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Autore: MaxT    12/10/2007    3 recensioni
Una Elyon esuberante e sorprendente torna a cercare le sue vecchie amiche, che si troveranno presto coinvolte in avvenimenti più grandi di loro. Che spaventosa profezia ha pronunciato la Luce di Meridian? Vera è…vera? Dove sono andate le gocce astrali delle W.I.T.C.H.? E’ una storia dove i personaggi assumono diversi ruoli contrastanti, si muovono nel segreto e nell’invisibilità, e le loro motivazioni autentiche si delineano a mano a mano che la storia si avvicina alla conclusione. Note: qualcuno potrebbe considerare OOC Elyon e le gocce astrali. Da parte mia, penso che siano una evoluzione plausibile dei personaggi visti nel fumetto. Aggiornamento: I primi sei capitoli sono stati riscritti nell'ottobre 2008.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le profezie di Meridian' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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22-dove inizia l'arcobaleno  
 
Cara Melisanna, grazie per la tua osservazione. E' vero, la polizia è arrivata presto, ma tieni conto che siamo in un quartiere "in", dove uno sparo non è abituale, e che evidentemente c'è qualche vicino (forse la signora già intravista qualche capitolo fa) che ha fatto chissà che telefonata. Comunque il motivo "letterario" per cui ho lasciato passare poco tempo è che, per allungarlo, avrei dovuto fare iniziare ai personaggi qualche altro discorso e poi lasciarlo a metà, con dubbi effetti estetici.

Cara Eleuthera, ho apprezzato, come sempre, la tua bella recensione. Le gocce sono dovute passare dalla più completa irresponsabilità al dover lottare per vivere nell'arco di poche settimane, nel gennaio precedente, circa sette mesi prima di questo episodio. Wanda e Carol, in particolare, sfuggono a qualunque tentativo di attribuire loro un'età mentale.

Cara Giuly, grazie per la recensione. Sono contento che ti sia piaciuto anche questo capitolo. La descrizione del temporale deve essere nata in qualche giorno d'estate di più di un anno fa, forse guardando fuori dalla finestra della mia camera.
Irene piace molto anche a me. Non è molto diversa da Irma, a differenza di Carol e Wanda che sono molto cambiate rispetto alle originali. Mi aiuta spesso a trovare qualche cosa per far ridere anche in capitoli tesi.

Approfitto per ringraziare ancora kb_master, che mi sta dando molti suggerimenti importanti, soprattutto a livello di soggetto di parecchi capitoli.

Come al solito, c' è la possibilità di discutere più in dettaglio al  http://freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=4642&idd=8397&p=3. 
Prima o poi cercherò di rivitalizzare quel topic. Tutte le recensioni, le critiche costruttive ed i commenti sono benvenuti.

Questo nuovo capitolo, il 22, è stato scritto di recente, quasi di getto. Il principale soggetto è Pao Chai; ci tenevo a definire meglio questo personaggio, che a me ispira molta tenerezza. 
Il titolo è il nome del negozio di belle arti dove si svolge gran parte della scena, di proprietà, appunto, del signor Rainbow (Arcobaleno). 


 

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Di nascosto dalle WITCH, Elyon affida a Vera, una copia di sè stessa che appare come una ragazza più grande, l'incarico di rintracciare le gocce astrali, le sosia create dalle guardiane, e ribellatesi ad esse più di un anno prima .
Elyon e Vera si presentano alle ragazze, rintracciate a Midgale. Assomigliano ancora alle originali, ma appaiono più belle e cresciute, sui vent'anni.
Nel povero appartamento, raccontano di essere state mantenute dalla Fondazione Astro Nascente fino a pochi mesi prima, quando sono state improvvisamente scaricate. Da allora hanno vissuto alla giornata.
La goccia di Cornelia si chiama Carol. Quella di Irma, Irene. Quella di Hay Lin, Pao Chai. Quella di Taranee, Terry. Quella di Will, Wanda.
Elyon propone alle gocce di collaborare con Vera a raccogliere informazioni tecnologiche per modernizzare Meridian.
Vera dimostra subito di essere in grado di materializzare documenti e denaro falsi, ma perfetti. Le gocce sono entusiaste di lei, tranne Carol, che ne è gelosa e vorrebbe riprendere i contatti direttamente con Elyon. 
Le gocce si trasferiscono, con Vera, in due eleganti appartamenti contigui. Come copertura, fingeranno di essere delle studentesse universitarie; ognuna riceve una lista di argomenti e l'incarico di individuare degli esperti su ciascuno. 
Per fare fronte a futuri incarichi e imprevisti, Elyon e Vera decidono di addestrare le gocce ai poteri mentali, quali la lettura e trasmissione del pensiero, lo sguardo del comando e la telecinesi.

