriso, talvolta radioso, talvolta timido. Mai così
gelida verso di loro.
“Aspetta, Pao”, ritenta Vera. “Magari potresti insegnarmi a dipingere
ad olio”.
“Non l’ho mai fatto prima. Io ho un anno e mezzo, ricorda!”.
“Allora, se siamo alla pari, potremmo fare una gara”, insiste strizzandole
l’occhio.
“Ci penserò. Ora scusate, ma vorrei restare un poco da sola”.
Finalmente sola, nella sua camera. Che pomeriggio orribile, che giornata
orribile! La sensazione della sua inadeguatezza non è mai stata
tanto forte come oggi.
Si guarda allo specchio, di lato. Quello specchio ellittico, a corpo
intero, è un regalo di Carol di pochi giorni prima. Lei ne ha comprati
due, ne ha messo uno identico anche nella sua camera. La sua amica passerebbe
ore a guardarsi, e ogni volta ne riceve una carica. Carol è orgogliosa
della sua immagine, e dentro di sé si sente proprio come si vede.
Per Pao Chai è diverso. L’immagine della bella ragazza orientale
è come ha sempre sognato di essere: alta, slanciata, con il viso
affilato e le orecchie piccole. Dimostra vent’anni, ed ha attratto più
volte le attenzioni dei ragazzi, di uomini maturi e perfino di molestatori.
Si guarda ancora. Sa che dentro di sé non è così
come la mostra lo specchio.
Come diceva Terry? Il passo più lungo della gamba? E’
proprio questo che ha fatto Pao. Quante volte se ne è pentita. Vorrebbe
sembrare di nuovo una ragazzina, avere una mamma ed un papà, ritornare
in un’età nella quale l’amore significa scambiarsi bigliettini a
scuola e casti bacietti.
Riguarda i suoi acquisti di oggi. Li ha desiderati tanto, ed ora vorrebbe
non averli mai presi. Non oserà mai più andare in quel negozio.
Si ricorda della prima volta che vi entrò, ancora all’inizio
della loro storia. Lei e Carol stavano ocheggiando per il centro di questa
città grande e sconosciuta, con pochissimi soldi in tasca e tanti
desideri da mettere in buon ordine. Le piaceva tanto girare con Carol,
così sicura, così affascinante. Quel giorno lei la accompagnò
dentro, compiaciuta della sua meraviglia, ed ascoltò tutti i suoi
quantolovorrei entusiasti.
Pao guarda la cartellina da disegno e le matite allineate con ordine
sul suo tavolo. Per parecchio tempo quelle poche cose le hanno consentito
di sostituire questa realtà con un’altra, essere libera di volare
tra le nuvole dorate della sua fantasia. Una smorfia amara: queste nuvole
hanno avuto il loro prezzo, a scuola. Dopo la prima bocciatura si era ripromessa
di cambiare, ma in realtà vi si è addentrata sempre più.
All’inizio pensava spesso ai suoi genitori, ma in fondo questi pensieri
non erano amari. Non la hanno mai cercata semplicemente perché non
sapevano che esistesse.
Ma Yan Lin? Sua nonna? Scuote la testa. Non è davvero sua nonna.
Eppure, quando le ha accolte a Kandrakar, lei avrebbe voluto abbracciarla,
piangere sulla sua spalla per i genitori che non rivedrà mai più.
Lei sa che Pao esiste, eppure sembra che la abbia abbandonata, forse perfino
dimenticata. Questo le brucia più di tutto.
Riguarda la valigetta dei colori, la apre. Splendidi! E’ proprio vero
che non le importa più di loro? Questo marrone rossiccio… è
il colore del letto di sua mamma. Si ricorda di quando aveva l’influenza,
la febbre alta, e la sua mamma la faceva dormire nel lettone. A lei piaceva
tanto avere la febbre, passare due giorni riverita e coccolata come una
reginetta, e farsi preparare tisane dolcissime che beveva con avidità.
Basta, Pao, devi farti forza! Non puoi vivere come una bambina, se
non c’è una mamma.
Dovrai fare qualcosa per essere all’altezza delle aspettative delle
compagne, per dimostrare che anche tu non sarai per sempre pavida e distratta.
Riguarda la valigetta, accarezza i morbidi pennelli di martora. Sì,
queste cose chiedono di essere usate. Vera voleva una gara di pittura?
Ecco una bella occasione per dimostrare quello che vali, Pao Chai! E trova
pure qualche idea da portare in discussione domani, tanto per dimostrare
che, prima o poi, sarai davvero in grado di tirarti fuori dai guai da sola!
Midgale, centro città.
Mentre si aggira tra le scansie del più bel colorificio che ha
trovato, Vera cerca di ricordare cosa avesse comprato Pao Chai.
Spera proprio che la compagna accetterà la sua sfida amichevole.
Si sente un po’ in colpa, non pensava che la sua osservazione la avrebbe
ferita così.
Comunque vada, domani il pomeriggio sarà dedicato al suo primo
capolavoro pittorico.
Valigetta di colori, cavalletto, tele, solventi… ah, sì, anche
il manualetto. Tutta la roba è impilata tra le braccia ed il mento.
La latta di trementina, in precario equilibrio sulla pila, viene tenuta
ferma solo dalla telecinesi. Il cavalletto, tenuto sottobraccio, sfiora
un piccolo manichino su uno scaffale, che si volta come a guardarla passare.
Deposita tutti i suoi nuovi acquisti sul banco, poi apre il portafogli.
Ne estrae cinque banconote da cento dollari nuove fiammanti.
Il negoziante la guarda un po’strano. Gli occhi indugiano un attimo
sulla spilla simile ad una margherita, poi batte il conto. “Duecentosettantaquattro
dollari e ottanta centesimi, prego”.
Vera mette giù tre dei suoi bei bigliettoni verdi.
Il negoziante li guarda con cura, li scruta, poi torna a guardare lei,
con occhi sgranati.
“Cos’ha da fissarmi così? Non sono mica falsi!”.