Cap. 22
 

Dove inizia l’arcobaleno




Midgale, centro città

Il sole pomeridiano è ancora alto su Midgale. Mentre camminano serene per le vie affollate del centro città, Pao Chai e Therese non possono fare a meno di rivivere la prima volta che le percorsero con gli occhi spalancati per l’eccitazione.
Quelle vetrine eleganti che le contornano sono state a lungo come un film, un sogno diurno di sfavillanti oggetti dei desideri, tanto vicini ai loro occhi quanto lontani dalle loro possibilità.
Da un po’ di tempo non è più così.
Ormai hanno svoltato l'ultimo angolo, ecco i negozi dove sono dirette.
“Eccolo qui, Terry. Allora io entro. Ci rivediamo qui fuori tra un'ora esatta”.
“Va bene, Pao. Ad ogni buon conto, sarò in quella libreria”. Therese si allontana a passo veloce, anche lei verso il suo negozio dei sogni.
Pao Chai sorride guardando l'insegna: Dove inizia l'arcobaleno, colorificio e belle arti. Il migliore della città. In passato si è fermata decine di volte a studiare la vetrina, memorizzando ogni quadro, ogni pennello, ogni scatola di colori. Ogni prezzo, soprattutto.
Entra, Pao Chai, è il tuo momento. Oggi ti farai finalmente il regalo che hai sognato per un anno e mezzo.
 

Varca la soglia cinguettando un “Buongiorno”, accolta dal DLINN di una suoneria.
Il titolare la saluta con indifferenza. Sa che è entrata molte volte, ha sfilato scatole, sfogliato libri di disegno, riposizionato i pupazzi accademici, osservato controluce il profilo dei pennelli, e poi è sempre invariabilmente uscita senza acquistare neppure una matita. Una tipa così va tenuta d'occhio. Per un attimo, l’attenzione dell’uomo si sofferma sulla vistosa spilla a forma di fiore, e anche su quello che c’è sotto.
Pao Chai non si accorge dello sguardo sospettoso che la segue. Si muove lenta, quasi divorando con gli occhi quegli scaffali colmi di tubetti e boccette che creano arcobaleni e scale cromatiche, gli espositori di marche concorrenti che sembrano fare a gara per attirare gli sguardi ed i desideri dei clienti, e che forse si fronteggiano minacciosi quando nessuno li guarda.
Solo un mese e mezzo prima, il quattro giugno, Pao Chai ha festeggiato il suo compleanno. Per essere precisi, più che il suo, era compleanno di Hay Lin, il quindicesimo, ma una ha pure bisogno di avere qualcosa da ricordare, anche se fittizio. E' stato solo due giorni prima che Elyon e Vera si presentassero alla loro porta, in risposta alle sue preghiere ed alle lacrime che, di nascosto, versava ogni notte, al ritorno dal suo lavoro da sguattera.
Quel quattro giugno, nel suo intervallo pomeridiano, Irene le ha preparato un bel dolce, tutte le amiche le hanno scritto bellissimi biglietti su carta da notes, che conserva con amore, e le hanno regalato una risma di fogli da fotocopiatore, che lei ha iniziato subito a mettere a buon frutto con nuovi scenari di Shangri-La. Nel periodo precedente, era stata costretta dalla mancanza di carta a disegnare sul retro dei disegni già fatti.
Quei tempi sono finiti. Ora, per avere denaro, devono solo chiederlo a Vera, ed aspettare un momento perchè dai palmi delle sue mani si formino quei meravigliosi biglietti verdi con l'effigie di quel signore che si chiama come la città.
Prende una valigetta dallo scaffale, la appoggia e la apre. Che colori meravigliosi! Quel rosso scuro le ricorda le modanature del Silver Dragon... che nostalgia! Rivede suo padre che serve in tavola ai clienti, e si volta a chiamarla. ‘Hay Lin, ho bisogno di te’. Sussulta. Lei non si chiama Hay Lin.
Basta divagare, Pao Chai. Questo vizio ti ha già tarpato le ali a scuola. Meglio capire cos'ha questo set in più di quell'altro più economico. Oh, no, quello è chiuso con il cellophane. Ecco ecco, ce n'è uno già aperto in esposizione. Però è chiaro che la prima scatola ha più scelta di colori, ed i pennelli di martora che include possono essere lavati, al bisogno, con soventi che scioglierebbero le setole di quelli sintetici. Scelta fatta.
Ora ci vuole un cavalletto. Ce ne sono sei tipi diversi. Cos’avrà questo economico di meno degli altri? Lo tocca con un dito. Non sembra molto stabile. Tocca il più massiccio. Questa è tutt’altra cosa! E poi, è il primo che ha visto. Forse la prima occhiata è sempre è un messaggio del destino.
Cosa manca? Una latta di trementina, un flacone grande di thinner, uno di olio di lino, tre cartoni telati… ci starebbe anche un manuale?

E’ passata quasi un’ora. E’ volata! Chissà se Terry… sì, è già qui fuori, che sta scrutando dentro attraverso i riflessi della vetrina.
‘Terry, pazienta altri tre minuti. Sto andando a pagare’.
‘Ora ti vedo’.

Una sovraccarica Pao Chai si presenta alla cassa, trascinando i suoi acquisti impilati tra le braccia ed il mento; il cavalletto che porta sottobraccio, avvolto in una custodia verde, sporge da dietro e sfiora pericolosamente la merce esposta sugli scaffali.
Sorride nervosamente al negoziante. “Ecco. Mi fa il conto?”. Dovrebbero essere circa duecentocinquanta dollari. Apre il portafogli. Le occhieggiano cinque banconote da cento, nuovissime. Sono copie perfette.
Il negoziante batte in cassa. “Sono duecentosettantaquattro dollari ed ottanta centesimi”.
Pao tira fuori le cinque banconote, e ne porge tre. Perché si sente così nervosa?
Il negoziante le guarda con stupore. “Ehi, ha una zecca in casa, signorina?”.
Forse voleva scherzare… certo che voleva scherzare… ma perché lei sta diventando così rossa in viso?
“Eh… non sono mica false”, cerca di rispondere scherzosamente mentre le porge, ma qualcosa non suona come dovrebbe.
Lo sguardo del negoziante, da meravigliato, è ritornato diffidente. Scruta con attenzione il denaro.
“Signorina, queste banconote hanno gli stessi numeri di serie”.

Il gelo si irradia nel corpo di Pao Chai. Mentre cerca una risposta qualsiasi che non le viene, il negoziante la apostrofa. “Mi dispiace, ora devo chiamare la polizia”.
Sta telefonando! Sta telefonando davvero! La polizia no! Non di nuovo! Non dopo quella volta con Carol…
‘Terry, aiuto, vieni subito’.

Pochi secondi dopo, la sua amica entra nel negozio. “Pao, tutto bene?”
Lo sguardo di panico con cui Pao la ricambia è una risposta eloquente.
Ascolta il negoziante che sta telefonando. “Sì, tre banconote da cento dollari con i numeri di serie uguali. Sì, la sto trattenendo. Venite subito!”.
Un errore di Vera! Bisogna agire subito, prima che altri testimoni leggano quei numeri di serie.
“Può mostrarmi quel denaro, per piacere?”, chiede al negoziante.
Lui la guarda ostile. La complice della falsaria, sta pensando. Ed ha ragione. Anche lei ha il portafogli pieno di quelle banconote. “Non si immischi, signorina! E’ meglio per lei”.
Va bene, lo hai voluto. Lo guarda dritto negli occhi. L’uomo resta catturato.
“Mi faccia vedere quelle banconote!”.
L’uomo le appoggia sul banco, senza poter staccare gli occhi dai suoi.
Ora, Terry deve solo fare come ha visto fare a Vera, e sperare che funzioni. Scruta le banconote, passa lentamente l’indice sopra i numeri di serie, quasi come se li leggesse con le dita.  Quando il polpastrello scopre nuovamente il numero, alcune cifre sono cambiate.
“Non sono affatto uguali. Li rilegga meglio!”.
“Come! Sì che sono…”.  Il negoziante rigira le banconote verso di sé, rilegge i numeri una, due, tre volte. “Ma… ma…”: L’espressione muta dal convinto, allo stupore, per poi finire nell’imbarazzo più completo. “Forse… mi devo essere… sbagliato”.
A quelle parole Pao Chai, che era rimasta paralizzata come un manichino, prorompe in un grande pianto.
“Ecco!”, rimprovera Therese al negoziante. “L’ha sconvolta con le sue accuse assurde”.
“Ma… scusate… ho visto male…”.
Nel negozio ci sono altri sei clienti, e tutti hanno seguito la scena.
Terry mette le mani attorno alle spalle dell’amica. “Che dici Pao, sporgiamo querela? Ci sono dei testimoni, e stanno per arrivare gli agenti”.
I singhiozzi di Pao Chai diventano sempre più irrefrenabili.
Il negoziante si agita sempre più. “Ma… scusate, vi prego! Ora telefono per disdire la chiamata…”.
Alza la cornetta, ma è tardi. Due agenti in divisa stanno già entrando nel negozio. Si rivolgono a lui: “E’ lei che ha chiamato la polizia?”.
“Io…”. Il negoziante impallidisce. “… io… mi sono sbagliato. Andate via, vi prego”.
Gli agenti guardano perplessi. “E’ lei il signor Rainbow?”.
“Sì, sono io, ma è stato tutto un malinteso… vi prego ancora di scusare”.
Gli agenti restano perplessi a guardare Pao Chai che singhiozza sempre più forte.
Therese alza la voce. “Pao, sei sicura di non voler sporgere querela?”.
Senza guardare, Pao fa un ampio gesto di diniego con la mano.
“Non abbiamo bisogno di niente, grazie”, dice Therese agli agenti.
Con qualche brontolio, i due decidono di lasciare il negozio.

Terry fronteggia il negoziante, mentre i singhiozzi dell’altra si vanno lentamente spegnendo. “E allora?”.
“Allora… chiedo scusa, ho solo letto male. Ma prego, prendete pure la merce, non serve che paghiate”.
“Non vogliamo regali da lei”, risponde Therese a braccia conserte. “Ora ci dia il resto, e chiudiamo qui la cosa”.
“Subito. Ecco cinquanta dollari. Un piccolo sconto”.
“Va bene”. Si rivolge a Pao Chai. “Come va? Possiamo andare?”.
Tirando su il naso ed evitando tutti gli sguardi, la cinesina riprende gli oggetti ormai suoi.
“Aspetta, ti aiuto io con il cavalletto”, dice Terry premurosa. “Torniamo a casa”.
Le tiene aperta la porta mentre escono senza salutare.
 

Midgale, appartamenti delle gocce

Vera richiude il suo ennesimo libro di fantascienza. Quante cavolate! Sembra una storia di cowboy ambientata nello spazio. Non sarà certo questo libro a fornirle le idee nuove di cui ha bisogno.
Guarda il letto costellato di volumetti. Questo pomeriggio ne ha già spulciati sei. Nessuna illuminazione in vista. Però uno aveva una bella trama. Lo riprende in mano per finirlo, così, solo per diletto. Ma sì, al diavolo il lavoro, per questo pomeriggio.

Sente il rumore delle chiavi. Qualcuno è rientrato nell’appartamento di là. Forse Irene con gli ingredienti per la torta.
D’improvviso viene investita da una percezione di avvilimento. E’ successo qualcosa!
Si alza, e si dirige verso l’appartamento al di là del pianerottolo.
La porta è chiusa. Meglio suonare: se continua a far scattare le serrature con la telecinesi, prima o poi qualche estraneo potrebbe notarla.
Viene ad aprire Terry. “Ehi, ciao, stavamo per venire a parlarti”.
“Eccomi, ragazze”. Appena entrata, la percezione si fa più forte. Viene da Pao Chai.
“Ma cosa è successo?”.
“Una brutta cosa”, risponde Terry. “Le ultime banconote che ci hai dato avevano tutte lo stesso numero di serie”.
“Oh!”. Brutto colpo per Vera. Non è il suo primo errore, in questo periodo. “Oh, no, scusatemi. Le altre lo sanno già?”.
“Già avvisate”.
“Brava, Terry. Ma Pao, cos’hai?”.
La cinesina non risponde.
A Vera basta un momento per rivivere quanto è avvenuto nel negozio. “Oh, no! Mi dispiace, mi dispiace tanto”.
Pao alza le spalle. “Ormai è successo”.
Vera parla tra sé. “E’ la seconda volta, questo mese, che attiriamo l’attenzione della polizia”.
“La seconda?”. Pao sgrana gli occhi arrossati. “C’è stata anche un’altra volta?”.
“Purtroppo”, deve ammettere Vera. “Ti racconterà Terry”.
C’è un’altra cosa che la preoccupa. “Pao Chai, non so come dirtelo, ma… avresti dovuto essere all’altezza di risolvere la situazione da sola”.
Pao abbassa gli occhi, umiliata. Tornando a casa, questo rimpianto aveva già cominciato a prendere il posto della paura e della vergogna provate in negozio.
“Davvero, Pao, bisogna sapere improvvisare”, infierisce Vera con il tono con cui si parla ad una bambina. “Con le cose che ti ho insegnato, avresti avuto diverse vie d’uscita. Per esempio…”.
Prima che possa continuare, Pao Chai ricomincia a singhiozzare.
Terry  le si avvicina di nuovo. “Pao, Vera non voleva darti la colpa. Voleva dire solo che dobbiamo imparare tutte a fare fronte a questi casi”.
“Ma certo!”. Vera prende l’imbeccata. “Dobbiamo pensare tutte a dei piccoli piani per non attirare l’attenzione, o per cavarcela se la abbiamo attirata. Anzi, cominciate a pensarci sopra, domani mattina metteremo nel calderone tutte le idee, e magari le proveremo tra noi”.
Pao tira su di naso. E’ triste, la sfiducia in sé traspare da ogni suo respiro.
Le altre cercano qualcosa di carino da dirle. Ma perché le idee per chiacchierare sfuggono proprio quando uno le cerca con affanno?
Terry è la prima. “Vera, hai visto che begli acquisti ha fatto Pao?”.
Vera guarda gli oggetti con entusiasmo eccessivo. “Colori a olio? Tele? Whow! Anche io ho sempre desiderato provarci!”.
“Puoi tenerli!”, risponde secca la cinese.
“Ma come?”. Vera ci è rimasta. “Pao, li hai sempre desiderati”.
“Ora non più”, risponde immusonita.
E’ bruttissimo sentirla parlare così. La hanno quasi sempre vista con il sorriso, talvolta radioso, talvolta timido. Mai così gelida verso di loro.
“Aspetta, Pao”, ritenta Vera. “Magari potresti insegnarmi a dipingere ad olio”.
“Non l’ho mai fatto prima. Io ho un anno e mezzo, ricorda!”.
“Allora, se siamo alla pari, potremmo fare una gara”, insiste strizzandole l’occhio.
“Ci penserò. Ora scusate, ma vorrei restare un poco da sola”.

Finalmente sola, nella sua camera. Che pomeriggio orribile, che giornata orribile! La sensazione della sua inadeguatezza non è mai stata tanto forte come oggi.
Si guarda allo specchio, di lato. Quello specchio ellittico, a corpo intero, è un regalo di Carol di pochi giorni prima. Lei ne ha comprati due, ne ha messo uno identico anche nella sua camera. La sua amica passerebbe ore a guardarsi, e ogni volta ne riceve una carica. Carol è orgogliosa della sua immagine, e dentro di sé si sente proprio come si vede.
Per Pao Chai è diverso. L’immagine della bella ragazza orientale è come ha sempre sognato di essere: alta, slanciata, con il viso affilato e le orecchie piccole. Dimostra vent’anni, ed ha attratto più volte le attenzioni dei ragazzi, di uomini maturi e perfino di molestatori.
Si guarda ancora. Sa che dentro di sé non è così come la mostra lo specchio.
Come diceva Terry? Il passo più lungo della gamba? E’ proprio questo che ha fatto Pao. Quante volte se ne è pentita. Vorrebbe sembrare di nuovo una ragazzina, avere una mamma ed un papà, ritornare in un’età nella quale l’amore significa scambiarsi bigliettini a scuola e casti bacietti.
Riguarda i suoi acquisti di oggi. Li ha desiderati tanto, ed ora vorrebbe non averli mai presi. Non oserà mai più andare in quel negozio.
Si ricorda della prima volta che vi entrò, ancora all’inizio della loro storia. Lei e Carol stavano ocheggiando per il centro di questa città grande e sconosciuta, con pochissimi soldi in tasca e tanti desideri da mettere in buon ordine. Le piaceva tanto girare con Carol, così sicura, così affascinante. Quel giorno lei la accompagnò dentro, compiaciuta della sua meraviglia, ed ascoltò tutti i suoi quantolovorrei entusiasti.
Pao guarda la cartellina da disegno e le matite allineate con ordine sul suo tavolo. Per parecchio tempo quelle poche cose le hanno consentito di sostituire questa realtà con un’altra, essere libera di volare tra le nuvole dorate della sua fantasia. Una smorfia amara: queste nuvole hanno avuto il loro prezzo, a scuola. Dopo la prima bocciatura si era ripromessa di cambiare, ma in realtà vi si è addentrata sempre più.
All’inizio pensava spesso ai suoi genitori, ma in fondo questi pensieri non erano amari. Non la hanno mai cercata semplicemente perché non sapevano che esistesse.
Ma Yan Lin? Sua nonna? Scuote la testa. Non è davvero sua nonna. Eppure, quando le ha accolte a Kandrakar, lei avrebbe voluto abbracciarla, piangere sulla sua spalla per i genitori che non rivedrà mai più. Lei sa che Pao esiste, eppure sembra che la abbia abbandonata, forse perfino dimenticata. Questo le brucia più di tutto.
Riguarda la valigetta dei colori, la apre. Splendidi! E’ proprio vero che non le importa più di loro? Questo marrone rossiccio… è il colore del letto di sua mamma. Si ricorda di quando aveva l’influenza, la febbre alta, e la sua mamma la faceva dormire nel lettone. A lei piaceva tanto avere la febbre, passare due giorni riverita e coccolata come una reginetta, e farsi preparare tisane dolcissime che beveva con avidità.
Basta, Pao, devi farti forza! Non puoi vivere come una bambina, se non c’è una mamma.
Dovrai fare qualcosa per essere all’altezza delle aspettative delle compagne, per dimostrare che anche tu non sarai per sempre pavida e distratta.
Riguarda la valigetta, accarezza i morbidi pennelli di martora. Sì, queste cose chiedono di essere usate. Vera voleva una gara di pittura? Ecco una bella occasione per dimostrare quello che vali, Pao Chai! E trova pure qualche idea da portare in discussione domani, tanto per dimostrare che, prima o poi, sarai davvero in grado di tirarti fuori dai guai da sola!
 

Midgale, centro città.

Mentre si aggira tra le scansie del più bel colorificio che ha trovato, Vera cerca di ricordare cosa avesse comprato Pao Chai.
Spera proprio che la compagna accetterà la sua sfida amichevole. Si sente un po’ in colpa, non pensava che la sua osservazione la avrebbe ferita così.
Comunque vada, domani il pomeriggio sarà dedicato al suo primo capolavoro pittorico.

Valigetta di colori, cavalletto, tele, solventi… ah, sì, anche il manualetto. Tutta la roba è impilata tra le braccia ed il mento. La latta di trementina, in precario equilibrio sulla pila, viene tenuta ferma solo dalla telecinesi. Il cavalletto, tenuto sottobraccio, sfiora un piccolo manichino su uno scaffale, che si volta come a guardarla passare.
Deposita tutti i suoi nuovi acquisti sul banco, poi apre il portafogli. Ne estrae cinque banconote da cento dollari nuove fiammanti.
Il negoziante la guarda un po’strano. Gli occhi indugiano un attimo sulla spilla simile ad una margherita, poi batte il conto. “Duecentosettantaquattro dollari e ottanta centesimi, prego”.
Vera mette giù tre dei suoi bei bigliettoni verdi.
Il negoziante li guarda con cura, li scruta, poi torna a guardare lei, con occhi sgranati.
“Cos’ha da fissarmi così? Non sono mica falsi!”.
 

  
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